CALLEGARI, Antonio
Figlio di Santo il Vecchio, nacque a Brescia nel 1699; è agevole supporre che il padre lo abbia avviato alla scultura anche se non poté aver molto influito sul figlio, in quanto scomparve quando Antonio era sulla ventina (1717). La tradizione d'altra parte ricorda che nelle statue del presbiterio di S. Agata a Brescia, Santo venne aiutato dal figlio; si può vedere la presenza di quest'ultimo artista nel piglio più mosso, anche se più complesso o complicato di queste sculture lignee, rispetto alle statue della cappella del Sacramento nella stessa chiesa. Sicché possono essere accostate alle due statue di Mosè ed Elia, nella parrocchiale di Palosco, le quali potrebbero forse essere le prime opere del C. qualificatamente sue. Si notano però in esse un torcersi della persona, uno scompiglio di linee e di mosse senza dinamismo o necessità, che sono ben lontani dalla forza, serenità e logica intima che caratterizzano pressoché tutta l'opera del Callegari.
Occorre pertanto pensare, tra questo gruppo di statue e le successive, che il giovane artista abbia subito influssi esterni e più precisamente da Roma: sia il modo di trattare il marmo - estrema abilità nelle tecniche della scultura - sia la capacità d'inserire la scultura nel complesso architettonico e cromatico dell'altare lo avvicinano alla scuola romana di quel tempo, alla quale si apparenta tanto per la ricerca di raffinatezza, di leggiadria e di devozione, non sempre però estatica, quanto per una tendenza a raffigurazioni allegoriche più che a temi reali, pur tenendo nel conto che tale era, ovunque, la tendenza dell'epoca.
Il C. nella sua attività vasta e continua - più di mezzo secolo - scolpì, almeno per quanto se ne sa, statue destinate ad essere poste sugli altari, nelle chiese: santi, - figure dell'Antico Testamento, virtù, secondo le allegorie sancite nell'Iconologia… del p. Ripa; statue cioè che avevano come scopo di suscitar la devozione e di attrarre alla virtù. Nonostante ciò le sue opere, lontane dal vacuo devozionismo generico di molta arte sacra del tempo, hanno un'impronta di vivace realtà, tanto nella ricerca attenta, per ciascun volto, di una propria caratteristica - sì che molte sembrano ritratti veri e propri - quanto nella volontà di esprimere, attraverso i lineamenti, il senso immediato del fatto o della virtù che la statua rappresenti. Abile nella finzione scenica, come a postulare un secondo personaggio quale termine necessario dell'atto della statua, parecchie delle statue del C. impongono all'osservatore un testimone della loro azione.
In alcuni casi il C. si impegnò anche in più alta ricerca espressiva, guardando allora al Cinquecento bresciano, in particolare al Moretto o al Romanino. Del resto è evidente che il C. per molti dei suoi putti - quelli posti in elegante equilibrio sugli spigoli più spericolati dei suoi altari -, nelle mosse ardite e sciolte, nelle membra e nei corpi sanamente pieni, aveva avuto l'occhio al Romanino. E non guardò solo ai grandi del Rinascimento bresciano, ma anche al Vittoria, e più in là ai classici stessi. Tuttavia per le sue figure, specialmente per le donne, abbandona sovente il generico abbigliamento classico di toghe, di manti, di pallii, per preferire i panni del suo tempo. Anche da questi panni, come dagli abiti di generica classicità, riesce con singolare perizia a cavare effetti di mobili luci e di vivo colore, stendendone o raccogliendone le pieghe o alternando le varie tecniche della levigatura o raspatura, ecc., delle superfici. Non si sottrae certo alle eleganze e talora anche agli stilemi leziosi del barocco, avviato ormai al rococò, a una certa enfasi o languore, ma mai a scapito della struttura della persona che si modella piena e salda, nell'involucro della veste, che dipende tutta dal corpo che contiene e dai suoi atteggiamenti, fedele in questo allo spirito classico che rimane nei migliori artisti dell'epoca. Anzi si direbbe che quanto più avanzava negli anni tanto più il C. avvertisse la letizia armoniosa d'un corpo giovane.
Il C. scolpì ritratti, acuti nel cogliere l'evidenza lineare e plastica dei volti, quale quello del Cardinal Querini (1749) sulla facciata della cattedrale di Brescia. Si sa che usava modellare, oltre che in creta, poi fatta cuocere, in creta che rivestiva di stoffa leggera imbevuta di creta, con sicuri effetti pittorici. Di tal genere restano ai Musei civici di Brescia i modelli di S. Luigi e S. Stanislao Kostka, di gran lunga più vivi delle statue eseguite (1763) per la parrocchiale di Chiari.
Nei bassorilievi mostra tale sicurezza di mano e leggerezza di gradazioni, nel rapporto delle figure con lo sfondo, da far pensare a uno studio dello "stiacciato" toscano del Rinascimento e di scultori del Cinquecento veneziano, quali il Sansovino.
Il C. morì a Brescia il 13 luglio 1777.
Qui di seguito, per ordine di località, l'elenco delle opere a tutt'oggi reperibili: Alzano Maggiore (Bergamo): parrocchiale, cappella del Santo Rosario, statue di S. Domenico e S. Rosa.Bedizzole (Brescia): Annunciazione (bassorilievo). Bergamo: cattedrale, S.Giacomo (finito dal nipote Gelfino); altare dei Santi Fermo, Rustico e Procolo (con collaboratori); chiesa di S. Leonardo, Ester, Giuditta.Brescia: chiesa di S. Agata, facciata, S. Agata, S. Apollonia, S. Lucia;chiesa di S. Alessandro, Fede, Carità;la Deposizione (bassorilievo); putti all'altare dell'Addolorata; cattedrale, facciata, ritratto del Cardinale Querini (1749); presbiterio, statue dei SS.Filastrio e Gaudenzio (1739); putti del monumento al cardinal Querini: la Mansuetudine, la Fede e statue allegoriche dell'altare a destra del presbiterio; chiesa di S. Clemente, Angeli all'altare del Rosario (1752); chiesa dei SS. Cosma e Damiano, Fede e Carità;chiesa di S. Eufemia, putti che reggono la mensa dell'altar maggiore; chiesa di S. Faustino, canonica, S.Scolastica;chiesa di S. Lorenzo, putti sulla facciata; putti che reggono il drappo di lapislazzuli della Madonna della Provvidenza (finiti dal figlio Luca); chiesa di S. Maria della Pace, Silenzio, Fortezza e Angeli, sulla cimasa dell'altare di S. Giovanni Nepomuceno; Angeli sul timpano dell'altar maggiore; statue dei santi Giovanni e Giacomo (prima del 1760); in sacrestia, statua dell'Immacolata;ex convento agostiniane, facciata di via Moretto, Storia di s. Agostino (bassorilievo); palazzo Martinengo Villagana (ora Banca S. Paolo, sede centrale), la Liberalità e il Disinteresse;cariatidi dello scalone; statua della fontana; Civici musei, bozzetti di S.Luigi, S. Stanislao Kostka, S. Giovanni Evangelista, statua di Brescia armata.Chiari: parrocchiale, la Giustizia, la Prudenza (1756), S. Luigi, S. Stanislao Kostka (1763), statue allegoriche dell'altare di S. Giuseppe. Cremona: cattedrale, cappella della Madonna del Popolo, Ester e Giuditta (1757). Desenzano del Garda: piazza del Porto, S.Angela Merici;chiesa di S. Giovanni Battista, Angeli.Esine (Brescia): parrocchiale, altar maggiore, S. Pietro, S. Paolo, Gesù nell'orto (bassorilievo). Lovere (Bergamo): chiesa di S. Giorgio, la Carità, l'Umiltà, il Padre e Angeli.Manerbio (Brescia): parrocchiale, altare del Santo Rosario, S. Domenico, S. Rosa, Angeli.Marone (Brescia): parrocchiale, altar maggiore, il Sacrificio di Isacco (bassorilievo). Montichiari (Brescia): parrocchiale, l'Umiltà, la Castità.Padenghe (Brescia): parrocchiale, l'Umiltà, la Castità (1773). Quinzano d'Oglio (Brescia): parrocchiale, S. Apollonia, S. Lucia.Tagliuno (Bergamo): parrocchiale, Angeli dell'altar maggiore e bassorilievo con il Pellicano (1751). Vobarno (Brescia): parrocchiale, statue dei santi Agostino, Ambrogio, Gerolamo, Gregorio Magno.
Dei suoi figli furono scultori: Giuseppe, del quale non conosciamo opere; Luca, che scolpì S. Pietro e Angeli per la facciata della parrocchiale di Manerbio, per la quale il fratello Santo, aveva già eseguito S. Paolo. Collaborò col padre e ne portò a termine le sculture rimaste incompiute in S. Lorenzo a Brescia (termine dei lavori, 1791). Non si allontanò dai modi paterni che egli interpretò con una certa stanchezza e con una certa mancanza di personalità.
Santo il Giovane, nato nel 1722 a Brescia e ivi morto nel 1780, scolpì (intorno al 1779) i medaglioni degli evangelisti Luca e Giovanni per i pennacchi della cupola del duomo nuovo di Brescia. Seguendo le orme del padre, rivela perizia e sagacia nel panneggio e vigorosa saldezza nel nudo. Scolpì pure statue discrete per la parrocchiale di Tavernola Bergamasca. L'ultima sua opera, la statua di S. Paolo per la facciata della parrocchiale di Manerbio, ricorda più le statue del nonno per Borgo San Giacomo e per Bergamo che quelle del padre per Esine.
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