BEATO
Non si conosce né l'anno di nascita né la famiglia di questo vescovo di Tortona. Le prime notizie a lui relative lo mostrano "nótarius" e "cancellarius" alla corte di Berengario I re d'Italia; nell'anno 900 redasse e sottoscrisse tre suoi diplomi a Pavia e. uno a Trieste (nn. 30, 31, 32, 33 dell'ediz. Schiaparelli). In quell'anno le vicende politiche avevano avuto ripercussioni anche sulla cancelleria regia: l'arcicancewere Liutvardo aveva, abbandonato Berengario ed era passato al seguito del rivale Lodovico re di Provenza. B., forse in ragione della sua stessa posizione secondaria dovette invece rimanere fedele a Berengario e proseguire il servizio in cancelleria. Sottoscrisse infatti l'anno 903 un altro diploma (n. 39), mentre migliorava la sua posizione nell'amministrazione del Palazzo, tanto da poter intervenire, nel 908, presso il re, insieme col conte Grimaldo (cioè con una delle principali personalità politiche della corte) a sollecitare privilegi per il monastero di Capodistria (dipl. n. 66 del 24 aprile). In questa occasione anzi egli venne ricordato dal re come "nostrum, insignem capellanum", segno che egli doveva a quell'epoca aver preso (se già non li aveva) gli ordini sacri e che doveva essere passato dalla cancelleria alla cappella regia, se pure non avrà accomunato i due uffici. Prima dell'anno 915, probabilmente con l'appoggio del re, ottenne il vescovato di Tortona, assai importante ed esteso, giacché nel sec. X comprendeva anche il territorio bobbiese e parrocchie che vennero più tardi sottoposte alla diocesi di Alessandria.
L'identificazione di B. cancelliere e cappellano di Berengario con B. vescovo di Tortona, sebbene non fondata su prove documentarie, è però oltremodo verosimile, sia per la frequenza con cui il personale di cancelleria veniva compensato dei suoi servizi mediante il conferimento di un vescovato, sia per gli uffici, che nella cancelleria il vescovo di Tortona continuò a ricoprire. Essa viene pertanto comunemente accettata dagli studiosi.
Il favore del sovrano per il suo antico cancelliere si manifestò nuovamente nel 915 con la concessione alla chiesa di Tortona di diritti e di privilegi sul territorio della pieve di Voghera, sollecitati dallo stesso W per il tramite dei vescovi Giovanni di Pavia e Liutardo di Como (dipl. n. 95 del 1° febbraio). Ciononostante negli anni successivi B. abbandonò le parti di Berengario aderendo alla vasta congiura organizzata dai marchesi Adalberto e Berta d'Ivrea, dall'arcivescovo Lamberto di Milano e dal conte Olderico, congiura che, nel gennaio del 922, provocò la venuta in Italia di Rodolfo di Borgogna e la sua incoronazione a re. Infatti il 3 dic. 922 B. intervenne presso Rodolfo insieme con l'arcivescovo di Milano sollecitando concessioni per il vescovo di Bergamo. Nel diploma emanato in quest'occasione (n., 2 dell'ediz. Schiaparelli) B. è detto "consiliarius" di Rodolfo, il che attesta la sua intrinsichezza col nuovo re spiegabile con un'adesione di vecchia data alla fazione antiberengariana. Non sembra avergli nuociuto il breve periodo (primi del 924) in cui Berengario riprese il sopravvento mentre Rodolfo tornava in Borgogna; la cosa non deve meravigliare, stante anche la moderazione con la quale il vecchio re trattò gli uomini della fazione avversa. Morto nello stesso anno Berengario e tornato in Italia Rodolfo, B. raggiunse il vertice della sua fortuna politica, ottenendo la direzione della cancelleria del Regno. Dall'agosto al dicembre 924 egli è menzionato come arcicancelliere nelle ricognizioni di tutti gli otto documenti di Rodolfo tramandati per quell'anno. Il 27 settembre intervenne insieme con Aicardo vescovo di Parma presso il re, sollecitando privilegi per la chiesa di Cremona, e nel diploma (n. 5) furono ricordati per esteso i suoi titoli "Beatum reverentissimum sancte Terdonensis ecclesie et archicancellarium".
Si ignora quale atteggiamento abbia tenuto B. nel corso del 925, quando le fazioni dell'aristocrazia italica facenti capo ad Ermengarda d'Ivrea e a Lamberto di Milano abbandonarono Rodolfo per offrire la corona d'Italia ad Ugo di Provenza. Un diploma di Rodolfo, ricostruito dallo Schiaparelli, del 18 luglio 925 (unico tramandato per quell'anno, dopo il n. 12 del 28 febbraio) lo mostra intervenire presso il re insieme con Aicardo di Parma e con i conti Sansone e Giselberto, in favore della chiesa di Pavia, e gli attribuisce ancora il titolo di arcicancelliere. Pertanto, o la rivolta scoppiò dopo quella data, oppure B. si mantenne fedele a Rodolfo anche nel corso di essa. Sotto Ugo, comunque, egli non perse la carica a corte, giacché la sua presenza, sempre in qualità di arcicancelliere, è attestata fin dal primo diploma emesso dal nuovo re il 7 ag. 926.-La prosecuzione dell'ufficio sembra però dovuta più all'atteggiamento di tolleranza adottato da Ugo in generale verso i dignitari provenienti dai passati regimi, che non ad un particolare favore di cui B. avrebbe goduto. Accanto a lui vennero infatti posti nella cancelleria due provenzali, Sigifredo e Gerlando (e quest'ultimo succederà poi a B. nell'arcicancellierato), quasi a controllarne tutte le mosse, mentre mancano notizie di suoi rapporti diretti col sovrano.
Il ricordo, contenuto in un diploma di Federico II del 1220, di donazioni fatte da Ugo e Lotario al vescovato di Tortona, sembra infatti da riferire, qualora il diploma di Federico non sia un falso, all'epoca 931-947, quando, probabihnente, B. era già morto.
Le ricognizioni dei diplomi di Ugo fatte in nome di B. (nove in tutto, negli anni 926-28) cessano al 12 maggio 928, e, poiché da allora non si ha più notizia di lui, si può pensare che sia venuto a morte tra la fine di maggio e l'ottobre di quell'anno, cioè nel periodo che corre tra l'ultimo diploma segnato in suo nome e il primo di quelli che menzionano come arcicancelliere Gerlando (n. 16, 928, novembre 12).
Fonti e Bibl.: I diplomi di Berengario I, a cura di L. Schiaparelli, Roma 1903, in Fonti per la storia d'Italia, XXXV, nn. 30, 31, 32, 33, 39, 66, 95; I diplomi italiani di Lodovico III e di Rodolfo II, a cura di L. Schiaparelli, Roma 1910, ibid., XXXVII, nn. 2, 4-11; I diplomi di Ugo e Lotario, di Berengario II e Adalberto, a cura di L. Schiaparelli, Roma 1924, ibid., XXXVIII, nn. 1-3, 6 s., 9, 11 s., 15; F. Savio, Gliantichi vescovi d'Italia, I. Piemonte, Torino 1898, pp. 384 s.; L. Schiaparelli, I diplomi dei re d'Italia. Ricerche storico-diplomatiche, I. I diplomi di Berengario I, in Bull. d. Ist. stor. ital. per il Medioevo, XXII(1902), p. 6; IV. Un diploma inedito di Rodolfo II per la chiesa di Pavia (925 luglio 18), ibid., XXX(1909), pp. 7-37; V. I diplomi di Ugo e Lotario, ibid., XXXIV(1914), p. 58; F.. Gabotto, Per la storia di Tortona nella età del Comune, in Bibl. d. Soc. stor. subalpina, XCVL 1, n. s. II, Torino 1922, pp. 54 s.; G. Fasoli, I re d'Italia, Firenze 1949, pp. 210, 228; C. G. Mor, L'età feudale, I, Milano 1952, pp. 77, 119 s.