SILLA, Antonio
– Nacque a Scanno il 15 marzo 1737, da Giovanni, un ricco armentario.
Iniziò i suoi studi a Chieti per poi trasferirsi a Napoli nel 1757, dove studiò diritto e lingue orientali. Napoli era, all’epoca, attraversata da un grande fermento culturale, e ospitava personalità di spicco come Antonio Genovesi, Ferdinando Galiani, Giuseppe Maria Galanti. Silla partecipò attivamente a questo mondo, si fece notare per la sua erudizione e per alcune precise prese di posizione, segnate da una robusta vis polemica.
Nel 1761 rientrò a Scanno dove prese moglie e cominciò a esercitare la professione di avvocato. Tre anni dopo, fece ritorno a Napoli ed entrò nella Real Accademia delle scienze e belle arti.
Nella capitale, nel 1769, pubblicò La fondazione di Partenope, in cui confutava la tesi, espressa da Michele Vargas Maciucca (che la attribuiva a sua volta a Giacomo Martorelli), che individuava nei fenici i fondatori della città, attribuendola invece ai greci abitanti di Cuma, «già compagni della sirena Partenope» (Soria, 1781, pp. 558-560). Silla offrì una copia dell’opera al suo illustre conterraneo Anton Ludovico Antinori, accompagnandola da una prima lettera (24 febbraio 1770) in cui ne sollecitava un parere, seguita da una seconda (24 marzo 1770) in cui motivava la sua presa di posizione contro Martorelli (pp. 137-141), e rispondeva ad alcuni rilievi dello stesso Antinori.
Nel 1770, sempre a Napoli, pubblicò una seconda opera, firmandola con le sole iniziali, La Teogonia commentata, sorta di prodromo, secondo Soria (1781), alla Storia sacra de’ Gentili, pubblicata in quattro tomi a Napoli fra il 1771 e il 1774.
Intanto, aveva preso posizione in un dibattito che andava segnando l’Italia e l’Europa dei lumi, sull’abolizione della tortura e della pena di morte, coagulatosi attorno alla pubblicazione di Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria (apparso in forma anonima a Livorno nel 1764). Fermamente contrario alla posizione espressa da Beccaria, e in sintonia invece con Federico Facchinei che nel 1765 pubblicò le Note ed osservazioni sul libro intitolato Dei delitti e delle pene, tacciando il suo autore di impostura, sfacciataggine e indegnità, Silla scrisse e pubblicò nel 1772, senza firmarlo, presso lo stampatore napoletano Raimondi, Il dritto di punire, in tre libri.
Silla, dunque, da un lato riprendeva la linea polemica di Facchinei – tanto da sentire il bisogno di precisare di non essere lo stesso autore di quelle Note «con invettive velenose» (p. 12) – sostenendo a sua volta l’origine divina della giustizia e del conseguente diritto di punire, l’identificazione del delitto con il peccato, la necessità della pena di morte. Si opponeva altresì a ogni ipotesi contrattualistica come fondamento della società e del diritto di punire, centrando la sua visione arcaica della società e dello Stato sulla monarchia assoluta di diritto divino e sulla religione come fondamento del vivere associato e delle forme della politica. D’altro canto, contro la visione di Montesquieu, contestava con forza la graduazione delle pene a seconda del ceto («Le persone nobili devono contraddistinguersi nelle azioni buone, e non già ne’ delitti», pp. 135 s.) e esortava alla chiarezza e pubblicità delle leggi, pur sapendo di andare contro gli interessi del ceto togato e delle magistrature napoletane.
Nel 1774, morto il padre, ne ereditò l’industria armentaria e, per questo, dovette trasferirsi a Foggia, dove assunse il ruolo di rappresentante degli armentari abruzzesi, diventando uno dei deputati generali della dogana della mena delle pecore.
Gli interessi armentari si riflettono anche nella sua riflessione dotta e nella sua produzione libraria. Nel 1783 pubblicò infatti La pastorizia difesa.
Con quest’opera, Silla entrava nel cuore del dibattito sulla censuazione del Tavoliere delle Puglie, che coinvolgeva proprio in quegli anni alcune delle personalità eminenti dell’Illuminismo meridionale. La sua posizione, ancora una volta, era improntata a un netto conservatorismo e venata di toni polemici. Fermamente contrario al progetto di censuazione (cap. VI, Si dimostra, che più tosto danno, che vantaggio riporterebbe il fisco dalla proposta censuazione; cap. VII, La censuazione è ineseguibile e dannosa anche per i locati), difendeva con forza le ragioni della pastorizia. Pur riconoscendo che il sistema doganale aveva subito un progressivo declino (cap. II, Varie vicende, e decadenza della dogana per l’introduzione degli abusi; cap. XII, Abusi introdotti in dogana circa la vendita degli erbaggi baronali) e andasse perciò risanato («Che la Dogana abbia bisogno di riforma nello stato, in cui oggi si ritrova, è questo un punto, che non entra in controversia», p. 51), ribadiva la necessità di mantenerlo in vita (cap. XI, Si dimostra, che il discioglimento della dogana porterebbe la totale di lei ruina), conciliando le ragioni della pastorizia con quelle della cerealicoltura (cap. XIX, Come nel Tavoliere possa promuoversi l’agricoltura senza danno della pastorizia).
Morì a Foggia il 19 febbraio 1790.
Opere. La fondazione di Partenope, dove si ricerca la vera origine, la religione e la polizia dell’antica città di Napoli, Napoli 1769; La Teogonia commentata, con cui si propone a’ Sigg. Letterati un nuovo sistema circa il modo di poter interpretare l’istoria antica secondo l’idea di Thaut, Napoli 1770; Storia sacra de’ Gentili, che comincia dalla creazione del mondo fino al regno di Numa Pompilio, I-IV, Napoli 1771-1774; Il dritto di punire o sia risposta al trattato de’ delitti e delle pene del signor marchese di Beccaria, Napoli 1772; La pastorizia difesa. Ove si fa una breve analisi sopra alcuni progetti intorno alla riforma della Regia Dogana di Foggia, Napoli 1783 (ed. anast. con note introduttive di A. Clementi, L’Aquila 2008).
Fonti e Bibl.: F. Soria, Memorie storico-critiche degli storici napolitani, I, Napoli 1781 (ed. anast. Bologna 1967), pp. 558-560; C. Minieri Riccio, Memorie storiche degli scrittori nati nel regno di Napoli, L’Aquila 1844, p. 331; A. De Nino, A. S. seguace del Vico, in Rivista abruzzese, II (1887), pp. 235-243; A. Colarossi Mancini, Storia di Scanno e della Valle del Sagittario, L’Aquila 1921 (ed. anast. Scanno 1983), p. 216; L.A. Antinori junior, Notizie istoriche sulla vita e su gli scritti dell’arcivescovo Antonio Ludovico Antinori, a cura di L. Biondi, L’Aquila 1980, pp. 137-141; R. Colapietra, Il Tavoliere di Puglia banco di prova dei riformatori e degli scrittori economici nel secondo Settecento, in Illuminismo meridionale e comunità locali, a cura di E. Narciso, Napoli 1988, pp. 149-186; A.M. Rao, «Delle virtù e de’ premi»: la fortuna di Beccaria nel Regno di Napoli, in Cesare Beccaria tra Milano e l’Europa, Milano 1990, pp. 534-586; R. Pasta, Dei delitti e delle pene et sa fortune italienne: milieux juridiques et lectures «philosophiques», in Beccaria et la culture juridique des Lumières, a cura di M. Porret, Genève 1997, pp. 119-148; P. Matarazzo, Dei delitti e delle pene. Letture napoletane, in I diritti dell’uomo. Dei delitti e delle pene a 250 anni dalla pubblicazione, a cura di E. Palombi, Torino 2016, pp. 16-37.