GUGLIELMELLI, Arcangelo
Non si conosce l'esatta data di nascita - comunque collocabile intorno alla metà del XVII secolo - di questo architetto e pittore napoletano, figlio di Marcello e Caterina Vera. Crebbe in casa di Onofrio de Marino, pittore, di cui sposò la figlia nel marzo 1677. Dal matrimonio nacquero Marcello, architetto (che collaborò con il G. in molti cantieri), e Gaetano, novizio in S. Maria della Vita.
In qualità di pittore e decoratore, il G. si dedicò, all'inizio della sua carriera a Napoli, alla realizzazione di apparati ornamentali effimeri e macchine da festa (per S. Gennaro, 1671, presso il duomo; e per le Quarantore, 1677, per i teatini di S. Paolo Maggiore). La sua formazione di architetto avvenne a fianco di D. Lazzari, figlio dello scultore Giacomo, che lo introdusse presso i principali Ordini religiosi. La sua intensa attività edilizia, per lo più napoletana, che si protrasse per oltre quarant'anni, fu legata in gran parte al restauro di numerosi complessi conventuali imposto dai terremoti del 1688 e del 1694.
Nel 1677 nella chiesa cinquecentesca del Gesù delle Monache lavorò alla ristrutturazione della zona presbiteriale (Amirante, 1976, p. 175) e aggiunse sull'altare un cupolino ellittico dal quale far piovere la luce, soluzione alla "bernina" poi adottata anche nella chiesa di S. Antonio delle Monache a Port'Alba, ove tra il 1682 e il 1684 compì la decorazione a stucco. Numerosi furono gli interventi di rinnovamento ornamentale di chiese minori. Nel 1678 lavorò in S. Maria della Consolazione agli Incurabili e nella cappella di S. Biagio in S. Maria della Stella (l'interno è stato cancellato dall'ultima guerra). Successivo al sisma del 1688 è l'ampliamento della zona presbiteriale e la creazione della cupola ellittica nella chiesetta della Croce di S. Agostino. A partire dal 1694 nella stessa chiesa il G., con la collaborazione di L. Vaccaro, partecipò alla realizzazione di stucchi, ornati e arredi.
Dal 1690 al 1693 il G. attese al rifacimento della chiesa del Ss. Rosario alle Pigne. Frutto della maturità raggiunta ormai dal G. è l'originale soluzione a pseudocroce greca (con i bracci trasversali più corti di quelli longitudinali), enfatizzata dalla luce che proviene dagli otto finestroni della cupola e dalle colonne incassate nella muratura. Nell'atrio (finito nel 1708) il G. riprese il tema della doppia facciata con statua entro un finestrone, introdotto da C. Fanzago in S. Giuseppe delle Scalze a salita Pontecorvo.
Dal 1691 lavorò nel monastero agostiniano di S. Maria Egiziaca a Pizzofalcone ove era rimasto interrotto il progetto di Fanzago del 1646, iniziato solo nel 1661.
Ispirata alla romana S. Agnese in Agone, la chiesa a pianta centrale con quattro conche in cui sono inseriti gli altari principali e l'ingresso, alternate a quattro archi minori, e otto colonne aggettanti, richiama S. Maria dell'Aiuto (ove il G. collaborò con Lazzari nel 1672) e il Ss. Rosario alle Pigne. Sono attribuite al G. anche le chiese di S. Michele Arcangelo ad Anacapri (1698: presenza di D.A. Vaccaro dal 1719) e di S. Maria delle Grazie a Napoli, in piazzetta Mondragone. Quest'ultima, ottagonale con cupola e colonne in aggetto sulle pareti, iniziata nel 1715, è solitamente assegnata a G.B. Nauclerio, allievo del Guglielmelli.
Il G. fu anche autore dei restauri delle cattedrali di Amalfi e Salerno. Nella cattedrale di Amalfi alle colonne sostituì pilastri, murando finestre e adottando stucchi nella navata centrale. Agli urgenti interventi richiesti dal sisma del 1688 (l'appalto è del 1690) seguirono le complete modifiche della chiesa: in particolare si devono al G. il cassettonato ligneo e la facciata, documentata in un acquerello di Gonsalvo Carelli (Amirante, 1990, fig. 111) prima della trasformazione attuata da E. Alvino nel 1875-94. Analogamente i danni nel duomo di Salerno imposero di inglobare le colonne entro pilastri di muratura, secondo il progetto del G., realizzato fra il 1691 e il 1697.
Dopo il terremoto del 1688 il G. fu attivo nel duomo di Napoli, allorché un nuovo impulso ai lavori di ristrutturazione, già iniziati per volontà del cardinale Innico Caracciolo, arcivescovo di Napoli, morto nel 1685, fu imposto dai danni prodotti dal sisma.
Nell'antica basilica di S. Restituta il G., adottati stucchi intorno agli archi acuti angioini e lungo il sovrastante registro e sostituite ampie finestre alle monofore gotiche, realizzò una sorta di boccascena teatrale del tutto in contrasto con il primitivo disegno absidale, modificando l'arco trionfale con panneggio sorretto da angeli di stucco, a inquadrare l'affresco di L. Vaccaro e dipingendo un'elegante architettura illusionistica sul coro d'ingresso per occultare i contrafforti esistenti sulla controfacciata.
Anche il secondo grave sisma che nel 1694 colpì Napoli fu per il G. occasione di importanti incarichi di restauro: infatti gli furono affidati i lavori di ampliamento di S. Maria Donnalbina, chiesa controriformistica ad aula con cappelle, ove il G. aggiunse un presbiterio con cupola (contratto d'appalto del 1695) e poi, sullo scorcio del secolo, il completamento della chiesa di S. Carlo all'Arena.
Il sisma impose lavori anche in S. Giorgio Maggiore, la basilica paleocristiana del vescovo Severo, di cui si conserva soltanto il triforium absidale con colonne e pulvini: anche qui l'intervento di Fanzago dopo l'incendio del 1640 era stato interrotto per motivi economici e per la pestilenza del 1656, e il G. fu incaricato della ripresa delle opere nel 1694, con la costruzione del corpo centrale e della cupola, che si protrasse fino ai primissimi anni del XVIII secolo.
Nel 1693 il G. subentrò all'architetto G.B. Contini nella carica di architetto ordinario dell'abbazia di Montecassino (oggi ricostruita dopo la distruzione bellica del 1944), per la sistemazione dell'infermeria e dell'ospizio (nuova ampia fabbrica sul lato nord) e per il rinnovamento della basilica medievale (lavori appaltati nel 1694). Nella chiesa (già rimodellata nel 1649 con presbiterio e altare di Fanzago), il G., con l'ausilio del figlio Marcello, completò i registri decorativi. Ai disegni autografi per il coro (1698), le cappelle e la sacrestia, nonché per la facciata della chiesa (1714: in gara con Nauclerio), si accompagnano le incisioni nel volume dell'abate Erasmo Gattola (Amirante, 1990, figg. 141-164). Il G. fornì inoltre i progetti per molte chiese dei benedettini e trasformò la medievale collegiata di S. Germano (attuale Cassino), oggi distrutta, usando gli stessi criteri adottati ad Amalfi e Salerno.
Tra il 1689 e il 1696 il G. attese al restauro della facciata della chiesa di S. Paolo Maggiore.
Per i gesuiti, a partire dal 1677, il G. aveva già lavorato nella chiesa del Gesù Nuovo o Trinità Maggiore, ma soltanto dopo il 1688, nella ricostruzione e nell'ammodernamento della chiesa, subentrò a Lazzari (qui presente a partire dalla morte di Fanzago, 1678), come architetto ordinario della Compagnia. Egli ricostruì, tra il 1692 e il 1693, la perduta cupola di G. Valeriano (1629-35); ma anche la sua struttura venne abbattuta per dissesti nel 1775 e ne rimane soltanto il rilievo, pubblicato da C.N. Sasso (1856). Il G. si occupò inoltre del restauro delle cappelle di S. Francesco Saverio e di S. Ignazio, della realizzazione degli ingressi laterali e dell'inserimento del portale rinascimentale entro una ricca composizione barocca, opera di Bartolomeo e Pietro Ghetti.
Per i domenicani, a partire dal 1691, ampliò la chiesa della Sanità a Barra, trasformando l'impianto ellittico di fra' Nuvolo; ma anche qui, com'era avvenuto nel 1701 in S. Paolo Maggiore, egli venne sostituito nel 1703 da F. Solimena che modificò il profilo della cupola e disegnò la facciata. Frattanto, nel 1699 il G. aveva concluso il rifacimento della chiesa angioina di S. Antonio Abate (o di Vienna), voluti dal cardinale G. Cantelmo, arcivescovo di Napoli, alternando nuove finestre ai dipinti di D. Viola e realizzando sia il cassettonato ligneo della navata sia l'altar maggiore in commesso marmoreo.
Ancora dai domenicani il G. fu interpellato nel 1705 in merito alla costruzione della nuova sede della Congrega di S. Vincenzo Ferreri, cui era stato donato il suolo nel convento di S. Maria della Sanità, e alla realizzazione nel 1710 nell'abside della chiesa dell'allestimento scenografico e della decorazione in stucco per contenere la Madonna con il Bambino di M. Naccherino.
Il G. affrontò, con la collaborazione del figlio Marcello (pagamenti nel 1709), il rifacimento della chiesa trecentesca di S. Angelo a Nilo, riuscendo a dare nuova unità alle stratificate strutture preesistenti mediante un ritmo alterno di colonne trabeate in aggetto sulle pareti, esaltato dall'illuminazione proveniente dagli ampi finestroni e dalle otto aperture della cupola. Anche all'esterno, pur rispettando gli antichi portali rinascimentali, il G. raggiunse una sostanziale unitarietà dei volumi mediante l'uniforme stesura di mattoncini entro riquadri in stucco.
Dopo la morte di Lazzari, il G. gli subentrò nelle fabbriche dei gerolamini.
Se l'interno della chiesa di S. Filippo Neri a colonne appare palese derivazione dalle basiliche brunelleschiane, la facciata, lasciata incompiuta da Lazzari, fu il risultato di una lunga esecuzione (1703), cui contribuì il G. con la collaborazione di Nicola de Marino. Il G. aveva già realizzato la cappella dell'Immacolata Concezione nel 1697, e nel 1699 quella del Ss. Sacramento, dove lavorò anche come pittore prospettico, aiutato da G. Del Po; al G. si deve anche l'altar maggiore. Nell'ambito dello stesso complesso conventuale, tuttavia, la sua opera di maggior rilievo è la biblioteca, sovente assegnata al figlio Marcello, che diresse i lavori dal 1723 al 1727.
Per il limitrofo monastero di S. Giuseppe dei Ruffi, il G., incaricato sin dal 1681 della definizione di ornati contemporaneamente a G.D. Vinaccia (altro allievo di Lazzari), aveva già intrapreso, a partire dal 1689, la ridefinizione dell'intero organismo conventuale. Lavorò inoltre nel vestibolo e nel chiostro grande e realizzò l'atrio e la facciata della chiesa, poi completata dal figlio Marcello nel 1721.
Non si conosce l'esatta data di morte del G. avvenuta probabilmente intorno al 1723 e, comunque, dopo il dicembre 1722 (Amirante, 1990).
Fonti e Bibl.: C. Celano, Notizia del bello dell'antico e del curioso della città di Napoli… (1692), con aggiunte di G.B. Chiarini (1856-60), Napoli 1970, II, pp. 63, 229; III, pp. 361, 794; IV, p. 586; V, p. 446; D.A. Parrino, Vera e distinta relazione dello spaventoso e funesto terremoto… il giorno 8 sett. 1694, Napoli 1694; E. Gattola, Historia abatiae Casinensis per saeculorumseriem distributa, Venetiis 1733; P.A. Orlandi, L'abecedario pittorico, Napoli 1733, ad indicem; B. De Dominici, Vite de' pittori scultori ed architetti napoletani, III, Napoli 1743, pp. 392 s.; C.N. Sasso, Storia dei monumenti di Napoli, Napoli 1856, pp. 353 s.; A. Caravita, I codici e le arti a Montecassino, Napoli 1870, I, pp. 38 ss.; III, pp. 315 ss., 371, 373, 543, 546; G. Ceci, Il terremoto del 1688 nei Diarii di Domenico Confuorto, in Arch. stor. per le provincie napoletane, XX (1895), p. 750; O. Giannone, Ritratti e giunte sulle vite dei pittori napoletani, in G. Ceci, Il primo critico del De Dominici, ibid., XXXIII (1908), pp. 625 ss.; G.B. D'Addosio, Documenti inediti di artisti napoletani, ibid., XXXVIII (1913), p. 235; G. Chierici, Architettura religiosa a Napoli nei secoli XVII e XVIII. Il Settecento, in Palladio, I (1937), pp. 99 ss.; R. Pane, L'architettura dell'età barocca in Napoli, Napoli 1939, pp. 135-140; R. Mormone, Architettura a Napoli 1600-1734, in Storia di Napoli, VI, Cava dei Tirreni 1970, pp. 1117-1120; A. Blunt, Neapolitan Baroque and Rococo architecture, London 1975, pp. 103, 156, 181 e passim; G. Amirante, A.G. e la chiesa del Gesù delle Monache, in Napoli nobilissima, XV (1976), pp. 170-184; A. Venditti, Il duomo di Amalfi, in Amalfi nel Medioevo. Atti del convegno intern., Amalfi-Salerno… 1973, Salerno 1977, pp. 383 ss.; G. Amirante, L'architettura napoletana tra Seicento e Settecento. L'opera di A. G., Napoli 1990; R. Bösel, in The Dictionary of art, XIII, New York-London 1996, pp. 801 s.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XV, p. 253.