PANDOLFINI, Battista
PANDOLFINI, Battista. – Nacque a Firenze il 22 giugno 1454, quartogenito di Pandolfo e di Costanza Guicciardini.
Il ramo della famiglia cui appartenne discendeva da Giannozzo, al quale fu attribuita la parte più cospicua dei beni dei Pandolfini quando il comune avo, Agnolo, divise il patrimonio tra i due figli. Proprio Giannozzo fece edificare il palazzo di famiglia in Firenze nell’attuale via Pandolfini, ma i suoi eredi non ebbero tutti la stessa fortuna economica. Il padre di Pandolfini accrebbe le proprie sostanze con acume e accurata progettazione finanziaria, da un lato acquistando beni nel contado e radicandosi nella zona di Gangalandi, dall’altro investendo somme consistenti nel Monte Comune. Grazie alle oculate acquisizioni terriere, Pandolfo riuscì a unificare le vecchie proprietà con le nuove e a realizzare vasti latifondi concessi, in alcuni casi, a mezzadria; inoltre fece ristrutturare alcune proprietà immobiliari nell’area di Gangalandi, rescindendo i contratti di locazione e adattando le abitazioni alle esigenze della famiglia.
Nel 1457, all’età di tre anni, Pandolfini insieme con i genitori e i fratelli trascorse un lungo periodo nella villa di campagna a Poggio Bertinghi per sfuggire alla peste che infuriava a Firenze. Nel febbraio del 1465 il padre fu eletto ambasciatore a Napoli presso la corte di Ferrante d’Aragona. La missione si prevedeva abbastanza lunga, dal momento che Pandolfo scrisse al parente Filippo Strozzi, residente nella capitale del Regno, chiedendogli di cercare un appartamento da prendere in locazione per sé e per il collega Luigi Guicciardini; tuttavia nel corso della spedizione napoletana fu colpito da una grave malattia e morì nell’autunno dello stesso 1465.
Pandolfini, quindi, rimase orfano a undici anni e la madre decise di non sposarsi nuovamente per prendersi cura dei suoi dodici figli. Per tale ragione Vespasiano da Bisticci, nel suo epistolario, la indicò come esempio di virtù muliebre, tanto fulgido quanto desueto nella Firenze tardoquattrocentesca. Appena sedicenne, nel 1470, Pandolfini fu immatricolato all’Arte dei Setaiuoli e, data la giovane età, prestò per lui giuramento il fratello maggiore, Agnolo, titolare di un fondaco.
L’esperienza napoletana di Pandolfo fu proseguita da Pandolfini e dal fratello Giannozzo che celebrarono la memoria del padre facendo erigere un monumento funebre marmoreo nella basilica di Santa Maria la Nova. A Napoli, Pandolfini si dedicò alla mercatura entrando in rapporti di affari anche con lo stesso re Ferrante; nel 1481, il sovrano chiese e ottenne da lui un prestito per far fronte alle ingenti spese belliche causate dalla incombente minaccia turca. A garanzia per il credito ottenuto furono dati ben duecentosessantasei libri.
Il radicamento di Pandolfini nella realtà economico-politica napoletana fu molto profondo, al punto che, quando nel 1482 fu elaborato il progetto di ristrutturazione del sistema bancario dei Medici, fu proposto lui come vicedirettore della filiale partenopea insieme con Francesco Nasi. Entrambi avrebbero dovuto rispondere del loro operato a Giovanni Tornabuoni, indicato nel nuovo organigramma dell’azienda medicea come direttore delle sedi di Roma e di Napoli del Banco Medici. Il piano non fu approvato da Lorenzo de’ Medici, ma l’ipotesi di nominare Pandolfini rappresentante a Napoli fu molto probabilmente la conseguenza delle sue capacità mercantili e bancarie, dei contatti costanti e proficui da lui intrattenuti con la corte aragonese e della lealtà nei riguardi della famiglia egemone fiorentina che rappresentava, ormai da molti decenni, la cifra politica comune ai vari rami dei Pandolfini.
Nel corso degli anni Ottanta Pandolfini diventò un punto di riferimento anche per gli ambasciatori inviati a Napoli dal governo fiorentino. Nel giugno del 1484, ad esempio, Giovanni Lanfredini, oratore di Firenze presso il re Ferrante e amico fraterno di Pier Filippo Pandolfini, ricevette una sua lettera proprio dalle mani di Battista, il quale, tornato in Toscana un paio di mesi dopo, agì come mediatore per conto di Lanfredini per la distribuzione in Pisa di un carico di grano, acquistato dallo stesso ambasciatore e proveniente dalla Puglia.
Alla fine degli anni Ottanta Pandolfini rientrò definitivamente a Firenze e decise di dedicarsi all’attività politica, seguendo in questo la strada tracciata dai suoi familiari, pur tralasciando completamente la carriera diplomatica.
Al pari dei suoi parenti, si interessò di questioni culturali, in particolare artistiche e architettoniche, investendo molte energie e ingenti somme di danaro in interventi importanti di ampliamento e ornamento della chiesa fiorentina della Badia, dove i Pandolfini possedevano da tempo la tomba di famiglia e sulla quale esercitavano il diritto di patronato.
Nel 1488 fece parte dell’ufficio dei Cinque del contado in rappresentanza del quartiere San Giovanni; nel 1491 sposò Caterina Strozzi rinnovando il vincolo di parentela con la potente famiglia di banchieri iniziato dal bisnonno Agnolo. Nel 1494, quando il re di Francia Carlo VIII scese in Italia e progettò di entrare trionfalmente in Firenze dopo la fuga dei Medici, fu ospite per molti giorni di Pandolfini nella sua villa di Signa, in attesa che a Firenze cessassero i tumulti e la città fosse pronta per accogliere il sovrano con il suo esercito. Dal marzo 1494 al marzo 1495 fu uno degli ufficiali del Monte; subito dopo e fino al settembre 1495 fu tra gli ufficiali dell’Onestà. Durante gli ultimi mesi di vita di Girolamo Savonarola, raggiunse la carica di maggior prestigio da lui ricoperta: fu uno dei Signori nel bimestre gennaio-febbraio 1498.
All’inizio del nuovo secolo, l’attività politica di Pandolfini proseguì senza soluzione di continuità. Dall’aprile del 1500 fece parte, per un anno, degli ufficiali di Notte; tra il 1503 e il 1506 fu uno degli ufficiali del Monte di Pietà; nel 1508 fu contemporaneamente uno dei Sei della Mercanzia e uno dei Cinque conservatori delle leggi e, tra il 1509 e il 1510, fece parte dei Nove dell’ordine e della milizia di Firenze.
Il ritorno al potere dei Medici, rientrati a Firenze nel 1512, diede ulteriore impulso all’impegno pubblico di Pandolfini che, dal maggio 1513 allo stesso mese dell’anno successivo, fece parte della magistratura degli ufficiali della Carne. Fu, questo, l’ultimo incarico da lui ricoperto del quale sia rimasta testimonianza.
È ignota la data della morte.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Carte Strozziane, Serie III, filza 131; Catasto, 830; Manoscritti, 519/3, 546; Priorista di Palazzo; Tratte 80, 904-905-906; E. Gamurrini, Istoria genealogica delle famiglie nobili toscane et umbre, V, Bologna 1685, pp. 115 s.; Vespasiano da Bisticci e il suo epistolario, a cura di G.M. Cagni, Roma 1969, p. 104; R. De Roover, Il Banco Medici dalle origini al declino (1397-1494), Firenze 1970, pp. 535, 569; A. Cataldi Palau, La biblioteca Pandolfini. Storia della sua formazione e successiva dispersione: identificazione di alcuni manoscritti, in Italia medioevale e umanistica, XXXI (1988), pp. 259-395; F. Guicciardini, Storie fiorentine, a cura di E. Scarano, Milano 1991, p. 195; Corrispondenza dell’ambasciatore Giovanni Lanfredini, I (13 aprile 1484-9 maggio 1485), a cura di E. Scarton, Salerno 2005, pp. 593 s., 636 s.