BUCCI, Antonio
Nato a Faenza il 18 ag. 1727 da Filippo e da Lucrezia Gori, in una famiglia agiata, compì i primi studi nel seminario locale, ove discusse anche alcune tesi teologiche. Frequentò poi a Bologna i corsi di fisica all'università, ove conobbe E. Zanotti e si accostò alla lettura delle opere di Newton, che foggeranno in senso decisamente moderno il suo pensiero. Laureatosi poco dopo il 1750, fu ordinato sacerdote e tornò a Faenza, ove insegnò filosofia nel ginnasio locale e nel seminario: questa seconda cattedra fu da lui successivamente abbandonata, mentre conservò la prima per tutta la vita. Nell'ambiente culturale faentino il B. ebbe modo di precisare e approfondire le proprie opinioni mediante amichevoli discussioni di argomento filosofico e scientifico con G. B. Borsieri, dal 1745 protomedico a Faenza, e con gli altri due valenti medici, Benedetti e P. P. Dall'Arme, nell'ambito della faentina Accademia dei Filoponi. A questa consuetudine di fruttuosi dibattiti si riallaccia la prima e principale opera del B., i tre libri dialogici De instituenda regendaque mente (Romae 1772) concepiti prima del 1768-69.
Il B. immagina che, trovandosi nella villa suburbana del Borsieri, egli e i tre amici convengano di discutere sulle facoltà conoscitive della mente, su una possibile disciplina del suo corretto uso e sui requisiti educativi di un retto sviluppo intellettuale. L'ambientazione dei dialoghi, che si svolgono in tre giornate, con il classico otium in uno scenario arcadico, rimanda a modelli platonici e ciceroniani, ma la sostanza del libro è chiaramente modernista, anche se il B. inserisce le recenti teorie nello sviluppo storico del pensiero, rifiutando atteggiamenti di rottura. Ciascuna giornata si articola intorno a un tema centrale. La prima verte sulla possibilità stessa di una disciplina del retto uso della ragione, non in senso puramente formale né valido solo nell'ambito culturale (come la logica scolastica il cui uso tradizionale tutti gli interlocutori giudicano sterile), ma atto a guidare opportunamente l'attività pratica. La discussione su questo argomento implica l'analisi storica della formazione del pensiero moderno e quella della peculiarità dei "corretti" metodi di ragionamento che esso ha introdotto. Nella seconda giornata, che ha per protagonista il Borsieri, è trattata su basi fisiologiche la genesi della mente individuale. I tradizionali problemi di teoria della conoscenza, quali l'origine delle qualità e dei concetti, l'idea di sostanza, e le vicende del processo educativo, sono considerati nell'ambito di questa impostazione biologica. La terza giornata tratta il rapporto delle idee e dei loro supporti materiali, delle parole con le cose, affrontando classici problemi di filosofia del linguaggio e di teoria della definizione, fino a giungere alla discussione dell'attrazione newtoniana e della visione meccanicistica del mondo.
L'opera non offre soluzioni precise. Il B., pur apertissimo alla cultura ed alla scienza contemporanee, fa costante riferimento alla tradizione filosofica e crede alla fondatezza dei suoi metodi e problemi; il Benedetti e il Dall'Arme assumono un atteggiamento più scettico e riduzionistico, mentre il Borsieri opera da mediatore. Da denominatore comune funge un illuminismo non generico, ma dedito all'approfondimento effettivo del nucleo logico dei problemi. Sono notevoli le discussioni sui rapporti tra linguaggio scientifico e fatti rappresentati, esprimenti un orientamento convenzionalistico assai moderno. Per quanto dimenticata, l'opera può quindi ritenersi valida e in alcuni punti ancora interessante. Essa suscitò presso i contemporanei reazioni favorevoli, (Novelle letterarie di Firenze, n.s., IV [1773], col. 456), e lo stesso d'Alembert, in una lettera al B. del maggio di quell'anno, l'apprezzò vivamente.
Pur interessandosi ancora di argomenti filosofici, ed anche legislativi e politici, il B. orientò i suoi studi successivi in senso scientifico; si occupò seriamente di agricoltura, compiendo esperimenti, promuovendo alcune colture, diffondendo nuove piante. Nel 1783 pubblicò a Pavia le Osservazioni circa il flogisto,e le differenti specie d'aria secondo le moderne scoperte, in cui si mostra edotto delle ricerche di Bergmann, Volta, Priestley, che tenta di inserire nel quadro della chimica stahliana. Ciò rese caduche le tesi dell'operetta, come apparve negli anni immediatamente successivi. Alle Osservazioni fece seguito lo Specimen physicae generalis sive de concretione corporum et dissolutione (Faenza 1790), un completo trattato di fisico-chimica in cui il B. operava un serio tentativo di fondare filosoficamente una scienza della natura unitaria.
Queste opere gli procurarono notevole rinomanza e varie offerte di cattedre universitarie, ma egli volle restare a Faenza, ove morì nel 1793.
Bibl.: G. B. Mittarelli, De literatura Faventinorum,sive de viris doctis et scriptoribus urbis Faventiae, Venetiis 1775, p. 35; A. Hercolani, Biografie e ritratti di uomini illustri romagnuoli, I, Forlì 1834, p. 21; E. De Tipaldo, Biografia degli Italiani illustri, III, Venezia 1836, pp. 207 s.; A. Montanari, Gli uomini illustri di Faenza, II, 1, Faenza 1886, p. 112.