BERGAMINI
Nome di vari artisti di Carrara, operosi nei secoli XVI-XVIII. Di Francesco, scultore ornatista, attivo nella seconda metà del sec. XVI, si ignorano le date di nascita e di morte.
Il 14 nov. 1581 i fabbricieri della cattedrale di S. Andrea di Carrara gli allogarono il parapetto marmoreo da porre dinanzi all'altar maggiore. Nel sec. XVIII l'antico coro andò distrutto nei lavori di ampliamento che portarono il presbiterio all'altezza della primitiva sacrestia; dello smembrato parapetto marmoreo di Francesco si conservano tuttavia due frammenti che sono stati collocati nell'Oratorio della Compagnia Grande - ovvero battistero - attiguo alla stessa cattedrale: si tratta di quattro specchi uniti due a due, circondati da comici riccamente scolpite e suddìvisi da pilastrini anch'essi molto elaborati. Altri frammenti superstiti del parapetto dell'antico coro appartengono ad un tempo precedente all'intervento del Bergamini. Questi dovette lavorare anche peri principi di Massa, come risulta da una lettera del 22 ott. 1588 di Alberico Cybo Malaspina (Ronchini, 1876, p. 106). Con essa il Cybo raccomandava al duca di Parma l'artista che Simone Moschino, scultore di corte dei Famese, aveva richiesto come collaboratore. Il nome di Francesco è infatti legato anche alle vicende del monumento funerario di Margherita d'Austria, che occupa l'abside nord del transetto della chiesa di S. Sisto a Piacenza. Il mausoleo era stato progettato - per opera di Simone Moschino - nel 1586, per ottemperare alle volontà testamentarie della moglie del duca Ottavio, poco dopo la morte della sovrana.
I lavori si protrassero per molti anni, né il sepolcro venne mai effettivamente compiuto; quanto agli artisti che vi lavorarono, non è chiaro in che misura il Moschino - che certo diresse i lavori dopo aver disegnato il progetto - si sia valso dei collaboratori. Questi furono almeno quattro: Giammaria Molinari, Achille Torbati, Francesco e Orazio Bergamini. Dopo una lunga interruzione, i lavori furono ripresi nel 1621 da Antonio Caliari da Verona, sotto la guida di Gio. Battista Magnani, architetto di corte dopo la morte del Moschino (1610). Per quanto riguarda Francesco, sulla base di alcuni indizi documentari, si tende a identificare il suo intervento nelle due statue in piedi - ai lati della cappella - che raffigurano la Fortezza e lo Zelo della religione. Il 28 nov. 1588, infatti, "il Magistrato ha deliberato et conceduto il restante di detta sepoltura al contras.to m° Francesco et fattogli l'instrumento… sotto sichurtà anche del Moschino…" (Pelicelli, 1922, p. 353): è quasi certo che "m° Francesco" sia Francesco B.; e poiché il 25. ottobre dell'anno 1588 il Moschino e Giammaria Molinari si erano impegnati per la parte architettonica dei sepolcro, è possibile che il compito di Francesco riguardasse la rifinitura dei marmi, ma forse anche l'avvio della decorazione plastica della tomba. Nel luglio del 1589, del resto, egli si occupa - per conto del Moschino - del trasporto di quattro statue per il sepolcro di Margherita d'Austria, da Carrara a Pontremoli prima tappa del viaggio dalle cave di marmo a Piacenza. Le statue, tuttavia, dovevano essere soltanto sbozzate al momento del trasporto, perché due di esse saranno scolpite nel 1604 dal Torbati e dal figlio di Francesco, Orazio; né si può tacere che il Torbati il 6 maggio 1593 riceve un compenso di 39 scudi e soldi 76 "per haver lavorato intorno a quattro statue per la sepoltura di Madama" (Ronchini, 1876, p. 106). Queste testimonianze non possono che ridimensionare l'intervento di Francesco negli anni precedenti.
Orazio, figlio di Francesco, operò dal 159o al 1612. La prima citazione del nome dell'artista è contenuta in un documento dell'8 genn. 1590, in cui figura come testimone in un atto riguardante un credito dello scultore Simone Moschino (rogito Grassani; cfr. E. Scarabelli-Zunti, V, c. 48). Il documento ci permette di sapere che a quell'epoca egli era già in rapporti di affari con il Moschino e che abitava a Parma nella vicinia di S. Barnaba.
Il 1° genn. 1591 Orazio riceve dai Farnese una provvigione che sarà rinnovata a tutto l'aprile del 1591. L'anno successivo lo scultore - in società con Fabrizio Pelliccia - si impegna.a costruire il fonte battesimale della chiesa di S. Agostino di Pietrasanta, per un compenso di 1350 scudi. L'opera consiste in una tazza marmorea sorretta da un piedistallo a zampe di leone e ornata di rilievi e pietre dure, nonché sormontata da un tempietto ottagonale; essa fu compiuta solo nel 1612. Si interposero, infatti, numerosi altri impegni: il compimento del Palazzo pretorio di Pietrasanta; un viaggio a Roma, da mettere verosimilmente in rapporto all'attività di Simone Moschino per conto del cardinale Odoardo Farnese; la partecipazione ai lavori del sepolcro di Margherita d'Austria in S. Sisto a Piacenza. L'opera di Orazio nella complessa costruzione sembra si debba identificare soprattutto nelle due statue che sormontano il sepolcro (la Fedeltà e la Mansuetudine) risolte come figure giacenti, ma in atto di sollevarsi e di volgersi. Fece anche una Minerva destinata ad ornare, assieme a molte altre sculture, la fontana del Palazzo del giardino, ma la statua già nel 1724 non era più in luogo, come documenta un'incisione di quell'anno. Un pagamento di 40 scudi oro è registrato nei mastri farnesiani in favore di "Achille Torbatti et Oratio Bergamino… a conto dei lavori che fanno per servizio di S. A…" alla data 20 ottobre del 1604: la testimonianza si riferisce certamente ancora ai lavori in S. Sisto.
Non si sa se appartenessero alla stessa famiglia i due architetti Giovanni Francesco e Alessandro, operosi nei secoli XVII-XVIII per i duchi di Massa e per il cardinale Alderano Cybo Malaspina.
Oltre a Giovanni Francesco, il Campori nomina, un altro architetto di cognome Bergamini, a lui contemporaneo, Francesco, cui assegna il bell'altare marmoreo della Natività nel duomo di Pietrasanta. Gli stretti punti di contatto di esso con le opere di Giovanni Francesco inducono a ritenere che si tratti della stessa persona.
Giovanni Francesco è ricordato la prima volta nel 1665 come ingegnere e architetto, quando il priore della certosa di Pisa gli commissionò di riparare "la cappella dell'altar maggiore della Chiesa che minaccia rovina" e di adornarla "decentemente di marmi di Carrara" (cfr. Manghi, p. 106).
L'opera fu iniziata soltanto il 13 genn. 1677, ed erano completati solo i primi pilastri e le basi delle colonne quando Giovanni Francesco abbandonò la direzione dei lavori che fu assunta da Alessandro Bergamini. Si tratta di un'opera assai bella con marmi di vari colori (broccatello di Francia per le colonne, verde antico, rosso di Francia e altri marmi per la decorazione della mensa dell'altare, del tabernacolo e del paliotto). Nel 1665 circa Giovanni Francesco disegnò il bel cortile, a due ordini di logge, del palazzo Cybo, Malaspina (ora prefettura) a Massa. Anche qui gli successe Alessandro nella direzione dei lavori. Alberico II Cybo Malaspina gli commissionò la cappella Cybo nella chiesa di S. Francesco (ora duomo), sempre a Massa, e il B. vi lavorò dal 1675 al 1694 per il duca Carlo II. La cappella fu gravemente danneggiata durante l'occupazione francese; ma fra le parti che si sono salvate è il bell'altare barocco nella cappella del Sacramento.
Alessandro, probabilmente figlio o nipote di Giov. Francesco, è nominato la prima volta nel 1677 quando successe a Giov. Francesco nei lavori dello splendido altar maggiore nella chiesa della certosa di Pisa (completato nel 1681).
Secondo il Campori, che cita fonti attualmente non identificabili, Alessandro progettò la grande chiesa di S. Pietro a Massa, costruita tra il 1697 e il 1701 (distrutta nel 1807). Completò poi nel 1701 l'opera di Giov. Francesco a palazzo Cybo Malaspina a Massa, disegnando la bella facciata decorata da busti e balconi. Disegnò anche opere provvisorie come il catafalco per il duca Carlo II, del quale resta l'incisione di T. Verkruis (1711). Progettò il bell'altare nella chiesa di S. Maria degli Angeli a Pistoia. Per gli architetti Carlo e Innocenzo Bergamini (rispettivamente padre e figlio) non è possibile accertare rapporti di parentela con gli altri architetti dallo stesso cognome. Carlo progettò il teatro di Massa, inaugurato nel 1701, poi demolito. A Innocenzo era tradizionalmente assegnata la chiesa di S. Pietro a Massa che il Campori, forse più attendibilmente, dà ad Alessandro (i disegni di Innocenzo sarebbero stati forniti nel 1678). Egli progettò nel 1718 la zecca di Massa (distrutta) e gli può essere attribuita la chiesa del Purgatorio (o del Suffragio) di, Carrara che lo rivela architetto di modesta levatura; disegnò anche strutture provvisorie come, molto probabilmente, il catafalco per il funerale del duca Alderano Cybo nell'anno 1732.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Parma: Mastri Farnesiani, ms., ad annos (per Orazio); G. Tiraboschi, Biblioteca modenese…, VI, Modena 1786, p. 327 (per Carlo e Innocenzo, ma ne anticipa di un secolo la cronologia); P. Zani, Encicl. metodica… delle Belle Arti, I, 3, Parma 1820, pp. 224 s. (per Innocenzo); F. Tolomei, Guida di Pistoia, Pistoia 1821, p. 127 (per Alessandro); R. Barbacciani Fedeli, Saggio stor. sulla Versilia antica e moderna, Firenze 1844, p. 121 (per Orazio); G. Tigri, Pistoia e il suo territ., Pistoia 1854, p. 273 (per Alessandro); G. Campori, Memorie biogr. degli scultori, architetti… nativi di Carrara, Modena 1873, pp. 27, 339 (per Francesco), 27 s. (per Orazio), 28 s. (per Giov. Francesco, Innocenzo e Alessandro); A. Ronchini, Francesco e Simone Moschini, in Atti e mem. d. RR. Deputaz. di storia patria per le provv. modenesi e parmensi, VIII (1876), pp. 106 (per Francesco), 110 (per Orazio); G. A. Matteoni, Guida delle chiese di Massa Lunese, Massa 1879, p. 9 (per Giov. Francesco); C. Lazzoni, Carrara e le sue ville, Carrara 1881, p. 91 (per Francesco e Innocenzo); A. Melani, Da Carrara: l'antico coro marmoreo della cattedrale, in Arte e Storia, s. 3, XVII (1898), pp. 137 s. (per Francesco); Parma, Museo di antichità: E. Scarabelli Zunti, Docum. e mem. di belle arti parmigiane, ms. [sec. XIX], IV, c. 71; V, c. 48 (per Orazio); A. Manghi, La Certosa di Pisa, Pisa 1911, pp. 106, 269 (per Giov. Franc. e Alessandro); N. Pelicelli, Monumento di Margherita d'Austria in S. Sisto di Piacenza, in Arch. stor. per le prov. parmensi, n. s., XXII bis (1922), pp. 353 s. (per Francesco), 355 (per Orazio); A. Pettorelli, La chiesa di S. Sisto, Piacenza 1935, p. 16 (per Francesco e Orazio); G. Drei, I Farnese, Roma 1954, p. 162 (per Francesco e Orazio); U.Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon, III, p. 391.