CASERTANO, Antonio
Nacque a Capua, il 20 dic. del 1863, da Gaetano e da Carmela De Iulio. Seguì gli studi inferiori ad indirizzo classico prima a Capua poi a Maddaloni. Iscrittosi all'università. di Napoli, presso la facoltà di giurisprudenza, vi si laureò nel 1884. Avviatosi alla carriera forense, sotto la guida dell'avv. Pietro Romano di Napoli, non abbandonò gli studi di diritto amministrativo e costituzionale, dedicando particolare attenzione ai problemi della legislazione elettorale.
Acquistò in questo campo una notevole competenza, testimoniata anche da alcune pubblicazioni apparse tra la fine del secolo e laprima guerra mondiale: Riforme urgenti, Napoli 1898; Teorie del voto, Napoli 1911; Il diritto di voto, Napoli 1912; La legge elettorale commentata, Santa Maria Capua Vetere 1914. Mostrò interesse anche nel campo degli studi storico-letterari, sia con saggi ed articoli apparsi sulla rivista Napoli letteraria, alla quale collaboravano anche Giustino Fortunato e Angelo Pesce, sia con opere sul classicismo nel sec. XIV e su Piero Della Vigna (Il rinascimento del classicismo in Italia durante il sec. XIV, Torino 1896; Un oscuro dramma politico. P. Della Vigna, Roma 1928).
Il nome del C. è comunque principalmente legato alla sua attività nella vita pubblica, in campo politico e amministrativo. Nei primi anni del Novecento fu più volte sindaco di Capua e consigliere provinciale, adoperandosi per sanare la difficile realtà socio-economica campana, nell'ambito di una prospettiva politica di impronta liberal-democratica.
La prima guerra mondiale lo vide decisamente schierato nel campo interventista. Il suo interventismo non assunse, comunque, colorazione nazionalistica. Interpretò l'intervento dell'Italia in guerra come necessario momento unificante di tutte le energie spirituali del paese e come ultimo atto per il definitivo compimento dell'unità nazionale. La guerra gli costò la perdita del figlio Massimo, tenente dei bersaglieri, morto sul Monte Santo il 27 maggio 1917.
Il suo passaggio dalla scena politica locale a quella nazionale avvenne all'indomani della prima guerra mondiale. Nel novembre 1919 si presentò candidato nelle liste della democrazia sociale nel collegio di Terra di Lavoro. Eletto deputato, si iscrisse al gruppo radicale della Camera. Particolarmente intensa la sua attività parlamentare, principalmente legata alla sua competenza nel campo della legislazione elettorale.
Nel 1920 fu relatore della riforma elettorale amministrativa. Nel febbraio 1922, avendo ottenuto la conferma del mandato parlamentare nelle elezioni del 1921, presentò un progetto di legge (che non ebbe seguito) per la riforma del Senato su basi elettive, mettendo in rilievo i limiti politici di una assemblea esclusivamente di nomina regia, e proponendo un Senato di 300 membri di cui 250 eletti a base regionale e 50 di nomina parlamentare. Fu, inoltre, presidente della commissione d'inchiesta per le terre liberate, membro della commissione incaricata di esaminare la concessione del voto amministrativo alle donne, relatore sulla ineleggibilità e incompatibilità amministrativa, sul bilancio interno, commissario di vigilanza nella Cassa depositi e prestiti, e membro delle commissioni per la riforma giudiziaria, per il limite di età per l'eleggibilità a deputato, per l'assetto della Cirenaica e della Tripolitania e per il controllo del commercio bancarlo.
La sua attività più strettamente politica è legata alla caduta del ministero Bonomi nel febbraio 1922. Fu suo, infatti, l'emendamento alla seconda parte dell'o.d.g. presentato dal socialista riformista G. Celli nella seduta del 17 febbr. 1922. Con questo emendamento, il C. introduceva nell'o.d.g. Celli un giudizio negativo sull'azione del governo ed esprimeva sfiducia per la linea politica di Bonomi. Ottenendo 295 voti contro 107. l'emendamento del C. determinò la caduta del gabinetto.
Con la formazione del successivo primo ministero Facta, il C. venne chiamato a far parte della compagine governativa come sottosegretario al ministero degli Interni (26 febbr. 1922). Rimase in carica sino alla caduta del governo, il 10 ag. 1922. La sua esclusione dal successivo secondo ministero Facta fu determinata principalmente dall'opposizione ad una sua nomina da parte socialista e popolare, a causa delle sue non nascoste simpatie nei confronti del movimento fascista e di Mussolini. Con una lettera del 10 ag. 1922, Facta gli espresse il rammarico per essere stato costretto, da esigenze politiche, a privarsi della sua collaborazione.
Frequenti furono i suoi contatti con Mussolini dopo la marcia su Roma e l'avvento del fascismo. Quale presidente della commissione Interni della Camera, condusse, d'accordo con il governo e con il Gran Consiglio, studi per la riforma elettorale, al fine di attenuare la proporzionale con l'introduzione di un sistema maggioritario. Incontrò Mussolini nel novembre 1922 e il 18 maggio 1923, offrendo la sua piena disponibilità a sostenere il progetto di legge affidato all'on. G. Acerbo. Presentato alla Camera il 9 giugno, l'esame del progetto di legge Acerbo venne affidato ad una commissione (cosiddetta dei "diciotto"), presieduta da Giolitti e nella quale entrò anche il Casertano. All'interno della commissione egli mirò, principalmente, a mantenere inalterate le linee fondamentali dei progetto, che, nonostante l'opposizione di Turati, Chiesa, De Gasperi, Graziadei, Lazzari, Micheli e Falcioni, fu approvato e trasmesso in aula.
In questa circostanza gli venne rimproverato, da più parti, di aver difeso il sistema maggioritario in contrasto con la sua battaglia a favore della proporzionale condotta sin dal 1911. Si giustificò sostenendo che l'esperienza aveva dimostrato insufficiente e pericoloso per la stabilità delle istituzioni il sistema proporzionale. In realtà, la politica dei C. in questi primi mesi di governo fascista è tesa a non inasprire i contrasti politici e a portare il fascismo sulla via della normalizzazione. In questo ambito va visto anche il suo tentativo di organizzare una larga coalizione, tra i deputati filogovernativi meridionali, che assicurasse la piena adesione a Mussolini, con il fine di inglobare il fascismo in una generica coalizione conservatrice. Iniziativa che incontrò vivaci reazioni presso i gruppi più intransigenti del fascismo.
In occasione delle elezioni politiche del 6 apr. 1924, il C. aderì al cosiddetto "listone" nazionale, comprendente i fascisti ed esponenti liberali fiancheggiatori. Eletto deputato, ottenne subito la carica di presidente della giunta delle elezioni per l'esame e la convalida dei risultati elettorali. La sua proposta di convalidare la quasi totalità dei risultati incontrò la ferma opposizione dell'amendoliano E. Presutti e di Giacomo Matteotti, che nel suo noto discorso alla Camera del 30 maggio 1924 denunciò gli attentati alla libertà di voto compiuti dai fascisti e le intiniidazioni e gli ostacoli che avevano impedito alle opposizioni di esercitare i propri diritti politici ed elettorali. Non appena Matteotti concluse il suo discorso, chiese la parola il C., che affermò: "La Giunta delle elezioni domanda alla Camera di respingere la proposta dell'on. Matteotti, ed ha la coscienza di fare questa richiesta con piena sincerità e lealtà d'intenti".
Il 13 genn. 1925 il C. venne eletto presidente della Camera, in sostituzione di Alfredo Rocco, entrato a far parte del governo. Il giorno successivo pronunciò il suo discorso programmatico, ispirato alla necessità della concordia nazionale edella pacificazione degli animi. Siamo all'indomani della svolta segnata dal discorso di Mussolini del 3 gennaio e le parole del C. sembrano tendere a favorire il processo di fascistizzazione dello Stato in atto nel paese. "Bando a quelle gare - egli disse - che possono umiliare persone, partiti e la nazione stessa". Ribadì poi il suo positivo giudizio sull'opera del governo, sostenendo il rafforzamento dello Stato "nell'autorità e nel prestigio, riordinato da mano ferrea nelle leggi, nell'amministrazione, nella soppressione degli abusi".
Alla fine del 1925, dopo l'attentato di Zaniboni ela successiva stretta di freni del regime, il C. abbandonò la sua posizione di fiancheggiatore per aderire totalmente al fascismo.
Quale presidente della Camera si adopero per il restauro dell'aula di Montecitorio e per la redazione del nuovo regolamento della Camera, con l'introduzione del divieto dell'ostruzionismo parlamentare, di una maggiore rapidità dei dibattiti, di un limite frapposto al controllo politico sugli organi del Parlamento e di un maggior peso al potere esecutivo. Un provvedimento, questo, che rientra nell'ambito delle cosiddette "leggi organiche" del fascismo, tese a dare al capo del governo e al potere esecutivo notevoli attribuzioni e prerogative. Chiudendo i lavori parlamentari nel 1927 e riassumendo l'attività svolta in circa due anni, esaltò l'opera dei regime e in particolare l'avvento dello Stato corporativo.
Lasciò la presidenza della Camera il 21 genn. 1929, allorché venne nominato senatore, nel quadro dell'operazione tesa a inserire nell'assemblea di palazzo Madama elementi fedeli al regime. Con l'ingresso al Senato la sua posizione politica perse quel carattere di primo piano che aveva assunto con la presidenza della Camera.
Il C. morì a Napoli il 13 dic. 1938.
Fonti e Bibl.: Per l'attività parlam. del C. dal 1919 al 1929 si vedano gli Atti parlamentari. Camera, legislature XXV, XXVI e XXVII ad Indices. L'unica biografia esistente è di B. Ginnari, A. C., Napoli 1927. Si veda inoltre: A. A. G., Rocco e Casertano, in Concretezza, 16 luglio 1958; A. Repaci, La marcia su Roma, Roma 1963, I, pp. 243, 440; R. Zangrandi, Il lungo viaggio attraverso il fascismo, Milano 1963, pp. 323, 326, 348; G. De Rosa, Storia del movimento catt. in Italia, II, Il Partito popolare ital., Bari 1966, pp. 389, 390, 393, 479, 531; R. De Felice, Mussolini il fascista, I, La conquista del potere (19211923), Torino 1966, pp. 518 s., 524 s., 717; II, L'organizzazione dello Stato fascista (1925-1929), ibid. 1968, pp. 22, 121, 156 s.; A. Lyttelton, La conquista del potere. Il fascismo dal 1919 al 1929, Bari 1974, pp. 203 s.; A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, Milano 1940, II, p. 220; Chi è? Dizionario degli Italiani d'oggi, Roma 1936, p. 195.