SILVANI, Antonio
– Nacque a Bologna il 16 marzo 1783, ultimo, nonché unico maschio, dei sei figli di Paolo Luigi e di Gertrude Cavara.
Il padre, proveniente da una famiglia borghese sufficientemente agiata, si era laureato in filosofia e medicina, ma scomparve due anni dopo la nascita di Antonio, lasciando la madre in una difficile situazione economica.
Antonio poté così compiere i suoi primi studi solo entrando nel seminario cittadino grazie all’ammissione al Collegio Poeti, destinato a un limitato numero di giovani di cittadinanza bolognese da avviare agli studi universitari. In quei primi anni coltivò intensi e appassionati studi classici nel contesto tardoarcadico alimentato da docenti dell’ateneo felsineo, come l’erudito Luigi Caccianemici Palcani e la grecista Clotilde Tambroni, di cui dal 1804 egli fu aiutante e ripetitore. Parallelamente frequentò i corsi della facoltà giuridica, conclusi con la laurea conseguita nel 1802, e maturò una crescente simpatia per le idee costituzionali e le aspirazioni di indipendenza nazionale che si diffondevano in Europa nell’età delle rivoluzioni.
Terminati gli studi, decisiva fu per le sue future fortune la pratica legale presso il noto studio di Carlo Zanolini, del quale nel 1809 sposò la figlia Aurelia, rimasta vedova del ricco possidente Francesco Manfredini. Ebbe con lei cinque figli, morti tutti in tenera età con la sola eccezione del primogenito Paolo. Ereditati molti dei contatti del suocero, e acquisiti ulteriori clienti fra privati cittadini e pubbliche amministrazioni, Silvani intraprese dal 1812 una brillante carriera professionale che ne fece uno dei più importanti e dotti avvocati cittadini. Unendo ai successi della professione diversi investimenti di carattere immobiliare e fondiario, accumulò rapidamente un cospicuo patrimonio. Nel 1824 fu nominato inoltre professore di diritto civile, e il fatto che nel novembre del 1829 fosse lui a tenere la consueta orazione inaugurale dell’anno accademico fornisce la misura del riconoscimento e del ruolo acquisiti.
L’attività professionale e quella accademica si rispecchiarono pertanto in una crescente visibilità pubblica, come testimoniato dalla funzione di consulente legale della direzione del Demanio e poi della prefettura dipartimentale, oltre che dalle cariche di assessore camerale e di giudice del tribunale criminale. Tra l’altro, fu socio ordinario della Società agraria di matrice napoleonica, che in quegli anni divenne uno dei principali centri di raccolta del moderatismo liberale per il ruolo svoltovi da personaggi come Marco Minghetti nel promuovere nella realtà bolognese i principi allora dominanti dell’‘incivilimento’, delle cognizioni utili e della libera concorrenza. Presso questo consesso presentò, a dimostrazione di una cultura enciclopedica di matrice settecentesca, diverse e variegate memorie, fra cui si segnalarono per rilevanza quelle relative alle innovazioni agrarie e soprattutto quelle sulle questioni idrauliche, un tema su cui raccolse numerosi materiali di studio e una gran quantità di riflessioni e appunti.
In relazione all’esperienza maturata in tale ambito fu nominato consulente della Commissione del Reno e membro della Congregazione consorziale del circondario di Scolo Canale della Botte, che curava la manutenzione dei fiumi della pianura bolognese. In tale veste fu scelto nel 1829 dal Consiglio comunale, di cui dal 1830 divenne membro, a fare parte di una deputazione inviata direttamente da Pio VIII per perorare misure volte alla sistemazione idraulica della pianura, colpita da continui allagamenti.
Tale protagonismo pubblico Silvani conservò anche negli avvenimenti che scossero di lì a poco le Legazioni. Il 5 febbraio 1831 fu infatti nominato nella commissione provvisoria cittadina istituita per mantenere l’ordine, la quale, una volta fuggito il pro legato monsignor Nicola Paracciani Clarelli, si costituì in governo provvisorio della città e provincia di Bologna, con presidente Giovanni Vicini. Silvani, affiliato in quegli anni sia alla carboneria sia al mondo massonico protagonisti della cospirazione in atto, fu delegato agli affari giudiziari, che continuò a curare anche nel governo delle Province Unite proclamato in marzo.
Dopo il pronto intervento austriaco, mentre con altri esponenti dell’esperienza bolognese tentava di fuggire verso la Francia, fu fatto prigioniero e condotto a Venezia. Chiuso nel forte di Sant’Andrea per cinque mesi, fu liberato, al pari di altri detenuti, su pressione dei governi liberali europei. Costretto anch’egli all’esilio, trascorse un breve periodo a Parigi, per trasferirsi poi in Svizzera, Inghilterra e Paesi Bassi.
Questi soggiorni gli consentirono di ampliare ulteriormente i suoi orizzonti culturali, con particolare interesse verso gli ordinamenti istituzionali d’Oltremanica e gli sviluppi dell’economia politica britannica. Furono però soprattutto gli esiti della scuola giuridica storicista tedesca a esercitare su di lui grande fascinazione e influenza.
Dopo questo girovagare per gli avamposti liberali del continente, riuscì a stabilirsi a Lucca da cui, appoggiandosi sul figlio Paolo divenuto nel frattempo avvocato, gli fu possibile tornare a dirigere i suoi affari a Bologna. Ottenuto poi il permesso di risiedere a Firenze, collaborò con il giurista pisano Giovanni Carmignani all’elaborazione di un codice penale e di procedura penale su richiesta del governo del Portogallo.
Nel 1844 ottenne l’autorizzazione per tornare nella città natale con un salvacondotto definitivamente commutato dai benefici dell’editto di perdono di Pio IX. Affiliato alle rinate società massoniche, e in particolare alla loggia Concordia, cui aderivano personaggi come Minghetti, Livio Zambeccari, Quirico Filopanti e il cognato Antonio Zanolini, tornò attivo anche nella ricostituita Società agraria. Rilanciata nei primi anni Quaranta dopo la soppressione seguita alla rivoluzione del 1831, dall’interno di questo sodalizio Silvani prese parte al dibattito sulle riforme allora in corso e incoraggiato fortemente dalla svolta dell’estate del 1846. Proprio l’avvento dell’atteso papa ‘neoguelfo’ riportò rapidamente in auge Silvani, divenuto nel frattempo un convinto giobertiano. Per la sua esperienza di riformatore, già dimostrata nei governi del 1831, Silvani fu inizialmente nominato membro della commissione legislativa romana per il riordinamento della legislazione civile e penale dello Stato. Poi fu chiamato con Minghetti a rappresentare Bologna nella neoistituita Consulta di Stato, della cui sezione legislativa divenne presidente, mentre dal luglio del 1847 ottenne di essere reintegrato fra i ruoli universitari, pur non ricoprendo l’insegnamento per i suoi frequenti impegni romani.
La rapida e vertiginosa riabilitazione fu improvvisamente interrotta dal suo decesso, avvenuto nella capitale pontificia il 4 dicembre 1847, alla presenza dell’amico Minghetti. I sintomi che precedettero la morte alimentarono sospetti di un avvelenamento, smentito però dall’autopsia.
Fonti e Bibl.: Un fondo Silvani contenente suoi carteggi e documenti è conservato presso la Biblioteca comunale dell’Archiginnasio di Bologna. Inoltre: M. Minghetti, Elogio di A. S., in Id., Opuscoli letterari ed economici, Firenze 1872, pp. 101-118; I. Lipparini, Degli uomini illustri cui sono intitolate le piazze e le vie della città di Bologna. Notizie storiche e cenni biografici, Bologna 1875, pp. 60-62; G. Vicini, La rivoluzione dell’anno 1831 nello Stato romano. Memorie storiche e documenti editi ed inediti, Imola 1889, passim; A. Sorbelli, L’epilogo della rivoluzione del 1831. Da Rimini a Venezia, Modena 1931, ad ind.; E. Bottrigari, Cronaca di Bologna, a cura di A. Berselli, I, Bologna 1960, pp. 250-253; C. Manelli, La massoneria a Bologna dal XII al XX secolo, Bologna 1986, p. 74; F. Manaresi, I Silvani: una famiglia risorgimentale, in Strenna storica bolognese, XXXIX (1989), pp. 213-252; Id., Francesco Orioli e la rivoluzione del 1831, Bologna 1990, pp. 12 s.; F. Gasnault, La cattedra, l’altare, la nazione. Carriere universitarie nell’Ateneo di Bologna, 1803-1859, Bologna 2001, ad ind.; F. Tarozzi, Uno sguardo sulla massoneria bolognese nell’Ottocento, in Bologna massonica. Le radici, il consolidamento, la trasformazione, a cura di G. Greco, Bologna 2007, pp. 143-155.