DE TULLIO, Antonio
Nacque a Bari il 22 marzo del 1854 in una famiglia di piccoli commercianti, da Domenico e da Angela Corvo.
Giovanissimo, alla morte del padre divenne commerciante egli stesso ed ampliò l'attività familiare del commercio dei tessuti con quella più remunerativa dell'importazione degli stessi. Alle cure dell'azienda domestica congiunse una intensa partecipazione alle vicende pubbliche cittadine, caratterizzate, in quel torno di anni, da vecchie e nuove diversificazioni di interessi. Entrò a far parte di quel fronte di opposizione radicale che si formò a Bari agli inizi degli anni Ottanta e che esprimeva l'esigenza di nuovi ceti mercantili e professionali, sorti dalla ripresa e dallo sviluppo delle linee di traffico e dall'accrescersi delle funzioni burocratiche ed amministrative della città, di nuove tecniche nel controllo e nella gestione dell'economia comunale. Nel 1880 divenne segretario di un comitato per il suffragio universale istituito dai presidenti delle undici società operaie baresi e nel 1882, quando venne istituita l'Associazione democratica, ne assunse la presidenza. Nello stesso anno entrò nel Consiglio comunale quale esponente della Sinistra radicale e, dai banchi dell'opposizione, dalle pagine dello Spartaco, quotidiano dell'Associazione con gli interventi, dal 1883, sul settimanale democratico Il Borghese condusse un serrato confronto verso l'operato della giunta guidata da una coalizione moderata denunziando il contrasto che, con netto profilo, si era delineato tra "le cose cittadine e le municipali", tra il programma di accentuate economie pubbliche e di massimo favore per le speculazioni private perseguito dalla giunta e il dinamismo, favorito da una felice congiuntura economica, dei ceti produttivi della città, per cui "oggi abbiamo un paese ricco con floridissimo commercio e fiorenti industrie con municipio senza alcuna opera durevole" (A. De Tullio, Discorsi, Bari 1899, p. 14).
Nel 1885, in seguito a nuove elezioni, entrò a far parte della giunta di sinistra guidata dal sindaco G. Capruzzi sostenendone il programma che prevedeva interventi in materia di istruzione e di edilizia pubblica, nuove opere nel campo delle comunicazioni e, l'anno successivo, fu eletto membro del comitato provinciale per l'acquedotto. Ma il malcontento popolare per le misure fiscali adottate dall'amministrazione che, per il finanziamento del programma, era tradizionalmente ricorsa all'aumento del dazio sui consumi, la mancata realizzazione degli interventi edilizi, i ritardi nella soluzione del problema idrico e, più in generale, l'incerto clima determinato dalla crisi dei primi anni Novanta, cagionarono l'aperto dissidio dei radicali.
Il D. si dimise dalla giunta, e dall'opposizione, dove siederà fino al 1890, interpretando le inquietudini del ceto produttivo cittadino, si batté perché fossero concessi aiuti governativi in favore della regione rammentando come "la storia non ricorda nelle Puglie periodo più esiziale, in cui case colossali che sembrano sfidare i secoli cadono giornalmente fallite sotto il peso delle imposte, della concorrenza, della rottura dei commerci ... invano si sono chieste agevolazioni per la fabbricazione degli alcoli, invano si chiedono facilitazioni sui mezzi di trasporto, invano si chiedono agevolazioni per aprire nuove vie di commercio" (E. Di Ciommo, p. 195).
Nel 1888 fu nominato consigliere della Camera di commercio dove rimarrà per quarantadue anni; tra le sue prime iniziative vi fu il potenziamento della scuola "Banco modello" promossa dalla Camera nel 1875 per l'istruzione alla pratica amministrativa e contabile nelle aziende commerciali. Alla direzione della scuola che poi diverrà Scuola commerciale e ancora Scuola superiore di commercio, la seconda in Italia dopo quella di Venezia, sarà chiamato, nel 1892, Maffeo Pantaleoni. Nel 1895, nuovamente all'opposizione in Consiglio comunale, il D. denunziò le rigorose economie di bilancio dell'amministrazione conservatrice retta dal sindaco G. Redavid, richiedendo che fosse posta mano ad una riforma fiscale e, l'anno successivo, con una interrogazione consiliare, protestò contro le misure repressive tese ad impedire che il circolo socialista barese ospitasse una conferenza di A. Costa. Nello stesso anno fu nominato presidente della Camera di commercio, carica alla quale fu eletto per altre undici volte. Tra le sue prime cure vi fu quella di incoraggiare la partecipazione dei produttori pugliesi alle esposizioni estere e nazionali.
Nel 1898 si adoperò a che Bari partecipasse all'Esposizione industriale che, in occasione del centenario dello statuto, si teneva a Torino e, contemporaneamente, la Camera di commercio deliberò di promuovere in città una esposizione provinciale con il concorso finanziario di vari enti tra i quali il Comune che, su proposta del D., concesse un sussidio di tremila lire. Nello stesso anno, nel Consiglio comunale riunito per discutere provvedimenti che alleviassero le conseguenze della crisi sui ceti più bisognosi, il D. si batté per l'abolizione del dazio sulle farine.
Nel febbraio fu approvata la delibera d'urgenza presa dalla giunta sulle modifiche delle tariffe daziarie riguardanti le farine grezze ed il pane di frumento, ma la proposta del D. di ridurre anche il dazio sulle farine di grano duro come unico rimedio per evitare gravi agitazioni popolari non fu accolta e la protesta, nell'aprile, insorse violentissima.
Nel 1900 i produttori pugliesi parteciparono all'Esposizione universale di Parigi e nel maggio dello stesso anno, con l'inaugurazione, a Bari, di una mostra provinciale, si concretò l'impegno del D. per una "manifestazione collettiva delle nostre forze industriali, artistiche ed agricole, sintesi di quaranta anni di preparazione, fatta attraverso mille difficoltà ed ostacoli di ogni genere" (S. La Sorsa, 1931, p. 19). Era il primo abbozzo di quella grande fiera meridionale, la realizzazione della quale il D. perseguirà per trenta anni.
All'indomani della mostra, infatti, per suo volere sorse un comitato incaricato della preparazione di una nuova esposizione da estendersi a tutta la regione. Nel 1909 il D. propose alla Camera di commercio che l'antico impegno, poi ampliato ad Esposizione meridionale adriatica, fosse attuato nel 1913 e gli destinò un finanziamento di 100.000 lire. Difficoltà di organizzazione ed il sopraggiungere della guerra accantonarono per dieci anni ogni iniziativa.
Il progetto fu ripreso nel 1924 in una congiuntura doppiamente favorevole per l'intensificarsi della presenza commerciale italiana nei paesi del Levante e la sensibilità del nuovo regime ad una politica espansionistica verso l'Oriente. Nello stesso anno il D. promosse la costituzione, e ne assunse la presidenza, della Camera di commercio Italo-Orientale con il compito di favorire gli scambi tra l'Italia e l'Oriente ed il cui statuto prevedeva in particolare la promozione di fiere campionarie.
Nel 1926, con il decisivo finanziamento statale, un consorzio formato dal Comune, dalla Provincia e dalla Camera di commercio poté costituire l'Ente autonomo Fiera del Levante con il D. alla presidenza. Nel giugno del 1927 veniva sottoposto alla presidenza del Consiglio un dettagliato piano tecnico e finanziario che fu autorizzato il 19 settembre. Il 6 sett. 1930 si inaugurava la prima manifestazione della Fiera del Levante.Tra il 1902 ed il 1905 il D., in occasione del rinnovo dei trattati di commercio con la Svizzera, la Germania e l'Austria-Ungheria, si batté per la tutela degli interessi dei viticoltori della provincia, organizzati in coalizione, invocando il mantenimento delle condizioni di favore stabilite dai trattati del 1892 e, analogamente, si oppose all'approvazione del nuovo modus vivendi con la Spagna. Pure, in questi anni, guardava con interesse i primi tentativi di insediamenti industriali nella provincia con la consapevolezza dell'intima debolezza di una economia che si fondasse solo sulla sua tradizionale vocazione agricola e della necessità di un maggiore equilibrio nello sviluppo economico delle tre province pugliesi (A. De Tullio, La Puglia nel secolo nuovo, in La Puglia agricola e commerciale, [1901], 1, p. 1).
In tal senso andavano le istanze, presentate con immutata insistenza dalla Camera di commercio al governo, di nuovi tronchi ferroviari, in particolare della linea Bari-Matera, del secondo binario Brindisi-Bologna, di una più diffusa rete interprovinciale (Esposizione riassuntiva dei voti e dei suggerimenti formulata dalla Camera di commercio ed arti in favore dell'incremento economico della provincia di Bari a sua eccellenza l'onorevole ministro di Agricoltura, Industria e Commercio, Bari 1904, pp. 18 s.) e la richiesta dell'ampliamento dell'area portuale con l'intento di farne uno dei cinque grandi porti italiani, alla pari di Venezia, Trieste, Genova e Napoli. Progetto che, ad alterne fasi, fu dibattuto per circa quindici anni sino a quando, nel 1917, una legge speciale dichiarerà il porto di Bari di pubblica utilità (A. De Tullio, Il porto di Bari e la Camera di commercio, Bari 1917).
Nel 1913, in vista della nuova vicina scadenza dei trattati internazionali, fu istituita una commissione con l'incarico di esaminare il vigente regime doganale e stabilire i criteri per la stipulazione dei nuovi trattati di commercio. Il D. fu chiamato a farne parte ma lo scoppio della guerra tolse ai lavori della commissione ogni interesse immediato.
Nei mesi della neutralità il D. fece parte dell'Associazione per l'Italia irredenta ed organizzò il Comitato di preparazione civica di Bari. Nel periodo bellico costituì il Consorzio provinciale agrario e l'Ente provinciale consumi. Ma gli anni di guerra, accentuando i problemi dell'agricoltura meridionale, riacuirono il contrasto tra la protezione degli interessi industriali e la salvaguardia di quelli agricoli proponendolo sotto la forma della soluzione da dare, a guerra terminata, alla questione del regime doganale. Il D., nel 1916, nella riunione promossa dall'ufficio tecnico per l'agricoltura del Comitato nazionale per i trattati di commercio, sostenne la necessità di individuare un punto di maggiore equilibrio tra protezionismo industriale ed interessi agrari, fondato sull'assai maggiore solidità raggiunta con la guerra dal settore industriale, in grado, così, di affrontare il processo di riconversione e la concorrenza (Il discorso del sig. A. De Tullio presidente della Camera di commercio di Bari, in Propaganda agricola, 15-31 ott. 1916).
E, ancora, a Napoli, nel 1917, al convegno delle Camere di commercio del Mezzogiorno, riproponendo l'urgenza della tutela degli interessi agricoli, metteva l'accento sul pericolo che, in caso contrario, la mobilizzazione delle masse contadine avrebbe potuto significare per i fragili equilibri dell'agricoltura meridionale (Federazione delle Camere di commercio e industria del Mezzogiorno d'Italia, Napoli, Relazione sul regime doganale da adottarsi dall'Italia nel periodo del dopoguerra, in Atti dell'Assemblea della Federazione, Napoli, 22-23 giugno 1917).
Nel dopoguerra il D. riprese con grande forza tale opera di mediazione, proponendola come strumento atto a superare gli ambiti regionalistici e meridionalistici, cardine di un riequilibrio complessivo tra agricoltura e industria. Ma all'interno della Camera di commercio emergevano oramai altre posizioni. Nel 1924 il D. fu nominato senatore. Dal 1902 al 1911era stato rappresentante delle Camere di commercio in seno al Consiglio superiore del lavoro, nel 1922 fu incaricato dal ministero del Commercio per la ripresa delle relazioni commerciali con gli Stati ex nemici.
Morì a Bari il 25 ott. 1934.
Bibl.: Puglia d'oro, I, Bari 1936, pp. 125 ss.; S. La Sorsa, La vita di Bari durante il sec. XIX, II, Bari 1915, ad Ind.; Id., La prima Fiera del Levante riccamente illustrata, Bari 1931, pp. 19, 35-41; Id., La vita di Bari nell'ultimo sessantennio, Bari 1963, ad Ind.; L. Masella, Tra corporativismi e modernizzazione. Le classi dirigenti pugliesi nella crisi dello Stato liberale, Lecce 1983, pp. 42-44, 61, 156, 159, 238; Un ricordo senza retorica del barese A. D. ..., in La Gazzetta del Mezzogiorno, XI (1984), p. 6; E. Di Ciommo, Bari 1806-1940. Evoluz. del territorio e sviluppo urbanistico, Milano 1984, ad Indicem.