Vedi APOXYOMENOS dell'anno: 1958 - 1994
APOXYOMENOS (v. vol. I, p. 497)
Nella stesura della voce precedente si è incorsi in un'inesattezza, con l'affermazione che l'A. sia «la più famosa e la più ammirata nell'antichità tra le statue di Lisippo». Nel passo citato (Nat. hist., XXXIV, 62), Plinio riferisce l'aneddoto sulla passione di Tiberio per l'Atleta, e rileva la popolarità che esso godeva in Roma, ma è esplicito nel considerare quale capolavoro di Lisippo la Quadriga del Sole, seguita dalla Suonatrice di flauto ebbra e da una Caccia con cani, che è forse quella di Cratero a Delfi; altre opere, come l' Alessandro con la lancia, il Kairos e l'Eracle di Taranto, vantano una letteratura più vasta, fino al Medioevo bizantino. Il racconto pliniano stimolò tuttavia la ricerca archeologica. Prima che fosse rinvenuto il marmo, oggi al Vaticano, era stata proposta l'identificazione dell'A. con lo Spinario del Palazzo dei Conservatori: «considerando la mole e la mossa della statua, supponendo che in luogo di torsi la spina si radesse con lo striglie la pianta dei piedi, credo di riconoscere in essa il destringentem se di Plinio, opera di Lisippo» (Nibby).
Documenti d'archivio hanno consentito di ricostruire con esattezza la scoperta della scultura nel corso di scavi a Roma, nel Vicolo delle Palme, che prese da quella circostanza l'attuale nome di Vicolo dell'Atleta. L'A. fu trovato non nell'aprile, bensì il 3 ottobre 1849. A prima vista, Luigi Canina avanzò due ipotesi in alternativa, che si trattasse del nudum talo incessentem di Policleto (v.) ovvero dell'A. di Lisippo: quest'ultima interpretazione fu confermata l'anno successivo da Emil Braun. Ma il 22 novembre 1849 la statua era già stata esposta ai Musei Vaticani con i restauri provvisori di Pietro Tenerani: il quale aveva aderito all'ipotesi policletea, e non disponendo dei frammenti originali, che si continuarono a rintracciare fino al gennaio 1850, aveva posto un dado tra le dita della mano destra (Sacchi Lodispoto).
Nel 1967 la pubblicazione di un'erma di Atleta da Lucus Feroniae ha riaperto l'interesse per l'opera lisippea: si trattava infatti della copia di età tiberiana da un pancraziaste simile per molti aspetti all'A., ma con il capo volto alla propria sinistra, anziché a destra (Dohrn). Contemporaneamente veniva segnalato, nel chiostro del Museo Nazionale Romano, un torso d'ignota provenienza, molto consunto, ma parimenti riferibile al tempo di Tiberio, che rappresentava una copia inversa dallo stesso archetipo dell'A. Vaticano (Lauter). Ne risultava una documentazione preponderante per lo schema con la testa girata a sinistra, tanto da far pensare che l'originale lisippeo fosse orientato in questo senso, e che il marmo del Vaticano fosse una replica controparte (Rodio, Robertson).
Bisognava attendere l'edizione di un torso a Side per disporre di una definitiva prova a favore dello schema celebrato da una tradizione di studi più che secolare (Inan): va notato comunque che la scultura microasiatica è del periodo antoniniano, e mostra un andamento delle braccia leggermente variato rispetto alla statua del Museo Pio Clementino, che si riferisce al tempo di Claudio. Evidentemente la copia vaticana fu lavorata a Roma, partendo dall'originale di Lisippo, allora esposto nelle Terme di Agrippa, ma andato perduto nell'incendio dell'8o d.C. La statua di Side sarebbe stata ricavata più tardi da un testimone diverso, che poteva essere un'altra versione dovuta allo stesso Lisippo o ai suoi discepoli di più stretta osservanza (Plin., Nat. hist., XXXIV, 67), un calco, ovvero una replica sostitutiva del bronzo fatta eseguire a suo tempo da Agrippa, durante la missione in Oriente.
La segnalazione di un altro torso dell'A. nel deposito del Museo Archeologico di Fiesole (Schauenburg) è stata ridimensionata dalla constatazione che si tratta dell'esercitazione di uno scultore moderno (Hafner). Andrà invece aggiunta al catalogo la statua restaurata nel Seicento come «Gladiatore», alla Villa Medici di Castello, presso Firenze, che conserva parte delle gambe, il busto e l'attacco delle braccia in marmo pentelico, con piena coerenza rispetto all'A. Vaticano (Saladino). La pertinenza del tipo alla restante produzione di Lisippo è stata ribadita dall'identificazione delle Imprese di Eracle, quali lo scultore aveva realizzato ad Alizia, nel ciclo riprodotto su sarcofagi di età imperiale (v. s 1970, s.v. lisippo): nel gruppo col toro, l'eroe abbranca il muso dell'animale con un gesto che richiama quello dell'Apoxyomenos.
Si è fatta maggiore chiarezza anche sull'origine dell'invenzione lisippea. A Daidalos di Sicione si assegna l'A. con le braccia abbassate noto dal bronzo di Efeso a Vienna (v. vol. III, fig. 1326), e da una replica in marmo agli Uffizi. Attorno al 350 a.C. si può porre, tra le estreme derivazioni da Policleto, l'A. con gli avambracci sollevati verso destra, che si desume dal torso del Museo Nazionale di Atene (Dörig) e dalla statua già Lansdowne, ora a Los Angeles.
Infine risale agli stessi anni la riproduzione, su un cratere apulo a Ruvo, di un A. che conserva la concezione chiastica pur esponendo il gesto della statua vaticana: in pittura, lo schema era già attestato da uno dei Dioscuri raffigurato quale pugile sul Cratere degli Argonauti (v. argonauti, gruppo degli), e nella statuaria è riconoscibile attraverso i torsi del Museo Nuovo dei Conservatori e del Museo Civico di Fondi.
L'immediata fortuna dell'intervento di Lisippo nell'iconografia dell'atleta che si deterge è provata a sua volta dalla base dell'acropoli di Atene databile attorno al 300 a.C., che mostra a rilievo una serie di figure giovanili in tale atteggiamento, e che forse era destinata a reggere il Perixyòmenos di Daippos.
Infine, il favore ottenuto dal bronzo lisippeo a Roma presso l'imperatore Tiberio, che l'avrebbe trasferito nel cubicolo della propria abitazione all'inizio del principato (dunque prima della sistemazione della Domus Tiberiana), risulta indicativo della originalità di un programma decorativo che precede quelli ora meglio esplorati di Sperlonga e della Grotta Azzurra a Capri.
Bibl.: A. Nibby, Monumenti scelti della Villa Borghese, Roma 1832, p. 103; L. Canina, Scavi nel Vicolo delle Palme in Trastevere, in Bulllnst, XXXI, 1849, pp. 161-169; E. Braun, L'Apoxyomenos di Lisippo, in AdJ, XXII, 1850, pp. 223-251; Ch. Picard, Manuel, IV, 2, pp. 453-470; W. Fuchs, in Helbig4, I, pp. 196-198, η. 254; D. Arnold, Die Polykletnachfolge (Jdl, Suppl. xxv), Berlino 1969, pp. 236-238, A. H. Borbein, Die griechische Statue des 4. Jahrhunderts ν. Chr., in Jdl, LXXXVIII, 1973, pp. 43-212, in part. p. 147, fig. 70; H. Protzmann, Realismus und Idealität in Spätklassik und Frühhellenismus, in Jdl, XCII, 1977, pp. 169-203, in part. pp. 181-182, figg. 5-6; R. Lullies, M. Hirmer, Griechische Plastik, Monaco 1979, pp. 118-119, n. 232; W. Fuchs, Scultura greca, Milano 1982 (trad, it.), pp. 90-91, fig. 96; L. Trumpelmann, Der Kanon des Lysipp, in Boreas, 1982, pp.70-77, tavv. V e VI; P. Moreno, Opere di Lisippo, in RIA, VI-VII, 1983-1984, pp. 13-70, in part. pp. 64-66, figg. il, 12, 13, 15, 25, 27, 33; G. Sacchi Lodispoto, Gli scavi archeologici del Vicolo delle Palme in Trastevere, in BollMC, XXXI, 1984, pp. 3-22; P. Moreno, Vita e arte di Lisippo, Milano 1987, pp. 133-140, figg. 69, 71, 74, 79; Κ. Moser von Filseck, Der Apoxyomenos des Lysipp, Bonn 1988. Lucus Feroniae, Museo, erma di atleta: T. Dohm, Athleten-Kopf aus Lucus Feroniae, in AntPl, VI, 1967, pp. 71-74, taw. xlii-xlvii. Roma, Museo Nazionale Romano, torso di Α.: Η. Lauter, Eine seitenverkerhrte Kopie des Apoxyomenos, in BJb, CLXVII, 1967, pp. 119-128, figg· 1, 4; J. Papadopoulos, in A. Giuliano (ed.), Museo Nazionale Romano. Le sculture, I, 1, Roma 1979, pp. 335-337, η. 199. Side, Museo, torso di Α.: J. Inan, Roman Copies of Some Famous Greek Statues from Side, in AntPl, XII, 1973, pp. 69-80, in part. pp. 77-79, tavv. 19-20. -Fiesole, Museo Archeologico, torso di Α.: Κ. Schauenburg, Athletenbilder des vierten Jahrhunderts v. Chr., in AntPl, II, 1963, pp. 75-81, in part. pp. 78-79, tavv. XL-LXII; G. Hafner, in DLZ, LXXXVII, 1966, p. 625. Villa Medici di Castello, Firenze, torso di A. restaurato come gladiatore: H. Diitschke, Antike Bildwerke in Oberitalien, II, Lipsia 1875, pp. 51-52, n. Ι02; C. Pizzorusso, Domenico Pieratti «Primo suggello nel mestiere in questa città", in Paragone, 428, 1985, pp. 21-42, fig. 33; l'identificazione è di V. Saladino (comunicazione verbale). Vienna, Kunsthistorisches Museum, statua di Α., da Efeso: K. Gschwantler, in Funde aus Ephesos und Samothrake, Vienna 1978, p. 104, n. 129, fig. 81; E. Pochmarski, Zur Kunstgeschichtlichen Stellung des Schabers von Ephesos, in 9. Internationale Tagung über antiken Bronzen, Wien 1986, Vienna 1989, pp. 74-81, figg. 1-5. Firenze, Uffizi, statua di A. tipo Efeso: G. A. Mansuelli, Galleria degli Uffizi, Le sculture, I, Roma 1961, pp. 59-60, n. 36. Atene, Museo Nazionale, torso di Α.: J. Dörig, Ein Jugendwerk Lysipps, in AntPl, IV, 1965, pp. 37-42, tavv. XV- XIX. Los Angeles County Museum, statua di A. già Lansdowne: J. Frei, The Getty Bronze, Malibu 1982, p. 50, fig. 70. Ruvo, Museo Jatta, cratere apulo, Α.: A.D. Trendall, A. Cambitoglou, The Red-Figured Vases of Apulia, I, Oxford 1978, p. 252, n. 217; P. Moreno, Modelli lisippei nell'arte decorativa, in L'art décoratif à Rome à la fin de la république et au début du principat Table ronde, Rome 1979, Roma 1981, pp. 173-227, in part. p. 176, flg. 11. Firenze, Museo Nazionale Archeologico, cratere degli Argonauti: P. Bocci Pacini, in Prima Italia (cat.), Roma 1981, p. 169, n. 160. Roma, Museo Nuovo dei Conservatori, torso di Α.: D. Mustilli, Il Museo Mussolini, Roma 1939, pp. 85-86, n. 5, tav. L, fig. 203. Fondi, Museo Civico, torso di Α.: C. Strano, Stato del patrimonio. Le cinque province, in I Musei Locali del Lazio (BdA, suppl. al n. XXX), Roma 1985, p. 30, fig. 7; M. Coccia, ibid., p. 155-156; J. Frei, A Variant of the Apoxyomenos, in AA.VV., Lysippe et son influence, Ginevra 1987, p. 92, tav. xix, figg. 55-58. Atene, Museo dell'Acropoli, base con figure di Α.: M. Robertson, A History of Greek Art, Cambridge 1975, p. 468, fig. 148 c.