BACO DA SETA o Filugello (lat. scient. Bombyx mori L.; sinonimo: Sericaria mori; fr. ver à soie; sp. gusano de seda; ted. Seidenwurm; ingl. silkworm; provenzale magnan, da cui i termini francesi magnanerie e magnanier per indicare il locale in cui si allevano i bachi, e la persona che è addetta all'allevamento; dialetto milan. bigatt, da cui i termini italiani bigattiera e bigattino, corrispondenti a quelli francesi sopra riferiti)
Il genere Sericaria (dal latino sericarius "lavoratore di seta") fu introdotto dal Latreille nel 1825 per indicare altri Lepidotteri che filano un bozzolo, diversi dal baco da seta; fu applicato al baco nel 1872 dal Moore, mentre oggi la maggior parte degli autori sono ritornati alla più antica denominazione. Questo notissimo insetto appartiene all'ordine dei Lepidotteri, famiglia Bombycidae. È allevato ormai in tutte le parti del mondo per la seta che si ricava dal suo bozzolo. Non si conosce più la forma selvatica. In Cina è stato trovato sul gelso un altro lepidottero più piccolo, che fila un bozzoletto bianco poco resistente e differisce dal baco da seta anche per altri caratteri. Si ritiene che questa farfalla, denominata Theophila mandarina (Moore 1872), possa essere la forma originaria del baco da seta.
L'origine dell'allevamento del baco da seta si perde nella leggenda. In uno dei libri di Confucio si trova ricordata una tradizione secondo la quale un'imperatrice cinese, avrebbe insegnato ad allevare il baco da seta e ad estrarre la seta dal bozzolo più di 2600 anni a. C.; per questo beneficio recato al suo popolo fu divinizzata e adorata come dea della seta. Secondo uno storico cinese, in un tempo anche più remoto, nel 2900 a. C., la seta era già adoperata per fare le 36 corde del liuto. Certo è che l'uso di allevare il baco, in Cina, fu sempre tenuto in grande onore presso la corte imperiale e dalla corte fu diffuso e insegnato a tutto il popolo. Si ha ragione di ritenere che i Cinesi fossero gelosissimi di questa loro coltura e cercassero con ogni mezzo di conservarne il segreto. Ciò nonostante, nel sec. IV dell'era volgare, una principessa che andò sposa al re di Kothan (oggi Turkestan cinese), per non rinunciare al suo abbigliamento, portò fuori del suo paese, nascoste nei capelli, le uova del prezioso insetto, che poi passò in India e quasi contemporaneamente nel Giappone.
I Greci e i Romani dei primi secoli dell'era cristiana adoperavano la seta senza conoscerne l'origine; la comperavano dai mercanti cinesi, pagandola a peso d'oro. Le spedizioni in Oriente promosse dall'imperatore Marco Aurelio nel 160 d. C. per carpire il prezioso segreto non riuscirono nell'intento.
L'introduzione in Europa della coltura del filugello si deve a due monaci dell'ordine di S. Basilio, i quali, essendo andati come missionarî in India, spintisi fino in Cina, al loro ritorno nel 551 d. C. si presentarono all'imperatore Giustiniano e gli narrarono di aver visto che la seta è un prodotto di alcuni animali e di aver appreso il modo di allevarli. Persuasi dall'imperatore, con promesse e preghiere, ritornarono sui luoghi, e riportarono a Bisanzio le uova del baco da seta, nascoste entro il cavo dei loro bastoni di bambù. Queste uova furono covate nel letame, e in primavera si svilupparono i bacolini, che, nutriti con foglia di gelso, compirono regolarmente il loro sviluppo. La bachicoltura in Europa era incominciata. Da Costantinopoli si diffuse nella Grecia, e di qui in Italia. Per quanto in molti trattati l'introduzione della bachicoltura nel nostro paese venga attribuita a Ruggero II re di Sicilia, nella prima metà del sec. XII, pure è certo ormai che esisteva nella provincia di Avellino già nel 1036.
Se l'unica importazione di uova di bachi da seta in Europa, almeno fino alla seconda metà del secolo passato, fosse stata quella avvenuta per opera dei due monaci di S. Basilio, bisognerebbe concludere che tutte le razze esistenti nelle regioni sericicole di Europa, tanto diverse dalle razze orientali, si siano formate a poco a poco per effetto della selezione e dell'ambiente. Questa è infatti l'opinione accettata da parecchi autori; ma altri ritengono invece che siano avvenute varie successive importazioni dalla Persia. Lo studio delle razze attuali, paragonate con quello che ci è noto delle antiche, non basta a risolvere tale importante questione.
Le razze oggi conosciute si contano a centinaia, perché in ogni luogo dove l'allevamento del baco da seta da secoli è divenuto consuetudine, se ne sono formate delle nuove; molte però, che vanno in commercio con nomi diversi, differiscono pochissimo le une dalle altre.
Dal punto di vista commerciale, si distinguono le razze europee (quasi tutte italiane e francesi) da quelle orientali (cinesi e giapponesi) e da quelle cosiddette di levante (persiane, turche, ecc.). Le più pregiate sono le europee, ma anche da noi vengono allevate le orientali, per la loro maggiore resistenza a certe malattie.
In ognuno dei gruppi citati i caratteri che si prendono in considerazione sono quelli riguardanti i bozzoli, essendo questi lo scopo finale della bachicoltura. I bozzoli si distinguono per il colore, che può essere bianco, verdastro, giallo carnicino, giallo oro, roseo, ecc.; per la forma, che può essere ovale, più o meno allungata, tondeggiante, strozzata nel mezzo, ecc.; per la ricchezza di seta. Oltre ai tipi commerciabili ve ne sono altri di scarso valore, che da noi si coltivano solo nei laboratorî per curiosità o a scopo di studio. Nessuna importanza si dà in pratica alla pigmentazione delle larve, perché da essa sembrano affatto indipendenti i caratteri del bozzolo: eppure può essere molto varia (bianca, rigata mora, giallastra) e fornisce un buon esempio di caratteri perfettamente mendeliani (v. tavola a colori).
Altre distinzioni di razze sono fondate su criterî fisiologici; i principali sono il voltinismo e il numero delle mute allo stato larvale. Il voltinismo è dato dal numero delle generazioni che una data razza, in condizioni normali, compie in un anno. Questo numero può variare da uno a otto. Le razze con una sola generazione annuale si dicono univoltine o monovoltine, quelle con più generazioni si dicono polivoltine, e, alla loro volta, si distinguono in bivoltine, trivoltine, tetravoitine, ecc., a seconda che hanno due, tre, quattro, ecc. generazioni annuali. Le razze europee sono tutte univoltine. Tra le orientali ve ne sono delle univoltine e delle polivoltine; al Madagascar si hanno razze che normalmente compiono cinque generazioni annuali; al Bengala ne compiono otto senza interruzione. È questione controversa se il voltinismo dipenda solo dall'ambiente, ovvero sia conseguenza di cause interne particolari delle singole razze. Senza entrare nella questione insolubile delle origini, si può dire che oggi razze con voltinismo differente coesistono negli stessi luoghi, conservando il loro carattere. Il numero delle mute larvali, di regola, è quattro. Alcune razze invece ne compiono soltanto tre e si dicono treotte. Non vi è rapporto tra numero delle mute e voltinismo.
L'allevamento del baco da seta è un'industria familiare, che nel nostro paese ha un'importanza grandissima per l'economia nazionale (v. oltre: la bachicoltura). Noi possiamo solo congetturare, quali siano stati i costumi di questo insetto allo stato selvatico; quattromila e più anni di domesticità ne hanno in tal modo alterati gl'istinti, che oggi, abbandonato a sé stesso, finisce con l'andare perduto prima di giungere a maturità.
Sverna allo stato di uovo; probabilmente in origine le uova saranno state deposte sui rami del gelso; oggi le farfalle le depongono indifferentemente su qualunque sostegno, ma, per le necessità dell'industria, è necessario raccogliere ogni ovatura in un sacchetto di carta o di tela. Dopo aver esaminata al microscopio ogni farfalla per osservare se è sana o infestata da un protozoo parassita che produce la malattia detta pebrina, le uova vengono distaccate, lavate e messe in commercio col nome improprio di seme-bachi. L'unità di misura del seme-bachi è l'oncia di 30 grammi. In un'oncia si contano circa 40.000 uova nelle razze europee, da 50 a 60.000 nelle razze orientali; da queste cifre si deduce che il peso di un uovo varia da poco più di 7/10 di milligrammo a meno di ½ milligrammo. La forma è di regola lenticolare, ma in qualche razza orientale è a fuso; il diametro maggiore oscilla intorno al millimetro. Il colore dell'uovo appena deposto appare giallo più o meno chiaro, dopo due o tre giorni diventa rosso-vinoso e poi grigio-ardesia con tonalità differenti. Questi apparenti cambiamenti sono dovuti alla formazione e alla pigmentazione di una delle membrane embrionali, la membrana sierosa, che si vede per trasparenza attraverso il guscio; i gusci, per sé stessi, hanno colore bianco o giallo. Lo sviluppo dell'embrione comincia subito dopo la fecondazione e la deposizione dell'uovo, ma nelle razze annuali di mano in mano si rallenta e si arresta quasi del tutto dopo quattro o cinque giorni. S'inizia allora un lungo periodo di riposo detto diapausa, che dura dalla seconda metà di giugno fino al mese di aprile. Quando la temperatura s'innalza al disopra del 15°, lo sviluppo riprende e prosegue fino alla nascita della giovane larva, nascita che avviene dopo circa 3 settimane. Nell'industria è indispensabile regolare la durata della diapausa e l'epoca delle nascite in modo che le uova si schiudano in un breve intervallo di tempo e le larve ne sguscino quando la stagione è propizia per l'allevamento. A questo scopo si ricorre a metodi speciali di conservazione del seme e d'incubazione.
L'alimento naturale del baco da seta è la foglia del gelso; ma le giovani larve, ancora non nutrite col gelso, non sdegnano altre piante, quali la lattuga, la scorzonera, la maclura. Con nessuno di questi surrogati è possibile portare a termine un allevamento in buone condizioni.
Il bacolino, appena nato (fig. 1), è scuro, con lunghi peli; ha una lunghezza di circa 3 millimetri e un peso a un dipresso di mezzo milligrammo. Nello spazio di un mese circa compie la sua vita larvale e si prepara a tessere il bozzolo per trasformarvisi in crisalide. La larva, al suo massimo accrescimento, è di colore vario a seconda delle razze; è provvista di corti peli non appariscenti, raggiunge la lunghezza di 9 centimetri e pesa più di 4 grammi. La lunghezza è quindi cresciuta 30 volte e il peso 9.000 volte.
Questo straordinario sviluppo non avviene con una progressione continua, ma a tappe separate l'una dall'altra da una muta, detta dagli allevatori dormita. Gl'intervalli di tempo che passano tra la nascita e la prima muta, tra due mute successive, e infine tra l'ultima muta larvale, che di regola è la quarta, e la maturità del baco, si dicono età (fig. 2). Durante ogni muta il baco resta immobile, aggrappato al sostegno con le pseudozampe addominali, mentre il torace e il capo restano sollevati. Tra i fenomeni che avvengono durante la muta, quello che più attira l'attenzione è il cambiamento della pelle. Il rivestimento esterno del capo si distacca e cade, e dall'apertura che si forma esce fuori il baco col tegumento rinnovato, lasciando dietro di sé la vecchia spoglia. Con l'esame microscopico si può vedere che si è rinnovato in gran parte anche l'intestino; le cellule che hanno funzionato durante un'età si distruggono, si eliminano e vengono sostituite da altre di nuova formazione. In tal modo il baco non solo acquista la possibilità di aumentare il suo volume, ma riprende la capacità di assimilazione del nutrimento che si era andata affievolendo, così che restano giustificate le espressioni di prima giovinezza, seconda giovinezza, ecc., date dai Cinesi ad ogni singola età.
Quando si approssima il termine della vita larvale, il baco vuota l'intestino di tutti i residui di foglia non digeriti e si prepara a tessere il bozzolo; si dice allora che è maturo, perché il corpo è diventato traslucido, come un frutto maturo. All'immobilità, alla pigrizia, che avevano contrassegnato il suo periodo di vita larvale, succede un periodo di agitazione e di movimento. Il baco si sposta, rivolge il capo a destra e a sinistra e cerca di arrampicarsi per trovare un sostegno su cui fissare il filo di seta destinato a sostenere il bozzolo. In questo periodo, si forniscono ai bachi dei fascetti di erica o di altri ramoscelli secchi, opportunamente disposti, che si dicono boschi (fig. 3).
A compiere la tessitura del bozzolo il baco impiega da tre a quattro giorni, poi nell'interno del bozzolo compie un'altra muta e si trasforma in crisalide. Lo stato di crisalide dura circa tre settimane. Compiuta la metamorfosi, dalla crisalide esce la farfalla (fig. 4), la quale si libera dalla prigione del bozzolo allargando i fili, senza romperli, per mezzo di un liquido alcalino che secerne dalla parte anteriore dell'intestino. Le farfalle hanno solo il compito di provvedere alla conservazione della specie. Non si nutrono affatto; tutto il loro apparato digerente è fortemente ridotto. Gl'individui dei due sessi non differiscono molto tra di loro: le femmine, in complesso, sono più grandi, più pesanti, più tozze; i maschi più piccoli e più snelli (fig. 4). Non volano né le une né gli altri; ma, mentre le femmine restano immobili, o quasi, i maschi camminano alla ricerca delle femmine e agitano continuamente le ali; per questo loro comportamento si distinguono con grande facilità. Avvenuto l'accoppiamento, la femmina comincia la deposizione delle uova, che di regola è completa in una giornata o poco più.
Ogni femmina può deporre in media da 400 a 500 uova. Dopo la deposizione può vivere ancora una settimana circa, più o meno, a seconda delle sue condizioni di sanità, dell'ambiente, della temperatura, ecc.; altrettanto può dirsi dei maschi.
In pratica, per la filatura della seta, bisogna impedire il deterioramento del bozzolo, prodotto dall'uscita delle farfalle, e perciò si fanno morire le crisalidi con varî sistemi.
Il ciclo ora descritto è quello delle razze annuali. Nelle bivoltine, le uova che hanno passato l'inverno, si schiudono in primavera, contemporaneamente o un po' prima di quelle annuali. La vita larvale si svolge in un intervallo di tempo un po' più breve, e così pure è un po' più breve il periodo della ninfosi, cioè quello della metamorfosi del baco in farfalla. Le farfalle fecondate depongono uova che, senza speciali cure, continuano il loro sviluppo, fino alla nascita del bacolino, nascita che avviene dopo dieci giorni circa. Comincia così una seconda generazione, annuale, che si compie nel mese di luglio e nella prima decade di agosto. Le uova deposte dalle farfalle di questa seconda generazione, si comportano come quelle annuali, vale a dire dopo i primi giorni passano allo stato di riposo e riprendono lo sviluppo solo nella primavera successiva. Nelle trivoltine, dopo due generazioni con sviluppo embrionale continuo, se ne ha una con lo stadio di riposo. Analogamente succede nelle tetravoltine e nelle altre polivoltine; si comprende che il periodo di diapausa diviene sempre più corto, quanto più aumenta il numero delle generazioni annuali.
Malattie del baco da seta. - L'industria bacologica è spesso gravemente compromessa da varie malattie del baco, le quali, quando si manifestano in forma epidemica, possono decimare e anche annullare del tutto il prodotto. Fino al principio del secolo passato non si sapeva nulla di positivo sulla natura delle malattie contagiose e sulle cause dei contagi: e mentre i contadini, vedendo cadere in due o tre giorni, o deperire a poco a poco gli allevamenti pensavano al malocchio o al castigo divino, le persone più colte, e tra queste anche insigni bachicoltori, non volendo accogliere pregiudizî, s'illudevano che la buona stagione e il buon governo bastassero a scongiurare ogni malanno. Purtroppo sopraggiungevano i fatti a dimostrare che le rosee previsioni erano errate. Di mano in mano che le cognizioni generali sui microrganismi patogeni si sono estese, anche le malattie del baco da seta hanno cominciato a uscire dal mistero che le avvolgeva; ma il velo non è ancora del tutto sollevato. Alcune di esse continuano a essere oggetto di studio e le opinioni degli studiosi che vi si dedicano sono tuttora discordi; conviene dunque limitarsi a esporre solo quello che oggi è positivamente assodato.
Le malattie epidemiche del baco da seta si riducono essenzialmente a quattro: il calcino, la pebrina, il giallume e la flaccidezza. È certo che sotto l'ultima denominazione sono comprese parecchie forme morbose, non ancora sicuramente identificate.
Il calcino o mal del segno (fr. muscardine; sp. muscardina; ted. Kreidesucht; ingl. muscardine), è un gravissimo morbo assai diffuso anche in ltalia, specialmente nelle regioni settentrionali. Prende il nome dal fatto che il baco infetto, dopo morto, assume l'aspetto bianco e rigido di un pezzetto di calce. Il merito di avere scoperto la causa della malattia spetta a un italiano, Agostino Bassi, di Lodi, il quale, dopo 25 anni di osservazioni ed esperimenti, nel 1835 riuscì a dimostrare che il calcino è dovuto a una crittogama vivente soltanto nel corpo del baco e che si trasmette da un baco all'altro. Per la prima volta veniva segnalato il fatto di un essere vivo che prospera esclusivamente alle spese di un altro essere vivo, fatto d'importanza fondamentale non solo per la bachicoltura, ma per la comprensione generale delle malattie infettive. Come succede sempre quando viene enunciata una verità in contrasto con le idee dominanti, le conclusioni del Bassi trovarono vive opposizioni. Fu ben riconosciuta l'esistenza della crittogama in tutti i bachi malati e morti di calcino, tanto che in onore dello scopritore essa fu denominata Botrytis bassiana, ma non si volle ammettere che soltanto questa muffa fosse la causa del morbo e che non si producesse, nel baco malato, per generazione spontanea. Il Bassi lottò lungamente per sostenere la sua tesi, ma negli ultimi anni, stanco e scoraggiato, finì col cedere. Dopo la sua morte, gli fu resa piena ragione. Quanto conosciamo oggi intorno al calcino, non è molto di più di quanto è stato dal Bassi osservato e descritto.
Il corpo di un baco morto di calcino si ricopre in breve tempo di una polvere bianca, costituita dalle spore del parassita Se queste, o per contatto diretto, o trasportate dal vento, o in altro modo qualsiasi, vengono a contatto di un baco sano, in condizioni opportune di temperatura e di umidità, germinano, e mandano fuori dei filamenti che penetrano nel corpo dell'insetto, vi si sviluppano, producendo un intreccio di fili (micelio) che invade tutti i tessuti e provoca la morte dell'animale; allora si producono altri filamenti che percorrono il cammino inverso; fuoriescono alla superficie, portando le spore che servono alla disseminazione. Il decorso della malattia è rapido, e perciò essa non può essere ereditaria. Difatti, se un baco s'infetta in giovane età, muore dopo pochi giorni; se s'infetta tardivamente, può anche arrivare a filare il bozzolo e a trasformarsi in crisalide, ma muore sempre prima di giungere allo stato adulto. Tuttavia la malattla si conserva a lungo, perché le spore rimaste nell'ambiente possono mantenersi in vita per due anni e a volte anche di più. Non si hanno mezzi curativi; come mezzi preventivi, sono raccomandate le disinfezioni tanto dei locali, quanto di tutti gli strumenti necessari per l'allevamento. Attualmente la denuncia dei casi di calcino e la disinfezione sono obbligatorie per legge.
La pebrina o atrofia parassitaria o mal delle petecchie (fr. pebrine; sp. pebrina; ted. Flecksucht o Pebrine; ingl. pebrine) è stata un flagello della bachicoltura. Sviluppatasi in forma epidemica nella seconda metà del secolo passato, prima in Francia, subito dopo in Italia e negli altri paesi sericicoli, ha prodotto in pochi anni danni tanto grandi da minacciare seriamente le sorti dell'industria. L'entità del disastro ha impressionato non solo i privati, ma anche i governi e ha indotto i più valorosi scienziati a ricercare le cause di questo morbo e ad escogitarne i rimedî. Oggi la malattia, pur non essendo scomparsa, può esser mantenuta, con opportune cautele, nei limiti di un'infezione sporadica, e non desta più preoccupazioni tra i bachicoltori.
Ma lunga e tortuosa è stata la via che ha condotto a questo risultato. La prima difficoltà si è presentata nell'individuare la forma morbosa. Il naturalista francese De Quatrefages, verso il 1860, la battezzò col nome di pebrina, che nel linguaggio del sud della Francia significa malattia del pepe, perché ritenne fondamentale per la diagnosi un carattere esterno molto appariscente, consistente in macchie oscure sparse per tutto il corpo del baco, grossolanamente paragonabili, per il colore e per la forma, a pepe macinato. Le stesse macchie hanno dato origine al nome italiano di malattia delle petecchie. Si è constatato in seguito che l'infezione poteva esistere anche senza le macchie, e che l'importanza loro attribuita era stata esagerata; tuttavia il nome di pebrina è rimasto.
Costante invece in tutti gl'individui malati è la presenza di corpuscoli ovoidali, visibili solo al microscopio, lunghi 4 millesimi di millimetro, larghi 2, splendenti, apparentemente mobili, ma invece oscillanti sotto il campo del microscopio per le correnti del liquido in cui sono sospesi. Essi furono esattamente distinti e descritti per la prima volta nel 1850 dal naturalista piemontese De Filippi, poi furono oggetto di studio da parte di altri autori italiani, tra i quali meritano di essere particolarmente ricordati il dott. Osimo di Padova, che ne riscontrò la presenza nelle uova deposte da farfalle infette, il Cornalia e il Vittadini, che, applicando questa preziosa osservazione, proposero un metodo basato sull'esame microscopico per distinguere il seme buono da quello cattivo. Per molti anni si seguitò a parlare di corpuscoli, prima di conoscerne la natura e il preciso rapporto con la malattia. Dopo una quantità di ipotesi svariatissime, fu stabilito che essi rappresentano le spore di un protozoo, che fu denominato nel 1857, dallo scienziato tedesco Nägeli, Nosema bombycis. Solo più tardi, un po' alla volta, per opera di parecchi studiosi, se ne è potuto ricostruire il ciclo di sviluppo, salvo alcuni punti ancora controversi, assai difficili da chiarire per l'estrema piccolezza delle forme. Brevemente, il ciclo del Nosema bombycis può riassumersi così: quando i cosiddetti corpuscoli vengono ingoiati da un baco, giunti nell'intestino, emettono un lungo filamento, il quale poi si distacca, lasciando una piccola apertura. Di lì esce un germe che si muove attivamente e finisce col fissarsi nelle cellule del corpo dell'ospite, dove si riproduce con grande rapidità. Ben presto la cellula invasa è gremita di parassiti; allora la moltiplicazione di essi si arresta e comincia la formazione delle spore. Sembra che le spore, per germinare, abbiano bisogno di passare nell'intestino d'un altro baco. Il passaggio può avvenire facilmente, perché dal corpo dell'ospite esse escono nell'ambiente esterno, sia per mezzo delle feci, sia per mezzo delle spoglie. Siccome il parassita non produce tossine, ma danneggia il baco solo per azione meccanica, impedendo il normale funzionamento degli organi, gl'individui infetti possono vivere a lungo. Se contengono parassiti fin dalla nascita, muoiono allo stadio larvale; ma se l'infezione sopraggiunge negli ultimi stadi, arrivano a tessere il bozzolo, a trasformarsi in farfalle, a compiere la fecondazione, a depositare le uova. Queste in tal caso contengono i parassiti, e la malattia si trasmette per eredità. Se non fosse così, l'infezione si spegnerebbe facilmente, perché le spore rimaste nell'ambiente, a differenza di quelle del calcino, periscono dopo pochi mesi.
Dopo la scoperta della presenza di corpuscoli nelle uova provenienti da madri infette, si pensò, come si è detto, di valersi dell'esame microscopico del seme, per allevare solo quello immune. Il sistema è oggi abbandonato, perché incerto, lungo e difficile. Fin dal 1862 un italiano, il Cantoni, ebbe l'idea di ricorrere all'esame delle farfalle, che è assai più facile e sicuro. Egli propose di mantenere isolata ogni coppia, di esaminare le femmine e di conservare soltanto le uova deposte da quelle che si presentavano immuni da corpuscoli. Disgraziatamente, l'applicazione del metodo non corrispose alle previsioni. Un primo piccolo allevamento fatto dal Cantoni, con uova provenienti da farfalle previamente esaminate, riuscì bene, ma mancò il controllo; un secondo allevamento più esteso, fatto nell'anno successivo, riuscì male, forse per malattia diversa dalla pebrina. Fatto è che il Cantoni, sfiduciato, dichiarò inutile anche l'esame delle farfalle. Eppure il metodo del Cantoni è precisamente lo stesso di quello proposto, più tardi, indipendentemente da lui, dal sommo scienziato francese Pasteur. Ma, al contrario del Cantoni, il Pasteur riuscì, con estese e ripetute esperienze, a dare la dimostrazione assoluta che, allevando solamente uova provenienti da madri immuni da corpuscoli, si arriva in ogni caso a salvare il raccolto. Così il metodo dell'isolamento e della selezione delle farfalle porta oggi il nome di Pasteur, ed è conosciuto e adottato in tutti i paesi sericicoli. I modi dell'applicazione sono varî, e vengono via via perfezionati negli stabilimenti bacologici, allo scopo di rendere il lavoro più rapido e più economico. La legge impone l'obbligo della selezione microscopica (fig. 5) e regola il controllo e il commercio del seme. Con queste misure preventive, la pebrina non incute più terrore.
Il giallume (fr. grasserie; sp. enfermedad grasienta; ted. Gelbsucht; ingl. obesity) per molto tempo è stato considerato un morbo di poca importanza, mentre in questi ultimi anni va producendo danni sempre più gravi, specialmente nell'Italia meridionale. Il nome italiano, come quello tedesco, deriva da un carattere dei bachi malati, consistente nell'assumere una tinta gialla assai intensa, ma è un nome improprio, perché la colorazione gialla si ha soltanto nelle razze a bozzolo giallo e manca in quelle a bozzolo bianco o di altri colori. Il nome francese, come quello inglese e quello spagnolo, prende origine da un altro aspetto dei bachi malati; quello di presentarsi col corpo rigonfio, come se fossero ingrassati, e di lasciare sfuggire da ferite, che facilmente si producono nella pelle, un liquido denso, lattiginoso, che, osservato al microscopio, a tutta prima, sembra contenere una quantità di goccioline di grasso. Ma, come ha osservato il Verson fin dal 1872, le goccioline hanno forma poliedrica e non presentano nessuna delle reazioni dei grassi, sibbene quelle degli albuminoidi. La presenza di corpuscoli poliedrici nel sangue e in altri tessuti del baco è costante ed esclusiva di questa malattia, che giustamente ora si denomina poliedria del baco da seta, per distinguerla da altre poliedrie di altri Lepidotteri.
Il morbo è certamente contagioso, perché sperimentalmente si riesce ad attaccare l'infezione a bachi sani, introducendo nel loro corpo, per via orale o per iniezione, del sangue, anche molto diluito, proveniente da bachi infetti. È certo anche che i poliedri non sono organismi viventi, ma prodotti di alterazione cellulare e rappresentano un effetto, non la causa della malattia. Questo è press'a poco quello che si sa di positivo intorno alla poliedria dei bachi da seta e, in generale, intormo a tutte le poliedrie.
Si ritiene generalmente che l'agente patogeno sia un microrganismo più piccolo dei comuni batterî, perché è stato dimostrato che il sangue di bachi malati, diluito e passato attraverso un filtro, può ancora provocare la malattia. Ma vi è anche chi nega che la malattia sia prodotta da microrganismi, e dà di nuovo la massima importanza alle condizioni ambientali, e ammette che nella degenerazione dei tessuti si producano sostanze che, introdotte nel corpo di un altro baco, favoriscano la riproduzione dello stesso fenomeno. Fino a pochi anni or sono si escludeva in modo assoluto che la malattia potesse essere ereditaria, ma adesso anche questo punto è messo in dubbio.
Con tutti questi contrasti, si può soltanto consigliare di non adoperare per la riproduzione partite in cui siano comparsi molti casi di giallume, e di aver la massima cura della disinfezione di locali e della pronta distruzione degl'individui malati.
La flaccidezza (fr. flacherie; sp. somnolencia; ted. Schlafsucht; ingl. sleeping sickness o wiltdisease), per quanto produca danni enormi e sia conosciuta fin da tempi antichissimi, resta ancora la più oscura tra tutte le malattie del baco da seta. La varietà delle manifestazioni, sia nei bachi malati sia in quelli morti, è così grande, che oggi tutti i bacologi si accordano nel ritenere che sotto una sola denominazione si siano confuse una quantità di forme morbose differenti. All'infuori di questo punto, ogni accordo scompare.
Gli scienziati della prima metà del secolo passato distinguevano una decina, e più, di malattie del baco da seta. Dopo la comparsa della magistrale opera di Pasteur, La maladie des vers à soie, pubblicata nel 1870, la maggior parte dei bacologi, adottando l'opinione dello scienziato francese, le ridusse alle quattro elencate più sopra. Siccome tre di esse, il calcino, la pebrina e il giallume, sono sicuramente diagnosticabili, sono state affastellate nella quarta, la flaccidezza, tutte le forme che venivano escluse dalle prime tre: ne è derivata una sinonimia ricchissima, che ha contribuito ad aumentare la confusione.
Presentemente, in Italia e in Francia, fervono gli studi per mettere un po' d'ordine in questo caos, determinando i varî tipi di alterazioni, e distinguendo, in base a essi, forme morbose differenti; non si può ancora tener conto di queste ricerche, perché i risultati dei varî osservatorî sono discordi.
Fino ad oggi si è dato il nome di flaccidezza, nel suo significato più vasto, a una malattia con carattere epidemico, che si manifesta per lo più nell'ultima età e anche poco prima della salita al bosco. I bachi muoiono in breve tempo, diventando molli, flaccidi; i cadaveri anneriscono e imputridiscono rapidamente, spandendo un odore ammorbante. L'intestino appare profondamente alterato. l sintomi descritti non sono costanti. A volte il decorso è lento; i bachi sembrano impiccolire, perché si consuma il corpo adiposo e l'intestino si vuota; la morte avviene dopo un periodo piuttosto lungo; i cadaveri si decompongono meno facilmente. Questa seconda forma si denomina in Francia gattine, e in Italia, macilenza o malattia delle gattine, strano nome, la cui origine è incerta. Secondo alcuni, deriva dal termine gatta, che in certi dialetti significa baco; secondo altri, da un aspetto dei bachi malati, che può ricordare quello di gattini disposti a graffiare.
La più grande incertezza regna ancora sulla causa di questo morbo. In complesso si può dire che si contrastino due scuole quella che mette capo al Pasteur, seguita dalla maggior parte degli autori francesi, secondo la quale flaccidezza e macilenza sono prodotte da microbi, e quella che fu sostenuta dal Verson e seguita da parecchi autori italiani, secondo la quale la flora batteroca, che si riscontra quasi sempre, ma può mancare, nell'intestino dei bachi malati, non è la causa, ma la conseguenza di alterazioni intestinali d'origine tuttora sconosciuta. Dopo quanto si è detto, non farà meraviglia che non si conosca ancora il modo di trasmissione della malattia. Non vi sono rimedî; si può consigliare la disinfezione accurata dei locali e degli arnesi, e la scrupolosa osservanza delle norme igieniche.
La bachicoltura.
Estensione e produzione attuale. - Oggi i paesi maggiori produttori di bozzoli sono: la Cina per una quantità ignota, ma certamente grandissima a giudicare dal largo uso interno e dalla esportazione della seta; il Giappone per circa 300 milioni di chilogrammi all'anno; l'Italia per circa 50 milioni, seguiti a notevole distanza da altre regioni europee ed asiatiche, fra le quali l'India, che produce insieme con la Cina considerevoli quantità di bozzoli di altra specie, usati nella confezione delle cosiddette sete toussah.
Non tenendo conto della Cina, la produzione mondiale di bozzoli supera i 370 milioni di kg. all'anno.
Importante il fatto che in stati di recente formazione e in via di sviluppo economico, come p. es. nel Brasile, o in dominî coloniali, come quelli inglesi, francesi e spagnoli, si dia oggi alacre impulso alla bachicoltura. È difficile tuttavia che si giunga ad una crisi di sovra-produzione, poiché il consumo della seta aumenta continuamente, specialmente sul mercato americano, dove dal 1913 al 1925 salì di 17 milioni di chilogrammi.
Carattere e organizzazione della bachicoltura. - Diverse sono le caratteristiche e diverso il grado di organizzazione della bachicoltura nei diversi paesi.
In alcuni dell'Oriente e del Levante e anche in alcune provincie europee, la bachicoltura conserva il carattere antico, che aveva in Italia fino a pochi decennî or sono, cioè d'industria essenzialmente casalinga in tutto il suo complesso: la famiglia rurale, padronale o colonica, provvede alla coltivazione dei gelsi, all'allevamento dei bachi, fatti nascere nella casa stessa dalle uova del proprio allevamento precedente senza scelta né preoccupazione di quantità e qualità di prodotto, e infine alla filatura dei bozzoli. Per contro, in altri paesi, e segnatamente in Italia, Francia e Giappone, la bachicoltura si è modellata sul tipo di qualsiasi altra industria agricola evoluta, preoccupandosi cioè soprattutto della qualità e quantità del prodotto insieme con il maggiore tornaconto economico dei varî metodi in uso. Si è altresì separata dalla lavorazione dei bozzoli, divenuta oggetto della industria filandiera, e si è inoltre frazionata, specializzandosi, in quanto, accanto all'allevamento dei bachi esercitato dagli agricoltori con lo scopo di produrre bozzoli da vendere alle filande, è sorta come industria a sé una bachicoltura che ha lo scopo di preparare le quantità e le qualità di uova di filugello necessarie alla prima.
Confezione del seme-bachi. - Il bisogno di provvedere specificatamente alla preparazione del cosiddetto seme-bachi, sottraendola all'empirismo degli allevatori, si manifestò intorno alla metà del secolo scorso, quando talune malattie, e fra esse la pebrina tipicamente ereditaria, obbligarono a ricorrere a selezioni dei riproduttori fondate su criterî diversi e specialmente sull'esame microscopico. Altra causa determinante fu il risultato degli studî dei naturalisti che dimostrarono come trattamenti razionali, diversi da quelli fino allora usati per la preparazione e conservazione delle uova, portassero alla quasi sicurezza e a un grande aumento del raccolto; e infine fu causa decisiva la introduzione e la larga sostituzione alle razze pure d'incroci preparati volta per volta e sistematicamente fra razze asiatiche e razze europee, richiedenti operazioni impossibili a eseguirsi in una casa privata.
La bachicoltura che ha per scopo la produzione del seme deve provvedere: alla selezione di stipiti immuni da malattie; alla scelta di razze con caratteri pregevoli per facilità di allevamento, quantità e qualità del prodotto di bozzoli e di seta; alle prove d'incrocio delle dette razze per riunire in esso caratteri utili di razze diverse; a preparare e conservare il seme-bachi secondo le norme desunte da osservazioni scientifiche e pratiche. Perciò sono andati sorgendo stabilimenti industriali specializzati: l'Italia, per esempio, ne conta circa 170 fra piccoli, medî e grandi, e sono disciplinati con apposita legge riguardo all'arredamento, funzionamento e personale tecnico competente. Essi provvedono alla selezione microscopica col sistema Cantoni-Pasteur (fig. 5); posseggono e conservano differenti razze indigene ed esotiche mantenendole pure e ne preparano l'incrocio e compiono tutte le operazioni tecniche di confezione del seme così da consegnarlo all'allevatore pronto per essere messo alla cova. Sono forniti per tali scopi di locali e d'apparecchi speciali, fra i quali sono caratteristici quelli che permettono di produrre e conservare con molta esattezza temperature prescelte, di separare i bozzoli secondo la normalità o anormalità dei loro caratteri biologici e tecnologici, o secondo il sesso delle crisalidi contenute (apparecchi detti ginecrini [fig. 6]), e di microscopî e accessorî per la selezione microscopica.
Gli stabilimenti italiani preparano oltre un milione di once (unità commerciale variahile da 30 a 36 gr. secondo le razze), delle quali una parte per l'esportazione. In paesi pur minori produttori di bozzoli la confezione e il commercio del seme-bachi vengono direttamente curati da stabilimenti statali, indirizzo degno di molta attenzione, poiché le qualità del seme-bachi rappresentano il fattore più importante nei risultati della bachicoltura. I confezionatori italiani di seme-bachi sono riuniti in associazioni diverse e in una Federazione fascista che fa parte della Confederazione generale dell'industria.
Produzione di bozzoli commerciabili. - Il compito di produrre bozzoli per fornire materia prima alle filande è riservato all'agricoltura e presenta minor numero e maggiore semplicità di problemi. Infatti l'agricoltore non deve far altro che acquistare il seme-bachi del tipo adatto alla località, già pronto, o, evitando anche l'operazione della incubazione, i bachi già nati, proporzionandone la quantità ai locali e alla quantità di foglia di gelso disponibile. Procederà poi all'allevamento, seguendo norme che si compendiano in disinfezioni preventive di locali e attrezzi, pulizia, aereazione abbondante, continuità di alimentazione e, occorrendo, moderato riscaldamento (figg. 7, 8, 9). Tali norme non sono tuttavia sempre seguite, con danno della produzione, come avviene anche in Italia, dove da redditi di 90 e più kg. di bozzoli per oncia di seme ottenuti dai buoni agricoltori, si scende, come produzione media nazionale, a poco più di 45 per allevamenti mal condotti. Si aggiunga il deterioramento della qualità, che ha per conseguenza di elevare di circa un decimo la quantità in peso di bozzoli necessari per ottenere una uguale quantità di seta greggia. Con questo si deve lamentare un eccesso di varietà e frazionamento di razze e incroci che fa desiderare la riduzione ad alcuni pochi tipi fissati, fin dove è possibile, riguardo alle proprietà della seta prodotta.
Nell'azienda rurale il prodotto dei bozzoli, oggi non più incerto come per il passato, presenta il pregio inestimabile di essere il primo dell'annata a smercio e pagamento immediato.
È impossibile indicare in via generale il reddito dell'allevamento dei bachi per unità di superficie coltivata, perché esso dipende da una gran quantità di fattori d'ambiente, di condizioni e di carattere delle agricolture locali. Nelle provincie ad agricoltura progredita, si tende a sostituire totalmente o in parte l'antico sistema di coltivazione a filari di gelsi, in contrasto con l'uso delle nuove macchine agricole, con gelseti specializzati e siepi di gelsi, come parimenti vi è tendenza a sostituire in gran parte i gelsi ad alto fusto con ceppaie e cespugli e prati di gelso, che entrano in produzione in tempo assai breve. Un recente esperimento di cosiddetto prato gelso eseguito nel Veneto diede per 1000 mq. di superficie 91 kg. di bozzoli, con un reddito di gran lunga superiore ad ogni altra coltivazione locale.
Il prodotto dei bozzoli può essere ottenuto più di una volta all'anno. In Giappone la produzione estivo-autunnale si avvicina per importanza a quella primaverile. Nel Brasile i tecnici italiani hanno sapientemente organizzato con razze annuali normalmente trattate una successione quasi giornaliera d'allevamenti per 6-7 mesi continui dell'anno.
Si può anche ricorrere all'uso di razze capaci di dare spontaneamente più d'una generazione all'anno, o a loro incroci. Il problema della convenienza di ripetere gli allevamenti dev'essere considerato in rapporto alla complessità dell'agricoltura locale e alla successione dei prodotti agrarî e può quindi essere diversamente risolto da luogo a luogo.
Si connette con questo e con il quesito se convenga mantenere alla bachicoltura il carattere d'industria familiare, la considerazione dei tentativi ripetutamente e diversamente fatti di trasformarla in una industria a sé, che dall'agricoltura tragga solo la materia alimentare, la foglia del gelso, impiegando poi fabbricati, mano d'opera, macchinarî e capitali suoi proprî.
Tale giudizio appare molto incerto, tenuto conto che fino ad oggi la bachicoltura è effettivamente redditizia, quando su di essa gravino al minimo le spese generali e soprattutto la mano d'opera, che nell'attuale allevamento familiare non viene quasi calcolata, essendo fornita per gran parte dalle donne di casa, dai ragazzi e dai vecchi non più adatti ai lavori dei campi.
Ottimo è l'indirizzo di curare nella costruzione delle case rurali locali atti al raccolto dei bozzoli e poi all'ammasso degli altri prodotti agrarî, e lodevole la norma adottata da taluni istituti di credito in Italia di concedere a questa condizione anticipi per nuove costruzioni rurali. Buoni risultati ebbero le prove di allevamento dei bachi negli essiccatoi per il tabacco.
Eccettuato il Giappone, che della bachicoltura ha fatto con perfetta coscienza una base della sua vita economica, in quasi tutte le altre nazioni sericole la bachicoltura ha avuto periodi di grande sviluppo e periodi di grantle decadenza. La decadenza si deve sia alle distruzioni, talvolta complete, dovute alle malattie dei bachi, sia alle malattie dei gelsi, come la Diaspis, vinta poi con la scoperta della Prospaltella fatta dal Berlese, sia anche alla rarefazione delle popolazioni rurali per i fenomeni dell'urbanesimo e della emigrazione, la quale ultima, talvolta, spostò la bachicoltura dal paese di origine al paese di arrivo degli emigranti. E ancora, a seconda dei luoghi, l'eccessivo frazionamento della proprietà, che sottrasse i contadini alla direzione tecnica di agricoltori più istruiti, e poi patti agrarî speciali, per i quali il prodotto dei gelsi, rimanendo per intero al padrone, finì col trovare un nemico nel colono lavoratore.
Punto critico della bachicoltura è la vendita dei bozzoli, reso più grave per il fatto che i bozzoli vivi non si possono conservare come tali, in pochi giorni venendo forati dalla farfalla. Le oscillazioni del prezzo sono talvolta fortissime e appaiono ingiustificate; la stima del loro valore è non solo empirica, ma talvolta riservata ad accaparratori senza concorrenti, che possono svalutare il prodotto a loro piacimento. Talvolta vengono esercitate a danno del produttore vere e grossolane frodi. ln questa incertezza del prezzo è da vedersi uno dei maggiori ostacoli all'incremento della sericoltura. Esistono qua e là antichi mercati regolati da precise norme, e che offrono talune garanzie, altri si vanno ora organizzando. È da augurare che, a somiglianza di qualche altro prodotto agrario, anche i bozzoli possano un giorno essere contrattati fra produttori e compratori sulla base delle loro intrinseche qualità (rendimento in seta). Fino ad ora la migliore e più equa difesa è rappresentata da alcune organizzazioni sorte nell'Italia settentrionale e particolarmente sviluppate nel Friuli, cioè le società anonime degli essiccatoi cooperativi, costituite esclusivamente per azioni fra produttori, che ritirano, uccidono con la stufatura ed essiccano i bozzoli (figg. 11, 12), dando anticipi e completando il pagamento al momento della vendita collettiva, opportunamente giudicato da apposita commissione.
Istituti d'istruzione e sperimentazione. - In tutti i paesi dove si esercita la bachicòltura su piccola o grande scala, essa si svolge sotto la guida e il controllo di speciali istituti governativi, generalmente chiamati stazioni sericole. In taluni casi si è provveduto anche ad una istruzione speciale dei bachicoltori con la organizzazione di corsi scolastici.
Le stazioni sericole o bacologiche hanno carattere e funzioni varie da paese a paese. Talvolta hanno scopo puramente pratico: distribuzione di gelsi, distribuzione di seme-bachi, prove pratiche di gelsicoltura e bachicoltura riguardo a scelta di varietà e metodi di coltivazione e d'allevamento. Talvolta la funzione è più complessa, e, accanto ai compiti testé detti, esse debbono eseguire ricerche scientifiche su tutti i problemi vitali presentati dai filugelli e dai gelsi. Talvolta le stazioni sericole hanno circoscritta la loro attività ai problemi della gelsicoltura e bachicoltura, tal'altra estendono la loro attività ai problemi della lavorazione del bozzolo, cioè alla preparazione della seta greggia.
Alle stazioni bacologiche è affidato altresì il compito della sorveglianza degli stabilimenti dove si confeziona il seme-bachi; e talvolta infine esse sono sede di corsi per la formazione di personale tecnico, operaio e dirigente.
L'istruzione si compie o nelle stazioni o in corsi scolastici presso scuole medie e superiori di agricoltura. In Italia un'istruzione degli operai della bachicoltura, i cosiddetti bigattini, viene altresì fatta presso i principali stabilimenti bacologici privati.
Stabilimenti bacologici e allevamento dei bachi. - Per quanto riguarda i particolari di costruzione e organizzazione degli stabilimenti bacologici propriamente detti, oggi possiamo distinguere, in Italia, due tipi che, avendo in comune talune caratteristiche, differiscono per qualche altra.
Comune è il modo con cui si provvede agli allevamenti da riproduzione. Gli stabilimenti bacologici sorgono quasi sempre in centri abitati e quindi non possono allevare i bachi nello stabilimento stesso. Perciò ogni ditta distribuisce ad agricoltori sparsi per la campagna i lotti da allevare e ritira i bozzoli vivi destinati alla sfarfallazione. Quest'ordinamento è anche in accordo con il fatto che in tal guisa gli allevamenti da riproduzione possono essere eseguiti in zone con caratteristiche diverse di terreno e di clima, scegliendole secondo che meglio si prestano alle esigenze differenti delle varie razze, con particolare riguardo alla conservazione di determinati caratteri che vengono influenzati, modificati o alterati da condizioni ambientali. E poiché nella pratica industriale si afferma che l'allevamento ripetuto di razze in una medesima località abbia talvolta per conseguenza un deterioramento delle qualità, si usa anche dai semai di alternare le zone da riproduzione, affermandosi che si arrivi così a mantenere i caratteri pregevoli e talvolta anche a migliorare il comportamento generale delle diverse partite.
Altra preoccupazione dei confezionatori del seme-bachi è quella di procurarsi di continuo razze esotiche e specialmente cinesi. La ragione sta nel fatto che specialmente in regioni dove i bachi da seta vengono con qualche facilità attaccati da malattie, si usa da qualche decennio sostituire agli allevamenti con razze pure allevamenti di cosiddette razze incrociate, cioè di primo incrocio, generalmente tra razze cinesi e razze europee. Ma avviene talvolta che le razze di lontane e differenti regioni introdotte nei nostri paesi modifichino i caratteri, generalmente peggiorandoli, donde la necessità di rifornirsi dei tipi originali.
Raccolti i bozzoli nello stabilimento, si procede alla scelta delle partite destinate alla riproduzione, con criterî diversi. Uno è quello dell'andamento dimostrato dai singoli allevamenti riguardo alla sanità e all'aspetto della partita di bozzoli: colore, dimensioni, forma, peso, ecc.; un altro, quello dell'andamento dell'ultimo allevamento in confronto con gli allevamenti degli anni precedenti. I migliori stabilimenti di seme-bachi posseggono la storia delle loro razze da riproduzione, seguite per un certo numero di anni, giustamente ritenendo che il comportamento e i caratteri dimostrati da una sola generazione non siano indice sufficiente e sicuro dei caratteri intrinseci della razza. Un terzo criterio è fondato sul risultato degli esami microscopici, diretti ad accertare la presenza larvata di malattie, principalmente della pebrina. L'accertamento di questi elementi di giudizio richiede opera di persona assai provetta, ed è perciò abitualmente affidato al direttore tecnico dello stabilimento.
Segue l'altra operazione, che richiede conoscenze tecniche particolari, della confezione degl'incroci, che possono essere preparati combinando variamente i due sessi delle razze diverse per ottenere prodotti che rispondano all'esigenze di regioni diverse d'allevamento, determinate dalle condizioni d'ambiente, ma anche dai tipi principalmente ricercati dagli acquirenti dei bozzoli nei singoli mercati. Per dare un esempio, vi sono, dentro i confini stessi d'Italia, regioni alle quali bisogna fornire razze gialle indigene pure; altre che domandano incroci di giallo-dorato-cinese con giallo-indigeno preparati con la femmina cinese e il maschio indigeno, o viceversa; altre che domandano incroci con razze indigene scelte fra quelle a bozzoli allungati o rotondeggianti o sferici.
Eseguita la scelta delle partite, i bozzoli vengono disposti per la sfarfallatura (fig. 14). L'operazione, che è semplice, quando si tratta di riprodurre la razza pura, diventa più complessa quando si tratta di preparare razze incrociate, dovendosi impedire che le farfalle, appena uscite dai bozzoli, si uniscano a caso. Perciò, i bozzoli vengono chiusi a uno a uno nelle cellette dei cosiddetti isolatori (fig. 13), trattenendo prigioniere le farfalle fino al momento di permettere l'accoppiamento prestabilito. Oppure si ricorre alla separazione dei bozzoli maschi dai bozzoli femmine per mezzo di uno speciale apparecchio e in funzione del loro peso diverso, avendo i femminili un peso che supera la media di quello dell'intera partita, e corrispondentemente i maschili un peso a questo inferiore. Il ginecrino (fig. 6), strumento che serve a tale operazione, è costituito da una serie di bilancette a fulcro spostabile e regolabile nella posizione a seconda del peso medio della partita in esame, in modo da permettere o no il traboccamento della bilancia sotto il peso maggiore o minore di bozzoli di diversa massa.
Nate le farfalle, provveduto all'accoppiamento, viene il momento di curare la deposizione del seme, che può essere lasciato deporre dalle femmine, o in promiscuità, o separatamente ad una ad una, in celle di carta (fig. 14).
In alcuni stabilimenti le operazioni di ricevimento delle singole e differenti partite, cernita, sfarfallatura, accoppiamento, vengono eseguite in locali separati che permettono di evitare mescolanze e confusioni. In qualche nuovo stabilimento invece tali operazioni sono eseguite in un solo e grandissimo padiglione, nel quale tuttavia è curata col massimo rigore la separazione e la distinzione dei materiali, degli apparecchi e delle squadre di operai, essendosi provveduto a una disposizione tale che il direttore tecnico possa nello stesso momento facilmente sorvegliare i diversi gruppi e assicurarsi del regolare svolgimento del delicato lavoro.
Segue l'esame microscopico delle farfalle madri (fig. 5), diretto ad accertare la presenza di microrganismi patogeni e particolarmente di quello della pebrina. A seconda del risultato, il seme viene conservato o distrutto. Questa operazione, sotto la sorveglianza del direttore tecnico dello stabilimento, è compiuta da squadre di operaie abili nel maneggio del microscopio. Il risultato del primo esame viene controllato da altre operaie scelte fra le anziane e le più esperte.
Terminato il lavoro di selezione, che si eseguisce durante l'estate, ha inizio, negli stabilimenti europei, l'operazione del distacco e della lavatura delle uova, poiché queste vengono vendute a peso e depurate, mentre nei paesi orientali vengono commerciate generalmente ancor oggi in cartoni portanti un determinato numero di deposizioni, tali e quali furono emesse dalla farfalla.
Il distacco e il lavaggio del seme si fa in autunno, poiché in tale stagione gli stimoli così esercitati trovano le uova in uno stato di torpore che le rende incapaci di reagire con nascite fuori di tempo. E poiché fra le centinaia di uova emesse da ogni farfalla, anche in condizioni di perfetta sanità, se ne trovano alcune difettosamente organizzate, o che non hanno subito il processo della fecondazione, al distacco si fa seguire un lavaggio e spesso la decantazione con soluzione di sale comune, ottenendosi così, per il diverso peso specifico, la separazione delle uova normali da quelle disseccate e infeconde. In tal modo si riesce a mettere in commercio grandi quantità di seme, nel quale praticamente tutte le uova sono atte a dare nascite regolari.
Dal momento della deposizione al momento del distacco, le uova vengono conservate nelle migliori condizioni possibili di aereazione e di temperatura, affinché la prima fase di sviluppo che si compie nel periodo estivo possa avvenire nel modo più perfetto. Gli stabilimenti sono perciò provveduti di locali costruiti e orientati in modo da permettere un attivo ricambio di aria, evitando contemporaneamente oscillazioni troppo forti del grado di calore e soprattutto l'azione nociva dei freddi autunnali precoci.
Col sopravvenire dell'inverno le uova entrano in uno stato di quiete dal quale non si ridestano che con l'innalzarsi della temperatura primaverile. Ma poiché sia l'intensità del freddo sia la sua durata hanno influenza sulla normalità e regolarità delle nascite successive, e poiché l'industria dell'allevamento dei bachi esige che le nascite avvengano in epoche determinate, anche la svernatura delle uova è oggetto di particolari cure: cioè essa viene regolata, o trasportando le partite di seme confezionato in alta montagna, o, più comunemente oggi, rinchiudendole in celle refrigerate, nelle quali il grado di temperatura, la durata dell'azione del freddo, il ricambio d'aria e il grado igroscopico vengono esattamente dosati secondo norme prestabilite.
Successivamente, nella primavera, lo stabilimento provvede alla distribuzione del seme confezionato agli agricoltori, qualche volta direttamente, più spesso per mezzo di rappresentanti. Ma non sempre con la vendita del seme termina il ciclo annuale del lavoro dello stabilimento. Essendosi dimostrato che un fattore di grande importanza sull'andamento degli allevamenti dei bachi è un'incubazione ben fatta del seme, mentre è assai diffuso nelle campagne l'uso di provocare le nascite sottoponendo le uova ai più irrazionali mezzi di covatura, compresa quella nell'aria calda delle stalle, o nei letti o nel petto delle donne, gli stabilimenti bacologici vanno ora largamente impiantando e diffondendo le cosiddette stanze d'incubazione (fig. 15). Ín queste si curano disinfezioni, ventilazione, stato igrometrico e riscaldamento progressivo dell'ambiente, secondo le norme che l'osservazione scientifica e la pratica hanno stabilito come ottime per avere nascite perfette d'individui dotati di vigorosa vitalità e bene adatti a resistere ad eventuali condizioni dannose.
Con la distribuzione dei bachi nati, quasi sempre finisce il lavoro dello stabilimento. In qualche caso tuttavia lo stabilimento fa parte di un più vasto impianto agricolo e industriale, e i proprietarî si occupano quindi non solo di ritirare dagli allevatori i bozzoli da riproduzione loro necessarî per la preparazione del seme dell'anno successivo, ma anche bozzoli per la filanda, la quale in qualche caso è immediatamente annessa allo stabilimento. Esistono così ditte che si occupano dell'industria della seta a cominciare dalla gelsicoltura per arrivare alla preparazione del seme-bachi e quindi alla filatura dei bozzoli. Un interessante esempio di complessa azienda è quello della Sociedad industria seda nacional di Campinas (Brasile, stato di S. Paolo), sorta per iniziativa d'Italiani. Gli stabilimenti di Campinas provvedono alla semina dei gelsi, a una loro grande riproduzione e diffusione per talea, preparano il seme-bachi necessario al consumo locale e che ora viene anche in Italia per gli allevamenti estivo-autunnali, ritirano i bozzoli e li filano, provvedono alla torcitura, sgommatura e tintura della seta che in fine portano ai telai donde escono tessuti serici di vario genere.
Stazioni bacologiche. - Come tipo di stazione bacologica possiamo riferirci alla più antica tuttora esistente, che ha funzionato senza interruzione della propria attività, e cioè alla stazione bacologica sperimentale di Padova, fondata nel 1871 da Luigi Luzzatti e da Enrico Verson. È un istituto attrezzato ed organizzato in modo da potervisi eseguire ricerche di biologia in generale, e che dispone inoltre di terreno, locali e mezzi di lavoro per le speciali ricerche riguardanti la sericoltura: è cioè fornito di numerosi laboratorî, d'una biblioteca specializzata, d'un museo, d'un erbario e d'una collezione di fotografie riguardanti la gelsicoltura. È fornito inoltre d'un'aula per le lezioni, di celle refrigerate e d'una stanza a riscaldamento autoregolabile per ricerche sull'azione della temperatura e per la conservazione e incubazione del seme-bachi; vi sono vasche per eventuali ricerche su animali acquatici; in un edificio a parte sono numerosi locali per allevamenti di bachi da seta, sia a scopo sperimentale, sia per ricerche varie di genetica. Dispone anche d'una serra e d'un gelseto con i gelsi necessarî agli allevamenti e con una collezione delle principali varietà di gelso.
Oltre la sede principale di Padova, posta in pianura, la stazione dispone d'una sede in zona collinosa a Quinto di Valpantena e similmente d'una seconda a Rodi nell'Egeo.
Il personale della stazione è costituito di un direttore, d'un vice direttore, di due assistenti e di tecnici e personale di servizio variabile a seconda delle esigenze. I risultati dei lavori della stazione vengono pubblicati su periodici varî e raccolti in un Annuario.
Ai corsi d'istruzione e ai lavori di laboratorio convengono annualmente giovani italiani e stranieri con lo scopo d'impratichirsi dei problemi di sericoltura.
In Italia abbiamo anche la stazione, di recente fondata, di gelsicoltura e bachicoltura di Ascoli Piceno, e cattedre di bachicoltura presso le regie scuole superiori di agricoltura di Portici, Perugia e Milano. Seguono, in ordine di successione dei problemi scientifici e tecnici della seta, la stazione per la seta di Milano e il regio istituto di setificio di Como.
Ma l'organizzazione praticamente migliore e più rispondente agli scopi è oggi quella del Giappone, che, accanto ad altre minori istituzioni e cattedre, possiede la grande Stazione serica di Nakano (Tōkyō), non solo divisa in reparti corrispondenti ai varî tipi di ricerche scientifiche e tecniche, ma centro di un ragguardevole numero di altre stazioni sparse per l'impero, l'attività delle quali è informata alle caratteristiche locali della sericoltura. Così, oltre a essere effettivamente osservato il principio che la conoscenza scientifica del baco da seta non è che la risultante delle conoscenze di biologia in generale, salvo gli aspetti particolari presentati da quest'organismo vivo, viene anche reso possibile di coordinare il lavoro d'indagine riguardo alla bachicoltura dell'intero paese e non d'una o di poche provincie di esso.
Possiedono buoni istituti per le ricerche e l'istruzione bacologica anche la Francia, la Russia, la Spagna, ecc. È notevole il fatto che agl'istituti europei, e segnatamente alla stazione bacologica di Padova e alla scuola di sericoltura di Montpellier, affluiscono studiosi di tutte le altre nazioni sericole.
Provvedimenti governativi in favore della bachicoltura. - L'azione dei diversi stati rispetto alla bachicoltura viene integrata con varî provvedimenti. Uno consiste nell'esistenza di enti statali o parastatali che s'occupano di tutti i problemi dell'industria della seta in ogni singola nazione. Tali gli appositi uffici o consigli o commissioni speciali presso i ministeri dell'economia, o gli enti come l'Ente nazionale serico in Italia e la Comisaría de la seda in Spagna.
Dove l'organizzazione è meno progredita o più recente, forti società private sostituiscono le istituzioni anzidette, così per esempio il Comité international pour l'amélioration de la sériciculture en Chine, e, con certe restrizioni, la menzionata Sociedad industria seda nacional, nel Brasile.
Altre forme d'interventi governativi a favore della bachicoltura sono nei diversi paesi i contributi finanziarî per azioni varie di propaganda: distribuzioni di gelsi e seme-bachi, premî per determinate quantità di bozzoli prodotti (provvedimenti questi di dubbia efficacia) e disposizioni legislative che regolano la produzione e il commercio o, altrove, l'importazione del seme-bachi affinché il seme acquistato dagli agricoltori presenti, nel limite del possibile, garanzie di sanità e di buona preparazione, nell'interesse individuale e nell'interesse collettivo nazionale del raccolto dei bozzoli.
Bibl.: Innumerevoli sono i trattati e le opere che si riferiscono al baco da seta. Si ricordano qui solo quelle di maggior pregio: fra le classiche, la Dissertatio epistolica de bombyce, indirizzata da Marcello Malpighi alla Società Reale delle Scienze di Londra nel 1669, e le opere di Agostino Bassi relative alla sua scoperta sull'agente patogeno della malattia del calcino (anno 1835 e seguenti; ristampate nel 1925 su proposta della Società medico-chirurgica di Pavia). Vedi inoltre: E. Cornalia, Monografia del bombice del gelso, Milano 1856; L. Pasteur, Études sur la maladie des vers à soie, Parigi 1870. Per la bachicoltura cfr. specialmente: C. Cessi, Per la storia della sericoltura nell'antichità, Venezia 1920; E. Verson e E. Quajat, Il filugello e l'arte sericola, Padova 1896; E. Verson, Il filugello e l'arte di governarlo, Milano 1917; G. Colombo, Merceologia e tecnologia dei bozzoli e della seta, Milano 1917; R. Di Tocco, Bibliografia del filugello e del gelso, Padova 1927; E. Quajat, Dei bozzoli più pregevoli che preparano i lepidotteri setiferi, Padova 1904.
I più importanti periodici italiani che trattano di bachicoltura sono i seguenti: Annuario della Stazione bacologica di Padova; Boll. di gelsicoltura e bachicoltura di Ascoli Piceno; Boll. di sericoltura (Milano).