ASSAORTA
È la regione che si stende ad occidente del Golfo di Zula sino al ciglio del grande altipiano etiopico. Pianeggiante nella zona marittima o Bassa Assaorta, è per il resto (Alta Assaorta) costituita dal formidabile precipite declivio orientale delle Alpi Eritree, profondamente spaccato e solcato da burroni e vallate più o meno anguste, fra cui si ergono rocce a picco, monti scoscesi, guglie e creste quasi inaccessibili, massicci dirupati e difficili, brevi altipiani. Le principali vallate sono quelle dell'Alighedè col suo affluente Sciaghedè (gadè "fiume" in lingua saho); del Haddas, con la quale si riunisce l'altra dell'Alighedè allo sbocco della pianura costiera; e quelle del Comailè e del Salima: geograficamente, può dirsi costituir parte della stessa regione anche il sistema della valle del Dandero, che, a differenza delle precedenti, sboccanti verso Zula, tende verso sud, perdendosi nelle bassure della Dancalia settentrionale. Caratteristica nella vallata del Comailè è la stretta di Suru, angusta, incassata, paurosa, tra pareti a picco, talora distanti l'una dall'altra soltanto pochi metri, con limpida acqua perennemente scorrente; ma non mancano altre gole di uguale natura. L'importanza di queste valli sta nel fatto che esse, per quanto a volte malagevoli a percorrersi, rappresentarono per millennî le vie ordinarie e più brevi di comunicazione fra il mare e l'altipiano etiopico: significativa ed eloquente testimonianza ne sono, all'estremo orlo orientale dell'Assaorta, l'antichissimo emporio marittimo di Aduli (del quale oggi non rimangono che le rovine), e, al ciglio sud-occidentale, il formidabile altipiano del Cohaito, ancora tutto cosparso di rovine di templi e di edifici dell'età aksumita. I monti principali sono: tra la valle dell'Alighedè e quella del Haddas, il monte Ad Hannas (m. 2855) e il monte Urug (m. 2540); tra le valli del Haddas e del Comailè, il monte Adday (m. 3089) e il monte Farùm o Falùm (m. 2558), famoso tra gli abitanti del paese perché annualmente vi si conviene per compiervi il sacrificio di una giovenca bianca; tra le valli del Comailè e del Dandero, il monte Barànlo. La Bassa Assaorta durante la stagione invernale presenta pascoli e può prestarsi all'agricoltura, tanto che vi sono in corso importanti lavori di sbarramenti idrici, ma l'Alta Assaorta è, soprattutto nella parte centrale ed occidentale, essenzialmente brulla, arida, e offre soltanto qua e là magri pascoli, sebbene non vi manchino tratti coltivati (p. es. l'altipiano di Diot) e anche qualche ampio tratto boscoso (per es. nella catena dei monti Degà). Salvo che nella zona marittima, ove sono i villaggi permanenti di Zula (presso le rovine dell'antica Aduli) e di Afta, l'Assaorta è sede di pastori nomadi, che nella stagione invernale scendono verso la zona bassa per godere dei pascoli stagionali, e che nei mesi estivi risalgono le valli verso occidente, sciamando anche per l'attiguo altipiano abissino.
I più antichi abitatori della zona costiera sono rammentati da Cosma Indicopleuste col nome di Tigretani. Nella zona alpestre, i primi dei quali sopravviva la tradizione sono i Cabota, probabilmente d'origine abissina: ne restano poche famiglie randage nel Samhar, e qualche toponimico, per esempio Mäi Cabota. In secoli remoti i Cabota furono soppiantati dagli Edda, i cui maggiori legami sarebbero con genti abissine di Corbaria. Successivamente, prima del sec. XV, in tutta la contrada si sparse e s'impose da padrona una gente di stirpe saho, proveniente probabilmente da sud, e che dal suo avo leggendario Asā Wŭrtā "Urta (Orta) il rosso", assunse il nome d'Assaorta. Così tutto il paese ebbe lingue, istituti e consuetudini saho. Nella regione montana questi Saho dettero luogo a cinque tribù, chiamate Asa Cheri, Asa Lisàn, Bet Leliso, Fogorotto e Bet Fachih. Da tempo immemorabile il paese è passato all'islām. La popolazione è di circa 35.000 abitanti. Sono genti povere, rozze, fiere, dedite al ladroneccio, che per lunghi secoli vissero di rapine, sia taglieggiando le carovane commerciali viaggianti fra Archico e l'altipiano abissino, sia col brigantaggio, sia derubando le popolazioni abissine con le quali vivevano a contatto, segnatamente quando necessità di pascoli e di acque le costringevano a spingersi sull'altipiano: una leggenda abissina vuole che l'assaortino sia sepolto con una mano fuori della fossa affinché, pur dopo morto, possa continuare a rubare. Vero è che gli Abissini se ne ripagavano con audaci razzie.
La grande povertà del paese, le difficoltà, per i non nativi, di muoversi per l'impervia regione, l'indole degli abitanti dichiarano quali possano essere state le vicende storiche dell'Assaorta. Gelosissimi dell'indipendenza delle proprie terre, gli Assaortini erano pur sempre costretti a fare i conti con gli Abissini, del cui assenso avevano bisogno per accedere d'estate sull'altipiano, e che dall'innato spirito guerresco, dall'amore della razzia erano, a loro volta, sospinti a sfidare gli asperrimi cammini, le insidie della natura e degli abitanti per predare poche greggi di pecore o qualche pingue carovana commerciale: onde un frequente stato di guerre e dì vendette di sangue, tentativi di sopraffazione e di dominazione da parte degli Abissini, se ne avevano forza, rappresaglie successive da parte dei "Cinque Assaorta", come erano chiamate le tribù assaortine. Aggiungasi che per la sua stessa struttura il paese era il naturale ricetto di quanti Abissini per ragioni politiche o di altro genere si mettevano in rotta coi capi delle vicine provincie o coi proprî villaggi, sicuri come erano di sottrarsi ad ogni inseguimento in quell'inestricabile groviglio di valli dirupate; e di là partivano per compiere rappresaglie o vendette.
Nuovo elemento, intervenne nel sec. XVII la costituzione del principato d'Archico, sotto l'egida o l'influenza dei Turchi, costringendo gli Assaortini a nuove lotte o a nuovi patti per godere dei pascoli invernali, per la tutela delle carovane, e dando luogo a una politica spesso attiva e ostile verso l'Abissinia cristiana. Werner Munzinger (v.), allorché per conto degli Egiziani assunse nel 1871 anche le iniziative dei nā'ib (principi vassalli) d'Archico, tentò d'imporre all'Assaorta un regolare tributo, senza pervenire a riscuoterlo, né più fortunato fu ras Area Sellasé, che se ne vendicò con frequenti razzie, costringendo gli Assaortini a riparare nella zona costiera, dove gli Abissini esitavano a spingersi. Alla richiesta di regolari tributi gli Assaortini opposero sempre di non sentirsi tenuti se non ad amichevoli doni verso i capi, dei quali credevano di dover coltivare l'amicizia. Con re Iohannes e con ras Alula la pressione divenne più grave. Ma, avendo il ras fatto imprigionare taluni capi, nel 1885 le tribù si ribellarono apertamente, batterono gli Abissini nella sanguinosa battaglia di Caribussa, e giunsero a saccheggiare e dare alle fiamme il villaggio di Toconda. Tuttavia nel 1887 appunto guide assaortine, della tribù Bet Leliso, condussero ras Alula a Dogali. Accorti negoziati del Comando italiano di Massaua ottennero una convenzione (9 maggio dello stesso anno), con cui i "Cinque Assaorta" si dichiaravano amici e alleati dell'Italia, ottenendo l'ammissione al mercato d'Archico una volta la settimana. Ciò non tolse che tutta l'Assaorta parteggiasse contro l'Italia nel 1888 per il ribelle Debeb, cui fornì aiuti d'ogni genere, e nel 1895 per il ribelle Bathà Hagòs. Dopo la guerra italo-abissina del 1895-96, anche gli Assaortini, conglobati definitivamente nell'Eritrea, furono dall'Italia sottoposti a regolare tributo. Ma la regione, pur rimanendo dopo il 1895 estranea alle lotte politiche e dichiarandosi sottomessa all'Italia, fu ancora per anni sicuro rifugio di banditi e di briganti: la pacificazione completa non si ebbe se non dopo che il capitano Arnaldo Garelli ebbe distrutto a monte Cora nel 1902 la banda del brigante Abubacher Jomail.
Bibl.: Relazione sulla Colonia Eritrea del R. Commissario Civile dep. Ferdinando Martini per gli esercizi 1902-907, in Atti parlamentari: Leg. XXIII, sess. 1909-1913, Camera dei deputati, doc. LXII, Roma 1913, I, pp. 34-41, e III, p. 1658 segg.; C. Conti Rossini, Al Ràgali, in Boll. Soc. Espl. Geografica e Comm., Milano 1904, p. 47 segg.; id., Schizzo del dialetto saho dell'Alta Assaorta in Eritrea, in Rend. R. Acc. Lincei, Roma 1913.