ATROPINA
. È l'alcaloide (v.) che si estrae dall'Atropa bellaaonna, pianta appartenente alla famiglia delle Solanacee, ed insieme con la iosciamina e la scopolamina si rinviene anche in alcune specie di Hyosgiamus (giusquiamo), Datura, Scopolia e Duboisia. La belladonna è velenosa in tutte le sue parti; ma specialmente i frutti e le foglie, ritenuti, per errore, commestibili, dànno origine ad avvelenamenti non rari.
Alcuni sintomi dell'intossicazione da belladonna erano noti già da gran tempo. Teofrasto, parlando di uno στρύχνος, che forse era la belladonna, ci dice che produce allucinazioni e follia; molti secoli dopo, nel Cinquecento, Corrado Gessner fa cenno dell'azione dell'atropina sull'intestino e G. Wepfer, nel Seicento, nota, oltre al delirio, il grande acceleramento del polso. In quel tempo il botanico Ray, avendo applicato su un'ulceretta che una signora aveva sulla fronte alcune foglie di belladonna, notò che era scomparsa omnem pupillam contrahendi facultatem; che la pupilla stessa, grande quattro volte più del normale, anche clarissimo lumini obversa non si restringeva. È pure di quel tempo una memoria del Faber intitolata Strycnomania, in cui sono descritti, oltre ai sintomi suddetti, anche la secchezza della bocca e della pelle, la ritenzione delle lagrime, la soppressione completa del sudore e l'eccitamento cerebrale.
Ricerche fatte ai giorni nostri hanno chiaramente illustrato l'azione farmacodinamica dell'atropina. L'Albertoni ha dimostrato che questo alcaloide, a piccole dosi, aumenta l'eccitabilità dei centri motori della corteccia cerebrale, cosicché quegli stimoli elettrici che prima erano insufficienti a produrre leggieri crampi, dopo davano origine a vere convulsioni epilettiche.
I movimenti respiratorî, che da forti dosi di atropina iniettate endovenosamente possono essere arrestati, sono in genere da dosi medie accelerati, cosicché il Binz e i suoi allievi proposero questo alcaloide come antidoto nell'avvelenamento da morfina. I battiti cardiaci divengono, come si è detto, celerissimi e ciò per una paralisi delle terminazioni intracardiache del nervo vago, nervo inibitore che rallenta i movimenti del cuore. Talvolta al principio dell'avvelenamento si nota un rallentamento dei battiti cardiaci che pare si debba attribuire a una diretta azione dell'atropina sul muscolo cardiaco. La pressione sanguigna non si modifica notevolmente, o si eleva di poco. Le ghiandole perdono la proprietà di secernere; diminuiscono la saliva, le lacrime, le secrezioni bronchiale, gastrica e sudorifera. Per questo l'atropina è usata contro i sudori notturni dei tisici, nella scialorrea, nelle bronchiti con ipersecrezione. La diminuzione della secrezione è dovuta a una paralisi delle terminazioni nervose del simpatico e parasimpatico che devono portare alle cellule secretrici lo stimolo necessario alla loro funzione, o forse all'alterazione d'una sostanza che starebbe fra le terminazioni e l'epitelio secretore. Anche l'azione dilatatrice sulla pupilla è d'origine periferica, perché l'atropina paralizza le terminazioni nervose dell'oculo-motore comune che innervano le fibre costrittrici dell'iride. L'occhio atropinizzato perde la proprietà di accomodarsi alle variazioni luminose e alla distanza, cosicché gli oggetti sono veduti bene solo in una semioscurità e a una certa lontananza. L'atropina è largamente usata in oculistica per poter esaminare il fondo dell'occhio, attraverso una pupilla ampiamente dilatata e incapace di reagire alla luce.
Periferica pure, e legata a una paralisi delle terminazioni nervose del vago che innervano quelle fibre muscolari che restringono i piccoli bronchi, è l'azione benefica esercitata dall'atropina nell'asma.
La muscarina, veleno dei funghi, la pilocarpina, l'eserina, eccitando le terminazioni nervose del simpatico e del parasimpatico che sono paralizzate dall'atropina, la fisostigmina, debbono considerarsi come veri antagonisti di questo alcaloide. L'antagonismo non è così chiaro per quanto riguarda l'azione esercitata dall'atropina sull'intestino, sullo stomaco e sull'utero.
Tuttavia, a piccole dosi, l'atropina diminuisce lo spasmo delle fibre muscolari circolari dell'intestino, giova nella colica epatica e si usa come purgante. Gli erbivori manifestano una maggiore tolleranza all'atropina: in alcuni animali e per certe funzioni si può pure, nell'intossicazione cronica, osservare una meno intensa azione dell'atropina (Sabbatani). La belladonna, introdotta in terapia nel sec. XVIII, quando era di moda studiare sull'uomo l'azione dei più energici veleni, è rimasta in medicina come uno dei più utili rimedî.
L'avvelenamento da atropina è abbastanza frequente per ingestione di bacche dell'Atropa belladonna, somiglianti a piccole ciliegie nerastre, accompagnate da calice persistente. La zona tossica dell'alcaloide comincia oltre dosi di 1-2 mg.; la dose minima letale è di 10 cg. I primi sintomi dell'avvelenamento consistono nella soppressione di tutte le secrezioni, con aridità delle fauci, secchezza della pelle, difficoltà della deglutizione, unita a segni di eccitamento corticale, accresciuta vivacità dei riflessi, agitazione, delirio con allucinazioni maniacali, depressione psichica. Aumentata è la frequenza delle pulsazioni cardiache per l'azione inibitrice sul tono parasimpatico, la pupilla è midriatica, l'occhio perde il potere d'accomodazione. Sulla pelle compaiono chiazze di eritema scarlattiniforme; v'è talora stranguria.
Quando i sintomi denuncino un avvelenamento grave, l'esito letale sopravviene in condizioni di anestesia generale, mentre agli accessi convulsivi e maniacali succede lo stato comatoso.
Cura: richiede uno svuotamento meccanico seguito da lavatura. Efficace la somministrazione di tannino (acido tannico in cartina da 0,25-0,50 fino a 2-4 gr. nelle 24 ore), precipitando questo, come in genere con tutti gli alcaloidi, sotto forma di tannato di atropina insolubile che viene poi eliminato col lavaggio.
Vantaggioso è pure lo iodio. Le iniezioni di morfina combattono la sintomatologia generale meglio che altre sostanze farmacologicamente antagoniste dell'atropina, come la pilocarpina, la fisostigmina, ecc.