GUERRIERI, Basilio
Nacque a Chiusdino, presso Siena, da Tommaso, probabilmente all'inizio del XVI secolo. Fu a lungo al servizio della Balia senese come barbiere (barbitonsor). Testimonianze sulla sua vita sono relative al servizio da lui prestato presso Orlando Marescotti, diplomatico della Repubblica di Siena, con il quale aderì, agli inizi degli anni Quaranta, alla congrega pelagiana dei Giovannelli. Si trattava di seguaci del romito Giovan Battista Caffarelli, un romano di nobili origini che aveva raccolto un consistente numero di adepti senesi nella confraternita laicale di S. Giovanni presso il convento dell'Osservanza.
Il movimento, poi sciolto dalla Signoria, fu in aperto contrasto con l'umanista Aonio Paleario, da sempre critico verso le manifestazioni di pietà popolare delle sette religiose a direzione nobiliare. Paleario divergeva dalla congrega sulla questione della giustificazione attraverso le opere, cui contrapponeva la posizione luterana del merito di Cristo. Il G. fu uno dei testimoni contro il Paleario nel processo seguito alla denuncia all'arcivescovo di Siena da parte di Marescotti.
Nel 1544 il G. si trovò direttamente coinvolto in un episodio di pubblica contestazione ecclesiale avvenuto la vigilia di Ognissanti nella Compagnia della Ss. Trinità, che si riuniva sotto la chiesa di S. Maria dei Servi e che portò all'inquisizione dell'orefice Pietro Antonio di Giovanni Battista, reo di avere pubblicamente esposto convinzioni manifestamente eretiche sul culto dei santi. L'artigiano, dopo essere stato espulso dalla Compagnia e incarcerato nel palazzo arcivescovile, nel corso degli interrogatori aveva indicato, sia pure implicitamente, nel G. il mandante della sua eclatante manifestazione pubblica. Il G. era allora maestro dei novizi della Compagnia ed era già stato convocato qualche mese prima per chiarire alcuni principî di fede perché - com'era ormai noto - "saepe disserebat de gratia". Per questo, nonostante la confessione e la ritrattazione dell'inquisito, condannato a una pena mite, il vicario arcivescovile senese avrebbe deciso di procedere ulteriormente, formando un nuovo processo contro sette aderenti alla Compagnia, indiziati di avere apertamente ispirato l'artigiano o comunque di condividerne le opinioni in materia religiosa: tra questi, oltre a un appena diciannovenne Lelio Sozzini, il G., che, come gli altri, fu contumace. In seguito, verosimilmente per intervento dell'Ordine popolare, il processo fu bloccato.
Dalla iniziale impostazione pelagiana il G. si convertì alla giustificazione per sola fede predicata da Bernardino Ochino, al quale era considerato molto vicino e con cui ebbe frequenti rapporti anche fuori d'Italia. Per queste ragioni e per l'ingente materiale raccolto grazie ai suoi contatti, il G. era di fatto protagonista di un progetto di penetrazione di massa del protestantesimo a Siena. Per il raggiungimento dell'obiettivo si fece tramite tra la parte del governo più sensibile al processo riformatore, gli ambienti più disponibili all'interno di alcuni monasteri senesi e le classi popolari e artigiane della città.
La vicenda della Compagnia della Ss. Trinità aveva convinto il G. che fosse possibile aprire alla Riforma le allora diffuse compagnie laicali, ma la sua azione non aveva mancato di esplicitarsi anche in precedenza, quando aveva favorito l'azione di penetrazione calvinista nei monasteri femminili agostiniani sostenuta, nel 1545, da Dionisia Rocchi, e verso i domenicani del convento di S. Spirito.
Riconosciuto come luterano dallo stesso Orlando Marescotti in una lettera alla Balia del 25 nov. 1545 da Bruxelles (che denunciava apertamente come al G. "non li spiace questa setta luterana"), qualche mese dopo il G. abbandonava il servizio del diplomatico, allora oratore alla corte imperiale, per recarsi prima a Strasburgo e poi ad Augusta dall'Ochino per riprendere contatti con i riformati italiani, come rivelava il Marescotti alla Balia da Spira il 26 marzo 1546.
Ritornato in patria nella primavera di quell'anno, il G. riprendeva la sua opera di proselitismo nei confronti della classe artigiana senese in casa di Giovanni Battista Tolomei, un altro degli accusati dall'orefice Pietro Antonio, sfuggito alle ricerche dell'Inquisizione senese.
Abbandonata l'iniziativa di avvicinare le confraternite laicali e superata la momentanea dispersione seguita ai fatti di due anni prima, l'azione del G. sembrava indirizzata a coinvolgere nella predicazione evangelica della nobiltà cittadina, affiancata a un nuovo strumento di penetrazione delle idee riformate: la capillare diffusione clandestina della stampa. Nonostante il mutato orientamento, il riferimento dell'azione del G. sembra comunque quello popolare. La sua figura, considerati anche i frequenti rapporti con la diaspora riformata, era ben conosciuta in Toscana, tanto che Anton Francesco Doni, in una lettera datata 28 nov. 1546 (ora riedita dal Grendler), ne fece il destinatario privilegiato della testimonianza evangelica di vita di un tessitore fiorentino dettata poche ore prima della morte, appassionato sunto delle proposizioni dottrinali calviniste, inviata al G. in segno di "novella amicitia" e perché ne curasse la diffusione tra i riformati senesi.
Al seguito dell'oratore senese presso la corte pontificia, il G. si adoperò a lungo fra la primavera e l'estate 1552 come tramite, a volte frenetico, nella congiura filofrancese che portò alla sollevazione di Siena e alla cacciata degli Spagnoli alla fine di luglio del 1552. Nella seconda metà di marzo era stato incaricato dal cardinale François de Tournon, al quale era stato raccomandato dall'oratore senese Giulio Vieri, di tornare a Siena per sondare le intenzioni di Amerigo Amerighi, fra gli organizzatori della congiura e allora in sospetti buoni rapporti con don Diego Hurtado de Mendoza, ministro di Carlo V presso la Repubblica. Compiuta con successo la delicata missione, il G. sarebbe tornato a Roma per rassicurare il Tournon circa le leali intenzioni dell'Amerighi e soprattutto sulla prosecuzione della congiura.
Nel maggio successivo fu incaricato da Amerighi di recarsi dal Tournon per metterlo a conoscenza della sua volontà di portare a termine in tempi brevi l'azione, e al principio di luglio il G. fu rispedito dal Vieri a Siena per comunicare all'Amerighi lo sviluppo della strategia in atto da parte della diplomazia francese. Il G. ricevette a sua volta l'assicurazione della partecipazione all'impresa di Enea Piccolomini, nominato capo del movimento. Fu lo stesso G., subito dopo, l'organizzatore di un abboccamento in Trevinano, presso San Casciano, fra il Vieri e il pisano Girolamo da Vecchiano con i congiurati D. Minocci e P.M. Amerighi.
Ritornato a Roma per incarico di A. Amerighi, incontrato a Vignone (l'odierna Bagno Vignoni), il G. fu incaricato di comunicare il reclutamento fra i congiurati antispagnoli di M. Sforza e P. dell'Oca. Partì poi verso Siena per incarico di monsignor de Mirepoix fermandosi ancora a Vignone, nella residenza di campagna dell'Amerighi, per comunicargli la data della mobilitazione delle truppe francesi, prevista per il 25 luglio.
Dopo la felice conclusione della rivolta (fine luglio 1552), nel corso del successivo assedio di Siena da parte delle truppe imperiali e fiorentine e nel clima di sospetto ingenerato dalla presenza in città di probabili fiancheggiatori degli assedianti, il G. si trovò a essere arrestato per qualche giorno nel maggio 1553 per ordine del governo senese, che lo sospettava in possesso di notizie di M. Griffoli e F. Montucci, sfuggiti alla sorveglianza delle guardie alle porte della città e sospettati di connivenza con il nemico.
Con la fine della Repubblica di Siena e il ritorno degli Spagnoli, nel 1555, il G. decise di restare in città per continuare il lavoro di proselitismo religioso riformato, mai interrotto, tentando il coinvolgimento anche di soldati tedeschi e spagnoli di stanza a Siena, nell'ambito di un gruppo guidato insieme con il libraio Francesco Cattani. Fra il gennaio e il febbraio 1560 uno degli adepti, il fabbro ferraio Bartolomeo Nelli, sottoposto a inquisizione da parte delle autorità ecclesiastiche, rivelò che la sua iniziazione all'eresia era stata opera di Lelio Sozzini e del Guerrieri.
Da quella data non si hanno più notizie del G., che non compariva nemmeno nella lista dei sospetti di eresia in Siena inviata, il 5 sett. 1558, dal capitano di Giustizia Nofri Camaiani a Cosimo I (Ciampi, p. 25; Cantù, pp. 148 s.).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Siena, Balia, 200; Dieci conservatori, 23; Concistoro, 1766 (5 sett. 1552); Siena, Archivio arcivescovile, 5501: Inquisitio contra et adversus Petrum Antonium Iohannis Baptistae aurificis Senensis; Costituto di B. G.; Inquisitio contra et adversus Basilium de Dusdino; A. Sozzini, Diario delle cose avvenute in Siena dal 20 luglio 1550 al 28 giugno 1555, con altre narrazioni, a cura di G. Milanesi, in Arch. stor. italiano, II (1842), pp. 133, 504-514; P. Piccolomini, Documenti del R. Archivio di Stato in Siena sull'eresia in questa città durante il secolo XVI, in Bull. senese di storia patria, XVII (1910), 1, pp. 21-23; A.F. Doni, Lettere (1547), in P.F. Grendler, Critics of the Italian world (1530-1560). Anton Francesco Doni, Niccolò Franco and Ortensio Lando, Madison-Milwaukee-London 1969, pp. 250-252; S. Ciampi, Bibliografia critica delle antiche reciproche corrispondenze…, Firenze 1834, p. 25; C. Cantù, Gli eretici d'Italia, II, Torino 1866, pp. 148 s.; N. Bartoli, Le congiure di Siena e la cacciata degli Spagnoli del 1552, in Bull. senese di storia patria, XXXVII (1930), pp. 420 s., 447, 452, 457; V. Marchetti, B. G., Lelio Sozzini e un episodio di contestazione ecclesiale nel Cinquecento senese, in Riv. di storia della Chiesa in Italia, XXIV (1970), pp. 494 s., 498-502; Id., Gruppi ereticali senesi del Cinquecento, Firenze 1975, pp. 48, 59-61, 66 s., 85-90, 93, 96-103, 107 s., 118, 124, 129, 132, 180, 187, 198, 243, 258, 260; V. Marchetti - G. Catoni, Sulla circolazione della stampa proibita in Siena, in La nascita della Toscana. Dal V Convegno di studi per il IV centenario della morte di Cosimo I de' Medici, Firenze 1980, p. 202.