BARDI, Bartolomeo
Figlio di Gualtierotto e di Pietralena (o Píera Maddalena) Villani, appartenente alla nota famiglia dei banchieri fiorentini, fu religioso dell'Ordine degli agostiniani e non, come quasi tutti gli scrittori affermano, di quello dei minori francescani. Il 27 febbr. 1320 Giovanni XXII, del quale, a quanto informa l'Ughelli, il B. è detto "familiaris", lo elesse vescovo di Spoleto e il 21 maggio dello stesso anno accordò "Bartholo electo Spoletano" la facoltà di farsi consacrare a "quocuinque maluerit antistite".
Anno difficile per Spoleto quello in cui il B. prese possesso della cattedra vescovile: proprio nella primavera del 1320 era in pieno svolgimento la violenta sollevazione dei ghibellini, "rebelles" e "infideles", sostenuti da Federico da Montefeltro, culminata nell'assalto al duomo e nell'annientamento della fazione guelfa. Nel 1322, dopo la caduta di Assisi in potere della guelfa Perugia, la reazione antighibellina si porta sotto Spoleto, contro la quale era stata indetta la crociata l'8 dic. 1321; gli Spoletini "ìntrinseci" vengono scomunicati dal papa; i guelfi detenuti in Spoleto massacrati; per due anni la città è stretta d'assedio e infine deve arrendersi il 9 apr. 1324 e viene sottoposta, in virtù d'un breve pontificio del 10 maggio dello stesso anno, alla sovranità di Perugia.
Le notizie che si hanno del B. nei primi anni del suo vescovato lo mostrano spesso in urto con il rettore pontificio del ducato: non è da escludere che ciò fosse dovuto, oltre che ad ordinari conflitti di competenza, anche alla posizione forse non del tutto chiara che poteva aver assunto il B. in relazione alla delicata situazione cittadina; ipotesi che può trovare conforto nel fatto che proprio in questi anni (1322) il pontefice Giovanni XXII menomava la curia vescovile, riservandosi da una parte la nomina di dignità e benefici vacanti, e ampliando dall'altra, una volta tornato l'ordine in Spoleto, i limiti di giurisdizione del rettore a discapito dell'autorità vescovile. Certo è, comunque, che la prima annotazione riguardante il B., trascritta ad opera del Fumi dai registri finanziari del ducato, datata 15 sett. 1320, è relativa a un pagamento fatto "duobus baiulis qui portaverunt licteras quod Episcopus Spoletanus denunctiaretur excominunicatus per ducatuin et civitatem. et diocesim perusinam. episcopis et ceteris prelatis et clericis". Non sappiamo di più su questo episodio che forse si chiuse il 27 ottobre dello stesso anno, se ad esso è relativa la notizia che la Camera ducale aveva versato cento fiorini d'oro "pro Episcopo Spoletano ratione cuiusdam compositionis": questa notizia è tratta sempre dai registri del ducato nella parte ove sono riunite le composizioni con ecclesiastici giudicati dall'ufficio dell'inquisizione. Poche settimane più tardi, il 22 novembre, venne imposto al B. di consegnare al rettore e al tesoriere "fortalicium plebis sancti Fortunati ad tenenduin curiam. suain"; pure di questo primo anno di episcopato è un ordine del rettore al vescovo perché faccia rispettare l'interdetto con cui il rettore stesso aveva colpito Bevagna: il che conferma il sospetto d'una mancanza di intesa tra le due autorità e di una posizione di inferiorità del vescovo rispetto al rettore. Negli anni seguenti tuttavia il B. dovette in qualche modo reagire a questa situazione, se il 15 marzo 1322 Giovanni XXII, su istanza del B., ingiunse al rettore stesso di non oltrepassare i limiti dei poteri concessigli "cognoscendi de excessibus prelatorum... ducatus" e se alla stessa data impose al medesimo rettore di restituire al B. beni appartenenti al vescovato di Spoleto. Altre sollecitazioni dell'amn-ùnistrazione pontificia a proposito dei beni del vescovato raggiunsero il 13 ag. 1322 il rettore e il tesoriere di Spoleto, mentre il 5 apr. 1323 il papa stesso scriveva all'abate del monastero di S. Pietro di Perugia perché restituisse al B. "quaedam. vasa et blada".
Nel luglio del 1324 Giovanni XXII inviava al B. diverse lettere, sollecitandolo a pubblicare i processi contro Fermo e Fabriano, contro Lodovico il Bavaro e i figli di Matteo Visconti, condannati come eretici, mentre l'ii genn. 1325 incaricava il B. e il rettore del ducato di sospendere per un anno l'interdetto che gravava su Spoleto in seguito alla sua ribellione e di promettere agli abitanti della città l'assoluzione. La cittadinanza tuttavia non rispose all'invito papale: il 17 agosto dello stesso anno, infatti, il rettore chiedeva alla curia pontificia istruzioni sul modo di eseguire la volontà del papa in merito all'assoluzione, dal momento che gli Spoletini si erano mostrati del tutto freddi davanti alla concessione: "... ad recipiendum absolutionem... nullus venit". A Bevagna, intanto, nello stesso 1325 si erano levate delle voci contro il B., come appare da una quietanza del 10 giugno che sancisce la "compositio" fatta per tale vicenda dal "syndicus" del Comune per conto del Comune di Bevagna e di cinque uomini, "occasione quia fecerunt rumorem contra dominum episcopum spoletanum;" di che natura fosse il "rumor" levato a Bevagna può forse chiarirlo il fatto che il 16 ott. 1325 il rettore informava la curia "quomodo inquisitionem fecerat contra episcopum spoletanum et quomodo de symomis conunissis per eum d.n.s. pontifici intimabat publica instrumenta". Che esito avesse la denunzia non sappiamo.
Non molto pronto dovette essere il B. nella lotta contro gli eretici, che stava invece a cuore al pontefice: nel 1328 infatti Giovanni XXII gli ordinava che l'eretico Pietro da Calciate fosse sollecitamente giudicato e punito, mentre nel settembre del 1331 dava ragione all'inquisitore che si era visto negare dal B., "propter quod negotii huiusmodi expeditio asseritur multipliciter impediri", l'assenso a procedere contro gli eredi di un Arriguccio di Spoleto condannato per eresia, al fine di recuperame i beni. Buon accordo dovette invece regnare tra il B. e il Comune spoletino nei confronti del quale compare spesso come tramite verso terzi: così il 30 nov. 1340, dopo l'impresa del conte di Trivento Nicolò d'Eboli, vicario di Rieti per il re Roberto, contro Luco aiutata da Spoleto, impresa terminata con la prigionia del conte e il suo riscatto operato dagli Spoletini, è davanti al B., nel palazzo vescovile, che il vicario angioino riconosce i diritti del Comune spoletino sul territorio che egli aveva tentato di usurpare. È ancora al B. che il vescovo di Chartres, visitatore apostolico delle terre della Chiesa, si rivolge il 30 e il 31 ott. 1345, incaricandolo di far pratiche con il Comune perché fossero rimessi in patria e nei loro averi venti cittadini banditi per ghibellini.
Gli ultimi anni del vescovato del B. furono ancora turbati da dissidi con il rettore di Spoleto: dall'ottobre 1346 al febbraio 1348 infatti sono testimoniati vari ricorsi al cardinal legato da parte della curia ducale contro il B., "super iurisdictione spiritualitatis", perché "episcopus spoletanus et certi alii prelati dicte provincie impediebant iurisdictionem spiritualitatis curie ducalis". Non sappiamo l'esito di questa violenta disputa.
Il governo della diocesi spoletina sotto il B., cui risale l'inizio (1329) dei restauri della chiesa di S. Pietro, incendiata e semidistrutta durante le lotte civili, fu caratterizzato inoltre, a quanto dicono i più antichi scrittori locali - la storiografia più recente non ne ha mai fatto oggetto di speciali ricerche -, dall'emanazione delle prime costituzioni sinodali che la Chiesa spoletina conoscesse, "quibus vita clericoruni coercebatur multaque ad animarum salutem statuebantur" (Leoncillì). Il nome del B. è anche legato, sempre secondo la tradizione locale, a Temi, dove, verosimilmente prima del vescovato spoletino, sarebbe stato governatore pontificio e dove avrebbe promosso la costruzione di quell'acquedotto, convogliante nella città le acque del Nera, che dal suo nome sarebbe stato chiamato "Acqua Bardesca".
Fiorentino, il B. assistette, a metà gennaio del 1331, a Firenze, insieme con i vescovi di Firenze, di Fiesole, di Pisa, all'invenzione del corpo di s. Zanobi.
Il B. dovette morire poco prima del 10 apr. 1349, perché in tale data risulta, da un registro vaticano riguardante Spoleto, che Berengario di Biagino, tesoriere del "Patrimoniuni b. Petri", "audita morte ... d. Episcopi Spoletani", diede inizio ad azioni movimentate e laboriose "pro exactione bonorum mobiliuni debitorum et creditorum b. m. d. Bartholi Episcopi Spoletani reservatorum".
Tali azioni, oltre che al recupero della maggior parte degli ottomila fiorini d'oro, che, lasciati in custodia degli agostiniani di Montefalco, questi ultimì avevano tentato di sottrarre alle ricerche, si diressero anche contro diversi familiari del defunto vescovo "qui..., mortuo ipso Episcopo Spoletano et in lecto solo relicto, cum. multis pecunils aufugerant de nocte". L'inventario dei beni del B. reca la data del 3 ott. 1349, la somma ricavata dalla loro vendita al maggior offerente raggiunse la cifra ragguardevole di 57.236 fiorini, 10.528 lire, 5 soldi e un denaro.
Sulle disponibilità finanziarie del B., che certamente non perse il contatto per tutta la sua vita con quegli ambienti mercantili e bancari fiorentini e europei che vedevano in posizione dominante la sua famiglia, gettano luce alcune registrazioni che lo riguardano, datate tra il 1336 e il 1343, nei libri di commercio dei Peruzzi. Da questi apprendiamo che dal luglio 1331 al gennaio 1337 il B. partecipò con 2400 fiorini d'oro a una compagnia di Giotto Peruzzi e altri, e che in seguito riceveva per una sua ragione in una compagnia, costituita da Bonifazio Peruzzi e da altri, dividendi annuali tra le 215 e le 377 lire.
Fonti e Bibl.: Firenze, Archivio di Stato, Carte Dei, VII, 14, cc. 116v-117r; Firenze, Bibl. Naz. Centrale, G. Cinelli, Scrittori fiorentini (ms.), I, pp. 18-19; Perugia, Archivio di Stato, Conventi soppressi, S. Maria di Valdiponte, perg. n. 1311; Spoleto, Bibl. Comunale, G. F. Leoncilli, Historia spoletina per Episcoporum serieni digesta (ms.), c. 17irv; Sezione di Archivio di Stato di Spoleto, Archivio storico comunale, Pergamene, nn. 130, 174; Acta Sanctorum, Maii VI, Antverpiae 1688, p. 62; G. Villani, Cronica, III, Firenze 1845, 1. X, cap. CLXVIII, p. 155; I registri del Ducato di Spoleto, a cura di L. Fumi, in Boll. d. Dep. di storia per l'Umbria, III (1897), pp. 507, 508, 530, 531; V (1899), pp. 130, 155, 156; VI (1900), pp. 37-38, 263, 265, 266, 269 272; VII (1901), pp. 119-123, 288, 291; C. Eubel: Hierarchia catholica Medii Aevi, I, Monasteri 1898, p. 485; Jean XXII, Lettres communes, a cura di G. Mofiat, III, Paris 1906, nn. 11060, 11489; IV, ibid. 1910, nn. 15214, 15215, 15216, 17158, 17160; V, ibid. 1909, nn. 20479, 20482, 20484; M. Faloci Pulignani, Inventario dell'Archivio del Duomo di Foligno, in Arch. P. la storia eccl. dell'Umbria, III (1916), nn. 34, 37, 38, pp. 190-191; L. Fausti, Le pergamene dell'Archivio del Duomo di Spoleto, ibid., IV (1917), nn. 590, 594, 596, 597, 602, 609, 615, 616, 617, 618, 630, 647; L. Wadding, Annales minorum, VI, Quaracchi 1931, pp. 392, 460; I libri di commercio dei Peruzzi, a cura di A. Sapori, Milano 1934, pp. 2, 168, 173, 175, 177-79, 182, 183, 211, 2121- F. Ughelli, Italia sacra, I, Venetiis 1717, col. 1265; L. Cantini, Saggi istorici d'antichità toscane..., VI, Firenze 1797, p. 165; G. Cappelletti, Le chiese d'Italia..., IV, Venezia 1846, p. 363; G. Moroni, Diz. di erudiz. stor. eccles., LXIX, Venezia 1854, p. 112; F. Angeloni, Storia di Terni..., Pisa 1878, pp. 471 s.; A. Sansi, Storia del comune di Spoleto dal sec. XII al XVIII, I, Foligno 1879, pp. 190 ss., 206, 210 s., 214; L. Fumi, Eretici e ribelli nell'umbria dal 1320 al 1330, in Boll. d. Dep. di storia patria per l'Umbria, IV (1898), pp. 231, 238, 239; V (1899), pp. 254, 287; M. Faloci Pulignani, L'Umbria sacra del padre Sbaraglia, in Arch. p. la storia eccl. dell'Umbria, 1 (1913), p. 639.