GERALDINI, Battista
Terzogenito di Matteo e di Elisabetta Gerarda, nacque ad Amelia, nel Ternano, nel 1434 o 1435. Della sua educazione e formazione si occupò il fratello Angelo che lo chiamò ancora fanciullo, intorno al 1446, presso di sé a Perugia dove, dopo i primi rudimenti di retorica e poesia, il G. studiò diritto. I buoni rapporti di Angelo con la Curia romana e con le corti di Milano e Napoli determinarono anche le fasi essenziali della sua successiva carriera. Fatto cavaliere da papa Callisto III - dopo aver esercitato l'ufficio di podestà in diversi centri dell'Italia centrale (tra questi Montefalco, Orvieto, Ascoli Piceno, Fermo, Lanciano, Rieti) e dopo una temporanea attività come rettore della Corona aragonese in Calabria e negli Abruzzi ottenne al posto del fratello Bernardino (cui era stato destinato in un primo tempo) l'ufficio onorevole, benché ormai privo di effettiva influenza politica, di podestà di Milano, che il G. esercitò dal 1464 al 1468. Successivamente, il duca di Milano e signore di Genova Galeazzo Maria Sforza lo inviò, provvisto di nuovi statuti per l'isola, come governatore in Corsica, benché il G. fosse stato scelto come podestà di Firenze, un incarico per il quale Ferdinando I di Napoli l'aveva raccomandato nel 1461 a Cosimo de' Medici, come "homo virtuosissimo et degno de omne honore" (Pontieri, p. 285 n. 3).
La sua carriera conobbe in Corsica una vera e propria catastrofe. Il suo rapporto con i Corsi si rivelò particolarmente teso: infatti, dopo aver represso con successo alcune rivolte nell'isola, nell'autunno 1469, in seguito a giudizio di sindacato, fu incarcerato dal suo successore per abusi e presunte malversazioni e i suoi beni furono confiscati. La coeva cronaca di P. Cirneo, sulla quale si basa acriticamente la successiva storiografia, lo descrive come un tiranno che si era reso odioso per il suo carattere avido e rapace, senza alcun rispetto per il diritto. Secondo tale cronaca lo stesso Galeazzo Maria avrebbe ordinato al G. di restituire il maltolto condannandolo all'impiccagione, ma gli avrebbe poi risparmiato la vita per l'intervento del pontefice. In conseguenza di ciò i Corsi avrebbero negato l'obbedienza al duca e non avrebbero più tollerato un governatore milanese nell'isola.
È ovvio che in questa descrizione il G. fa la parte del "cattivo" rettore al servizio di un principe straniero "tiranno" nei confronti di un popolo desideroso della sua indipendenza. I suoi fratelli protestarono invece per l'ingiusto procedimento subito dal G., ma le preghiere di Angelo e i suoi interventi presso i re di Napoli e di Aragona per ottenergli dal duca di Milano un risarcimento e un nuovo incarico non ebbero successo.
Il G. non si riprese più da questo rovescio di fortuna: in un primo momento visse in modeste condizioni nella sua città natale dove gli furono affidati alcuni uffici minori. Angelo descrisse al duca Galeazzo Maria la situazione del G. nel 1470 così: "del patrimonio è poverissimo et gravato de dui figlie da maritare et de più figlioli" (Petersohn, 1985, app. n. XIII). Solo a metà degli anni Settanta fu chiamato di nuovo fuori patria per uffici pubblici: nel 1474 fu podestà di Ancona, nel 1475 podestà di Firenze, nel 1480 podestà di Siena e successivamente fu chiamato a Perugia come capitano del Popolo. Ribellatasi L'Aquila all'autorità di Ferdinando I con l'uccisione del luogotenente regio Antonio Cicinello (25 sett. 1485) e passata al dominio della Chiesa (26-28 sett. 1485), papa Innocenzo VIII voleva nominare il G. rettore della città abruzzese, ma tale progetto fallì perché gli Aquilani (L'Aquila sarebbe poi tornata sotto il dominio regio nell'agosto 1486) lo rifiutarono a causa degli stretti rapporti di suo fratello Bernardino con la corte di Ferdinando I.
Sposatosi con Santina Cesi, una nobile di Macerino (nei pressi di Acquasparta), dalla quale ebbe diversi figli, il G. ebbe anche due figli illegittimi Ilioneo e Silvio, che il fratello Angelo - in base alla sua dignità di conte palatino lateranense concessa nel 1455 da papa Callisto III ai maschi della famiglia Geraldini - legittimò l'11 ott. 1473.
Il G. morì in data imprecisata dopo il 1486.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Terni, Archivio notarile di Amelia, XLIV, cc. 59v-60v (atto di legittimazione dei due figli); Petrus Cyrnaeus, De rebus Corsicis libri quatuor, in L.A. Muratori, Rer. Ital. Script., XXIV, Mediolani 1738, coll. 478-481; E. Pontieri, La dinastia aragonese di Napoli e la casa de' Medici di Firenze (dal carteggio familiare), in Arch. stor. per le provincie napoletane, LXV (1940), pp. 285 s.; C. Santoro, Gli uffici del dominio sforzesco (1450-1503), Milano 1948, p. 139; Die Vita Angeli Geraldini des Antonio Geraldini. Biographie eines Kurienbischofs und Diplomaten des Quattrocento. Text und Untersuchungen, a cura di H. Peter, Frankfurt a.M. 1993, ad indicem; E. Gamurrini, Istoria genealogica delle famiglie nobili toscane et umbre, III, Firenze 1673, pp. 176 s.; G. Cambiagi, Istoria del Regno di Corsica, I, s.l. 1770, p. 361; A.P. Filippini, Istoria di Corsica, II, Pisa 1827, pp. 374 s.; R. De Minicis, Serie cronologica degli antichi signori, de' podestà e rettori di Fermo, Fermo 1855, pp. 27, 47; F. Gregorovius, Corsica, I, Stuttgart 1869, p. 31; G. Rivera, La dedizione degli Aquilani ad Innocenzo VIII, in Boll. della Società Anton Ludovico Antinori negli Abruzzi, I (1889), pp. 45-48; V. Adami, La Corsica sotto i duchi di Milano, II, Il governo dell'isola, in Arch. storico di Corsica, III (1927), p. 255; A. Di Tommaso, Amelia nell'antichità e nel Medio Evo, Terni s.d. (circa 1931), p. 44; C. Cansacchi, Capitani ed uomini d'arme di Amelia, in Rivista del Collegio araldico (Rivista araldica), XXXIV (1936), p. 205; Id., Famiglie nobili di Amelia ancora viventi: i conti Geraldini patrizi di Amelia, ibid., XXXV (1937), pp. 398, 403 s.; J. Petersohn, Ein Diplomat des Quattrocento: Angelo Geraldini (1422-1486), Tübingen 1985, pp. 254-257, 328-330 e ad indicem; Id., Amelia, Roma e Santo Domingo. Alessandro Geraldini e la sua famiglia alla luce di un convegno recente e di fonti contemporanee, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, LXXVI (1996), pp. 256 s., 259.