PIERANTONI, Augusto Francescopaolo
PIERANTONI, Augusto Francescopaolo. – Nacque a Chieti il 24 giugno 1840, terzogenito di Enrico e Flavia De Sanctis, ricchi possidenti.
Alcuni studiosi hanno confuso questi dati anagrafici con quelli del cugino Guglielmo Augusto, nato cinque giorni prima da Tito Nazzario, fratello del padre, e da Caterina Rosalia De Sanctis, sorella della madre.
Augusto si iscrisse precocemente al liceo della città natale, che abbandonò quando l’istituto passò agli scolopi. La nuova impostazione data al corso di studi e ai programmi aveva suscitato in lui – affascinato dagli ideali repubblicani respirati nella casa della zia materna Dorinda che ne seguiva l’educazione dopo la scomparsa della madre nel 1846 – un’insofferenza tale da indurlo a scontrarsi con il rettore, colpevole, a suo dire, di volere «ispirar» negli alunni «l’odio alla Rivoluzione» (Illustri contemporanei italiani, p. 282). Proseguì dunque gli studi con precettori privati. Durante quegli anni l’amore per i libri accompagnava quello per il teatro, la scherma e l’equitazione.
Nel 1856 si trasferì con il padre, che aveva intanto contratto nuove nozze, a Napoli dove terminò le scuole superiori. Per evitare di essere espulso (dopo l’attentato a Ferdinando II tutti gli studenti non provenienti dalle province limitrofe furono obbligati a lasciare la capitale), fu costretto a dichiarare di non trovarsi in città per ragioni di studio e di conseguenza non poté iscriversi all’università della capitale borbonica. Fra il 1857 e il 1859, mentre avviava i primi contatti con gli ambienti mazziniani partenopei, prese così lezioni private: di filosofia da Floriano Del Zio e di letteratura da Marc Monnier, che gli trasmise la passione per la scrittura teatrale. Nel 1860 compose il dramma storico Anna da Messina, poi portato sulla scena. Quello stesso anno si arruolò nei volontari garibaldini e solo dopo la battaglia del Volturno rientrò a Napoli, dove nel gennaio del 1861 ottenne un posto come ufficiale di terza classe presso il ministero della Pubblica Istruzione. Promosso applicato di quarta classe, nell’agosto di quell’anno fu trasferito a Torino.
Qui intraprese gli studi giuridici e la pratica forense presso lo studio di Pasquale Stanislao Mancini. Nell’ateneo torinese presentò la domanda di laurea, che però si vide respingere poiché non vi aveva frequentato i corsi. Ripiegò dunque su Napoli dove, dopo aver sostenuto diciassette esami in un solo mese, il 3 agosto 1864 conseguì brillantemente la laurea in giurisprudenza con una dissertazione su Il progresso del diritto pubblico e delle genti – un breve excursus storico-filosofico sul principio di nazionalità – debitore fin dalle prima battute all’insegnamento di Mancini e di Terenzio Mamiani – che fu poi pubblicata a Modena nel 1866.
Dette indi alle stampe il suo primo lavoro, Dell’abolizione della pena di morte (Torino 1865), una collazione di articoli di taglio sostanzialmente divulgativo in cui, nel fuoco del dibattito politico su quel tema, sostennne con convinzione la posizione abolizionista. Pierantoni avrebbe ribadito la sua intransigente condanna della pena capitale qualche anno dopo in occasione del primo Congresso giuridico italiano (8 dicembre 1872) con una relazione sul Movimento storico della legislazione intorno l’abolizione della pena di morte dall’anno 1865 sino al 1872 (poi rielaborata nella Pena di morte negli Stati moderni, Napoli 1878). Sulla medesima linea, ancora nel 1881, come membro della commissione voluta da Mancini e presieduta da Francesco Crispi per l’elaborazione di un disegno di legge sull’estradizione, avrebbe affermato vigorosamente la necessità che quell’istituto non dovesse trovare applicazione se richiesto da Stati dove vigeva l’estremo supplizio.
Le due prime pubblicazioni gli valsero la nomina, ottenuta il 21 settembre 1865, a professore straordinario di diritto internazionale all’Università di Modena (dove tenne per incarico anche l’insegnamento del diritto costituzionale), dopo che, soltanto pochi mesi prima, il Consiglio superiore della Pubblica Istruzione ne aveva rigettato la domanda per l’insufficienza dei titoli. Nel maggio 1866 lasciò temporaneamente l’insegnamento per arruolarsi come cannoniere nel 9° reggimento di fanteria nella campagna del Trentino. Si congedò nel mese di settembre dello stesso anno. In virtù di quella partecipazione ai moti risorgimentali ricevette dal Comitato dell’emigrazione nizzarda di Firenze l’incarico di redigere un memorandum (mai pubblicato) per riportare all’attenzione internazionale la ricongiunzione di Nizza all’Italia.
Né l’impegno universitario né quello civile lo distolsero dall’attività forense che lo vide allora particolarmente attivo in importanti processi politici (celebre la difesa nel 1869 del deputato garibaldino Cristiano Lobbia e, nell’anno successivo, quella del caporale repubblicano Pietro Barsanti).
Il 16 gennaio 1868 sposò la figlia primogenita di Mancini, Grazia Sofia, incontrata per la prima volta a Napoli nel dicembre del 1860 e destinata a una discreta fortuna come scrittrice. Insieme ebbero tre figli (Beatrice, Riccardo e Dora) e inaugurarono un vero e proprio sodalizio culturale: il loro villino romano in via Magenta 5 svolse a lungo le funzioni di un vivace centro culturale, cenacolo di intellettuali, letterati e politici italiani e stranieri legati ai due coniugi da vincoli di amicizia.
In quegli anni Pierantoni scrisse la Storia degli studi del diritto internazionale (Modena 1869), fra i primi contributi alla storiografia della scienza giuridica internazionalistica, apparsa proprio nel momento in cui questa andava costituendosi con una propria identità e autonomia.
Il lavoro si presentava come una ricostruzione della letteratura italiana sulla materia da Alberico Gentili ai tempi contemporanei e insieme come esame storico di quel principio di nazionalità, cardine della scuola del diritto pubblico e delle genti, del quale i due mentori del giurista chietino – Mancini e Mamiani – erano teorizzatori e strenui difensori. L’opera, che ebbe una seconda edizione interamente rifatta (Firenze 1902), fu tradotta anche in tedesco ed ebbe poi una sorta di continuazione di lì a qualche anno nella Storia del diritto internazionale nel secolo XIX (Napoli 1876), che offriva uno spaccato dei trattati e delle relazioni tra gli Stati nell’Ottocento.
Tipica figura di intellettuale risorgimentale poliedrico ed eclettico, formatosi nella pratica prima che nelle aule universitarie, Pierantoni non disdegnò la pubblicazione di lavori di carattere prevalentemente storico come La Chiesa cattolica nel diritto comune (Firenze 1870), con il quale prese posizione contro il coevo disegno di legge sulle guarentigie allora in discussione.
Vincitore a Modena nel 1870 del concorso per ordinario, con decreto reale del 3 novembre 1873 fu trasferito, non senza qualche polemica, all’Università di Napoli, dove tenne la cattedra di diritto costituzionale del quale, insieme alla filosofia del diritto, era già incaricato dal 1871.
Quel nuovo impegno accademico dette l’impulso al Trattato di diritto costituzionale (Napoli 1873): un’opera concepita al contempo come «teorica, storica e pratica» (p. 15) che, mentre mirava a ricostruire sul piano comparativo la genesi delle istituzioni rappresentative, doveva soffermarsi anche sul loro concreto modo di operare. Pierantoni dette però alle stampe soltanto il primo volume contenente la parte generale e non sviluppò quella speciale nemmeno nella seconda edizione (Roma 1897), che pure risultò ampliata. Il Trattato pertanto, sebbene corredato di dottrina e ricco di felici spunti, non si soffermava affatto sul concreto funzionamento delle istituzioni, ma si limitava a tratteggiare i lineamenti generali della scienza costituzionale con un’impostazione che, anche sul piano del linguaggio, pagava il prezzo di una forte impronta giusnaturalistica. Nella città partenopea compose anche il lavoro su Gli arbitrati internazionali e il Trattato di Washington (Napoli 1872), primo libro sul tema, destinato a una discreta fortuna Oltreoceano.
Il 1873 segnò una delle tappe fondamentali della biografia di Pierantoni che fu, unico italiano insieme con Mancini, fra i fondatori a Gand dell’Institut de droit international, vero e proprio laboratorio di pensiero, ma anche di positivizzazione del diritto internazionale.
Nel 1882 Pierantoni ne avrebbe tenuto la presidenza e nel 1904 sarebbe stato fra coloro che avrebbero ritirato il premio Nobel per la pace conferito all’istituto per il suo impegno a favore dell’arbitrato fra gli Stati. Per rispondere alle medesime finalità di sviluppo e applicazione del diritto internazionale, in quella stagione aveva lavorato alla traduzione italiana del Draft outlines of an international code di David Dudley Field (Napoli 1874).
Nel 1874 fu eletto deputato della Sinistra nel collegio di S. Maria Capua Vetere che gli rinnovò il mandato per tre legislature; nel 1882 fu il primo degli eletti a Caserta. Di quella Camera fu uno dei membri più assidui, impegnandosi attivamente in numerose commissioni e giunte speciali. Intanto, a seguito del ritiro dall’insegnamento di Mancini, Pierantoni, che dell’illustre predecessore veniva considerato l’ideale continuatore, fu trasferito sulla cattedra romana di diritto internazionale (13 dicembre 1878), con l’incarico anche di diritto consolare.
Nel 1881 pubblicò a Roma la sua opera più ambiziosa: il Trattato di diritto internazionale. Ideato in quattro tomi, esso si proponeva di ricostruire la storia del diritto internazionale dall’antichità all’età moderna e, per la prima volta nel panorama italiano, di analizzarne gli istituti sia pubblicistici sia privatistici. L’opera si arrestò però al primo volume che conteneva i prolegomeni e giungeva fino al XV secolo. Prolisso e a tratti farraginoso, nel 1888 il Trattato fu messo all’Indice per l’ennesima impuntatura dell’autore contro la teocrazia papale. Decretato a sette anni dalla pubblicazione, quel provvedimento sembrava tuttavia voler stigmatizzare non tanto il libro in sé, quanto l’intera condotta del giurista che sempre si era scagliato contro il potere temporale della Chiesa e contro il Sillabo. Ciò non dissuase Pierantoni dal prendere ancora partito di fronte all’annosa questione romana: delegato l’anno dopo alla Conferenza interparlamentare per la pace a Cristiania, sostenne anche lì la tesi per la quale la sovranità del papa era meramente onorifica, dando vita a una polemica con il rappresentante tedesco che ebbe larga eco nella stampa straniera.
Il 25 novembre 1883 fu nominato senatore. Dai banchi della camera alta sollevò sovente la voce in difesa delle sue posizioni liberali improntate a un fermo giurisdizionalismo anticlericale, per le quali venne attaccato e dileggiato dalla stampa gesuita e, nel 1899, contestato anche all’università da alcuni studenti che non gli perdonavano di predicare quei convincimenti anche dalla cattedra. E più spietato ancora fu con lui Pietro Sbarbaro che nel 1884 sulle pagine delle sue Forche caudine lo accusò di dovere la sua intera carriera unicamente al potente suocero. La vivace querelle, proseguita poi nelle aule dei tribunali, fu narrata dallo stesso Pierantoni (Contro Pietro Sbarbaro, Roma 1884). Con l’intento di dare la massima divulgazione alla propria attività politica, fra il 14 aprile e il 4 maggio 1909, avrebbe consegnato invece alle pagine del periodico La Vita (poi in volume: La riforma della legge elettorale, Napoli 1909) le sue proposte di modifica della legge elettorale, volte a garantire la reale segretezza del suffragio per combattere la compravendita dei voti e la corruzione che vi era connessa, ma anche aperte alla necessità di allargare l’elettorato alle donne (tema già affrontanto nel saggio Il diritto elettorale femminile, in L’Italia moderna, IV, 1906, 3, pp. 193-205).
Dai discorsi parlamentari ebbero origine anche molte delle pubblicazioni monografiche di quegli anni: Il giuramento: storia, legge, politica (Roma 1883), Il Senato e le leggi sociali (Roma 1886) e Sul duello. Proposte legislative (Roma 1888). Nella capitale proseguì la sua fervida attività forense, patrocinando importanti cause di facoltosi clienti senza però rifiutare il patrocinio gratuito a numerosi indigenti.
Nell’aprile del 1885 il governo inviò Pierantoni, già più volte delegato in numerose conferenze oltreconfine, quale suo rappresentante nella Commissione internazionale riunita a Parigi per regolamentare la libera navigazione del Canale di Suez. Per l’opera prestata in quella circostanza fu insignito della commenda della Legione d’onore e del grado di grande ufficiale dell’ordine di Carlo III. Erano solo alcune delle tante onorificenze ricevute nel corso della sua vita. All’impegno sempre più pressante sul versante internazionale seguiva quello accademico. Nel 1902 fu chiamato a dirigere la neoistituita Scuola diplomatico-coloniale della quale aveva già redatto il regolamento nel 1887. Le Università di Oxford (1885) e di Edimburgo (1905) gli conferirono la laurea honoris causa.
All’inizio del nuovo secolo fu più volte all’estero, impegnato in missioni diplomatiche. Delegato a Washington nel 1910 insieme con Ugo Conti al Congresso internazionale penitenziario, tenne a New York una conferenza sul principio di nazionalità nella Divina Commedia e ricevette numerosi attestati di stima. Fu autore prolifico sino alla fine, sebbene la produzione degli ultimi anni registri un marcato interesse per gli studi storici piuttosto che per quelli giuridici (I progressi del diritto internazionale nel secolo XIX, Roma 1899, non era altro che l’ampliamento della relazione tenuta in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico 1898-99, mentre soltanto in saggi minori si dedicò ad alcuni aspetti privatistici del diritto internazionale) o al più al confine tra i due ambiti (Il Papato e la rappresentanza diplomatica, Roma 1907).
In quella stagione scrisse: Gli avvocati di Roma antica (Bologna 1900), che si segnalò anche per un’apertura all’emancipazione della donna, e I carbonari dello Stato pontificio (Roma 1910), oltre ad alcuni lavori dedicati alla figura di Alberico Gentili (Le leggi contro gli stregoni in Alberico Gentili, Roma 1901) e di Pietro Giannone (editi fra 1890 e il 1899), del quale pubblicò diversi manoscritti trasmessigli da Mancini, tra cui l’Autobiografia (Roma 1890) e il Triregno (I-III, Roma 1895), edizioni fin da subito considerate filologicamente molto scorrette dalla critica.
Provato dalla sofferenza per la prematura scomparsa della figlia Beatrice e dalla grave infermità che aveva colpito Riccardo, si spense a Roma il 12 marzo 1911, fiaccato da una perniciosa forma di influenza.
Una folla di tremila persone, fra le quali tantissimi studenti, lo accompagnò fino al cimitero del Verano, dove fu sepolto.
Fonti e Bibl.: Chieti, Cattedrale di San Giustino, Liber Baptizatorum, anno 1840, atto n. 236 (per Guglielmo Augusto) e n. 238 (per Augusto Francescopaolo); Archivio storico comunale di Chieti, Registro dei nati nel 1840, atto n. 256 (per Guglielmo Augusto) e n. 258 (per Augusto Francescopaolo); Archivio storico del comune di Firenze, Comune di Firenze, Stato civile, Atti di matrimonio, reg. 1 (1868), atto n. 47; Roma, Museo centrale del Risorgimento italiano, Fondo Pierantoni Augusto, bb. 767-784; Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione generale Istruzione Superiore, Fascicoli personale insegnante, II versamento, s. 1, b. 118, f. Pierantoni Augusto; Ministero della Pubblica Istruzione, Personale (1860-80), b. 1647. Inoltre: Illustri contemporanei italiani. Memorie giovanili autobiografiche di letterati, artisti, scienziati, uomini politici, patrioti e pubblicisti, a cura di O. Roux, III, Firenze s.d., pp. 245-284; A. P. nell’anno XL dell’insegnamento universitario. Omaggio degli amici e ammiratori, Roma 1906; F. Filomusi Guelfi, A. P., in Annuario della Regia Università di Roma. Anno scolastico 1911-12, Roma 1912, pp. 203-210; F.P. Gabrieli, P. A., in Nuovo Digesto Italiano, IX, Torino 1939, p. 1127; M.R. De Nova, A. P. (1840-1911), in Livre du centenaire 1873-1973. Évolution et perspectives du droit international, Bâle 1973, pp. 99-102; L. Borsi, Storia, nazione, costituzione. Palma e i ‘preorlandiani’, Milano 2007, pp. 321-328; Repertorio biografico dei senatori dell’Italia liberale, VII, a cura di F. Grassi Orsini - E. Campochiaro, Napoli 2010, pp. 3345-3347; L. Passero, P. A., in Dizionario biografico dei giuristi italiani (XII-XX secolo), diretto da I. Birocchi et al., II, Bologna 2013, p. 1576; Camera dei Deputati, Portale storico, http://storia.camera.it/deputato/augusto-pierantoni-18400624#nav (5 giugno 2015).