JOPPOLO, Beniamino
Nacque a Patti, presso Messina, il 31 luglio 1906, terzo dei cinque figli di Giovanni e Paolina Sciacca. Il padre, di Sinagra, era proprietario terriero e professore di lettere al liceo classico di Messina, dove lo J. frequentò le scuole superiori. Nel 1929 si laureò in scienze politiche e sociali all'Università di Firenze e pubblicò la prima raccolta di versi, I canti dei sensi e dell'idea (Signa 1929).
Scritti tra i quattordici e i diciotto anni, sono incentrati sul tema di un sensuale rapporto con la natura, in un linguaggio lirico che echeggia variamente G. Leopardi, G. D'Annunzio, D. Campana.
Dopo la laurea tornò a Messina presso i genitori e vi rimase fino al 1935, escluso il periodo del servizio militare trascorso a Verona, durante il quale scrisse un lunghissimo romanzo inedito (Il nido dei pazzi, 1932-33). Desiderando intraprendere la carriera giornalistica, lo J. cercava intanto contatti a Milano, nell'ambiente dei letterati e dei pittori.
Mentre si trovava a Ravenna presso una sorella - sebbene fosse ancora iscritto al Partito nazionale fascista (PNF) e avesse fatto parte, fino al 1926, della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (MVSN) - fu dapprima arrestato per aver criticato il regime, quindi ammonito, con ordinanza del 3 genn. 1936, e rimandato a Messina. In occasione della proclamazione dell'Impero (maggio 1936) il provvedimento di ammonizione fu revocato e lo J. poté trasferirsi a Milano. Nel 1937 dette alle stampe C'è sempre un piffero ossesso (Modena).
Si tratta di quindici racconti in cui appaiono evidenti sia l'adesione dello J. ai movimenti d'avanguardia dell'espressionismo e del surrealismo sia l'interesse per le arti figurative, nella trasformazione del linguaggio letterario in linee, colore e luce, nel superamento onirico della divisione tra reale e immaginario, nell'abolizione dei limiti di tempo e spazio. La costante presenza, anche nei successivi lavori, di una natura particolarmente esuberante, sentita dallo J. nel corpo e col corpo, ha fatto raccogliere la sua esperienza narrativa sotto l'egida solare di "espressionismo mediterraneo" (N. Tedesco).
Il soggiorno milanese fu fondamentale per lo J., permettendogli di frequentare gli esponenti delle tendenze artistiche più all'avanguardia, ma il 6 apr. 1937 venne arrestato, con l'accusa di antifascismo, e condannato al confino a Forenza (Potenza) per tre anni. Rilasciato in occasione del Natale 1938, poté tornare nella città lombarda. Nel 1940 principiò a scrivere articoli sulla pittura di C. Carrà, G. Migneco e I. Valenti, pubblicati, tra il febbraio e l'aprile, in Corrente, la rivista fondata da E. Treccani, espressione dell'omonimo gruppo di cui erano animatori, fra gli altri, R. Birolli, R. Guttuso e Migneco, amici dello J. e come lui impegnati nell'opposizione al conformismo e all'ufficialità dell'arte di regime.
In questi anni lo J. tentò anche la via del teatro e, nel 1941, scrisse due atti unici, Il cammino e L'ultima stazione, rappresentati a Milano, nello stesso anno, con la regia di P. Grassi. A questi, tra il 1942 e il 1943, seguirono: Ritorno di solitudine, Le epoche, Tutti ascolteremo il silenzio, La follia sia dunque autentica, Sulla collina, L'invito, Domani parleremo di te, I due paesi, Una visita (poi in Teatro, a cura di N. Tedesco, I).
All'epoca solo i primi due lavori andarono in scena - anche a Cesena e a Novara, nei teatri dei Gruppi universitari fascisti (GUF) - e furono pubblicati (L'ultima stazione, Forlì 1941; Il cammino, Novara 1942); gli altri uscirono in volume (Ritorno di solitudine, Forlì 1942) e in riviste quali Posizione (Sulla collina; Domani parleremo di te, 1943) ed Eccoci! (L'invito, 1943), o rimasero per il momento inediti. Il teatro dello J. - teatro di crisi esistenziale ambientato al solito in una dimensione surreale, in cui non mancava però la denuncia di una società che privava l'essere umano della libertà, del rapporto salvifico con la natura, e lo mortificava con l'ingiustizia - fu, dunque, accolto con interesse da giovani registi, quali Grassi e G. Strehler, che cercavano soluzioni drammaturgiche nuove; il momento però non era propizio, si era oramai in piena guerra e, venuta meno la possibilità di una verifica sulla scena, lo J. cessò anche di curarne la pubblicazione.
Dal 1943 al 1945, in quanto antifascista, lo J. visse nascosto. Nel 1947 iniziò a dipingere sostenuto dalla moglie, la pittrice milanese Carla Rossi, sposata nel 1942 (dal matrimonio nacquero due figli) e con cui visse a Milano fino al 1954. Ma il nuovo interesse per la pittura non lo allontanò dalla narrativa e, in questi stessi anni, pubblicò i romanzi Tutto a vuoto (Milano 1945), illustrato da disegni di Migneco, La giostra di Michele Civa (ibid. 1945) e Un cane ucciso (ibid. 1949).
Pur rimanendo aperto ai problemi sociali, lo J. non volle allinearsi al dogma del realismo e dell'impegno politico professato dalla cultura marxista. La sua narrativa degli anni Quaranta, pur vicina a quella esistenzialista, rimane immersa, psicologicamente e stilisticamente, in un'inconsueta e originale atmosfera di forte espressionismo: lo J. scelse l'esasperazione dell'assurdo, della violenza gratuita, della pazzia, per dipingere la realtà non quale si mostra, ma la parte più oscura che essa nasconde. Così è la pazzia a dominare le vicende di Tutto a vuoto, e il delitto diventa il mezzo usato da Michele Civa al fine di distruggere e purificare l'umanità corrotta, mentre gli omicidi commessi con la più totale indifferenza dal protagonista di Un cane ucciso lo condurranno, privo ormai di ogni umano sentire, alla morte.
Contemporaneamente lo J. proseguiva l'attività pittorica: nel 1949, allestì una mostra personale alla galleria del Naviglio di Milano, seguita da altre personali e collettive e, nel 1952, dalla partecipazione alla Biennale di Venezia. Egli aveva mantenuto i contatti con gli artisti che aveva iniziato a frequentare ai tempi di Corrente, scrivendo saggi e articoli di critica d'arte editi in cataloghi di mostre o in riviste e quotidiani, quali La Fiera letteraria, Il Settimanale e Milano sera. Lo J., dopo il suo incontro a Milano con L. Fontana, promotore del movimento dello "spazialismo", e con altri artisti, all'inizio del 1948 fu l'estensore materiale del primo manifesto del movimento.
Fino al 1958, a breve distanza l'uno dall'altro, apparvero alcuni scritti teorici e altri manifesti dello spazialismo; inoltre si tennero riunioni pubbliche e mostre collettive, cui lo J. partecipò per vari anni (fra l'altro scrisse la presentazione per la mostra L'"ambiente spaziale. Illuminazione a luce nera" di Fontana, realizzata nel febbraio 1949 alla galleria del Naviglio). Nel febbraio 1952 pubblicò - nel dépliant della mostra collettiva Arte spaziale, dove anch'egli esponeva - un ulteriore scritto a chiarimento e conferma del programma teorico del movimento (ora in B. J. tra segno e scrittura…).
In seguito lo J. abbandonò le posizioni dello spazialismo, riconoscendo alla sua pittura una diversa finalità che lo avrebbe infine portato verso una forma di espressionismo astratto. L'allontanamento dallo spazialismo avvenne in concomitanza con le sue riflessioni filosofiche sull'"abumanesimo" - una teoria fondata su una sorta di immanentismo collegato alla meditazione sull'irreversibile crisi dell'umanità seguita agli eventi della seconda guerra mondiale - elaborate insieme con lo scrittore francese J. Audiberti.
Questi aveva tradotto, e pubblicato con una sua premessa, La giostra di Michele Civa (Les chevaux de bois, Paris 1947) e Un cane ucciso (Le chien, le photographe et le tram, ibid. 1951), romanzi passati sotto silenzio in Italia, ma che Audiberti aveva trovato interessanti sia per il vigore formale sia in quanto coincidenti con alcuni aspetti estremi della teoria da lui chiamata appunto "abhumanisme", cui lo J. dedicò due saggi (L'arte da Poussin all'abumanesimo, Milano 1950, e L'abumanesimo, ibid. 1951): l'"abuomo" - l'essere nuovo staccatosi dall'uomo attraverso il rifiuto del concetto distruttivo di individualità - sarebbe stato consapevole "nel sangue" di essere un tutt'uno con il resto dell'umanità e con l'universo: materia e spirito, vita e morte sarebbero stati superati in un "terzo cosciente unico", totalmente libero ed eterno nell'universale divenire. Sulla base di tale teoria lo J. maturò le sue riserve nei confronti delle neoavanguardie artistiche degli anni Cinquanta, compreso lo spazialismo, e le espresse in una raccolta di Lettere ad artisti, scritte tra il 1951 e il 1954 ma pubblicate postume nel 1984 (cfr. B. J. tra segno e scrittura…, pp. 104-155).
Nel 1954 lo J. si trasferì con la famiglia a Parigi continuando a dedicarsi alla pittura, alla narrativa e al teatro.
Tra le opere di questo periodo si ricordano i romanzi La doppia storia (Milano 1968), autobiografico, Gli angoli della diserzione (Torino 1982) e Il ritorno di Leone (con introd. di G. Luti, Milano 1993), diversi per modi espressivi e per contenuti rispetto alla prosa precedente e tutti pubblicati postumi; i drammi: L'inondazione (in L'Osservatore politico-letterario, IV [1958], 12, pp. 65-73, in collab. con E. Fulchignoni); Le acque, in due atti indipendenti (in Teatro siciliano, a cura di A. Mango, Palermo 1961, II, pp. 371-420); L'angelo Paratatampata (in Ridotto, XI [1961], 1, pp. 32-56); Zizim (ibid., XIII [1963], 12, pp. 46-56); e, pubblicati postumi: La baracca e gli uomini d'onore e I microzoi (ibid., numero speciale dedicato allo J., 1982, n. 8-9, pp. 59-99), nonché, infine, in collab. con E. Fulchignoni, La tazza di caffè, Salita sull'albero e Fred (in Teatro contemporaneo, Appendice VII, X, Roma 1989, pp. 337-362).
Particolare attenzione merita il più fortunato testo teatrale dello J., I carabinieri, scritto nel 1945 col titolo I soldati conquistatori, ma pubblicato solo parzialmente a Parigi nel 1954 (solo il primo atto, tradotto e presentato da J. Audiberti) e per intero in Italia in Filmcritica, 1959, n. 90, pp. 233-285.
Il dramma, un apologo sulla guerra attraverso le vicende di due contadini, tra il 1945 e il 1962 fu portato sulle scene italiane cinque volte, di cui una a Spoleto con la regia di R. Rossellini, e fu allestito anche all'estero. Il regista J.-L. Godard ne trasse un film Les carabiniers (1963), cui collaborarono lo stesso Rossellini e J. Gruault.
Lo J. negli ultimi anni aveva comunque allargato i suoi molteplici interessi anche al cinema e scrisse articoli per Filmcritica e altre riviste di spettacolo, oltre che per L'Ora di Palermo e Il Gazzettino di Venezia. Una sua delicata opera poetica inedita, Scandinavia, fu pubblicata a Marina di Patti nel 1984.
Lo J. morì a Parigi il 2 ott. 1963.
Tra le edizioni postume vanno ricordate ancora: l'antologia La nuvola verde, a cura di N. Tedesco - D. Perrone, Marina di Patti 1983 e 1991 (vi sono raccolti anche tre racconti inediti), nonché Un cane ucciso, introd. di D. Perrone, Palermo 1985.
Fonti e Bibl.: Firenze, Gabinetto scientifico letterario G.P. Vieusseux, Arch. contemporaneo A. Bonsanti, Fondo B. Joppolo; N. Tedesco, Il cielo di carta. Teatro siciliano da Verga a J., Napoli 1980, pp. 87-116; E. Bruno, Drammaturgia italiana dal '45 al '65, in Teatro contemporaneo, a cura di M. Verdone, I, Roma 1981, pp. 516 s.; B. J. tra segno e scrittura, 1946-1954 (catal.), Palermo 1984, pp. 96 ss. (con bibl. importante); M. Giroud et al., Abumanesimo. Audiberti - J., in Quaderni del Novecento francese, 1984, n. 8 (numero unico); D. Perrone, I sensi e le idee. Brancati, Vittorini, J., Palermo 1985, pp. 110-128; B. J. e lo sperimentalismo siciliano contemporaneo. Atti del Convegno…, Palermo 1986, a cura di D. Perrone, Marina di Patti 1989; N. Tedesco, Introduzione a B. Joppolo, Teatro, I, a cura di N. Tedesco, Marina di Patti 1989; S. Carbone - L. Grimaldi, Il popolo al confino. La persecuzione fascista in Sicilia, Roma 1989, pp. 280 s.; M. Verdone, Le avanguardie teatrali da Marinetti a J., Roma 1991, pp. 209-218; G. Joppolo, L. Fontana, le spatialisme, et les néo-avant-gardes en Italie autour de 1950, in Studiolo. Revue d'histoire de l'art de l'Académie de France à Rome, 2002, n. 1, pp. 273-292.