BADERNA, Bartolomeo
Nacque a Piacenza verso il 1630. La guida di Piacenza del Carasi (1780) è la prima fonte a stampa relativa all'attività del B. (o meglio dei Baderna, perché con Bartolomeo furono pittori Pietro, suo fratello, e forse anche Francesco e Giuseppe, probabilmente parenti se non fratelli di Bartolomeo). Pare che il B. abbia lavorato solo a Piacenza. Era stato allievo di G. F. Ferrante, ma rivolse le sue simpatie anche al Reni (specialmente dell'ultimo periodo) e al suo contemporaneo M. A. Franceschini, il quale, al dire del Carasi, avrebbe affermato di lui "che aveva picchiato alla porta del soggiorno de' bravi pittori, ma che non gli era riuscito di entrar dentro". Giudizio che coincide con quello del Lanzi ("Operava con lode d'industria più che di genio"), ancor oggi valido.
Artista di estrazione bolognese, dunque, come R. De Longe (guercinesco prima e cignanesco poi); affine per stile e di poco inferiore per capacità a G. B. Draghi, col quale pare abbia collaborato nei dipinti di palazzo Fogliani. La data di nascita può essere desunta dalle firme che lasciò nel 1648 (nel 1654 firmò Francesco e nel 1665 Giuseppe) nella cupola di S. Maria di Campagna (Piacenza), a testimonianza degli studi fatti sugli affreschi del Pordenone, che costituirono per secoli la palestra dei giovani artisti. Col Ferrante, suo maestro, lavorò nella chiesa di S. Maria Maddalena, dove dipinse la pala dell'altare maggiore e affrescò i lunettoni del chiostro, che andarono perduti come quelli dei chiostri di S. Francesco e di S. Giovanni (di questi ultimi si è salvato qualche frammento). Del 1673 era il S. Francesco già in S. Sepolcro (ora disperso) e presso a poco degli stessi anni doveva essere la S. Anna con la B. Vergine e santi forse identificabile con quella esistente oggi in S. Sepolcro, di forme ancora asciutte e un po' statiche, che ritroviamo nella SS. Trinità già in S. Andrea e ora nel convento dei carmelitani. Del S.Pietro d'Alcantara di S. Maria di Campagna si conserva, nel convento, solo un frammento con due Angeli; il S. Antonio da Padova di S. Agostino è andato disperso.
Il S. Michele (copia dal Reni per la chiesa omonima e ora in S. Pietro) dovrebbe essere piuttosto tardo, se fu eseguito con l'Angelo Custode che da S. Michele passò intorno al 1930 in S. Sepolcro; qui i panneggi sono scomposti e svolazzanti come nelle due tele del presbiterio della stessa chiesa (Maddalena al Sepolcro e Noli me tangere), che si possono attribuire ragionevolmente a lui, ma intorno al 1690, dopo l'impresa degli affreschi di S. Paolo, rimastici in buona parte, anche se in cattivo stato di conservazione. Questa chiesa, ricostruita in tre anni dopo il crollo del 1681, riserbava al pittore sei ampi specchi rettangolari all'esterno e sei all'interno. All'esterno, sulla facciata, egli, con l'aiuto del fratello Pietro, aveva affrescato i Quattro Novissimi, e sul fianco il Purgatorio e il Crocifisso (del 1683; tutti perduti da più di un secolo); all'intemo, nel retrofacciata, la Profezia di Ezechiele, Giona e la balena, I tre fanciulli nella fornace ardente; nel santuario Daniele nella fossa dei leoni e Giuseppe estratto dalla cisterna, ai lati della Conversione di Saulo (ora ridipinta), quest'ultima con funzione di pala dell'altare maggiore (1684).
L'ultima notizia dell'artista è del 7 genn. 1696, quando firmò un contratto per l'esecuzione di dipinti (perduti) nella cappella di S. Francesca Romana in S. Savino.
Il B. fu anche incisore: nel 1655 incise in tre rami i putti che il Pordenone dipinse intorno alla imboccatura della lanterna nella cupola di S. Maria di Campagna; nel 1660 una antiporta per una Tesi di L. Novati stampata a Piacenza dal Bazachi; nel 1667 il catafalco e gli apparati per i funerali della principessa Isabella d'Este, duchessa di Parma e Piacenza.
Si ignora l'anno della morte.
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