BASILIO I di Demetrio (Vasilij Dimitreviič), granduca di Vladimir e di Mosca
Succedette al padre nel 1389; morì nel 1425. Le scialbe cronache del tempo non dànno rilievo alla figura di questo principe, che fu un coscienzioso continuatore della politica già seguita da tre generazioni della dinastia moscovita che, per "raccogliere le terre russe", si adattava alla supremazia del khān tataro.
La situazione politica non era facile. Le conquiste di Tamerlano sconvolgevano il mondo turco-tataro e in particolar modo lo stato dell'Orda d'Oro; mentre, sulla frontiera opposta, diventava grande potenza cattolica la Lituania, strenuamente governata dal granduca Vitautas; e il blocco scandinavo, formato con l'unione di Calmar (1397), alterava profondamente le condizioni che nel Baltico avevano fatto prosperare gli emporî anseatici e dato alla repubblica di Novgorod molto della sua floridezza economica. Basilio I ricevette l'investitura dal rappresentante del khān tataro; e questo fondamento giuridico oppose alle pretese di suo zio Vladimir che invocava l'antica consuetudine della schiatta di Rjurik, presso la quale il trono si trasmetteva per anzianità dal fratello maggiore a quello più giovane. Sostennero fortemente il nuovo ordine di successione il metropolita Cipriano e i boiari di Mosca, nel novero dei quali va ricordato Fedor Koška, capostipite dei Romanov. Un pretesto cavilloso servì a muovere guerra contro Novgorod; fu occupata Toržok e 70 notabili novgorodiani condotti a Mosca vi furono orrendamente squartati. Successo più proficuo fu l'annessione del ducato di Nižnij Novgorod, importante perché dominava la confluenza dei due grandi fiumi navigabili Volga e Oka. I boiari di Nižnij letteralmente vendettero il loro duca Boris al Moscovita un diploma del Gran Tataro (pure acquistato mediante denaro) consacrò la manomissione. Nel 1395, Michele duca di Tver (che già aveva accanitamente conteso l'egemonia a Mosca) sul suo letto di morte impegnava i suoi eredi in un atto di vassallaggio verso B.
Questa fortunata azione politica parve a un tratto compromessa dall'avanzata di Tamerlano; ma bruscamente, senza venire a battaglia, il condottiero zoppo (26 agosto 1395) iniziava la ritirata verso il Caucaso. Invece d'essere annientata, Mosca traeva vantaggio dal fatto che dal 1395 al 1405 l'Orda d'Oro, dilaniata da fazioni, fu impotente a esercitare la sua sovranità sulla Russia; e così B. non solo tenne per sé i proventi dell'annuo tributo, ma fu in grado di rivolgere tutti i suoi sforzi contro Novgorod e la Lituania. Egli aveva preso per moglie la figlia di Vitautas, Sofia: ma ciò non impedì al suocero di conquistare Smolensk e di condurre le sue truppe fin sulle rive dell'Oka. Soltanto nel 1408, venne conchiusa (sull'Ugra) una pace che suggellava la sconfitta dei Russi. Non migliore fortuna ebbero i Russi nella nuova guerra contro Novgorod (1398). Parte attiva alla lotta fra i due stati presero i gerarchi della chiesa ortodossa. Il metropolita di Mosca, prima Cipriano, poi, dal 1406, il greco Fozio, rivendicando certe prerogative giurisdizionali sulla diocesi novgorodiana, appoggiava il suo principe; l'arcivescovo di Novgorod Giovanni fu trattenuto per anni prigioniero a Mosca. Quale metropolita di tutta la Russia, Fozio tentava di fare valere la sua autorità fra gli ortodossi sudditi della Lituania. Per tagliar corto a sì incomode ingerenze Vitautas finirà (nel 1425) col ristabilire una metropolia autocefala a Kiev; così veniva consumata anche nel campo ecclesiastico la separazione tra Rutenia occidentale (Ucraina) e Grande Russia. Intanto l'energico mirza dell'Orda d'Oro, Edighei (così chiamato nelle fonti russe), nel 1405 richiamò all'ordine il vassallo moscovita, venendo con un forte esercito a guastare il paese e facendosi pagare il "dimenticato" tributo. Nel 1412 B. dovette andare a ossequiare il khān Gialāl ed-dīn e fino al termine di sua vita non osò più infrangere i legami di dipendenza dal Tataro. Se ne poté consolare con il fatto, che lasciava al proprio figlio un dominio notevolmente ingrandito: oltre al ducato di Nižnij Novgorod, aveva annesso (usando sempre delle stesse insidie) gli "appannaggi sovrani" di Gorodec, Murom, Tarussa e il territorio alquanto più cospicuo di Suzdal′. L'egemonia di Mosca non aveva più da temere rivalità alcuna entro i limiti del paese spartito fra i discendenti di Rjurik.
Bibl.: S. Solov′ev, Istorija Rossii ecc. (Storia della Russia ecc.); V. Ključevskij, Geschichte Russlands, trad. ted., Lipsia 1924.