CESARIS-DEMEL, Antonio
Nacque a Verona il 2 agosto del 1866 da Pietro e da Maria Borsa. Studiò medicina e chirurgia nell'università di Torino, dove si laureò nel 1890. Fin da studente aveva manifestato la naturale inclinazione allo studio dei problemi di patologia e nella tesi di laurea che pubblicò in collaborazione con L. Roncoroni (Immunità e terapia delle malattie infettive, in Riforma medica, VII [1891], 1, pp. 313-316), espose concetti di estremo interesse su un argomento allora di grande attualità. Orientatosi subito verso lo studio dell'anatomia patologica, iniziò la propria carriera universitaria nell'istituto di Torino, diretto da P. Foà: fu prima assistente, poi aiuto, quindi, avendo vinto il relativo concorso, professore di anatomia patologica a Cagliari nel 1900 e a Parma nel 1903. Nel 1896aveva conseguito la libera docenza. Nel 1904 fu chiamato a dirigere la cattedra di anatomia patologica dell'università di Pisa e mantenne l'insegnamento fino al 1936, quando fu collocato a riposo per limiti di età. Gli venne allora conferito il titolo di professore emerito di anatomia patologica.
Formatosi alla scuola del Foà nel celebre centro torinese, il C. fu un brillante patologo e condusse numerose e interessanti ricerche sperimentali. La particolare attitudine alla sperimentazione unita a una non comune capacità intuitiva costituì anzi uno degli aspetti più rilevanti della sua geniale personalità; in grado di impostare con estrema chiarezza i problemi e di tentare tutte le possibili vie per giungere alla loro soluzione, spaziò nei vari settori della sua disciplina, pubblicando circa centoquaranta lavori scientifici. I suoi contributi risultarono di notevole valore, e ancor oggi rappresentano validi esempi di correttezza e rigore di metodo. Appare difficile individuare i momenti più significativi della vasta e multiforme attività scientifica del C.; certo è che seppe affrontare i vari temi di ricerca col massimo impegno, che i risultati cui pervenne furono frequentemente sensazionali, riuscendo a fare dell'istituto che dirigeva un importante centro di anatomia patologica e di patologia generale.
Un primo settore di ricerca in cui operò il C. fu quello dell'immunologia e della batteriologia. Nella sua prima pubblicazione sull'immunità e le malattie infettive, cui si è già fatto cenno, il C. prese in esame la capacità degli organismi esposti all'azione di batteri o di veleni batterici di formare antitossine: sulla scorta delle sole valutazioni critiche delle ricerche fino allora effettuate, e senza poterne fornire le dimostrazioni sperimentali, egli sostenne che gli organismi sono in grado di formare sostanze chimiche atte a neutralizzare l'azione degli agenti patogeni che possono essere trasferite ad altri organismi, e che pertanto la produzione di tali sostanze, che è massima alla fine dell'infezione, può essere sfruttata ai fini terapeutici e profilattici. In quell'epoca fervevano gli studi immunologici e microbiologici, che dopo pochi mesi che il C. si era laureato sarebbero culminati con le fondamentali scoperte riguardanti la possibilità di preparare il siero antitetanico (a tale proposito, si veda Diz. biogr. degli Ital., XXII, s.v. Cattani, Giuseppina): la geniale intuizione del C. doveva dunque ricevere piena conferma. Ben altrimenti sostenute da brillanti dimostrazioni sperimentali furono le altre ricerche del C. in tale campo: sono soprattutto da ricordare quelle sulla identificazione dei caratteri differenziali tra E. coli ed E. typhi, che costituirono anche una valida premessa alla possibilità di realizzare una sieroterapia specifica nei confronti del tifo (Contributo allo studio delle proprietà biologiche del bacterium coli, in Giorn. della R. Acc. med. di Torino, LVI [1893], pp. 73-75, con E. Orlandi; Sulla equivalenza biologica dei prodotti del b. coli e del b. tiphi, in Arch. per le scienze med., XIV [1893], pp. 279-331, con E. Orlandi; Contributo allo studio delle identità biologiche dei prodotti del bacterium coli e del bacillo del tifo, in Giorn. della R. Acc. med. di Torino, LVI [1893], pp. 128-132, con E. Orlandi; Nuovo contributo allo studio dell'equivalenza biologica del bacillus coli e del bacillus tiphi,ibid., LVIII [1895], pp. 510-514, e in Gazzetta medica, XLVI [1895], pp. 677-686, 697-704, con E. Orlandi; Di un nuovo metodo diagnostico differenziale tra il bacillo del tifo e il bacterium coli,ibid., XLIX [1898], pp. 241-243, e in Giorn. della R. Acc. med. di Torino, LXI[1898], pp. 99-101). Un cenno particolare meritano anche le sue osservazioni sull'azione patogena di tipo congestivo espletata dallo stafilococco piogeno aureo (Contributo allo studio delle infezioni sperimentali da stafilococco piogene aureo, in Gazzetta medica, XLV [1894], pp. 621-627, 641-647) e la sua identificazione dell'eziologia infettiva di alcune forme di corea per localizzazione dello stafilococco nel sistema nervoso centrale (Sulla origine infettiva della corea, in Atti della R. Acc. delle scienze di Torino, XXXII [1896-97], pp. 869-877).
Di particolare importanza appaiono gli studi condotti dal C. in campo ematologico, che gli consentirono scoperte di notevole rilievo teorico e pratico. Anzitutto, applicando allo studio delle cellule ematiche la tecnica della colorazione vitale, egli poté dimostrare la presenza di una particolare sostanza granulo-filamentosa nelle forme giovanili dei globuli rossi, che peraltro con le comuni colorazioni appaiono in tutto simili alle forme mature (Sui granuli eritrofili dei globuli rossi del sangue, in Giorn. della R. Acc. med. di Torino, LXII [1899], pp. 723-728, con P. Foà; Sulla sostanza cromatofila endoglobulare in alcuni eritrociti, in Atti della R. Acc. delle scienze di Torino, XXXVI [1900-1901], pp. 351-365; Sulla reazione metacromatica degli eritrociti nello stato normale e nei vari stati patologici, in Lo Sperimentale, LX [1906], pp. 520-528; Su un nuovo particolare di struttura dei globuli rossi dimostrato colla colorazione a fresco del sangue, in Boll. della Soc. tra i cultori di scienze med. [Cagliari], XII [1907], pp. 268-277). Il C. intuì certamente il significato funzionale del particolare tipo di globuli rossi che aveva così individuato, tanto che nel lavoro pubblicato in collaborazione col Foà scriveva: "la presenza di eritrociti a granuli tingibili nel sangue circolante è un indice del grado di funzionalità degli organi emopoietici"; le successive ricerche, come è noto, dovevano ampiamente valorizzare la sua scoperta, che venne presto applicata nella valutazione della gravità delle anemie e della loro risposta al trattamento. La sostanza individuata dal C. fu chiamata "sostanza A di Cesaris-Demel", quella a reazione ortocromatica; e "sostanza B di Cesaris-Demel", quella a reazione metacromatica. Un altro gruppo di lavori ematologici del C. riguarda la genesi delle piastrine, che dimostrò, con una serie di brillanti sperimentazioni condotte sul tessuto emopoietico midollare e splenico dei gattini, derivare dai megacariociti (Sull'origine delle piastrine dai megacariociti, in Arch. per le scienze med., XXXVIII [1914], pp. 351-365; Sulla funzione piastrinopoietica dei megacariociti e sulla modalità della loro penetrazione in circolo, in Pathologica, VII [1915], pp. 317-322; Le piastrine, in Arch. per le scienze med., XLII [1919], pp. 78-107; Megacariociti e piastrine, in Haematologica [Pavia], I [1930], pp. 1-23): tali ricerche, i cui risultati furono poi ampiamente confermati da altri studiosi, si avvalsero di metodi di osservazione originali le cui notevoli possibilità furono largamente utilizzate in ematologia. Di grande valore dottrinale e pratico furono pure le osservazioni che il C. condusse sui globuli bianchi del sangue: di ordine morfologico, mediante l'impiego della colorazione vitale, che gli consentirono di dimostrare come tali cellule possano manifestare nel torrente circolatorio tipici processi degenerativi; e di ordine sperimentale, negli animali da laboratorio, in seguito alle quali giunse alla conclusione che i granulociti neutrofili con alterazioni regressive in alcuni casi reperibili in circolo provengono in parte da focolai flogistici situati al di fuori del torrente circolatorio, per la capacità posseduta da tali elementi di attraversare le pareti vasali mediante il fenomeno che chiamò dell'endodiapedesi (Sulle alterazioni degenerative dei leucociti nel sangue studiate col metodo della colorazione a fresco, in Giorn. della R. Acc. med. di Torino, LXIX [1906], pp. 225-230; Sulle modificazioni cromatiche e morfologiche e sul significato dei leucociti in attività flogistica nel sangue circolante,ibid., LXX [1907], pp. 169-181; Ueber die morphologische Struktur und die morphologischen und chromatischen Veränderungen der Leukozyten, in Virchow's Archiv für pathol. Anat. und Physiol. und für klin,Med., s. 19, V [1909], pp. 1-92; Sulla struttura,morfologia e sulle alterazioni morfologiche e cromatiche dei leucociti,studiati col metodo della colorazione a fresco del sangue, in Pathologica, I [1909], pp. 289-298; L'endiapedesi nel processo infiammatorio, in Haematologica [Napoli], I [1920], pp. 33-47).
Non meno interessanti furono le osservazioni del C. nel campo della patologia cellulare: in particolare, meritano di essere ricordate le sue ricerche sperimentali sulla degenerazione grassa del rene provocata mediante ipoossia, nelle quali non solo fornì la precisa descrizione morfologica degli organuli intracellulari, il cui vero significato doveva poi svelare solo la microscopia elettronica, ma mostrò altresì di intuire l'esistenza dei rapporti di dipendenza tra abbassamento dei processi ossidativi e comparsa dei fenomeni degenerativi cellulari (Della rapida comparsa del grasso negli infarti renali in rapporto ai bioblasti di Altmann, in Atti della R. Acc. delle scienze di Torino, XXX [1894-95], pp. 765-779, e in Arch. ital. de biologie, XXIV [1895], pp. 332-346).
Un'originale metodica fu realizzata dal C. per studiate le alterazioni indotte nel cuore isolato di mammiferi da varie sostanze: egli modificò adeguatamente l'apparecchio di V. Aducco per la perfusione dei cuori isolati di piccoli animali, in modo da adattarlo alla riattivazione della circolazione coronarica di cuori di animali di maggior mole e da potervi immettere sostanze tossiche di varia natura. L'apparato, sperimentale fu utilizzato dal C. per interessanti ricerche di fisiopatologia del cuore di vari, mammiferi, compreso l'uomo, che gli consentirono di individuare tutte le fasi della comparsa di fenomeni degenerativi nelle fibre miocardiche in numerose condizioni patologiche, di studiare il comportamento del tessuto cardiaco e il funzionamento del cuore esposto all'azione delle tossine batteriche, e soprattutto di studiare in vitro il fenomeno della anafilassi a livello cardiaco (L'origine endogena del grasso dimostrata sulcuore isolato di mammifero, in Atti dalla R. Acc. delle scienze di Torino, XLIII [1907-1908], pp. 466-474; L'origine endogène de legraisse démontrée sur le coeur isolé de mammifère, in Arch. ital. de biologie, LI [1909], pp. 197-205; Ricerche istologiche e fisiopatologiche sul cuore isolato di mammifero, in Pathologica, I [1909] pp. 477-481, 522-528; Ricerche sull'anafilassi. Sul comportamento del cuore isolato di animali sensibilizzati, in Giorn. della R. Acc. med. di Torino, LXXIII [1910], pp. 69-80; Di alcune modificazioni dell'apparecchio di Langendorff-Aducco per studiare la rivivescenza del cuore umano patologicamento alterato e la funzionalità di cuori voluminosi, in Pathologica, III [1911], pp. 551-556; Osservazioni sul cuore isolato umano, in Arch. di antropol. crim., psich. e med. leg., XXXIII [1912], pp. 268-277; Sulla riproduzione dello shock anafilattico sul cuore isolato di coniglio e di cavia, in Arch. per le scienze med., XXXVI [1912], pp. 323-349; Action des substances colorantes vitales et survitales sur le coeur isolé de lapin, in Arch. ital. de biologie, LIX [1913], pp. 417-431). I risultati più importanti di queste ricerche furono la dimostrazione che la riviviscenza del cuore isolato è indipendente dalla causa della morte e, entro il limite di circa quaranta ore, dal tempo intercorso dalla morte all'inizio dell'esperimento; che essa è più facilmente inducibile in alcuni particolari distretti del cuore, come le due orecchiette e il ventricolo destro, indipendentemente dall'integrità anatomica macro e microscopica; che è più facilmente realizzabile in cuori provenienti da soggetti di giovane età.
Si sono prese in esame le opere che sembrano potersi valutare come le più importanti del C., ma v'è da dire che la sua attività fu davvero inesauribile ed estesa a tutti i settori dell'anatomia patologica. La massa di risultati cui pervenne fu impressionante e, anche se non sempre - le interpretazioni che ne dette hanno potuto ricevere conferma dalle ricerche successive soprattutto per l'esiguità dei mezzi tecnici allora disponibili, offrì agli studiosi due solide basi su cui fondare ulteriori programmi di lavoro scientifico: una serie di accurate e minuziose descrizioni morfologiche e una vasta gamma di nuovi approcci metodologici e sperimentali alla problematica anatomo-patologica. Basterà far appena cenno alle numerose altre indagini condotte dal C., sia sperimentalmente sia - come descrizioni autoptiche: sulla patologia del sistema nervoso, sulla patologia e sulla fisiopatologia del cuore e dei grossi vasi, sull'apparato digerente. In tutti i casi egli si dimostrò un impeccabile morfologo, padrone delle tecniche e sicuro nell'epicrisi e nella diagnosi, ma svelò anche le non comuni capacità speculative che lo portarono alla formulazione di ipotesi di lavoro frequentemente confermate dalle successive sperimentazioni. Il C. fu quindi non solo un illustre anatomo-patologo, ma anche e soprattutto un brillante patologo generale: i reperti morfologici che pazientemente raccoglieva al tavolo anatomico e al microscopio, li utilizzava poi per impostare i problemi sperimentali e ricercare i fattori eziopatogenetici dei processi morbosi in studio, sospinto dal bisogno di individuare sempre la realtà. L'ambiente in cui visse, nell'ateneo pisano, bene rispecchia tali aspetti fondamentali del suo carattere di studioso: al suo studio, quieto e raccolto e pure arioso con la finestra che si apriva sulla torre, era annesso il piccolo laboratorio ove condusse non poche delle sue esperienze.
Il C. fu un brillante didatta e fondò una fiorente scuola anatomo-patologica; appartenne a numerose società scientifiche italiane e straniere e fece parte del Consiglio nazionale delle ricerche.
Il C. morì a Pisa il 18 marzo 1938.
Bibl.: G. Bompiani, A. C.-D., in Policlinico, sez. pratica, XLV (1938), pp. 1817-1825; E. E. Franco, Elogio di A. C.-D., in Pathologica, XXX (1938), pp. 137-140; G. Sotti, A. C.-D., in Arch. ital. di anat. e istol. patol., IX (1938), pp. I-XIV; P. Rondoni, Commemor. del corrispondente A. C. D., in Rend. della R. Acc. naz. dei Lincei, classe di scienze fisiche, mat. e nat., s. 6, XXIX (1939), pp. 635-640; A. Ascenzi, L'opera scientifica di A. C.-D., in Arch. ital. di anat. e istol. patol., XXXVII (1963), pp. 485-499; A. Costa, Ricordo di A. C.-D. nel trentesimo annivers. della sua scomparsa, in Arch. De Vecchi "L'anat. patol. ela med. clin.", LIII (1968), pp. 411-418; A. Ilardi-P. Marra, Il posto di A. C.-D. (1866-1938) nella storia dellaimmunità nelle malattie infettive, in Atti del XXIVCongr. naz. di storia della med., Taranto-Bari 1969, Roma s.d., pp. 361-367; F. Pascarella, Sulla riviviscenza del cuore isolato,l'opera precorritrice di A. C.-D., in La Clin. terap., LVI (1971), pp. 369-387; I. Fischer, Biograph. Lex. der hervorragenden Ärzte [1930], I, p. 233; Enc. Ital., App., I, pp. 403 s.