AVERANI, Benedetto
Nacque a Firenze il 19 luglio 1645, fratello maggiore di Giuseppe, celebre giureconsulto, autore di una sua biografia (in B. A., Opera Latina, I, Florentiae 1717, pp. ** 1 ss.) e di Niccolò, avvocato ed astronomo, che curò l'edizione fiorentina dell'Opera Omnia di P. Gassendi (1727). Con l'aiuto di suo padre Giovanni Francesco, valente matematico, scrisse un poema in lode di s. Tommaso d'Aquino, che pose in luce le non comuni cognizioni teologiche del giovane autore. Appassionato di matematica, di geometria e di meccanica, studiò presso i gesuiti di Firenze e si addottorò in giurisprudenza nell'ateneo pisano. Latinista di valore, compose elegie ispirate al modello tibulliano e, cosa rara in quegli anni di imperante umanesimo latino, si applicò da solo con estremo impegno allo studio della lingua e della letteratura greca. Frequentò l'Accademia degli Apatisti, di cui fu creato "principe", ed il cardinale Leopoldo de' Medici, protettore dello Studio pisano, che ammirava il suo ingegno e la sua cultura, gli promise una cattedra di lettere umane nell'università di Pisa. Morto il principe mecenate (1675), le speranze dell'A. parvero naufragare, ma nel 1676 Cosimo III, mantenendo la promessa dello zio, lo mandò a Pisa a coprire la cattedra di lettere greche.
A Pisa egli prese a spiegare i poeti dell'Antologia, Euripide e Tucidide, e passato nel 1685 alla cattedra di lettere umane, tenne lezioni su Livio, Virgilio e Cicerone, comparando tra loro gli autori greci e latini ed esaminandoli criticamente. Platonico in filosofia, mentre la contemporanea cultura filosofica toscana era legata all'aristotelismo, ammiratore di Ippocrate e di Galeno, curioso di anatomia, resta ricordo di lui soprattutto quale letterato. Predilesse lo studio della poesia del Petrarca e nell'Accademia della Crusca, cui fu ascritto, recitò una serie di discorsi su di un suo sonetto (Dieci lezioni di B. A. sopra il IV sonetto della 1 parte del Canzoniere del Petrarca, Ravenna 1707).
Le sue Opera Latina (Florentiae 1717), curate dal fratello Giuseppe, contengono (voll. I e II) le dissertazioni sull'Antologia, sull'eloquenza greca e romana, su Euripide, Tucidide, Livio, Virgilio e Cicerone e (vol. III) le sue lettere a L. Adriani, V. Aulla, E. Noris, A. M. Salvini, E. Newton, i Carmina,gli Epigrammi, le Orationes che per trent'anni di seguito pronunciò il giorno di Ognissanti per la solenne apertura degli studi all'università di Pisa (delle Orationes si ha anche un'edizione a parte, Florentiae 1688). Di lui abbiamo inoltre: Lezioni XI dette nell'Accademia degli Apatisti (discorsi sulla teologia dei gentili e sulla dottrina platonica pronunciati in gioventù), in Raccolta di prose fiorentine,IIIe IV, Firenze 1728-29, e La difesa di Galileo (1695) pubblicata per la prima volta da A. Favaro in Memorie d. R. Acc. di Scienze, Lettere ed Arti di Modena, sez. scienze, s. 2, II (1884), pp. 209-239.
Morì a Pisa il 28 dic. 1707 e fu sepolto nel Camposanto Vecchio.
Bibl.: A. M. Salvini, In morte di B. A., in Prose Toscane, I,Firenze 1715, pp. 372 ss.; Id., Discorsi Accademici, Venezia 1735, I, p. 313; III, p. 17; G. M. Crescimbeni, Notizie istoriche degli Arcadi morti,I, Roma 1720, pp. 341-347 (elogio scritto da G. Bianchini); J. P. Niceron, Mémoires pour servir à l'hist. des hommes illustres, II,Paris 1729, pp. 196-205; G. Lami, Memorabilia Italorum eruditione praestantium, I, Florentiae 1742, pp. 81-94; G. M. Mazzuchelli, Gli Scritton d'Italia, I, 2, Brescia 1753, p. 1325; A. Fabroni, Vitae Italorum, VIII, Pisis1781, pp. 8 ss.; Id., Historia Academiae Pisanae, III, Pisis 1790, pp. 191-204; F. Inghirami, Storia della Toscana, XII,Firenze 1843, p. 149; E. W. Cochrane, Tradition and Enlightmment in the Tuscan Academies, 1690-1800, Roma 1961, pp. 2, 7, 12 ss.,20, 70, 81, 121 e ss.