CACCIANINO, Antonio
Nacque a Milano il 18 luglio 1764da famiglia nobile. Dopo aver frequentato il primario Collegio ecclesiastico lombardo, seguì il corso di ingegneria presso le Scuole palatine di Brera, sotto la guida di P. Frisi, F. M. De Regi, P. Fantoni e F. G. Bellotti. Si specializzò in ingegneria idraulica ed esercitò con successo la professione, tanto che la Società patriottica di Milano nel 1791 lo nominò suo membro, affidandogli l'esame delle proposte di bonifica del territorio pavese, e Vittorio Amedeo III di Savoia nel 1796 gli concesse la facoltà di esercitare anche nel Regno di Sardegna. Occupata la Lombardia dalle truppe francesi del Bonaparte, il C. divenne membro della municipalità di Milano, alla quale carica attese con diligenza (ne fu anche presidente). Fu uno dei 16 membri progressisti della vecchia Società patriottica nominati dal Bonaparte a far parte della Società di pubblica istruzione (11 genn.-1º luglio 1797). Nel 1797 sposò Caterina De Magistris, nobile milanese, che gli diede due figli, Camillo e Teresa (la De Magistris morì nel 1803; l'anno seguente il C. sposò Nicolina Berini, cremonese, che morì nel 1817). Dopo l'istituzione della Repubblica cisalpina, allorché vi fu organizzato nel 1798 il corpo del Genio militare secondo il modello francese, il C. entrò a farne parte ottenendo il grado di capo-battaglione. Apprezzato dalle autorità militari francesi per i suoi meriti scientifici, nel 1799 fu nominato prima capo della direzione generale del Genio militare in Lombardia, poi ispettore centrale. In quell'anno fu inviato a dirigere le opere di difesa ad Alessandria, a Lione e a Nizza, rimanendo in Francia nel periodo dell'occupazione austro-russa della Lombardia. Dopo Marengo, il 2 ott. 1800 ebbe il grado di colonnello del Genio; quindi, nel 1801 fu nominato capo della direzione generale del Genio al ministero della Guerra in Milano. Ricostituita la Cisalpina, fu riaperta a Modena la Scuola militare per il genio e per l'artiglieria, e il C. ne fu nominato direttore (15 settembre 1801). Sotto la sua guida, questa scuola, che contava tra i suoi docenti noti studiosi come P. Ruffini, A. Cagnoli, P. Cassiani, G. F. Cremona, G. Tramontini, C. Benferreri, G. Soli, divenne ben presto assai reputata. Nel 1803 il C. propose un piano di riforma degli studi, che venne approvato con alcune modifiche il 22 novembre. Nel giugno 1805 Napoleone stesso si recò a visitare la scuola, mostrandosi soddisfatto della sua organizzazione, e il 1º maggio 1806 conferì al C. il cavalierato della Corona di ferro, concedendo all'istituto modenese fondi straordinari per ampliare le proprie attrezzature. Nel 1812 il C. venne eletto membro onorario del Reale Istituto di scienze lettere ed arti in Milano (il futuro Istituto lombardo): già nel 1802 era stato nominato socio dell'Accademia militare cisalpina e nel 1808 era stato accolto nell'Accademia italiana delle scienze lettere ed arti di Livomo. Nel 1812 il C., che dal 26 ag. 1802 ricopriva anche l'ufficio di direttore delle fortificazioni, presentò le dimissioni dalla direzione della scuola, ma queste furono respinte. Dal maggio 1814, trasferita per ordine della reggenza austriaca a Cremona, la scuola visse ancora stentatamente fino alla fine del luglio 1815, quando fu definitivamente soppressa: il C. venne allora messo a riposo con il grado e la pensione di colonnello. Dall'arciduca Giovanni, direttore generale del Genio e delle Accademie militari d'Austria, egli ottenne che molti allievi della scuola di Modena fossero assunti nell'esercito imperiale. Dal 1801 al 1814, vennero formati centoquarantasei ufficiali, di cui trentasei ingegneri e centodieci artiglieri, alcuni dei quali divennero scienziati illustri, come L. Nobili e G. B. Amici.
L'attività scientifica del C. fu di un certo pregio. Nel 1812 presentò al Reale Istituto di scienze, lettere ed arti di Milano una memoria in cui esponeva e illustrava con ricchezza di considerazioni originali il procedimento con cui il Ruffini aveva dimostrato la irresolubilità per radicali delle equazioni di grado superiore al quarto e applicava altresì lo stesso procedimento per trovare a priori la soluzione dell'equazione generale di secondo grado. Notevoli appaiono in questo lavoro la chiarezza e la perspicacia con cui vengono pienamente comprese la validità e la correttezza dell'eccezionale scoperta del Ruffini, la quale, benché presentata dall'autore in lavori del 1798 e del 1802, era rimasta pressoché ignorata dagli ambienti accademici europei, al punto che l'Istituto di Francia (nel 1810) e la Royal Society di Londra (nel 1814), invitati a pronunciarsi, non si erano sentiti sufficientemente sicuri per prendere una posizione definitiva in proposito. Fu così che il teorema di Ruffini dovette in certo modo essere "riscoperto" da Abel, che nel 1826 lo ridimostrò con metodi indipendenti. è anche il caso di sottolineare come il C. discuteva a fondo proprio la questione matematicamente più importante del suddetto teorema di irresolubilità, quella cioè legata alla questione delle permutazioni dei coefficienti delle equazioni. La memoria del C. fu pubblicata in Memorie dell'I. R. Istituto del Regno Lombardo-Veneto, vol. I (1812-13), 22 pp. 3-16, con il titolo: Esposizione de' principj da cui il Sig. Prof. Cav. Ruffini deriva la sua dimostrazione sull'impossibilità della soluzione algebraica delle equazioni superiori al quarto grado (ibid., p. 17, si afferma che il C. aveva presentato tale memoria a Milano il 10 giugno 1812; secondo il Vacani invece il C. l'avrebbe esposta il 10 giugno 1810presso l'Istituto in Bologna). Posteriore di poco è una memoria in cui il C. esaminava gli effetti dello scoppio delle mine e il calcolo delle cariche in giustificazione delle leggi pratiche di Belidor. Tale teoria, che egli aveva elaborato in occasione delle demolizioni effettuate a Castelfranco nel 1805, viene sviluppata con ricchezza di considerazioni di carattere fisico e rappresenta un progresso rispetto ai metodi sostanzialmente empirici in uso precedentemente. La memoria fu poi riassunta dallo stesso C. e pubblicata con il titolo Compendio della teorica delle mine, ibid., II (1821), 23 pp. 115-122. Nel 1825 lesse a Milano un manoscritto intitolato Suiprincipi del calcolo differenziale (citato, ibid., IV [1833], I, p. 9), in cui proponeva una sua definizione di differenziale, capace di comprendere come caso particolare la stessa definizione leibniziana e, nello stesso tempo, di applicarsi anche al calcolo delle differenze finite e prestarsi più intuitivamente alle applicazioni geometriche. Invece di attendere la pubblicazione degli Atti dell'Istituto, il C. fece stampare la memoria privatamente dal suo amico Vincenzo Ferrario (Esposizione di un principio puramente geometrico del calcolo differenziale, Milano 1825), dedicandola al suo allievo Pietro Paleocapa, il quale aveva applicato il principio geometrico del C. alla teoria delle curve. Tale teoria stava tanto a cuore al C. che, nonostante le gravi sofferenze causategli dalla malattia cerebrale da cui era affetto, elaborò un ampliamento e un approfondimento di essa (Meditazioni sul calcolo differenziale, Milano 1833, composto di due memorie: Dimostrazioni di alcuni principali usi del calcolo differenziale ricavate dal principio de' massimi e minimi relativi [con tavole geometriche] e Considerazioni analitiche sulle leggi di variabilità generatrici del principio de' massimi e minimi relativi), il quale venne stampato e curato dal Ferrario poiché il C. non era "più in grado di sostenere coll'opera la cura dell'edizione".
Il C. morì il 20 febbr. 1838.
Fonti e Bibl.: G. Lombroso, Vite dei primarj Marescialli e Generali francesi, italiani, polacchi…, che ebbero parte nelle guerre napoleon. dal 1796 al 1815, Milano 1840, p. 185; C. Vacani, Biografia del cavaliere A. C., Milano 1841; E. De Tipaldo, Biogr. degli Ital. illustri, VIII, Venezia 1841, pp. 308-310; G. Canevazzi, La scuola militare di Modena (1756-1914), I, Modena 1914, pp. 235-242 e ad Indicem;P.Pecchiai, La "Soc. patriottica"…, in Arch. stor. lomb., XLIV (1917), pp. 25, 152; Nuovissimo Dizionario degli uomini illustri d'ogni età…, I, Milano 1854, p. 564; C.von Wurzbach, Biograph. Lex. des Kaiserthums Oesterreich, II, Wien 1857, pp. 225-226.