CERRUTI (Cerruto), Antonio
Nato a Borgo Ticino (prov. di Novara) il 13 marzo 1506 da umile famiglia, poté essere avviato agli studi quasi certamente per aiuto di qualche generosa protezione. Era dotato di notevoli capacità intellettuali che gli permisero, giovanissimo, di laurearsi in legge. Durante la giovinezza andò incontro a molte sventure testimoniateci dalle fonti e ricordate da lui stesso nelle sue opere: la famiglia, nonostante le ristrettezze economiche in cui si dibatteva, fu perseguitata dal fisco imperiale; i ladri derubarono più volte la casa, e in una di queste occasioni gli furono sottratti i manoscritti di tutte le sue opere; alcuni nemici attentarono, col tradimento, alla vita sua, del padre e del fratello. Per questi motivi, rivolgendosi per due volte al presidente del Senato milanese invocava giustizia e la restituzione dei suoi scritti.
Presto il C. abbandonò lo studio del diritto e la professione forense, che certamente non gli aveva offerto soddisfazioni né onori, per dedicarsi totalmente alla poesia. Fu così accolto fra i membri della Accademia dei Pastori dell'Agogna fondata da un certo Bartolomeo Taeggio a Novara nel 1550. Sappiamo con certezza che fu a Roma per otto anni al servizio di Alessandro Farnese e di altri illustri prelati. Ugualmente fu protetto da Pier Francesco Pallavicino, vescovo di Aleria, e fu suo ospite durante un viaggio in Corsica. Tornato a Novara, lo troviamo arciprete della cattedrale e cavaliere. A parte l'ode del 1543 a Gian Battista Pioto, la pubblicazione dei suoi versi ha inizio a partire dal 1550 forse in seguito ad un viaggio a Venezia, dove divenne amico di Ludovico Dolce e di Pietro Aretino.
Fu infatti la poesia a suscitare verso di lui la benevolenza o l'amicizia di personaggi come Paolo Giovio, Agostino Caccia, Bernardo Cappello, il Pioto, Gaudenzio Merula, dell'Alciati e di tanti altri. Così in quel 1550 si stamparono i Carminum libri che, dedicati a Cristoforo Marenduzzo, al futuro Filippo II di Spagna, a Francesco Mendoza e a Guidubaldo d'Urbino, contengono novantotto componimenti encomiastici (a Carlo V, a Cosimo de' Medici, a Paolo III, ecc.), politici (contro la Curia di Roma, per la vittoria dell'imperatore sulla lega protestante del 1547, per la restituzione di Parma a Ottavio Farnese), epitalamici (per le nozze di Camillo Castiglione con Caterina Mandelli, di Francesco Gonzaga con Caterina d'Austria, del Muzio con Faustina Sforza, di Guidubaldo d'Urbino con Vittoria Farnese).
Con un diploma imperiale datato 4 apr. 1552 (in cui tra l'altro egli viene definito probo di religione e di costumi, insigne nelle lettere, nel sapere e nell'arte poetica) il C. ottenne da Carlo V, dietro sua richiesta, che gli fosse concessa la cittadinanza milanese. Probabilmente dopo questa data divenne membro dell'Accademia de' Fenici di Milano. In questo stesso anno fu pubblicato il volume di versi intitolato Lusus con dedica al Pallavicino. Si tratta di componimenti scherzosi, amorosi, satirici, talvolta anche mordaci, scritti a Venezia e che dimostrano con evidenza come i modelli classici del C. siano sostanzialmente da individuarsi in Catullo, Ovidio, Tibullo, Orazio e Virgilio.
Delle sue qualità poetiche è facile oggi parlare in termini negativi sottolineandone manchevolezze e cadute sia sul piano dello stile che su quello dell'invenzione, soprattutto se si continua a voler confrontare questo tipo di poesia con i modelli della letteratura classica. Invece è più corretto limitarsi ad una valutazione storica per individuare in questo tipo di produzione poetica non solo l'esito finale di una tradizione erudita, ma l'autentica cultura in cui profondamente credevano questi intellettuali sostanzialmente isolati dal movimento più significativo della loro epoca.
Degli ultimi anni del C. non sappiamo nulla, se non che, tornato ancora a Roma, morì vicino ai Bagni di Viterbo. Ogni illazione sull'anno della sua scomparsa sarebbe azzardata allo stato della ricerca.
Opere: I. C. Ioanni Baptistae Ploto Ode, Borgolavezzaro 1543; Carminum libri quattuor..., Venetiis 1550; Ode tricolas tetrasphoros, Novariae 1557; Ad Petrum Franciscum Pallavicinum... Lusus, Mediolani 1552; Carmen precatorium pro D. Maximiliano ex Hibernia in Germaniam proficiscente (opera offerta dal C. a Carlo V, copia inedita nella Österr. Nationalbibliothek di Vienna, Hist. prof. 1023 e contenente altri quattro componimenti del C., citato in Tabulae); Laude Lauretana (ms.in miscellanea della Raccolta Campori della Biblioteca Estense, edita da A. Professione).
Fonti e Bibl.: G. Merula, Terentianus dialogus..., ex Forolebetiorum 1563, p. 33; B. Burchelato, Charitas sive convivium dialogi cum septemphysic., Tarvisii 1593, p. 152; A. Possevino, Bibl. selecta..., Venetiis 1603, p. 521; L. A. Cotta, Museo novarese, Milano1701, pp. 68-70; G. Cinelli Calvoli, Biblioteca volante, II, Venezia 1735, p. 131; G. Tiraboschi, Storia della lett. ital., VII, 3, Roma 1785, p. 169; T. Vallauri, Storiadella poesia in Piemonte, Torino 1841, I, pp. 212-214, 277-278; C. Morbio, Storia della città ediocesi di Novara, Milano 1841, p. 230; Tabulaecod. manuscript. in Bibliotheca palat. Vindobon. asservatorum, VI, Vindobonae 1873, p. 110; G. B. Finazzi, Notizie biogr. novaresi, Novara 1890, pp. 36-37; A. Professione, Una laude lauretana, in Misc. stor. novarese per R. Tarella, Novara 1906, pp. 215-229; A. M. Viglio, Un poeta latino novarese del sec. XVI(A. C.), in Boll. stor. per la prov. di Novara, III (1909), pp. 8-23, 49-75; "Misc. novarese" di L. A. Cotta a cura di G. Pagani, in Boll. stor. per la provincia di Novara, VIII (1914), p. 186; E. W. Dienna. A. C., in Annali dell'Ist. Sup. di Magistero del Piemonte, II (1928), pp. 172-177.