ALBERTI, Benedetto
Figlio di Nerozzo di Alberto è una delle figure più eminenti della famiglia, sia per l'ingegno politico che lo guidò in mezzo alle più burrascose vicende della vita fiorentina del suo tempo, sia per l'attività in campo economico che gli permise di accrescere il patrimonio, già notevole, della famiglia, specialmente mediante l'acquisto di aderenze ed amicizie in ogni strato sociale della popolazione fiorentina, con 'un'abile politica matrimoniale. Nato intorno al 1320, passò la prima gioventù all'estero al servizio della compagnia familiare. Nel 1367 fu inviato dalla Signoria a Volterra per comporre le discordie tra quel Comune e i Belforti. Dal maggio al luglio del 1368 fu gonfaloniere di compagnia. Nel 1373 dal IO settembre al 30 ottobre copri la carica di priore e, l'anno successivo, appartenne ai Dodici Buonomini dal 15 giugno al 14 agosto. Il 29 apr. 1377 fu designato dagli Otto della Guerra a recarsi a Roma con una delegazione per trattare la pace con Gregorio XI, da poco rientrato in Italia da Avignone. Un secondo viaggio al medesimo fine effettuò il 27 febbraio 1378 a Sarzana. Fu a questo punto che Benedetto si legò con uomini della parte popolare: Tommaso di Marco Strozzi, uno degli Otto Santi, Giorgio Scali, incaricato della leva della gente d'armi, Salvestro di Alamanno de' Medici, il quale, per aver proposto durante il suo gonfalonierato del maggio-giugno la limitazione del potere di ammonizione dei capitani di Parte guelfa, dette la scintilla al tumulto dei Ciompi. Quando questi si impadronirono di Palazzo Vecchio, il 20 luglio 1378 Benedetto fu armato cavaliere di popolo insieme col nipote Antonio di Niccolò. Fu poi consigliere, con lo Strozzi e con lo Scali, di Michele di Lando. Creato di nuovo gonfaloniere di compagnia dall'8 maggio all'8 luglio 1479, presenziò il 23 dicembre, in qualità di comandante delle milizie, alla esecuzione di Piero degli Albizzi. Intanto, a mano a mano che si preparava il ritorno dell'oligarchia, sia che fiutasse i tempi, sia che realmente, come dice il Machiavelli, non fosse soddisfatto del governo popolare, tornò ad accostarsi agli esponenti della vecchia classe dirigente, i quali sul momento sembrarono felici del suo ravvedimento. Così l'Alberti, in seguito ad un nuovo sollevamento popolare, al quale si era anch'egli opposto, assisté, ancora come comandante di milizie, alla esecuzione del già amico Scali, avvenuta il 17 genn. 1382, in quella medesima piazza della Signoria dove era stato giustiziato l'Albizzi. Fu poi della Balia che riformò lo stato, e, infine, di quella che designò le persone da bandire dalla città. Nel 1384 ebbe mano alla compera di Arezzo, e le feste fatte dalla sua famiglia "con sfarzo - come leggiamo nelle Istorie fiorentine - di principi più che di privati" aumentarono la diffidenza contro di lui. Comunque ricevette m quell'anno incarico di recarsi a Siena e l'anno successivo fu sindaco ad una delle tante rinnovazioni della lega tra Lucca, Siena, Perugia e Bologna contro le bande di ventura. Però l'odio degli Albizzi, originato da rivalità affaristiche e acuito da ragioni politiche, non perdonava. Il 4 maggio 1387, quando era dei Dieci della Guerra, l'A. venne privato dell'abilità ai pubblici uffici e diffidato, col parente Cipriano di Duccio, dall'accedere ai palazzi della Signoria, del podestà, del capitano del popolo, dell'esecutore di giustizia. Due giorni dopo i due Alberti furono confinati a 100 miglia da Firenze con l'esclusione di rifugiarsi in Lombardia, e i membri della intera famiglia, tranne poche eccezioni dei fedeli al regime oligarchico (Marco di Francesco e Francesco di lacopo), furono esclusi dal ricoprire cariche cittadine. Benedetto si recò a Genova, di là partì con il nipote Agnolo di Bernardo in pellegrinaggio per Gerusalemme. Nel viaggio di ritorno gli esuli si ammalarono a Rodi: il 3 genn. 1388 vi moriva Agnolo, e il 13 Benedetto. La sua salma, portata a Firenze, fu sepolta in S. Croce.
Aveva sposato nel 1350 Filippa di Carlo dei Pazzi e, in seconde nozze nel 1357, Lisa di Gherardo di Gualtieri dei Bardi (morta il 3 genn. 1388).
Fonti e Bibl.: L.B. Alberti, I primi tre libri della Famiglia, a cura di F.C. Pellegrini e R. Spongano, Firenze 1946, pp. XL, 25 e passim; I libri degli Alberti del Giudice, a cura di A. Sapori, Milano 1952, I, p. LXXXVIII-LXXXXIX; L. Passerini, Gli Alberti di Firenze. Genealogia, storia e documenti, Firenze 1869, pp. 113-127; C. Cipolla, Storia delle Signorie Italiane dal 1313 al 1530, Milano 1881, pp. 195, 198, 202; Y. Renouard, Les rélations des Papes d'A vignon et des Compagnies commerciales et bancaires de 1316 à 1378, Paris 1941, pp. 79, 466 n., 619, 626.