FERUGLIO, Antonio
Nacque a Feletto Umberto (ora Tavagnacco in provincia di Udine) il 10 marzo 1841, primogenito di Giovanni Domenico e di Teresa Tonero. Lo seguirono altri dieci fratelli, due dei quali, Stefano e Domenico, avrebbero abbracciato, come lui, lo stato sacerdotale.
Compì gli studi nel seminario arcivescovile di Udine; ricevette la sacra ordinazione il 28 sett. 1862. Nel quadriennio successivo perfezionò, a Roma, la propria preparazione culturale e teologica, conseguendo le lauree in diritto canonico e in teologia, il diploma di lingue orientali e il dottorato in filosofia scolastica. Rientrato nella diocesi di Udine, insegnò nel seminario (prima grammatica, poi, dal 1874 al 1881, teologia morale e pastorale); ricoprì gli uffici di promotore fiscale della curia vescovile, di canonico penitenziere e di canonico teologo; dal 1885 al 1887 fu vicario generale dell'arcivescovo G. M. Berengo. Ma l'attività che lo coinvolse maggiormente fu la direzione, dal 1884, dell'istituto delle suore della provvidenza di s. Gaetano da Thiene. La Congregazione era stata fondata, nel 1845, dall'oratoriano L. Scrosoppi: il F. fu consigliere spirituale e coadiutore del fondatore, e, alla morte di questo, nel 1884, guidò il giovane istituto alla formulazione delle costituzioni definitive e alla loro approvazione (1891), continuando poi sempre a seguirlo.
Nominato vescovo di Vicenza nel concistoro segreto del 16 genn. 1893, fu consacrato a Roma il 22 dello stesso mese e, dopo il rapido ottenimento dell'exequatur, fece il suo ingresso in diocesi il successivo 27 maggio.
La situazione del mondo cattolico vicentino era ambivalente: da una parte esso si mostrava in grado di esprimere energie e iniziative che, soprattutto dopo la riflessione sulla Rerum novarum condotta, nel settembre del 1891, dal IX congresso cattolico italiano, celebratosi, appunto, in Vicenza, e dopo le aperture dell'episcopato di A. M. De Pol (1888-1892), facevano presagire un nuovo rapporto con il mondo civile e sociale; dall'altra, proprio in Vicenza si andavano consolidando posizioni di intransigenza rigorosissima, che escludevano ogni minimo accenno di atteggiamento dialogico con il mondo contemporaneo e coltivavano nostalgie e rivendicazioni di carattere temporalistico. I cattolici di questo secondo indirizzo, più numerosi, più compatti e più organizzati, trovarono espressione e risonanza negli organi di stampa, in particolare nel quotidiano IlBerico di A. Navarotto e don G. De Lucchi e nel settimanale La Riscossa dei fratelli Scotton.
Sul piano politico e amministrativo la provincia berica era caratterizzata da una netta prevalenza delle forze liberali moderate mentre la diffusione delle idee e l'organizzazione delle forze socialiste procedevano in modo lento; il radicalismo seguitava ad essere un movimento elitario e, nei fatti, velleitario: cosicché, almeno a livello amministrativo, lo scontro continuava ad essere fra i liberali e i cattolici, con frizioni e polemiche vivaci e con contrapposizione frontale.L'azione del F. quale vescovo si caratterizzò fin dagli inizi per la più netta ed esplicita intransigenza che, sul piano dei principi, non venne mai mitigata. Nemici della Chiesa cattolica e dei suoi fedeli, nonché dell'intera società civile, erano, secondo il F., la massoneria, il liberalismo e il socialismo (ricondotto, peraltro, a una conseguenza e a un esito del liberalismo stesso). Contro tali avversari la lotta non poteva avere tregua e, nel magistero e nell'opera vescovile, infatti, non l'ebbe mai. Ma il nemico più pericoloso, perché più subdolo, era, a parere del F., il cattolicesimo liberale: esso incrinava dall'interno la compattezza dei cattolici, poiché minava l'autorità stessa della Chiesa e del papa e accordava spazio e credito a un soggettivismo tanto più pernicioso quanto più ammantato da professioni di ossequio alla gerarchia ecclesiastica e da espressioni di pietà personale.
L'impegno del F. fu assorbito, in misura preminente, proprio dallo sforzo di disciplinare le due anime del mondo cattolico, senza nulla cedere nei principi, ma anche senza comprimere o espungere autentici aneliti di rinnovamento che faticavano a trovare una strada in cui si realizzasse il "sentire cum Ecclesia" cui il F. aspirava con ansia squisitamente pastorale. Sul piano operativo questo obiettivo venne perseguito in svariati modi, che si andarono, però, precisando e unificando, nel corso dell'episcopato, grazie alla vigile riflessione sulla evoluzione inarrestabile delle situazioni.
L'atteggiamento di fondo che informava di sé i singoli atti vescovili era la ricerca, estenuante, e spesso incompresa e misconosciuta dai contemporanei, della mediazione. Al di là delle dichiarazioni generali, forti ed energiche, si riscontrano nel F. una capacità di paziente attesa, uno sforzo di composizione dei contrasti, un incessante richiamo al dovere della carità fraterna, la quale veniva indicata come la prima forma della testimonianza cristiana.
Tra il 1895 e il 1909 il F. effettuò la visita pastorale alle 218 parrocchie della diocesi. Nel 1900 rinvigorì la devozione mariana promuovendo la solenne incoronazione della effigie della Madonna di Monte Berico (25 agosto), che fu proposta anche come espressione consona alle celebrazioni giubilari e di fine secolo indette da papa Leone XIII. Nel 1901 riordinò l'insegnamento della dottrina cristiana ai fanciulli, introducendo un nuovo libro di testo e stimolando fortemente la fondazione o la ricostituzione, in tutte le parrocchie, della Congregazione della dottrina cristiana. Seguì direttamente le vicende interne del seminario, rimodellandone l'organizzazione mediante l'aggiornamento del regolamento (1893) ai fini di una gestione economicamente più oculata sia mediante la soppressione del convitto annesso al seminario stesso (1898), sia, soprattutto, prendendo parte ai lavori periodici della commissione per la disciplina e gli studi del seminario. Istituì inoltre e guidò il Consorzio S. Gaetano per la tutela degli emigranti (1901).
La conflittualità della dinamica interna del movimento cattolico andava assumendo, al volgere del secolo, toni sempre più intensi; si trattava di passare da un'attività paternalistico-assistenziale e vetero-corporativista a una linea democratico-sociale e riformista. L'incompatibilità tra le due anime del movimento cattolico aveva già avuto una prima, seppure circoscritta, esplosione nella scissione in due tronconi dell'Unione cattolica operaia di Schio (1888): il vescovo F., all'indomani del suo ingresso nella diocesi, aveva avocato a sé il controllo e la guida di ogni organizzazione cattolica (agosto 1893).
Ora, negli anni 1902-1904, di fronte al sorgere di iniziative a largo raggio, come le Unioni professionali (con il loro organo di stampa, Il Vessillo bianco), e al maturare di una coscienza politica sempre più precisa, sancita dalla fondazione della Lega democratico-cristiana vicentina, il F. richiamava insistentemente al dovere della concordia, che, secondo i suoi intendimenti, sarebbe stata più facilmente componibile se al centro di ogni attività sociale fosse stato collocato e coltivato primariamente lo spirito religioso. Ma la foga entusiasta di alcune frange di giovani laici cattolici e l'assoluta opposizione degli irriducibili intransigenti portò, nell'agosto del 1904, alla costituzione di un Fascio autonomo democratico cristiano vicentino: non sostenuto da alcuna parte del clero, esso sarebbe vissuto in modo asfittico, ma la sua nascita, in quel momento, rendeva tangibile il pericolo di lacerazione a cui i cattolici erano esposti se non avessero trovato una forte coesione tanto nei principi ispiratori quanto nell'azione concreta.
Nel gennaio 1905 il F. procedette a una radicale sistemazione delle forze del movimento cattolico vicentino. Nel riformarne l'intero organigramma e nel costituire un rinnovato comitato diocesano, egli sottolineava l'esigenza della fedeltà incondizionata alle disposizioni della S. Sede, dell'obbedienza diretta al vescovo, della centralità del bene religioso e morale del popolo anche in quelle associazioni che, avessero lo scopo precipuo di promuoverne il bene materiale, del rispetto della carità e della comprensione tra quanti lavoravano all'interno del movimento stesso. Ma l'appello non trovò rispondenza adeguata. E la diffusione - che oggi possiamo valutare più come presunta che come vera - del modernismo tra le file del clero vicentino non poteva che accentuare le diffidenze e i contrasti; non dovette certo avere scarsa risonanza, nell'intero ambiente vicentino, la condanna de Il santo di A. Fogazzaro. A tentare di capire e di sanare le divergenze esistenti all'interno del clero intervenne, tra l'aprile e il novembre del 1906, la visita apostolica del padre redentorista E. Bresciani.
Il visitatore rilevava che il conflitto tra i "vecchi" e i "nuovi" era molto acre, e che, per una sua composizione, il F. avrebbe dovuto porre in atto una energia e una capacità di governo di cui, invece, difettava. Di fronte ai suggerimenti che, a seguito delle risultanze della visita stessa, gli dava la congregazione del Concilio, il F. assunse, ancora una volta, una posizione mediana: acconsentì all'allontanamento, raccomandato dallo stesso Pio X, di due insegnanti dal seminario (don A. Caldana e don M. Quaresima), ma mantenne al suo posto il rettore G. Veronesi e non procedette alla richiesta sostituzione del vicario generale della diocesi G. M. Viviani e del provicario V. Cariolato. Fu, certamente, una scelta sofferta, operata con piena consapevolezza della propria diretta responsabilità di pastore.
L'anno successivo, il 1907, nelle elezioni politiche suppletive del collegio di Schio, la direzione diocesana propose e sostenne un candidato cattolico "puro", R. Zileri Dal Verme, mentre il clero e le Unioni professionali locali si schierarono per il candidato liberale moderato, G. Rossi. La vittoria andò a quest'ultimo e le due fazioni cattoliche si spartirono le recriminazioni e i rimproveri reciproci sancendo la sconfitta dei tentativi di conciliazione del Feruglio. Nel novembre dello stesso anno il F. insediò un consiglio di vigilanza contro la diffusione del modernismo: la composizione di tale commissione manifestava una chiara concessione del F. all'ala più intransigente, quella dei fratelli Scotton, del clero vicentino. L'anno seguente, chiamando il giovane ed equilibrato don G. Arena alla direzione dell'Ufficio cattolico del lavoro, egli poneva le premesse per una chiarificazione, all'interno del movimento cattolico, che si sarebbe poi realizzata soltanto nel decennio successivo.
Un'altra battaglia perduta amareggiò gli ultimi anni del F.: le elezioni amministrative del maggio 1909 insediarono nel palazzo comunale di Vicenza una giunta bloccarda, che procedette immediatamente all'abolizione dell'insegnamento religioso nelle scuole elementari. Il F. intervenne con un appello direttamente rivolto al sindaco della città ma non ottenne effetto alcuno.
Il 23 dic. 1910, stanco e in cattive condizioni di salute, il F. ottenuto l'assenso pontificio, lasciò la città e la diocesi di Vicenza. Morì meno di due mesi dopo, l'8 febbr. 1911, a Staranzano (Gorizia), dove fu sepolto.
Oltre alle varie lettere pastorali (delle quali è data elencazione parziale in S. Rumor, Gliscrittori vicentini dei secoli decimottavo e decimonono, I, Venezia 1905, pp. 612 ss.) e alle circolari a stampa conservate nell'Archivio della Curia vescovile di Vicenza, si ricordano del F.: Lettera al ... don Tiziano dott. Veggian. 23 ott. 1898, introduzione a T. Veggian, Il movimento sociale cristiano nella seconda metà di questo secolo. Cenni storici, Vicenza 1899, pp. 1 ss.; Omelie di Natale, ibid. 1914; Omelie di Pasqua, ibid. 1915; Omelie varie, a cura di G. Prosdocimi, ibid. 1925.
Fonti e Bibl.: [M. Quaresima] Mons. dott. A. F. In memoria (parole dette ai funerali nella chiesa di Staranzano), Vicenza 1911; L. Venturini, S. E. mons. A. F. - secondo padre, in La Congregazione delle suore della provvidenza di Udine nel suo I centenario, 1845-1945, Udine 1947, pp. 29 ss.; G. Mantese, Memorie storiche della Chiesa vicentina, V, Dal Risorgimento ai nostri giorni, Vicenza 1954, pp. 360-452; G. Biasutti, Padre L. Scrosoppi dell'Oratorio di s. Filippo Neri, fondatore delle suore della Provvidenza, Udine 1979, passim; G. Mantese, La visita apostolica Bresciani del 1907, in Studi di storia sociale e religiosa. Scritti in onoredi G. De Rosa, a cura di A. Cestaro, Napoli 1980, pp. 1225-1253; N. Furegon, I vicentini ieri. Aspetti sociali dall'unificazione alla fine dell'Ottocento e il ruolo dei cattolici, Vicenza 1981, passim; G. Mantese, Il movimento cattolico vicentino tra "il vecchio" e "il nuovo" all'ingresso di mons. Rodolfi (1911), in Id., Scritti scelti di storia vicentina, I, Temi di storia medioevale, moderna e contemporanea, Vicenza 1982, pp. 565-584; E. Reato, Per la storia del movimento cattolico: lettere inedite di Pio X, dei cardinali Rampolla e Merry del Val, di G. Toniolo al vescovo A. F. (1897-1907), in Onus istud a Domino. Il magistero pastorale di A. Onisto vescovo di Vicenza, a cura di T. Motterle, Vicenza 1984, pp. 481-497; M. Nardello, A. F., vescovo di Vicenza (1893-1910), introduzione a La visita pastorale di A. F. nella diocesi di Vicenza (1895-1909), a cura dello stesso, Roma 1985, pp. IX-LX; E. Reato, Pensiero e azione sociale dei cattolici vicentini e veneti dalla "Rerum novarum" al fascismo (1891-1922), Vicenza 1991, passim; M. Nardello, La società vicentina dall'annessione del Veneto alla prima guerra mondiale, in Storia di Vicenza, IV, 1, L'età contemporanea, a cura di F. Barbieri -G. De Rosa, Vicenza 1991, pp. 50-61; A. Lazzaretto Zanolo, La parrocchia nella Chiesa e nella società vicentina dall'età napoleonica ai nostri giorni, ibid., pp. 206-210; G. Mantese, Itinerario archivistico nella vita vicentina del secondo Ottocento, a cura di M. Brentonico, I, Vicenza 1992, pp. 156-177, 281-323; M. Nardello, Da Porta Pia all'età giolittiana (1870-1910), in Diocesi di Vicenza, a cura di E. Reato, Padova 1994, pp. 315-340.