DEL BENE, Bene
Figlio di Bencivenni di Benincasa e di Dolcedonna di Bencivenisti Benintendi, nacque probabilmente intorno al 1225, forse a Firenze nel sesto di Borgo, forse nel contado fiorentino, a Peretola od a Petriolo, dove la fainiglia possedeva parecchie proprietà fondiarie.
Si può dedurre con una buona approssimazione la data di nascita del D. sulla base di un documento dal quale risulta che nel maggio del 1252, dopo aver raggiunto la maggiore età, stipulò, insieme col fratello Bencivenisti (detto anche Cisti), un contratto per l'acquisto della metà di un casolare situato nel popolo di Ss. Apostoli.
Nel 1261, o poco dopo, sposò Cara di Donato Ulivieri Bardi, del popolo di Ss. Apostoli, che gli portò in dote 150 libre a fiorini. Dal matrimonio nacque un figlio maschio, Francesco, lo stesso che nel 1318, insieme con Domenico di Bartolo Bardi e con Perotto Capperoni, avrebbe fondato una compagnia per l'esercizio dell'arte di Calimala.
Stando agli elementi fornitici dalle fonti a noi note, il D. dovette svolgere essenzialmente attività creditizie, finanziarie e commerciali.
Di sua mano ci sono pervenuti due "libriccioli" o registri di crediti, l'uno scritto tra il 1262 e il 1275, l'altro composto tra il 1277 ed il 1296, ora conservati presso l'Arch. di Stato di Firenze (Carte Del Bene): ambedue sono editi in Nuovi testi fiorentini del Dugento, I, Firenze 1952, a cura di A. Castellani, alle pp. 212-28 e 363-458 rispettivamente (Primo libro di Bene Bencivenni, ecc.). Da essi risulta il giro d'affari del D., che era piuttosto ampio, e il tipo della sua clientela che era assai diversificata. Si rivolgevano infatti a lui non solo grandi e piccoli mercanti di Calimala e di Por Santa Maria per ottenere finanziamenti per i loro traffici in diverse parti d'Italia, ma anche cittadini di Peretola e di Petriolo che dovevano far fronte alle piccole necessità quotidiane o dovevano sostenere grosse spese impreviste, come versare la libra (tributo dell'estimo) al Comune di Firenze, pagare il riscatto di un condannato, o eccezionali, come la dote per la figlia, le spese di matrimonio. Risulta che il D. teneva anche un "libro grande", dove trascriveva le notizie relative agli acquisti di terreni agricoli ed urbani, da lui compiuti: tali acquisti sono in buona parte testimoniati tuttora da oltre trenta contratti conservati nell'Archivio di Stato di Firenze (Diplomatico, Caprini acquisto). Sappiamo che possedeva un deposito pecuniario presso il fondaco dei Bardi in Oltrarno, e che finanziò numerose attività commerciali, acquistando poi beni immobili nel contado e in città. Egli impegnava in genere i suoi guadagni nell'acquisto di case e di terreni soprattutto a Peretola e a Petriolo.
Una casa del D. sita nel popolo di S. Biagio a Petriolo fu assalita e saccheggiata nel 1266. Gli assalitori - come risulta dalla denuncia fatta dal D. ai rettori del Comune di Firenze - erano un Cisto di Giroldo, del popolo di S. Biagio, e i tre figli di un Risalito, Berto, Claro e Becchurio, condannati a pagare il risarcimento dei danni da loro provocati. Nonostante la sentenza fosse stata pronunziata nel dicembre di quello stesso anno 1266, i quattro colpevoli nel 1283 non avevano ancora provveduto a rifondere quanto da loro dovuto: in quell'anno infatti il D. ricorse nuovamente al giudice assessore del podestà, perché costringesse al pagamento i figli ed eredi degli aggressori.
Sulla base della documentazione sino a noi pervenuta, ed ora conservata nell'Arch. di Stato di Firenze (Diplom., Caprini acquisto), relativa ai pagamenti della libra da lui effettuati, sembra di dover dedurre che il D. risiedette per un certo periodo di tempo nel popolo di S. Stefano al Ponte del sesto di S. Pier Scheraggio, visto che pagava tale imposta sull'estimo nel sesto e nel popolo suddetti. Nel 1280 era tuttavia già tornato ad abitare nel popolo di Ss. Apostoli, dal momento che appunto in quell'anno egli rilasciò agli ufficiali deputati "super erroribus librarum corrigendis" una dichiarazione, secondo la quale egli abitava con la sua famiglia nel popolo di Ss. Apostoli nel sesto di Borgo: solo per errore si trovava allibrato anche nel popolo di S. Stefano al Ponte del sesto di S. Pier Scheraggio.
Sono note le sue idealità politiche: non v'è dubbio circa la sua appartenenza al partito guelfo, dato che nel febbraio del 1278 il capitano di Parte guelfa e i "Dodici Buonomini per il buono stato e la custodia della città e contado di Firenze" lo esentavano, in quanto guelfo, dal pagamento di una quota della prestanza di 10.000 libre allora imposta a tutti i ghibellini. Nel 1280 fu tra i fideiussori guelfi della pace del cardinal Latino.
Doveva essere già anziano nel 1292: il 14 marzo di quell'anno, infatti, a causa della sua età avanzata e della sua imperizia nel cavalcare, i priori delle arti lo dispensavano dal partecipare personalmente alla cavallata, consentendogli di farsi sostituire da un Alessandro di Fortebraccio Rosticci. Fin dal 1° giugno 1273, tuttavia, aveva esteso un assempro del suo testamento (ed. da Castellani nei cit. Nuovi testi..., p. 284) da cui risulta l'intenzione di fare alcuni lasciti - per il momento non specificati quantitativamente - a ben sette ospedali di Firenze, fra cui quelli di S. Trinita e di S. Maria del Bigallo.
Incerta è la data di morte del D., che si può comunque collocare fra il 1296 ed il 1298. Ad ogni modo l'ultima notizia che si abbia di lui ancora vivente è relativa all'acquisto di un terreno a Petriolo, da lui compiuto il 12 ag. 1296.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Capitoli del Comune di Firenze, Registri, 29, c. CCCXXXVII; Ibid., Carte Dei, VIII, n. 42, c. 3v; Ibid., Carte Del Bene, nn. 22, 23, 50 ins. 1; Ibid., Carte Pucci, II, n.47; Ibid., Diplomatico, Caprini, n. 79/5; Ibid., Raccolta Sebregondi, n. 569; Quaderno dei pagamenti degli ufficiali dei Sei della biada sopra il divieto, tenuto da Bene Bencivenni (1286), in Nuovi testi fiorentini del Dugento, II, Firenze 1952, pp. 556-60; Quad. di tutela dei minori Perotto e Fina di Paghino Ammannati, tenuto da Compagno Ricevuti, ibid., p. 561; A. Sapori, Per la storia dei prezzi a Pistoia. Il quaderno dei conti di un capitano di custodia nel 1339, in Bullett. stor. pistoiese, XXIX (1926), p. 96; B. Barbadoro, Le finanze della Repubblica Fiorentina, Firenze 1929, pp. 297 n., 316 ss., 321, 456-59; A. Sapori, Una compagnia di Calimala ai primi del Trecento, Firenze 1932, p. 25; Id., Un bilancio domestico a Firenze alla fine del Dugento, in Studi di storia economica (secc. XIII-XIV-XV), I, Firenze 1955, pp. 353, 357, 360 s., 368.