BACINO per costruzioni navali (V, p. 800; App. II,1, p. 348)
I b. in uso fino al 1960-65 erano esclusivamente di carenaggio, e si distinguevano in b. in muratura e b. galleggianti. Le nuove tecniche introdotte nelle costruzioni navali hanno portato alla necessità di adottare altri due tipi di b.: il b. scalo o di costruzione e il b. di varo.
Bacini di carenaggio in muratura. - Queste opere marittime sono state descritte negli articoli precedenti, cui si rimanda per i principi generali di costruzione e di funzionamento. Tali opere, di un notevole costo d'impianto, erano state progettate e costruite per accogliere le navi delle maggiori dimensioni prevedibili; per es., il b. Ferrati dell'arsenale di Taranto, che era il più grande esistente in Italia nel 1930, era lungo 250 m, largo 40,80 m e profondo 12 m; quello più grande di Genova (1939) ha le dimensioni di 280 m × 40 m × 13 m e quello a due entrate del porto di Napoli (1949) è lungo 321 m, largo 40 m e profondo 13,60 m. Tali dimensioni si sono rivelate insufficienti per contenere le gigantesche navi petroliere della portata lorda di 250.000 t, e oltre, che sono entrate in servizio nei più recenti anni anche in conseguenza della chiusura del canale di Suez. Una nave cisterna da 250.000 t è lunga 342 m, larga 48,80 m e pesca 17,50 m, quindi non può entrare in nessuno dei b. succitati; se poi si considera una di quelle da 480.000 t di portata, si constata, per es., che ha una lunghezza di 379 m, una larghezza di 62 m e un'immersione di 28 m. Le immersioni hanno scarsa importanza in quanto la nave viene immessa in b. scarica e quindi con pescaggio di 9 ÷ 10 m, ma le lunghezze e larghezze citate dimostrano come i b. italiani, così come quelli degli altri paesi del mondo, siano divenuti insufficienti per le nuove necessità. Uno dei primi b. europei per navi da 250.000 t fu costruito nel 1967, a Lisbona: progettato inizialmente per navi da 200.000 t, fu ampliato portando le dimensioni a 350 m × 54 m × 10 m su insistenza della soc. Gulf Oil che aveva ordinato sei petroliere (classe Universe Ireland) per le quali non esisteva al mondo un b. di carenaggio di grandezza sufficiente. Il b. di Lisbona è stato impiegato fino a tutto il 1974 anche per carenare le navi da 250.000 t costruite in Italia nei cantieri di Monfalcone, essendo quello portoghese il più vicino agli stabilimenti italiani prima della costruzione di quello di Livorno. In Italia sono stati progettati e sono in fase di realizzazione alcuni grandi b. a Genova, Palermo e Trieste; il primo a essere ultimato è stato quello di Livorno che ha le dimensioni di 350 m × 56 m × 10 m. Questa importante opera presenta due caratteristiche che la differenziano dai b. costruiti precedentemente e precisamente nella chiusura e nella possibilità di accedere alla platea con autoveicoli. L'antico sistema di chiusura con barca porta, costituita da una struttura galleggiante che veniva affondata per allagamento, è stato sostituito da una porta tipo "Arrol", incernierata orizzontalmente sulla soglia della platea, che per aprirsi si abbatte esternamente andando a sistemarsi in una fossa scavata sul fondo. Per poter far scendere gli autoveicoli dal piano di cantiere al piano della platea è stata costruita una rampa in galleria, attraverso la quale si potranno portare direttamente al fondo del b. i materiali e le attrezzature che finora vi si dovevano calare con l'impiego di gru.
Bacini galleggianti. - I b. in muratura sono strutture costose, che richiedono lungo tempo per essere costruite e soprattutto un'area idonea dove essere edificati. Per questa ragione in molti casi si preferisce impiegare i b. galleggianti i quali presentano anche il vantaggio di poter essere trasferiti da una sede a un'altra in caso di necessità. In Italia il primo b. galleggiante funzionò nel porto di Genova dal 1873 al 1900, gestito dalla "Società del bacino galleggiante Giuseppe Merello e C."; era di legno e poteva sollevare bastimenti di 800 t di dislocamento. La principale caratteristica dei moderni b. galleggianti, oltre alle aumentate dimensioni e capacità di sollevamento, è costituita dall'adozione di pompe elettriche che vengono alimentate con corrente generata a terra, mentre i più antichi b. in generale avevano a bordo un impianto autonomo di generazione di vapore (caldaia) per azionare le pompe.
Bacini di costruzione. - Negli anni 1959-60 è entrato nell'uso dei cantieri navali il b. scalo, o b. di costruzione, destinato non già a contenere una nave durante un breve periodo di lavori di riparazione o manutenzione, ma a essere la sede in cui lo scafo viene montato pezzo per pezzo così come precedentemente si era fatto esclusivamente sugli scali. Le ragioni che hanno portato ad abbandonare il millenario sistema di costruire le navi sugli scali e passare alla costruzione in b. sono state principalmente l'aumento enorme verificatosi negli ultimi 10-15 anni delle dimensioni delle navi e l'adozione delle moderne tecniche di lavorazione, quali la saldatura elettrica e la prefabbricazione, che hanno fatto abbandonare molti dei metodi tradizionali impiegati fin di recente nelle costruzioni navali. L'idea di costruire in b. fu lanciata sin dal 1883 dall'ingegnere livornese S. Manasse ex ufficiale del Genio Navale; a quell'epoca però l'idea rimase tale e non fu ripresa che circa 55 anni dopo nel 1937 quando in Francia e in Giappone si mise mano alla costruzione di due grandi navi corazzate, rispettivamente la Jean Bart di 48.700 t e la Yamato di ben 79.000 t. In Francia nei Chantiers de l'Atlantique fu costruito appositamente un b. detto ancor oggi Forme Jean Bart, in Giappone invece s'impiegò un b. di carenaggio dell'arsenale di Kure. Venti anni dopo questi precedenti militari, i primi tre b. entrarono in funzione nel 1959 nei cantieri di Eriksberg (Svezia), Odense (Danimarca) e Kieler Howaldtswerke (Rep. Fed. di Germania) destinati esclusivamente alla costruzione di navi mercantili; in questi b. si potevano costruire navi da 150.000 t. Nel 1964 fu costruito a Negisi in Giappone, il primo b. per navi da 200.000 t. Nel 1967 a Sakaide, sempre in Giappone, entrava in funzione un b. per costruire navi da 350.000 t, e nel 1968 a Saint Nazaire in Francia e a Chiba in Giappone s'inauguravano b. per navi da 500.000 t. Oggi esistono b. in cui si possono costruire navi da un milione di t (portata finora non ancora raggiunta) a Rozemburg in Olanda, a Belfast in Irlanda, a Cadice in Spagna e in Giappone. In Italia nel 1962 sono stati costruiti due b. nei cantieri di Genova Sestri per navi da 150.000 t e nel 1968 uno per navi da 300.000 t nei cantieri di Monfalcone. Il b. di costruzione è identico nella sua struttura muraria e nei mezzi di esaurimento a un normale b. di carenaggio: la differenza fondamentale è costituita dai mezzi di sollevamento che, mentre in questi sono costituiti da piccole gru mobili a braccio capaci di sollevare 30 - 40 t, in un b. di costruzione sono costituiti da gigantesche gru a portale capaci di sollevare 350 ÷ 400 t, che, accoppiate, hanno una potenza di sollevamento di 700 ÷ 800 t, così da poter spostare i più grandi e pesanti blocchi prefabbricati. La lavorazione di uno scafo in b. deve durare il più breve tempo possibile; oggi nei cantieri meglio organizzati si costruiscono 3 ÷ 4 navi all'anno.
Bacini di varo. - Alcuni cantieri navali degli SUA costruiscono le navi con un sistema speciale (per moduli) al termine del quale lo scafo ultimato si trova al di sopra del livello del mare. Per portare lo scafo dalla terraferma alla posizione di galleggiamento si usa il cosiddetto "b. di varo" che è in sostanza un b. galleggiante cui sono apportate alcune modifiche per adattarlo allo scopo. Il sistema del b. di varo è per ora adottato solo in due cantieri navali americani: quello della Litton Marine Division a Pascagoula East e quello della Todd Shipyard Corporation a Galveston. I due sistemi però differiscono per il fatto che mentre nei cantieri Litton lo scafo ultimato si trova disposto parallelamente alla banchina, nel cantiere Todd esso si trova perpendicolare alla banchina. Nel cantiere Litton il b. di varo è fatto come un b. galleggiante cui è stata tolta una fiancata e si presenta quindi come un pontone con una sola sponda. Esso viene allagato e appoggiato sul fondo affiancato alla banchina che delimita il piazzale dove è stato montato lo scafo; questo viene traslato sulla platea del b. mediante scorrimento su ferro-guide con impiego di carrelli a ruote. Quando una nave è sistemata e rizzata, il b. viene esaurito, così che si solleva con l'unità che contiene e può essere rimorchiato al largo, dove, nuovamente affondato, rende galleggiante la nave che trasporta. Nel cantiere Todd, viceversa, il b. di varo è un normale b. galleggiante munito di ambedue le sponde, che viene affondato attestato alla banchina delimitante la zona dove si trova lo scafo da trasferire. Questa zona è munita di una recinzione alta circa 9 m, che si collega con le sponde del b., venendo così a costituire un'unica grande vasca che si riempie con acqua di mare per mezzo di pompe. Lo scafo da mettere in mare viene così a galleggiare e si sposta in avanti fin sul b. di varo, e, quando si esaurisce l'acqua, va ad appoggiare sulle taccate. Il b. poi viene esaurito e rimorchiato al largo come detto per il cantiere Litton.
Vedi tav. f. t.
Bibl.: G. Galuppini, La piattaforma di varo del cantiere Ingall West a Pascagoula, in Rivista Marittima, luglio-ag. 1974; G. Galuppini, Nuovo sistema per il varo delle navi nel cantiere Todd a Galveston, in Rivista Marittima, apr. 1975.