ARCOBALENO (fr. arc-en-ciel; sp. arco íris; ted. Regenbogen; ingl. rainbow)
L'arcobaleno, detto anche iride, si osserva quando il sole illumina le gocce di pioggia, e in generale le gocce d'acqua prodotte da una cascata o in altro modo. Volgendo le spalle al sole si vede l'arcobaleno come una fascia ad arco di cerchio, il cui centro è sulla retta che unisce il centro del disco solare con l'occhio dell'osservatore. Questa fascia mostra una successione di colori, più o meno somigliante a quella dello spettro solare, col rosso all'esterno e il violetto all'interno. Il raggio geometrico dell'arco rosso è sotteso da un angolo visuale di circa 42° e quello del violetto da un angolo di circa 40°.
Il punto antisolare essendo il centro dell'arcobaleno, questo non può osservarsi quando il sole è alto; col sole all'orizzonte l'arcobaleno è un semicerchio. Se l'osservatore si trova in alta montagna o in navigazione aerea, può anche vedere l'intero cerchio.
Sulle cortine di pioggia si osserva talvolta, oltre all'arcobaleno ora descritto, detto primario, anche un arcobaleno, detto secondario, concentrico ed esterno al primo, con tinte più sbiadite e disposte in ordine inverso, l'angolo con la visuale diretta al centro essendo di circa 54° per il violetto e di circa 51° per il rosso.
In condizioni favorevoli anche i raggi lunari producono l'arcobaleno, ma molto più debole e con colori poco distinti.
Una spiegazione dell'origine dell'arcobaleno fu data da Teodorico di Vriberg, domenicano, il quale, intorno al 1311, ne scrisse un trattato, in cui mostrò che il primario è formato da due rifrazioni e una riflessione interna. Il manoscritto di questo trattato fu trovato da G.B. Venturi (v. Bibl.). Le stesse idee furono esposte da Fleischer di Breslavia (1574) e da Francesco Maurolico di Messina (1575). Marco Antonio de Dominis (1611) ne diede una dimostrazione con globi pieni di acqua. Descartes (1637) fondò la sua spiegazione sulla geometria e diede anche conto della successione dei colori, e Newton (1704) calcolò le deviazioni degli archi.
Benché la teoria di Descartes-Newton sia inesatta, pure è opportuno esporla brevemente, sia per la sua importanza storica, sia per esaminare le ragioni per le quali essa è insostenibile.
Sia I A E (fig.1) il piano della sezione centrale di una goccia ingrandita, nel quale giaccia anche il raggio incidente S I, e sia S IA E O il percorso del detto raggio in questo piano, fino al punto O di osservazione. È facile vedere che la deviazione in I è i − r, essendo i l'angolo di incidenza ed r l'angolo di rifrazione; che in A, dove il raggio si riflette, la deviazione è π − 2 r e che nel punto E la deviazione è i − r. Perciò la deviazione totale Δ del raggio emergente, rispetto alla direzione primitiva, è data dall'equazione
essa varia pertanto col variare di i, cioè col variare del punto d'ingresso del raggio nella goccia.
Se il numero di riflessioni nell'interno della goccia è k, la deviazione totale è
come si può argomentare dalla fig. 2, in cui S I A A′ E O è il percorso del raggio che si riflette in A e in A′; a ogni riflessione interna il raggio ruota di π − 2 r.
Un fascio incidente di raggi che investa la goccia, comprendendo tutti i valori di i da 0° a 90°, emerge sparpagliandosi in tutte le direzioni. Sia n l'indice di rifrazione, cioè:
si dimostra che per un particolare angolo di incidenza im tale che si abbia per esso
la deviazione Δ è minima, e perciò i raggi di un fascio luminoso, che hanno gli angoli d'incidenza prossimi a questo valore im, emergono con divergenza minima, ossia rimangono quasi paralleli. Questo fascio comprende i raggi di deviazione minima, detti anche raggi efficaci, o meglio raggi di Descartes. Essendo n diverso per le diverse lunghezze d'onda, i raggi di Descartes emergono con direzioni diverse, distribuendosi in una fascia spettrale, e si vedrà in alto il rosso, nel caso di una sola riflessione interna, il violetto nel caso di due riflessioni. E l'arcobaleno si distende secondo un arco di cerchio, perché i raggi di Descartes giungono all'osservatore situato in O secondo le generatrici del cono che ha per asse S′ O, condotto dal sole al punto O, e per angolo di apertura l'angolo α.
E poiché nelle condizioni di deviazione minima α è massimo, nessuno dei raggi che hanno subito una sola riflessione interna perviene all'occhio dell'osservatore quando la goccia si trova più in alto dell'arco primario, e nessuno dei raggi riflessi due volte raggiunge l'occhio se la goccia si trova più in basso dell'arco secondario. La regione compresa fra i due arcobaleni appare perciò più scura del resto del cielo.
L'esame del percorso dei raggi per k = 3, mostra che esso darebbe luogo all'arcobaleno terziario, cioè a una striscia circolare avente all'incirca lo stesso raggio angolare del primario e i colori con lo stesso ordine, ma posta tra l'osservatore e il sole. Ma non risulta che sia stato mai osservato in natura né l'arco terziario, né il quinario che dovrebbe apparire più su del secondario.
La teoria geometrica di Descartes-Newton rimase in voga per circa due secoli, benché già nel 1803 Thomas Young l'avesse riconosciuta inesatta.
Infatti da una diligente osservazione di arcobaleni risulta che la larghezza della fascia non è costante; variano molto altresì la larghezza e la luminosità delle strisce dei singoli colori, fino a mancare alcuni di essi, e talvolta un'estesa striscia nella parte media è biancastra. Inoltre alcuni colori, più spesso il turchino e il violetto, possono essere ripetuti, formandosi in tal modo archi spurî, o soprannumerarî, sovente all'interno del primario, molto di rado all'esterno del secondario. Notevole è la differenza tra un arcobaleno sbiadito, detto "bianco", in tempo nebbioso, e un arcobaleno nell'ultima fase di un temporale, con colori vivaci e ben definiti.
Ora la teoria di Descartes, basata sull'ipotesi inesatta che i raggi efficaci siano solamente i raggi meno deviati, non dà spiegazioni di queste diverse particolarità osservate negli archi principali, né dell'esistenza degli archi soprannumerarî.
La teoria completa, indicata da Young, e la cui trattazione matematica fu data da Richard Potter (1835) e compiuta da sir George Airy, da Mascart, da Pernter (1897) e da altri, mostra che queste particolarità derivano da fenomeni di diffrazione fra i raggi con deviazione minima. Questi emergono non rigorosamente paralleli e quindi con differenze di percorso che dànno luogo a interferenze, in relazione con le dimensioni delle gocce. Risulta fra l'altro che, se il diametro delle gocce è di 1 mm., la larghezza della striscia è piccola e la distribuzione dei colori è simile alla spettrale; con gocce di 0mm,1 di diametro, la fascia è più larga e manca il rosso; se il diametro è 0mm,05 l'arcobaleno è molto più largo e appare quasi tutto biancastro, e il rosso nell'arco soprannumerario è in basso (vedi ottica meteorologica).
Bibl.: Per la storia delle teorie dell'arcobaleno, cfr. G. B. Venturi, Commentarî sopra la storia delle teorie dell'ottica, Bologna 1814; J. Fleischer, De iridibus doctrina Aristotelis et Vitellionis, 1574; Marco Antonio de Dominis (1566-1624, arcivescovo di Spalato), De radiis visus et lucis in vitris perspectivis et iride tractatus, Venezia 1611; Th. Young, in Phil. Trans. of the R. Soc. of London, 1803; Richard Potter, in Cambridge Philos. Transact., 1838; Sir George Airy, ibidem; E. Mascart, Traité d'Optique, Parigi 1899-1903; J. M. Pernter e F. N. Exner, Meteorol. Optik, 2ª ed., Vienna e Lipsia 1922.