BENINCASA, Bartolomeo
Nato a Modena nel 1746, cadetto di una nobile famiglia originaria di Montegubbio e iscritta al patriziato modenese, venne avviato alla carriera del sacerdozio, e a soli quattordici anni fu accolto come novizio nella Compagnia di Gesù. Il B. era superficiale ma brillante e ricco di qualità, insofferente della disciplina e della vita monotona del chiostro; nel 1765 lo troviamo, infatti, col grado di capitano, fra gli ingegneri militari del ducato; l'anno seguente, abbandonata anche la vita militare, seguiva il marchese Montecuccoli, ministro del duca Francesco III alla corte austriaca.
A Vienna aveva il suo primo turbinoso incontro con gli ambienti dell'élite politica e culturale europea dai quali non avrebbe più sopportato di staccarsi: non settecentesco "avventuriero", secondo un generico cliché, ma espressione dell'irrequieta ascesa di uomini nuovi che, come ebbe lui stesso a fare, dopo aver servito fino alle più ingloriose mansioni cortigiane il mondo dell'ancien régime, si sarebbero accollati poi la responsabilità e il compito di scalzarlo e demolirlo.
Arguto, dotato del fascino di uno spirito brillante e d'una facile erudizione, trovò posto nella corte e nei salotti viennesi, fino ad indurre il conte di Nemptsch a condurlo seco in Moravia allo scopo d'istruire i suoi tre figli. Tornato presto fra i piaceri e la gaia vita di Vienna, vi passò ancora alcuni anni felici, che culminarono nel suo matrimonio con Giuseppina Clèves di Tillemont, avvenuto nell'anno 1780.
Rientrato subito in patria con la giovane moglie, ebbe la vita rovinata dal carattere della donna; il fallimento del matrimonio diede nuova inquietudine al suo spirito, e probabilmente in quello stesso 1780 il B. approdava a Venezia. Nei viaggi e nelle varie esperienze, ancor più che una cultura ricca di idee nuove, disordinatamente ma abilmente assimilate, era andato raccogliendo un'esperienza profonda di uomini e costumi, un senso preciso e una raffinata abilità di legami sociali e d'accortezze cortigiane. A Venezia seppe entrare in intima amicizia con Iacopo Durazzo, ricco patrizio genovese e ministro austriaco presso la Serenissima, e per lui pubblicò una descrizione della sua ricca raccolta d'incisioni (Parma 1784), mera dissertazione erudito-letteraria. Il Durazzo fu la chiave che gli aprì il bel mondo politico e culturale della città, e nel 1784 il B. faceva il suo esordio teatrale con il dramma serio per musica Ildisertore, rifacimento di una nota pièce francese, animato da ambizioni di riforma teatrale impegnative e non superficiali nell'esposizione teorica, ma assai deboli nelle prove pratiche.
Frattanto il B. aveva incontrato la donna che doveva segnare profondamente il periodo veneziano della sua vita: Giustiniana Wynne, contessa di Rosenberg. Figlia illegittima d'una greca e d'un nobile inglese, temperamento irrequieto e di spirito e cultura non comuni, amante di un patrizio destinato alla fama e al successo politico, Andrea Memmo, era stata poi travolta in una boccaccesca avventura con Casanova a Parigi, dalla quale era potuta uscire onorevolmente in virtù di un fortunato matrimonio con il vecchissimo ministro austriaco a Venezia, conte di Rosenberg. Vedova e ricca, la Wynne intuì le ambizioni del B. e ne amò la vita inquieta in cui essa si riconosceva. Al centro della società veneziana, con uno dei più raffinati e liberi salotti della città, ella offrì al B. l'occasione migliore per entrare in quel mondo del quale in realtà sarebbe sempre vissuto ai margini.
Con la Wynne probabilmente, che celava l'intimità del rapporto designandolo amministratore, partì per l'Inghilterra nel 1785, dove la contessa pubblicò, scrittrice d'innegabile freschezza e talento, le sue Pièces morales et sentimentales; di nuovo in Italia nel 1786, la loro collaborazione, iniziata con una riedizione erudita del B. d'un delizioso opuscolo della Wyane, Alticchiero (Padoue 1788; 1 ediz.: Genève 1787), descrizione d'una suggestiva villa del patrizio Angelo Querini nei pressi di Padova, trasformata in una raffinata esaltazione degli ideali e dei miti illuministici, trovò il suo frutto migliore nel romanzo Les Morlaques, uscito a Venezia nel 1788 con le sole iniziali della Wynne.
L'opera, prendendo le mosse dal celebre Viaggio in Dalmazia di Alberto Fortis, ne rielaborava e sviluppava la materia in un vasto racconto d'ambiente, indulgendo al romanzesco e al letterario (soprattutto qui appare evidente la mano del B.), ma grandemente contribuendo a diffondere interesse e simpatia per i popoli slavi, i cui costumi e le cui abitudini erano abilmente rievocati nello spirito delle idee rousseauiane.
Collaborazione meno nobile se non meno fruttuosa diede la Wynne al B. tra il 1790 e il 1791, periodo in cui egli sfruttò le amicizie e le compiacenze salottiere dell'ormai anziana amica per riempire le numerose lettere ch'egli quotidianamente inviava agli inquisitori di Stato della Repubblica, dai quali aveva ottenuto l'incarico di "confidente".
Erano gli anni in cui a Venezia venivano via via raccogliendosi gli emigrati dalla Francia rivoluzionaria, che, raggruppati attorno al conte d'Artois, vivevano in una confusa ridda d'impossibili speranze e di chimerici complotti, impensierendo soprattutto la Serenissima, pericolante e sospettosa. Il B. fu, per circa due anni, l'attento osservatore di quel mondo d'aristocratici per lo più ottusi ed isterici, e se ne fece descrittore acuto ed ironico, narratore minuzioso e quasi divertito di quel gioco vano e torbido che non era ormai più politica e non riusciva a diventare complotto.
Nell'agosto del 1791 l'"impareggiabile" amica, la contessa di Rosenberg, moriva. Dopo averne comunicato la scomparsa in una commossa lettera agli inquisitori, il B., turbato e insoddisfatto, declinava il suo delicato incarico e partiva sul finire di quell'anno per l'Inghilterra, dove diveniva istitutore del figlio della marchesa di Brandeburgo-Anspach. Interruppe le sue mansioni con qualche viaggio per la Francia e la Germania; frutto di questi cinque anni, una rinnovata esperienza d'uomini e d'ambienti, una perfetta conoscenza della lingua inglese, e un interessante Journal delle sue peregrinazioni di turista stampato in francese a Londra nel 1796
La grande occasione del B. sembrò venire con le armate vittoriose di Napoleone. Fermatosi, al ritorno dall'Inghilterra, nella neonata Repubblica Cisalpina, il B., unitosi a Milano con Giuseppe Compagnoni e Flaminio Massa, dava vita con loro al Monitore Cisalpino.
Il giornale, ch'era di fatto il periodico ufficiale della Cisalpina, aspirava alla funzione di guida e d'ispirazione dell'opinione pubblica in solerte fiancheggiamento dell'attività del governo; largo spazio era dedicato alle relazioni dei dibattiti politici dell'assemblea legislativa.
Il B., per parte sua, abbordò raramente la politica, scrivendovi soprattutto di varietà e di spicciola erudizione; restio, perché in fondo poco attratto dal vero dibattito politico, ad affrontare nei suoi articoli discorsi d'impegno generale e attento invece alle forme spicciole della discussione e della divagazione, ciò che gli valse dal collega e collaboratore Compagnoni il duro epiteto di "grande inchiostratore di carta" (Memorie, p. 216).
Travolto il Monitore dalla controffensiva reazionaria del 1799 e dal crollo della Cisalpina, l'attività del B., quale si desume da un rapporto su di lui (riassunto nei Carteggi di Francesco Melzi d'Eril, a c. di C. Zaghi, IV, Milano 1960, pp. 325-26), indirizzato più tardi dal generale Murat al Melzi, sarebbe stata la seguente: rifugiato a Modena, vi pubblicò la traduzione di un opuscolo intitolato Atrocités révolutionnaires;dopo Marengo venne accusato di segrete intelligenze con l'Austria, arrestato e tradotto a Milano; rilasciato, tornò a Modena, ma la polizia lo espulse; si trasferi a Bologna, legandosi in questa città d'amicizia con i più accesi democratici, e infine si recò verso il 1802 a Milano dove, nonostante questi trascorsi e la negativa presentazione del Murat, entrò nel gruppo del Melzi, e il suo nome comparve sul frontespizio del noto Saggio sulla genealogia, natura ed interessi politici e sociali della Repubblica Italiana, uscito a Milano nel 1803
L'opuscolo, che è l'espressione più significativa e compiuta delle idee e prospettive politiche del gruppo facente capo al Melzi e che reggeva i destini della formazione politica uscita dai Cornizi di Lione, pur contenendo teorie e convinzioni che sono anzitutto espressione e patrimonio di un intero e ben definito gruppo politico, è certamente da ascriversi alla penna e all'elaborazione dei B., nonostante certi dubbi che potrebbero affacciarsi alla lettura d'alcune pagine. Il Saggio era anzitutto una professione di fede nel nuovo ordinamento e una decisa esposizione dei benefici e delle grandi speranze che andavano uniti alla costituzione della Repubblica italiana, un invito alla concordia e alla fiducia nelle nuove forme politiche e negli uomini chiamati a realizzarle, un'esortazione a sopire le interne divisioni in partiti, ivi compreso quello degli unitari "intempestivo e nocevole alla presente causa pubblica" (p. 196), per dedicarsi tutti all'edificazione e all'attuazione di quel "prospetto di fondatissime speranze" (p. 204) che costituiva in quel momento la convinzione e insieme l'orizzonte politico degli uomini del nuovo regime napoleonico.
L'autorità procuratagli dal Saggio nell'ambiente del governo, le benemerenze di pubblicista e i legami d'amicizia fecero sì che il Melzi personalmente proponesse il B. quale redattore e collaboratore, accanto a Vincenzo Cuocoe a Giovanni D'Aniello, del nascente Giornale Italiano, il cui primo numero usci il 2 genn. 1804. Funzione del nuove giornale era, oltre l'informazione politica, la formazione dell'opinione pubblica in quella direzione di fiducioso ottimismo, di impegno e fattiva concordia che erano alla base delle prospettive politiche del Melzi e che erano state illustrate dal Saggio. Dal gennaio 1804 al marzo 1806, finché durò la sua collaborazione, il B. fece comparire note di letteratura, di varietà, di viaggi, dando saggi della sua brillante cultura ma confermandosi, dopol'exploit del Saggio, personalità secondaria. I suoi limiti, di uomo diviso tra atteggiamenti e mentalità settecenteschi e le aspirazioni e le lotte dei nuovo secolo, sono in fondo espressione di un complesso momento di trasformazione politica e morale, la cui esperienza fu vissuta e sofferta da un'intera generazione.
Scioltasi nel 1806 la redazione che aveva dato vita al Giornale, ilB. iniziò una attività fecondissima di traduttore, sfruttando le sue conoscenze linguistiche e il suo innegabile fiuto per le mode letterarie. Per l'Anno Teatrale dell'editore veneziano Antonio Rosa diede frequenti versioni di commedie di La Chaussée, Beck, Imbert e Kotzebue, corredandole in appendice di note ed osservazioni storiche e critiche, a volte assai piacevoli ed acute, come nelle critiche di fondo ch'egli non lesinò mai al Kotzebue. Dalle medesime note si traggono anche i criteri cui il B. s'ispirava nella traduzione di cose teatrali, riassurnibili in un'assoluta libertà di rielaborazione della forma e talvolta della struttura medesima.
Nel 1806 pagò il suo tributo di adulazione con un Q. Orazio Flacco redivivo a Napoleone il Grande (Parma 1806), centone oraziano rielaborato non senza una fine arguzia cortigiana. Nell'aprile di quell'armo Vincenzo Dandolo veniva inviato quale provveditore straordinario nella Dalmazia recentemente conquistata; il B., che forse già conosceva il Dandolo dagli anni veneziani, lo seguì, fondando laggiù un giornale, Il RegioDalmata, e rimanendovi poi con vari incarichi, tra cui quello di censore agli studi, fin verso il 1811. In Dalmazia il B. si diede anche molto da fare per l'organizzazione massonica. Nel 1810, fondato l'organo ufficiale napoleonico Télègraphe Officiel des Provinces Illiriques, gliene veniva affidata la direzione, ch'egli tenne per un anno.
Tornato in Italia nel 1812, cercò di ottenere qualche incarico dignitoso e tranquillo; gli venne in aiuto l'affettuosa amicizia del Monti. che gli procurò la nomina a segretario della commissione d'istruzione pubblica e a vice-direttore dei teatri regi, e lo fece accettare quale membro della commissione per i libri di testo delle scuole elementari del Regno nel 1511.
L'attività di traduttore e di scrittore divenne l'ultima sua risorsa, dopo la caduta del regime napoleonico, così com'era stata la via per entrare, giovane ed ambizioso, nel mondo della cultura e della politica. Sensibile sempre alle mode e al mutar dei gusti, mantenne vivissima l'arguzia e la sensibilità dello spirito, dandone prova singolare con quella versione delle Lettere di Yorick ad Elisa (Milano 1815) e della raccolta da lui intitolata Ilromanziere inglese (con dedica al conte di Bellegarde governatore austriaco di Milano), che rappresentano una delle più evidenti e significative testimonianze della fortuna italiana del genere romanzesco e patetico.
Morì a Milano nel 1816, come è attestato nel registro dei decessi della parrocchia di Porta Orientale di quella città, e non nel 1825 come fu a lungo erroneamente ritenuto.
Opere:Descrizione della raccolta di stampe di S. E. il Sig. Conte Iacopo Durazzo... esposta in una dissertazione sull'arte dell'intaglio a stampa, Parma 1784; Il disertore. Dramma serio per musica darappresentarsi nel nobilissimo teatro di S. Benedetto il carnovale dell'anno 1785, Venezia 1784(rist. Genova 1790); Per le faustissime nozze delli nobilissimi signori il Signor Conte Marc'Antonio degli Azzoni Avogadro... e la Signora Contessa Marianna di Khevenhüller Franckenburgh, s. l. 1790; Saggio d'epigrammi greci antichi, recati in verso italiano, Venezia 1790(con dedica al marchese di Bombelles, ambasciatore francese); J0urnal d'un voyageur neutre, depuis son départ de Londres pour Paris, le 18 novembre, 1795, iusqu'à son retour à Londres, le 6 février, 1796, Londres 1796; Saggio sulla genealogia, natura ed interessi politici e sociali della Repubblica Italiana, Milano 1803; Q. Orazio Flacco redivivo a Napoleone il Grande Imperatore de' Francesi e Re d'Italia Parma 1806; Vita di Enrico Dandolo, in Vite e ritratti di illustri italiani, I, Padova 1812(rist. in Piccola biografia di uomini celebri veneziani, Torino 1836); Risposta alla critica del sig. A. A. stampato nello "Spettatore" al fascicolo XXXIV contro la traduzione dall'inglese delle Lettere di Yorick e di Elisa", Milano 1815.
L'attività di traduttore del B. ebbe inizio nel campo teatrale; per la pubblicazione periodica Anno Teatrale, in continuazione del Teatro Moderno applaudito, ossia raccolta annuale divisa in dodici mensuali volumi di tragedie, commedie, drammi e farse, egli tradusse tra il 1804e il 1806le seguenti opere, che uscirono regolarmente a stampa nei volumetti della suddetta raccolta pubblicata a Venezia dall'editore Rosa: La scuola delle madri di La Chaussée; Ilgeloso senz'amore di Barthélemy Imbert; Il tesoro di F. G. Andrieux; Ilviaggio alla città di G. Iffland; Tempiantichi e tempi moderni dellostesso autore; Gl'Indiani in Inghilterra, Le nozze d'argento, Giovanna di Montfaucon, I due Clinberg, L'epigramma, Lo scrittoio, Gli Spagnuoli nel Perù, Le parentele e La vedova e il cavallo da sella del Kotzebue; La macchina degli scacchi di Heinrich Beck. Nella stessa raccolta, oltre alle notizie storico-critiche che faceva seguire alle singole versioni, il B. pubblicó delle Notizie storico-critiche a parecchie tragedie pubblicate sull'argomento di Sofonisba, in appendice alla Sofonisba di G. L. Biamonti (a. II, 1805, t. I), e le Riflessioni sulle tragedie che hanno trattato il soggetto di Medea, in appendice alla Medea in Corinto di D. Morosini (a. III, 1806, t. 1). Nell'Anno Nuovo Teatrale, vol. VIII, Torino 1819, usciva una sua versione del dramma Emilia ossia la benedizione paterna dei Kotzebue. Altre sue traduzioni: Memoria storicasullatragedia italiana di G. Cooper-Walker, Brescia 1810 (con note del B.); Dei progressi della potenza russa dall'origine sua insino al principio del secolo XIX di Le Sur, Milano 1812; Libro di famiglia di A. Berquin, Milano 1814; Lo spettatore, ossia varietàistoriche, letterarie, critiche, politiche e morali di Malte-Brun, Milano 1814-1818, in dodici volumi (fedele all'originale fino al III vol., il B. andò poi ampliando la parte italiana fino a darle uno sviluppo autonomo; continuò l'opera fino alla morte, quando gli successe Davide Bertolotti); Lettere di Yorick ad Elisae di Elisa aYorick, Milano 1815; Il romanziere inglese, ossia scelta di componimenti pateti. ci. tradotti da quella lingua, Milano 1815.
Fonti e Bibl.: Venezia, Bibl. del Museo Civico Correr, Cod. Cicogna 2232, c. 127 (un curioso Bando di B. B. che ci tramanda una bega letteraria collegata al Disertore);Arch. di Stato di Venezia, Inquisitori di Stato, busta 551 (raccoglie tutte le riferte del B. per gli anni 1790-91); Venezia, Bibl. del Museo Civico Correr, Epist. Moschini (una lettera dei B. ad Alberto Fortis con un riferimento ai Morlaques);Treviso, Bibl. Comunale, ms. n. 167, alcune lettere sue; Parigi, Bibl. Nat., Mss. ital., 1548, ff. 317 ss. (21 lettere e biglietti autografi a V. Lancetti dal 1804 al 1814 e una lettera diretta al B. da Leopoldo Taurenghi); cfr. inoltre tra le fonti a stampa G. Comisso, Agenti segreti veneziani nel 1700, Milano 1941, pp. 214 ss., 218-222 (pubblica alcune riferte del B.); F. Apostoli, Le lettere sirmiensi, a cura di A. D'Ancona, Roma-Milano 1906, pp. 30 s.; M. Cesarotti, Epistolario, in Opere, XXXVII, Firenze 1811, pp. 250-52; XXXIX, Pisa 1813, pp. 69-71 (una lettera del B.); I carteggi di Francesco Melzi d'Eril duca di Lodi, a cura di C. Zaghi, IV, Milano 1960, pp. 325 s. (su un importante rapporto sul B. negli anni 1799-1801); G. Compagnoni, Vita ed imprese di B. B., uomo memorando del suo tempo, Milano 1818; Id., Memorie autobiografiche…, a cura di A. Ottolini, Milano 1927, pp. 216-19; F. Coraccini, Storia dell'amministr. del Regno d'Italia durante il dominio francese, Lugano 1823, p. LXIX; J.-M. Quérard, La France littéraire, I, Paris 1827, p. 273; E. A. Cicogna, Saggio di bibl. venez., Venezia 1847, pp. 324, 687; G. Melzi, Diz. di opere anonime e pseudonime, I, Milano 1848, pp. 39-46; II, ibid. 1852, pp. 130, 212, 379; III, ibid. 1859, pp. 88. 252; G. Valentinelli, Bibliografia della Dalmazia e del Montenegro, Zagabria 1855, p. 108; C. von Wurzbach, Biographisches Lexicon, I, Wien 1856, pp. 271 s.; A. Bazzoni, Un confidente degli Inquisitori di Stato di Venezia. Memorie e documenti, in Arch. stor. ital., s. 3, XVIII (1873), pp. 40-63, 225-38, 371-83 (pubblica le più interessanti riferte dei B.); L. F. Valdrighi, Alcune note bibliogr., che possono far seguito alla Biblioteca modenese tiraboschiana, Modena 1876, p. 13; N. Cionini, Nelle fauste nozze di Maria Spezzani di Modena col dott. Attilio Cionini di Sassuolo, Sassuolo 1886, tav. IV; V. Malamani, Giustina Renier Michiel, i suoi amici, il suo tempo, in Arch. veneto, XXXVIII (1889), p. 284; P. Molmenti, Nuovi studi di storia e d'arte, Torino 1892, pp. 266 s.; L. G. Pélissier, Le Comte d'Artois et la police vénitienne (1790-1791), in Revue d'hist. diplom., XV (1901), pp. 31-66; A. Butti, ne accenna nel saggio su Una lettera di Vincenzo Cuoco al vicerè Eugenio, in Dai tempi antichi ai tempi moderni (per nozze Scherillo-Negri), Milano 1904, p. 534, n. 1; G. Sabalich, Cronistoria aneddotica del teatro nobile di Zara, 1781-1881, Fiume 1904, pp. 35 s., 50; A. Butti, La fondaz. del "Giornale Italiano"e i suoi primi redattori (1804-1806), in Arch. stor. lombardo, s. 4, XXXII (1905), pp. 130-43 e passim;G. Alačević, La Dalmatie de 1797 à 1815, in Bullett. d'archeol. e storia dalmata, XXVIII (1905), pp. 75 ss.; I. Morosini, Lettres inédites de Madame de Stail à Vincenzo Monti (1815-1816), in Giornale stor. d. letterat. ital., XXIII (1905), pp. 11, 44; A. Butti, I deportati del 1799, in Arch. stor. lombardo, s. 4, XXXIV (1907), pp. 383 s., 409; G. Cogo, Vincenzo Cuoco, Napoli 1909, pp. 30, 78 s.; P. Hazard, La Révolution francaise et les lettres italiennes (1789-1815), Paris 1910, pp. 230-42; A. Righi, I.Pindemonte e la polizia venez., in Ateneo veneto, XXXV, 1 (1912), pp. 67-75; L.-G. Pélissier, Vivant De Non suspect à Venise (1793), Paris 1913, estr. dal Bulletin de la Société de l'art francais, 1912; A. 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