PERESTRELLO, Bartolomeo
– Nacque in Portogallo attorno al 1400 da Filippo e Caterina Sforza. Oltre che Bartolomeo dalla loro unione nacquero anche Riccardo, detto pure Raffaele, priore di Santa Marinha di Lisbona; e Isabella, monaca di Odivelas.
La famiglia (variamente denominata: Palastrella, Pallastrello, Pallastrelli, Pallestrelli, Palestrelli, Palestrello) proveniva da Piacenza; a causa dell’instabilità politica e del declino economico della città, Filippo si era trasferito in Portogallo, a Oporto, attorno al 1385, arrivando a inserirsi nell’ambiente nobiliare e mercantile di Lisbona e a entrare anche a far parte dell’Ordine del Cristo e dell’Ordine di Santiago, che controllava il porto di Setubal, il più importante centro per l’esportazione del sale portoghese nei mari del Nord, ed a ricevere i favori del potentissimo arcivescovo di Lisbona, Pedro de Noronha.
Bartolomeo ebbe in censo alcune case a Lisbona nella Rua Nova, in pieno centro commerciale nei pressi del Palazzo Reale e dell’arsenale della Marina, dal re Giovanni I, che nel 1431 circa gli concesse l’arma gentilizia: uno scudo diviso per metà con la parte sinistra in campo d’oro e la parte destra in campo d’argento. Fu dapprima cavaliere dell’infante Giovanni, maestro di Santiago, ultimo figlio del re Giovanni I, e dopo la morte di questi, avvenuta nel 1442, passò alla corte dell’infante Enrico, maestro dell’Ordine di Cristo, del quale fu fidalgo e cavaliere. In quegli anni prese parte ai Parlamenti riuniti a Lisbona come procuratore del duca di Braganza di cui rappresentò il casato nelle corti generali del regno.
In seguito alla spedizione nel corso della quale, dopo il 1418, João Gonçalves Zarco da Cunha e Tristão Vaz Teyxeira scoprirono casualmente, a causa di un naufragio, l’isola di Porto Santo, nell’arcipelago di Madera (sulla presenza in questa spedizione anche di Bartolomeo le fonti coeve sono discordanti), l’infante Enrico il Navigatore gli affidò prima del 1425 l’incarico di avviare assieme a loro il processo di colonizzazione di questa isola, dove rimase inizialmente per due anni restando però scoraggiato dalla scarsa fertilità di una terra con poca acqua e invasa dai conigli, che lui stesso aveva introdotto, e che divoravano ogni traccia di erba, rendendola sempre più desolata e incoltivabile per cui le uniche attività remunerative possibili restavano l’allevamento intensivo del bestiame e la raccolta del sangue del drago (resina dei frutti di Calamus draco), che veniva esportato nel Portogallo e poi, da lì, in altri Stati.
Perestrello fece ritorno a Porto Santo dopo il 1442 in seguito alle insistenze del principe Enrico, che il 1° novembre 1446 gli conferì, per sé e per i suoi eredi, con juro e herdade, il titolo di capitàn donatario. Egli «avrebbe esercitato la giustizia civile e penale a nome dell’infante, eccetto che nei casi di pena di morte e di mutilazione di membra. Il Perestrello avrebbe avuto il monopolio di tutti i mulini di farina dell’isola, a eccezione di quelli a braccio, utilizzabili per uso privato; avrebbe inoltre ricevuto un marco d’argento annuale per ogni condotta d’acqua che fosse stata realizzata per l’irrigazione e la decima sui macchinari che fossero stati costruiti per attivare miniere di ferro o di altri metalli» (D’Arienzo, 2003, p. 209).
A lui sarebbero spettati anche la proprietà dei forni di pane destinati a uso pubblico, il diritto di vendere il sale prodotto nell’isola e la decima parte – per sé e per tutti i suoi discendenti in linea diretta – di ogni introito. Avrebbe infine potuto cedere i terreni dell’isola a chi avesse voluto per un periodo non superiore a cinque anni, rinnovabili per altri cinque, a condizione che quei territori fossero messi a coltura.
Questi titoli e privilegi vennero confermati dal re Afonso V nel 1449, che avrebbe trasmesso a Perestrello tutti i diritti feudali e commerciali su quell’isola, inclusa la giustizia civile e criminale, alta e bassa, nominandolo anche cavaleiro da casa. Durante il suo periodo di governo, nell’isola si sviluppò un’area di produzione dei cereali, sostenuta dalla costruzione di mulini e canali di irrigazione per fare fronte alla mancanza di fiumi ed ebbe inizio un’attività di estrazione di minerali.
In prime nozze, Perestrello aveva sposato Margherita Martins, e successivamente Beatrice Furtado de Mendonça, dalla quale ebbe tre figlie: Caterina, Iseu e Beatrice. Sposò in terze nozze Isabella Moniz, che apparteneva a una delle famiglie portoghesi di più alto lignaggio; dalla loro unione nacquero Bartolomeo II, Felipa Moniz, la moglie di Cristoforo Colombo, Briolanja o Violante Moniz. Bartolomeo II, che alla morte del padre aveva appena sette od otto anni, con un contratto approvato da Enrico il Navigatore il 17 agosto 1458 e confermato dal re Alfonso V il 17 agosto 1459, cedette al genero Pedro Correa, marito di Iseu, la capitania di Porto Santo, che Bartolomeo II sarebbe riuscito a riottenere solo con un decreto regio del 15 marzo 1473. Questo feudo si sarebbe conservato nella discendenza fino all’ottavo donatario, Stefano di Bettencourt Perestrello, che, venuto a Lisbona per chiedere un’indennità al re Giuseppe, il quale aveva estinto i feudi, vi morì senza aver ottenuto nulla.
Anche se non fu quel “grand’uomo per mare” celebrato da Ferdinando Colombo, Bartolomeo si può considerare un pioniere delle rotte atlantiche se teniamo conto che fra le sue carte e scritture che Colombo ebbe la possibilità di consultare e utilizzare grazie alla suocera Isabella Moniz, dopo che nel gennaio-febbraio 1479 ne aveva sposato la figlia Felipa, l’Ammiraglio genovese poté trovare preziose indicazioni, rilievi e suggerimenti sulle correnti, sui venti e sugli astri estremamente utili per avventurarsi con successo nell’Oceano Atlantico.
Perestrello rimase nell’isola atlantica fino alla morte, che sopraggiunse in data non precisata ma prima del 17 maggio 1458.
Fonti e Bibl.: P. Peragallo, Cristoforo Colombo. Studi critici, Genova 1882, pp. 234-237; Id., Cristoforo Colombo e la sua famiglia, Lisbona 1888, pp. 107-122; Id., Disquisizioni colombine, n. 5, I Pallastrelli di Piacenza in Portogallo e la moglie di Cristoforo Colombo. Cenni storico-critici, Genova 1889, ad indicem; Id., Cenni intorno alla colonia italiana in Portogallo nei secoli XIV, XV e XVI, Genova 1907, pp. 132-134; E. Jos, Fernando Colón y su “Historia del Almirante”, in Revista de Historia de América, 9 (1940), pp. 26-27; J.M. da Silva Marques, Descobrimentos Portugueses. Documentos para a sua história, Lisbona 1944-1988, ad indicem; Monumenta Henricina, ed. A. Dias Denis, I-XV, Coimbra 1960-1974, ad indicem; P.E. Taviani, Cristoforo Colombo. La genesi della grande scoperta, Novara 1982, ad indicem; C.M. Radulet, Documenti delle scoperte portoghesi, I, Africa, Bari 1983, pp. 41-43, 190; G. Eanes de Zurara, Cronaca dei fatti di Guinea, a cura di G. Nanetti, Soveria Mannelli 1990, pp. 531-534; J. Perestreo, Os Perestrelos e Colombo, in Os Descobrimentos e a Expansão no Mundo, Lisbona 1996; L. D’Arienzo, La presenza degli Italiani in Portogallo al tempo di Colombo, Roma 2003, ad indicem; L. Adão da Fonseca, La colonia italiana in Portogallo, l’Ordine di Santiago e Colombo, in Genova Europa Mondo. Cristoforo Colombo cinque secoli dopo. Atti del Convegno Internazionale (Genova, 19-20 maggio 2006), a cura di M. Macconi, Genova 2006, pp. 53-70; A. Enseñat de Villalonga, El Cristóbal Colón histórico: de corsario genovés a almirante mayor de las Yndias, Valladolid 2006, pp. 454-460.