ASSOLUZIONE (dal lat. absolutio, da absolvo "sciolgo, slego"; fr. absolution; sp. absolucion; ted. Sündenvergebung; ingl. absolution)
Per il diritto civile e penale, v. giudizio e sentenza. Nella Chiesa cattolica, somma importanza ha l'assoluzione dei peccati e delle censure. La prima riguarda il fòro divino e si compie nel sacramento della penitenza; la seconda, il foro ecclesiastico, e si può dare tanto nel fòro interno, sacramentale e non sacramentale, quanto nel fòro esterno. L'assoluzione dei peccati esige la potestà dell'ordine presbiterale e la giurisdizione: questa può essere ordinaria e delegata. L'assoluzione dei peccati non si può dare per iscritto a chi è assente, né per telefono. È celebre, per il caso d'assenza, la controversia agitata un tempo fra i teologi, la quale fu definitivamente risolta da Clemente VIII (1602) e da Paolo V (1605). L'assoluzione delle censure può darsi a voce, per lettera, in qualunque modo; non si richiede al valore di essa alcuna formula.
L'assoluzione tanto dei peccati quanto delle censure può essere data sotto condizione: p. es., se vivi, se hai le dovute disposizioni, se sei battezzato, ecc. Oggi l'assoluzione delle censure ad effectum non si dà quasi mai, considerata la disposizione del can. 36, § 2, che modifica l'antica disciplina canonica. Invece vige ancora l'assoluzione delle censure cum reincidentia, la quale consiste in ciò, che il censurato ricade nella medesima pena da cui fu assolto, se non compie, entro un determinato tempo, quanto gli è stato ingiunto. Nel pericolo di morte, qualunque sacerdote, anche sospeso o scomunicato o deposto, può validamente e lecitamente assolvere da tutti i peccati e da tutte le censure; fuori del pericolo di morte, l'assoluzione delle censure non riservate può darsi nel fòro sacramentale da qualsiasi confessore, e nel fòro extra-sacramentale da chi ha giurisdizione sul reo nel fòro esterno. Dalle censure riservate può assolvere soltanto colui che ha le facoltà necessarie, a norma dei canoni 2252, 2253. Nei casi urgenti, cioè quando vi sia pericolo di scandalo o d'infamia, o riesca gravoso al penitente l'attendere, qualunque confessore può assolvere da tutte le censure, anche riservate specialissimo modo alla S. Sede, con l'obbligo del ricorso, se non osti qualche grave incomodo, sotto pena di reincidenza (can. 2254).