RIZZO, Benvenuta Diana
RIZZO, Benvenuta Diana (in religione Innocenza). – Nacque a Trapani il 1° aprile 1599 da Girolamo Rizzo, barone di S. Anna, e da Erasma Grimaldi, figlia di Gregorio di «nazione genovese».
Battezzata con il nome di Benvenuta Diana, ma usualmente chiamata con il secondo nome, crebbe attorniata da sorelle e fratelli in un contesto fervidamente religioso segnato dalle fitte relazioni dei genitori con l’Ordine gesuita, con gli agostiniani, con i francescani e con i padri filippini, che si tradussero in donazioni e rendite per numerose istituzioni religiose, tra cui la chiesa del Collegio, la chiesa e il convento di S. Maria di Gesù, la chiesa dell’Epifania, la chiesa di S. Giovanni e la chiesa e il convento di S. Anna. Ed è proprio con quest’ultima istituzione – dove si insediò l’Ordine dei francescani riformati – che si intrecciò l’esistenza della giovane Diana.
Le fonti documentarie, in gran parte agiografiche, indicano infatti nella guarigione ricevuta dal padre della Rizzo – autorevole esponente della nobiltà locale oltre che partecipe del governo della città –, su intercessione del venerabile Innocenzo da Chiusa, la svolta nell’esistenza della giovane che, dopo un’infanzia segnata dallo zelo religioso, poté superare l’avversione dei genitori e assumere i voti l’8 dicembre 1620 con il nome di Innocenza, insieme alla sorella Caterina, nella chiesa di S. Anna – fondata nel 1608 dalla confraternita omonima – in occasione della festività della Immacolata Concezione alla presenza della famiglia, della nobiltà e del popolo, e a esaltazione del patronato dei Rizzo organizzatori – insieme ai Fardella, ai genovesi Vento, al Senato cittadino e alle corporazioni dei pescatori di corallo trapanesi – di un ragguardevole investimento materiale sul ramo laico dell’Ordine.
Espressione di una nobiltà civica di origine mercantile pienamente iscritta nel modello di una riforma cattolica che guardava all’esistenza terrena come semplice passaggio, e ai riti della devozione come indispensabili alla salvezza dell’anima, Innocenza svolse la sua devozione all’interno delle mura domestiche, dove continuò a vivere avendo ottenuto il privilegio dell’esclaustrazione insieme alla sorella, ma assumendo presto il ruolo di ministra delle religiose terziarie con una nomina attribuitagli da Innocenzo da Chiusa a palesare il ruolo egemone riconosciuto alla sua famiglia.
Pienamente partecipe delle pratiche devozionali di una società barocca che subiva ed esaltava il fascino delle mortificazioni della carne e dello spirito, visse conseguentemente, assumendo su di sé il martirio delle carni con cilici, catene, digiuni prolungati, umiliazioni continue. Presto circondata da una fama di santità, dedicò gran parte del suo tempo alla preghiera – per la quale il padre le aveva costruito un piccolo oratorio nel palazzo di famiglia –, nella frequenza ai riti religiosi – gran parte dei quali presso le chiese di S. Anna e di S. Giovanni –, nel servizio ai poveri svolto all’interno del palazzo di famiglia presso una servitù organizzata gerarchicamente sulla base del servizio prestato e con una percentuale elevata di schiavi conversi e non.
Il profilo della religiosa si confonde così con quello della città mercantile, affollata da marinai, soldati e schiavi, alle prese con il costante timore del turco che nelle parole della Rizzo era il nemico da uccidere senza pietà a elevazione della fede cristiana. Affermazioni ispirate al modello di cattolicesimo vittorioso su pagani e infedeli che era parte del rigore controriformista che la Rizzo assunse alla stessa stregua della pietà con cui soccorreva i poveri, i malati, i moribondi. Assistita dai padri confessori dell’Ordine – Geronimo e Giovanni Maria da Sutera – nell’esercizio delle pratiche devote, della preghiera e dell’orazione, incarnava dunque il modello di una santità francescana femminile che, proprio perché fuori dal convento, poteva meglio diffondere i modi e i costumi dell’Ordine attraverso l’esempio e/o l’imitazione.
Primi destinatari della stessa le sorelle, da lei sottratte con pervicacia al mondo secolare e alle alleanze matrimoniali, i genitori e un parentado che furono testimoni del suo cammino di perfezione. Le varie occupazioni quotidiane, regolate sul tempo della preghiera e dell’orazione, appaiono infatti inframmezzate alle prime manifestazioni della grazia divina che, in un crescendo costante, accompagnarono i pochi anni della sua vita monacale e un operare che superò le mura familiari e si riversò all’esterno nella cura dei malati, a eccezione di quelli afflitti dalla peste dilagante a Trapani negli anni 1623-26, come nel resto dell’isola. Ma è interessante rilevare come il divieto impostole dai genitori di recarsi presso il lazzaretto mostrò come le terziarie continuassero a essere subordinate all’autorità genitoriale che manteneva il controllo del loro corpo, lasciando ai padri spirituali il controllo delle loro anime.
Un equilibrio superato a favore dei religiosi solo in prossimità della morte, avvenuta il 1° dicembre 1624 dopo una breve malattia, assistita dalla famiglia e dai frati francescani. Immediatamente successivo alle esequie, avvenute tra il generale cordoglio popolare, l’avvio dell’iter per la beatificazione su iniziativa dell’Ordine francescano che si mosse compatto. Ma nonostante la costante attenzione dell’Ordine a che la beatificazione si concludesse con successo – reiterata in diverse opere quantomeno fino agli inizi del secolo successivo – la vicenda è ancora sospesa.
Mentre in Sicilia un gruppo significativo di importanti attori sociali – le gerarchie francescane, la curia vescovile, i gesuiti, il Senato trapanese, la famiglia – sosteneva il lungo percorso procedurale del processo ordinario, a Roma presso la congregazione dei Riti operavano Innocenzo da Chiusa, che godeva di una rete di appoggi presso la Curia romana e nell’entourage del pontefice Urbano VIII, e Geronimo da Sutera, confessore della giovane, al tempo penitenziere in S. Giovanni in Laterano che fu, peraltro, autore della prima agiografia. Un’operazione complessa che si dipanò dal 1626 al 1632, documentata nelle cronache francescane e nelle agiografie di Ludovico Iacobini da Foligno, di Francesco Maglio e di Pietro da Palermo (alias Pietro Tognoletto), dove ampio spazio venne lasciato alle testimonianze dei miracoli compiuti dalla Rizzo subito dopo la morte. A tale mole documentaria va inoltre aggiunta un’iconografia della giovane stampata e diffusa da Roma alla Sicilia, che appare funzionale al successo del progetto sotteso alla beatificazione, ovvero affermare caratteri e specificità di una santità francescana remissiva, paziente, rispettosa delle gerarchie. In questo clima ebbe quindi luogo il processus ordinarius (1627-28), e a seguire il processus remissoriale (1631-32), autorizzato dalla congregazione dei Riti per esaminare le virtù, le azioni, i miracoli ascritti alla Rizzo, trasmesso al segretario della Congregazione nel dicembre del 1632, e dalla medesima dichiarato valido il 15 gennaio 1633. Da allora nulla.
Fonti e Bibl.: Pietro da Palermo [Pietro Tognoletto], Vita della venerabile serva di Dio suor I. R., e Grimaldi da Trapani vergine Tertiaria de’ Min. Oss. Riformati, Palermo 1659; Id., Paradiso serafico del fertilissimo Regno di Sicilia: overo Cronica, nella quale si tratta dell’origine della Riforma de’ Minori Osseruanti in questo Regno…, Palermo 1667; F. Mugnos, Teatro genologico delle famiglie nobili titolate feudatarie et antiche de’ Regni di Sicilia Ultra, et Citra, III, Messina 1670, pp. 220 s., 534 s.; B. Mazzara, Leggendario francescano, overo Istorie de Santi, Beati, Venerabili, ed altri Uomini illustri, che fiorirono nelli tre Ordini istituiti dal Serafico Padre San Francesco…, XI, Venezia 1722, p. 230; G.M. Ferro, Guida per gli stranieri in Trapani: con un saggio storico di Giuseppe Maria di Ferro, Trapani 1825, p. 185; Id., Biografia degli Uomini Illustri Trapanesi dall’epoca normanna sino al corrente secolo, Trapani 1830, pp. 209-220; Francescanesimo e cultura nelle province di Catania ed Enna. Atti del Convegno..., Caltanissetta-Enna... 2005, a cura di C. Miceli, Palermo 2008, p. 139; A. Jacobson Schutte, Ecco la Santa! Printed Italian biographies of devout laywomen, Seventeenth-Eighteenth Centuries, in Devout laywomen in the Early Modern World, a cura di A. Weber, New York 2016, pp. 115-117.