BOECKH, August
Uno dei maggiori storici ed eruditi tedeschi del secolo XIX, nato a Karlsruhe il 24 novembre 1785; studiò dal 1803 nell'università di Halle teologia sotto lo Schleiermacher, e antichità classiche sotto F.A. Wolf. Con l'appoggio dello Schleiermacher nell'estate del 1806 entrò nel seminario pedagogico di Berlino, diretto allora dal Gedike. Presentata nella primavera del 1807 la sua dissertazione De harmonice veterum, iniziò il suo corso libero nell'università di Heidelberg; nell'autunno venne nominato professore straordinario nella stessa università, e due anni dopo divenne professore ordinario di filologia. Nelle sue lezioni trattò di autori e di argomenti svariatissimi; dei suoi studî su Platone sono prova alcuni articoli sul Timeo, e la pubblicazione di sei dialoghi pseudoplatonici (1810); ed un altro lavoro, che il B. dedicò al suo futuro critico G. Hermann, gli venne suggerito dallo studio di Eschilo, Sofocle, Euripide. Ancora a Heidelberg dava prova della sua profonda conoscenza di Pindaro in varî scritti, nel maggiore dei quali trattava della metrica. Preparava così la sua magistrale edizione di Pindaro, il cui primo volume fu pubblicato nel 1811, compiuta dieci anni dopo con la collaborazione del Dissen. Nel 1811 il B. andò come professore di eloquenza e di letteratura nell'università di Berlino, nel 1812 fu nominato direttore del seminario filologico di Berlino, e nel 1819 anche del seminario pedagogico. Entrò nell'Accademia delle scienze di Berlino nel 1814 e ne fu per molti anni segretario. Morì a Berlino il 3 agosto 1867.
A Heidelberg il B. s'interessò degli studî classici più dal punto di vista letterario che da quello storico e antiquario; a Berlino continuò nelle sue lezioni per 56 anni a spaziare nel vasto campo della letteratura greca, da Pindaro ai dialoghi di Platone, da Sofocle o Euripide alle orazioni di Demostene, alternando il suo insegnamento con corsi sulla metrica e sulle antichità greche. Egli rielaborò le idee del Wolf formulando i nuovi principî della filologia, la quale dev'essere, com'egli dice, un metodo storico diretto a indagare e a ricostruire tutta la vita sociale e politica di un popolo durante un dato periodo di tempo. La sua dottrina era già formulata in un discorso De antiquitatis studio tenuto all'università di Berlino nel 1822, in cui affermava la filologia essere universae antiquitatis cognitionem historicam et philosophicam. A questa larga concezione della filologia rimase sempre fedele, e le stesse idee ripeté nel 1850 nel discorso inaugurale del congresso dei filologi tedeschi. Il B. distingue nella filologia due parti: una materiale, in cui rientrano l'ermeneutica e la critica, ed una formale, nella quale include le altre discipline riguardanti la vita pratica e la vita teoretica degli antichi. La vita pratica comprende la vita pubblica in tutte le sue manifestazioni, e la vita privata; la vita teoretica abbraccia tutto ciò che è il prodotto del pensiero umano, come le scienze, le arti, le religioni. Questo sistema di classificazione delle scienze filologiche, che prestava il fianco a giuste critiche, fu vivacemente attaccato da filologi tedeschi e stranieri, e fu esposto particolarmente da K. F. Elze e H. Reichhardt.
Vissuto in un tempo di profondi rivolgimenti politici e sociali, quando l'economia era chiamata a spiegare il congegno della vita materiale della società, il B. per educazione e per indole sembrava particolarmente designato a indagare l'antichità sotto questo nuovo aspetto e ad esserne uno degli interpreti più autorevoli. Nacque così l'Economia pubblica degli Ateniesi. Pubblicata nel 1817 in due volumi, fu accompagnata da una serie di memorie sulle miniere del Laurio, sull'ufficio di controllo dei logisti, sulle feste di Dioniso, ecc.; fu seguita, come 3° volume, da un'appendice delle iscrizioni sopra la marineria ateniese scoperte nel 1834 dal Ross al Pireo; pubblicata in seconda edizione nel 1851, con un'appendice di iscrizioni relative alle finanze di Atene, e riedita nel 1886 a cura dell'Accademia di Berlino. Il largo uso che per questa sua opera il B. fece delle epigrafi greche gli suggerì l'idea di un'edizione completa di esse, e la sua proposta, sostenuta dal Buttmann e dal Niebuhr, fu accolta dall'Accademia di Berlino. Iniziò così nel 1825 la pubblicazione del Corpus Inscriptionum Graecarum, ai cui due primi volumi che comprendono 3809 epigrafi attese il B. fino al 1843; il 3° volume fu edito dal Franz (1845-53); il 4° volume, a cui attesero il Curtius ed il Kirchhoff (1856-1859), fu completato dal Roehl con la pubblicazione degl'indici nel 1877. La critica più grave mossa a quest'opera è che il testo delle iscrizioni non è fondato su calchi o almeno su copie fedeli degli originali, poiché il B. si affidò a copie più o meno inesatte dei varî viaggiatori.
L'attività del B. fu svariatissima: si occupò a varie riprese della cronologia antica, applicando le sue cognizioni di matematica e di astronomia, di questioni metrologiche, di problemi filosofici; collaborò attivissimamente alle Memorie dell'Accademia di Berlino e alle riviste scientifiche della Germania; partecipò anche all'edizione delle opere di Federico il Grande. Con la sua vasta dottrina, con l'originalità del suo insegnamento, con l'importanza delle sue opere, egli esercitò una decisa influenza sugli studiosi del suo tempo, e dalla sua scuola uscirono fra gli altri molti C. O. Müller, Moritz Edoardo Meier, il Droysen e il Preller, il Dünker e Otto Jahn, Ernesto e Giorgio Curtius.
Opere principali: Il Boeckh cominciò con saggi su Platone, Coommentatio in Platonis qui vulgo fertur Minoën (Halle 1806); De Platonico systemate caelestium globorum et de vera indole astronomiae Philolaicae (1810); De Platonica corporis mundani fabrica (1810), ed a Platone tornò anche più tardi con le Untersuchungen über das kosmische Sistem des Platon (Berlino 1852), e per la questione della rotazione della terra (1863-64). Alle Observationes criticae in Pindari primum Olympicum carmen (1811) seguì l'edizione di Pindaro: Pindari Opera quae supersunt, I, Lipsia 1811, che contiene anche i Commentarii metrici in tre libri; la prima parte del vol. II (1819) contiene gli Scholia, la seconda parte (1821) la versione latina e l'ampio commento di L. Dissen alle Nemee e Istmie. Curò la raccolta e l'edizione dei frammenti di Filolao (1819), e un'edizione dell'Antigone di Sofocle (Berlino 1843). Opere maggiori: Die Staatshaushaltung der Athener, Berlino 1817, in 2 voll.; 2ª ed. 1851 in 3 voll.; 3ª ed., curata da M. Fränkel, 1886; su questa edizione fu fatta la trad. di E. Ciccotti, Milano 1899 segg.; Corpus Inscriptionum Graecarum, in 4 voll., Berlino 1825-1877; Metrologische Untersuchungen über Gewichte, Münzfusse und Masse des Alterthums, Berlino 1838; Urkunden über das Seewesen des Attischen Staats, Berlino 1840; Zur Geschichte der Mondcyclen der Hellenen, Lipsia 1855; Epigraphisch-chronologische Studien, Berlino 1856. Dalle parti più notevoli ed originali delle prolusioni tenute dal Boeckh fino al 1865 il suo scolaro Ernesto Bratuscheck compilò l'Encyclopädie und Methodologie der philologischen Wissenschaften, Lipsia 1877. Cfr. anche i sette volumi delle Gesammelte kleine Schriften, Lipsia 1858-1874, a cura dei suoi allievi Ernesto Bratuscheck, Ferdinando Ascherson, Paolo Eichholtz.
Bibl.: R. H. Klausen, in S. J. Hoffmann, Lebensbilder berühmter Humanisten, I (1837), p. 29 seg.; G. Hermann, Über Boeckh's Behandlung der griechischen Inschriften, Lipsia 1826; E. Curtius, August Boeckh, in Altertum und Gegenwart, III, 1885, pp. 115-155; Max Hoffmann, August Boeckh, Lebensbeschreibung und Auswahl aus seinem wissenschaftlichen Briefwechsel, Lipsia 1901, comprendente la corrispondenza con Gerhard, Humboldt, Niebuhr, Ritschl, Schaefer, Schömann, Thiersch, Welcker; Briefwechsel zwischen August Boeckh und Karl Otfried Müller (1883), S. Reiter, in Neue Jahrb. für das klass. Altert., V (1902), pp. 436-458; B. Starck, Vorträge und Aufsätze aus dem Gebiete der Archäologie und Kunstgeschichte, Lipsia 1880, p. 409 segg.; Larfeld, Handbuch der griech. Epigraphik, I (1907), pp. 66-116; V. Santoli, Filologia e filosofia nel pensiero di F. Schlegel, in Civiltà moderna, II (1930).