STACCHINI, Antonio
– Nacque a Livorno nel 1824 (o 1822), figlio di Giuseppe, avvocato, e di Maria Costanza De-Ricci.
Durante gli studi entrò a far parte di «diverse piccole società di dilettanti» di teatro (Calvi, 1872, p. 5). A quindici anni «fu ammesso per eccezione all’Università di Pisa» (Rasi, 1897, p. 546), dove studiò chimica e farmacologia. Laureatosi, proseguì la formazione come medico (Calvi, 1872, p. 6) e continuò a recitare da filodrammatico. Nel 1842 a Livorno un certo Pietrucci, attore della compagnia Della Seta, gli propose di interpretare il protagonista dei Due sergenti di Carlo Roti: la buona riuscita della serata e di altre che recitò con la stessa formazione lo convinse a passare al professionismo. Dissuaso dalla famiglia, accettò in seguito un impiego di farmacista all’ospedale militare di Alessandria d’Egitto, ma dopo solo sei mesi, morto il padre, tornò in Italia per intraprendere la carriera drammatica. Durante il Carnevale del 1843 fu «con una miserrima compagnia» a Carrara e l’anno dopo a Firenze con Belisario Viti e Ferdinando Baroncini (Rasi, 1897, p. 546). Nel 1846 recitò a Roma con l’impresa Jacovacci, poi fu primo attore giovane nella compagnia veneta Gandolfi e Landozzi. Dal 1848 al 1854 recitò come «generico per parti di prima importanza» (Rasi, 1897, p. 547) nella compagnia romana di Luigi Domeniconi (insieme, tra gli altri, ad attori del calibro di Adelaide Ristori e Tommaso Salvini). Come numerosi interpreti dell’epoca prese parte alle lotte risorgimentali, combattendo nella campagna di Lombardia e per la difesa di Roma dai francesi (Calvi, 1872, p. 8) e di Venezia dagli austriaci (La morte di un vecchio attore e patriota, in Gazzetta Piemontese, Firenze, 21 marzo 1893). Nel 1855 fu direttore di una delle compagnie di Domeniconi, con Laura Bon prima attrice, e dall’anno seguente assunse in proprio la funzione di capocomico.
Diresse numerose formazioni, a cominciare dalla Drammatica compagnia ligure. Nel 1863, richiamandosi a un progetto – poi non realizzato – della Commissione governativa riunita dal barone Bettino Ricasoli, che intendeva stabilire «mezzi di miglioramento del Teatro drammatico italiano, formando delle Compagnie Ufficiali Modello [...] sussidiate dai Municipi e dal Governo» (Calvi, 1872, p. 10), creò di sua iniziativa una formazione denominata Compagnia italiana modello, con primi attori Clementina Cazzola e Salvini. Dette con loro qualche corso di recite nel Nord Italia, ma nell’estate i due furono scritturati da Adamo Alberti (Calvi, 1872, pp. 9-11; Salvini, 1895, p. 216). Nel 1864 diresse la compagnia di Elena Pieri-Tiozzo, con cui fu in tournée nella penisola balcanica. Alla fine dell’anno comico si ritirò a Firenze per dedicarsi a lavori letterari (Calvi, 1872, p. 11), ma sollecitato da Riccardo Castelvecchio accettò la direzione della compagnia Dante Alighieri. Terminato il triennio di contratto formò a Cesena una compagnia drammatica delle Romagne, che però, non ottenendo gli sperati appoggi da municipi e direzioni teatrali, si sciolse dopo un anno (p. 14).
Stacchini «non ebbe, in arte, fama di buon direttore; piuttosto di buon artista per le grandi parti di primo attore padre, e tiranno» (Rasi, 1897, p. 547). Salvini lo definì un eccellente generico (1895, p. 79). Adatto per potenza della voce e maestosità fisica ai ruoli di tiranno del vecchio repertorio, con il diffondersi della nuova commedia borghese passò a interpretare soprattutto banchieri, ministri e commercianti (Costetti, 1901, p. 304; Brunelli, 1975).
Le notizie su di lui sono frammentarie e a volte discordanti. Jarro lo descrisse come un «bizzarro originalissimo uomo, intelligente, ostentatore, raccontatore di millanterie, portato ad esagerar tutto» (Jarro (G. Piccini), 1908, p. 226). Luigi Rasi (1897, p. 547), nonostante «un insieme ampolloso di esposizione», lo ricorda eccellente nell’Aristodemo di Vincenzo Monti, che continuò a interpretare come filodrammatico. I giudizi dei contemporanei oscillano tra un certo scetticismo e il parere spesso entusiasta di pubblico e cronisti (Notizie drammatiche, Genova, 1857). Lo stesso Rasi ne parlò anche come di un «artista di pregio [...], intelligente, arguto», molto amato dagli spettatori (1898, p. 7).
Nel 1869 lasciò il capocomicato e tornò a Firenze, secondo Cesare Calvi per dedicarsi ad «alcuni studi sull’arte e sul teatro» (1872, p. 14). Un’annotazione di tal Brunetto Lanata sul volume di Calvi di proprietà di Rasi (Roma, Biblioteca teatrale Burcardo) accusa invece Stacchini di aver concluso la sua carriera come usuraio. Certamente, lasciata l’arte comica, condusse vita agiata tra Parigi e Firenze, occupandosi di affari (Jarro (G. Piccini), 1908, p. 227).
Scrisse due commedie di argomento contemporaneo: Antonietta Camicia (Milano 1852), dramma su un omicidio passionale avvenuto a San Pietro Vara, basato sulle carte del processo stampate a Genova nel 1849; e Monte Carlo. Scene dal vero (Siena 1885), ricostruzione «in forma di azione teatrale» della quotidiana vita del casinò e delle «più spiccanti individualità [...] che lo frequentavano» (A. Stacchini, Prefazione, in Monte Carlo. Scene dal vero, cit., pp. 3-6), dove, nel personaggio di Aldo, amante del gioco e della bella vita, conteso tra due donne, è chiaramente adombrato l’autore stesso (A. Stacchini, Monte Carlo. Scene dal vero, cit., p. 94).
Le fonti non riportano informazioni riguardo a un suo matrimonio: Rasi scrisse che ebbe «fra altri, un figlio, Paolo, [che era] stato artista alcun tempo» (1897, p. 547); si ha notizia anche di una Adalgisa Stacchini, scritturata nel 1858 nella sua compagnia ligure per le parti di «giovinetta» (Tito, 1858).
Morì a Firenze il 19 marzo 1893.
Fonti e Bibl.: S.f., Notizie drammatiche, Genova, in Lo scaramuccia, IV, 9 maggio 1857, 28, p. 4; Tito, Pisa e Pescia, in Notizie. Il Buon gusto, VII, 13 giugno 1858, 42, p. 168; C. Calvi, A. S. Cenni biografici, Firenze 1872 (riprende e integra V. Cavalieri, A. S. Cenni biografici, Trieste 1864); S.f., La morte di un vecchio attore e patriota, in Gazzetta Piemontese, Firenze, 21 marzo 1893; T. Salvini, Ricordi, aneddoti ed impressioni, Milano 1895; L. Rasi, S. A., in Id., I comici italiani. Biografia, bibliografia, iconografia, Firenze 1897, pp. 546 s.; Id., Il libro degli aneddoti (curiosità del teatro di prosa), Firenze 1898, pp. 7-9; G. Costetti, Il Teatro italiano nel 1800 (indagini e ricordi), Rocca S. Casciano 1901, p. 304; Jarro (G. Piccini), Vita aneddotica di Tommaso Salvini e ricordi degli attori del suo tempo, Firenze 1908, pp. 226-228; N. Leonelli, S. A., in Id., Attori tragici e attori comici, II, Roma 1944, pp. 367 s.; B. Brunelli, S., A., in Enciclopedia dello spettacolo, IX, Roma 1975, p. 233.