GALLUZZI, Antonio (Antoniolo)
Nacque a Bologna poco dopo il 1230 da Gerardo di Alberto Gallo. Ignoti sono il nome e il casato della madre.
La famiglia, che aveva tratto origine e denominazione dal nonno, era già, agli inizi del secolo XIII, una delle più importanti in Bologna. I suoi numerosi componenti occupavano un gruppo di case, poste nel centro della città, nella "cappella" di S. Ambrogio e nella contigua di S. Maria dei Galluzzi, detta Rotonda. Nobiltà cittadina, i Galluzzi costituivano un gruppo particolarmente compatto e agguerrito, schierato sulle posizioni del guelfismo più intransigente.
Anche il G. aderì pienamente a questa scelta di campo, come testimonia l'assunzione solidale di un mutuo di 1000 lire di bolognini, acceso il 17 genn. 1266 da una decina di esponenti delle principali famiglie guelfe - Prendiparte, Asinelli, Tebaldi - e appunto il G., per finanziare la spedizione di alcuni capi fazione mandati in soccorso di Carlo d'Angiò disceso in Italia per combattere Manfredi di Svevia.
Il rinsaldarsi del predominio guelfo in Bologna, con la vittoria degli Angioini a Benevento, non indusse il G. ad assumere una posizione di spicco nella politica cittadina. La sua presenza in città e il contenuto di alcuni contratti stipulati da lui congiuntamente ad altri Galluzzi - in particolare l'acquisto nel gennaio del 1267 di due case nella cappella di S. Giovanni in Monte - indicano comunque che la sua posizione all'interno della famiglia e della fazione vincitrice era del tutto sicura.
Poco noto è anche il complesso delle sue attività in campo economico, che dovettero peraltro essere numerose e gli permisero di accumulare un forte patrimonio. Giunse infatti a possedere diverse case in città, tra le quali quelle nelle zone più centrali destinate a sedi di scuole, e numerosissimi fondi rustici, concentrati in alcune località della vicina collina e ad Anzola, in pianura. Non disdegnò l'attività feneratizia, mascherandone tuttavia alcune operazioni con l'ausilio di un prestanome.
Dei suoi figli sono noti il nome e le vicende di quattro maschi (Albizo, che fu arciprete; Comazo; Ugolino, dottore di leggi; e Pietro, detto Petruccio) e di tre femmine (Ghisella, che andò sposa a Nicolò Tebaldi; Chiara, sposa di Leonino Delfini; e Richeldina, detta Chidina, sposa di Giacomo Cattani). Resta anche testimonianza di un altro figlio di nome Alberto che, ancora impubere, nel 1274 venne promesso sposo a Ghisella Gustavillani. Fu un fidanzamento nel quale giocarono un ruolo decisivo gli interessi economici delle due famiglie e che non giunse a conclusione per la morte del giovane. Probabilmente Alberto, Albizo, Comazo, Ugolino e anche Ghisella erano figli di una prima moglie, da identificarsi - ma la cosa non è del tutto sicura - con Bartolomea, figlia di Munzarello Carbonesi, la quale dettò il proprio testamento l'8 genn. 1276. Certa è invece l'identificazione della madre di Pietro, Chiara e Richeldina in Adele, figlia di Grimaldino da Castello, la quale sopravvisse a lungo al Galluzzi.
Nel 1282 il nome del G. fa la sua comparsa in un documento di rilevanza politica: è compreso infatti nell'elenco di quasi un centinaio di persone definite "magnati" e tenute a prestare una forte cauzione onde assicurare la loro lealtà alle autorità cittadine. Era il primo "ordinamento sacrato", tendente a sancire la supremazia sulle organizzazioni popolari. Queste, dopo essere intervenute a fianco dei guelfi Geremei negli scontri che nel 1274 avevano portato alla sconfitta e all'esilio dei ghibellini Lambertazzi, intendevano ora gestire direttamente e senza spartizioni il potere cittadino. L'inclusione del G. in questo elenco derivava quindi non da un suo cambiamento di parte, ma dalla sua posizione sociale di cavaliere, ricco di mezzi e con forti aderenze familiari.
Ciò non compromise la sua adesione alla parte guelfa e quando, pochi anni dopo, si smorzarono i toni della politica antimagnatizia il G. assunse progressivamente, in prima persona, incarichi e responsabilità che ne fecero uno dei personaggi di spicco nella Bologna di fine secolo XIII. Nel maggio del 1288 insieme con Venedico Caccianemici intervenne garantendo sicurezza e compenso al noto professore di medicina Taddeo Alderotti, chiamato a prestare la sua opera in Modena a favore di Guido dei conti Guidi. Già a partire dal 1289 gli incarichi assunti dal G. ebbero un deciso risvolto politico nel contesto dell'azione bolognese volta a contrastare le mire degli Estensi, intenzionati ad ampliare il proprio dominio dalle vicine Ferrara e Modena alla Romagna e alla stessa Bologna. Nel corso di tale anno venne infatti chiamato a più riprese a far parte di consigli ristretti, incaricati di esaminare prima le richieste di aiuto avanzate dai guelfi di Romagna, poi i termini delle trattative di pace da intavolare con Obizzo d'Este.
Nel 1295 prese parte, quale ambasciatore di Bologna, a un incontro promosso in Imola dal rappresentante del papa, per promuovere un accordo di pace nella regione; ma l'incontro non ebbe esito positivo per l'insanabile contrasto tra i Bolognesi e gli Estensi: contrasto che in ogni occasione trovava pretesti per rinfocolare le lotte di fazione nelle città romagnole. L'anno successivo, allorché gli scontri si riaccesero con particolare violenza, anche per l'intervento a favore dei ghibellini di Uguccione Della Faggiuola, il G. fu nominato sovrintendente alle milizie cittadine.
Nello stesso anno fu podestà in Firenze, dove il contrasto tra Corso Donati e i Cerchi stava raggiungendo la massima tensione, e proprio il G. fu accusato di non aver saputo prevenire, o almeno reprimere con prontezza, i gravissimi disordini che fecero seguito alla zuffa accesasi tra le fazioni il 16 dicembre, nel corso di una veglia funebre. La fortissima ammenda - ben 8000 lire - inflittagli dai Fiorentini a tale motivo nel successivo giudizio di sindacato era non solo spropositata rispetto alle sue pur notevoli disponibilità, ma probabilmente anche immotivata, sul piano giuridico e politico. Gli ambasciatori inviati a tal fine da Bologna riuscirono pertanto a ottenerne la cancellazione. A questo risultato giovò certamente la supremazia acquisita nelle due città dai guelfi più intransigenti e la comune lotta ingaggiata da Bologna e da Firenze contro gli Estensi, sostenuti da Uguccione Della Faggiuola e dai fuorusciti ghibellini delle città guelfe della Toscana e dell'Emilia. La lotta si protrasse per tre anni e si concentrò in particolare sui tentativi di Bologna di impadronirsi di centri fortificati in Romagna e lungo il confine modenese. A guidare da parte bolognese le operazioni di questa guerra venne chiamato anche il Galluzzi. Nel 1298 fu prima incaricato quale esperto nella vigilanza e nella difesa, quindi deputato sopra la guerra e infine, nel 1299, intervenne nel formulare proposte circa le trattative di pace. Non è possibile determinare quale sia stato il contributo personale del G. nello svolgimento di questi incarichi - nei quali egli agiva come membro di commissioni - dal momento che i resoconti di tali commissioni non recano mai traccia delle opinioni e dei voti espressi dai singoli componenti.
Resta peraltro testimonianza che egli godeva di una forte stima da parte del ceto dirigente cittadino. Tale stima trovò un'espressione particolarmente significativa in occasione della cerimonia funebre con cui l'8 luglio 1303 venne manifestato il cordoglio della città per la sua morte. Sul feretro, esposto nella chiesa di S. Domenico, vennero posti, per la prima volta in Bologna, gli stendardi di seta nera e gialla e in suo onore pochi giorni dopo i due figli Comazo e Ugolino vennero armati cavalieri.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Bologna, Comune, Governo, Riformagioni del Consiglio del Popolo, vol. 5, c. 294; Registro nuovo, c. 286; Riformatori degli estimi, s. I, vol. 6/2, c. 24; s. II, bb. 21, 70, 171, 220, S. Maria Rotonda dei Galluzzi; Venticinquine, b. 7, a. 1273, S. Maria Rotonda dei Galluzzi; b. 16, reg. 1, c. 8 v; Ufficio dei memoriali, voll. 2, c. 105; 3, c. 10; 11, c. 193; 25, c. 204; 28, c. 5v; 136, c. 1; 145, c. 321; S. Domenico, b. 21/7355; Archivio Pepoli, Sommariosec. XIV, c. 166; M. de Griffonibus, Memoriale historicum de rebus Bononiensibus, a cura di L. Frati - A. Sorbelli, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., XVIII, 2, ad ind.; Statuti di Bologna dell'anno 1288, a cura di G. Fasoli - P. Sella, I, Città del Vaticano 1937, p. 310; C. Ghirardacci, Historia di Bologna, I, Bologna 1605, ad ind.; L. Savioli, Annali bolognesi, III, 1, Bassano 1794, p. 391; M. Sarti - M. Fattorini, De claris Archigymnasii Bononiensis professoribus, a cura di C. Albicini - C. Malagola, II, Bologna 1896, p. 222; R. Davidsohn, Storia di Firenze, IV, Firenze 1960, p. 37; A. Hessel, Storia della città di Bologna dal 1116 al 1280, a cura di G. Fasoli, Bologna 1975, p. 252; A. D'Amato, I domenicani a Bologna, I, Bologna 1988, p. 237.