BRIGNOLE, Antonio
Nacque a Genova intorno al 1535 da Giovanni e da Maria di Benedetto Carmagnola.
La famiglia Brignole, che era scesa dalla Val di Aveto a Rapallo verso il 1350 e quindi si era trasferita a Genova entrando a far parte dell'arte della Seta, non aveva potuto, fino alla seconda metà del sec. XV, prendere parte alle magistrature per la sua appartenenza alla fazione guelfa e popolare. Il nonno del B., Martino, notaio, nel 1490 faceva parte dell'ufficio della Moneta, ma nel 1495 - ignoriamo per quale ragione - venne cassato dalla matricola dei notai e ritornò all'attività di setaiolo. Giovanni Brignole seguì le orme paterne: l'iniziale attività di fabbricante di seta, di cui si hanno documenti nel 1519 e nel 1521, ce lo mostra concedere a Giacomo di Valdetaro una procura di tutti i suoi crediti presso il mercante francese Giovanni Andrea di Clavel e un'altra ai fratelli Giovanni e Tommaso De Marini, per un importo di 461 scudi d'oro, presso un mercante di Lione, Rolino Iliossono. Ma con Giovanni si ha anche l'entrata dei Brignole nella piena attività politica della Repubblica: infatti egli, con la riforma legislativa del 1528, venne ascritto alla nobiltà nell'"albergo" Cicala e, nello stesso anno, venne scelto come console della Ragione. Quindi nel 1546 fu eletto senatore, carica che ricopriva all'epoca della congiura di Gian Luigi Fieschi, nella quale non è ben chiaro quale parte abbia assunto: se antiaristocratica e quindi favorevole alla congiura, quale l'origine popolare della sua famiglia avrebbe richiesto e quale segnala un manoscritto (Arch. di Stato di Genova, Mss. 473, c. 535), o invece rassegnatamente favorevole, nella sua qualità di senatore, all'autorità di Andrea Doria. In effetti, non comparve tra i nobili colpiti dai provvedimenti punitivi del Doria e nel 1679 fu eretto alla sua memoria un monumento con una lapide che, definendolo il più vecchio dei senatori, ricordava la strenuissima lotta in difesa della libertà da lui sostenuta nel 1546 contro il nefando sforzo dei "traditori della patria". Fu nuovamente estratto senatore nel 1562; al 23 febbr. 1573 risale il suo ultimo testamento, in cui lasciava credi i due figli maschi Antonio e Teramo; quest'ultimo, che fu dell'Ordine domenicano, nel 1596 fece cessione in favore del B. di ogni suo diritto ereditario.
Il B. fu iscritto al libro d'oro nel 1554, anch'egli come il padre nell'albergo" dei Cicala, dei quali, secondo la norma, assunse il cognome: riassunse quello di Brignole dopo la nuova riforma del 1576. Nel 1575, a seguito della rivolta dei nobili del Nuovo Portico e dei popolari, in un momento delicatissimo della storia genovese, fu eletto a parlamentare con don Giovanni d'Austria, che la Spagna aveva inviato al comando di una flotta in difesa degli aristocratici. Come ambasciatore il B. fu nuovamente utilizzato dalla Repubblica nel 1592, per recarsi a complimentare il nuovo pontefice Clemente VIII e per ottenere, da lui la conferma dei privilegi genovesi.
Sempre nel 1576, dopo la riforma democratica, il B. entrò a far parte del Gran Consiglio dei quattrocento; quindi anche del Minor Consiglio. Nel dicembre 1587 e nel 1590 fu estratto procuratore e nel novembre 1599 governatore; infine, nel 1604, fece parte del magistrato dei Padri del Comune. Il B. aveva così scalato tutte le più alte cariche della Repubblica, ad eccezione del dogato, che toccò al suo primogenito Giovan Francesco. Aveva sposato Maddalena Sale fu Niccolò, avvicinando la sua famiglia ad una tra le più influenti e ricche della città.
Fu il B. a porre solidamente le basi della potenza economica della famiglia, moltiplicando con sicuro senso del commercio e delle operazioni finanziarie il patrimonio ricevuto dal padre. Le sue ingenti ricchezze sono testimoniate da numerosi testamenti, il primo dei quali reca la data del 29 sett. 1583, l'ultimo quella del 10 marzo 1605. Il loro tenore è pressoché identico: i maggiori eredi sono sempre i figli maschi Giovan Francesco e Giovan Battista nella misura rispettiva di 3/5 e 2/5, con raccomandazioni e consigli perché essi sappiano organizzare l'attività economico-finanziaria da lui impostata. In un testamento del 31 ag. 1593 il B. chiedendo di essere sepolto nella chiesa di S. Teodoro, nella cappella di S. Margherita, dispose l'usuale distribuzione di centinaia di lire tra alcune chiese genovesi (S. Siro, S. Maria Annunziata del Vastato, S. Maria di Castello) per messe in suo suffragio; molte altre centinaia di lire chiese di distribuire in carità (1.000 all'ospedale di Pammatone e 1.000 a quell'ufficio dei Poveri, costituito nel 1532, che proprio un suo nipote, Emanuele, figlio di Giovan Battista, avrebbe trasformato nel grandioso "albergo dei poveri" di Carbonara). Per la figlia Giovanna Maria, ancora zitella, dispose una dote di ben 100.000 lire, e ai due figli maschi impose l'acquisto di 12.000 "luoghi" del banco di S. Giorgio, con l'impegno di conservarli "in perpetuo", rinnovando gli utili ogni venti anni, di primogenito in primogenito. Stabilì altresì che con gli utili dei primi 20 anni i figli facessero costruire un grande palazzo come abitazione di entrambi, e che esso non potesse essere né venduto né alienato né ipotecato per nessuna ragione: da questa prescrizione del B. sarebbe nato, per opera di Giovan Francesco, Palazzo Rosso, la più splendida dimora genovese.
La morte del B. avvenne tra il marzo 1605 e il 4 febbr. 1606. Infatti a tale data risale un documento di procura degli eredi del B. a Giovan Francesco per la riscossione di capitali da lui prestati alla, corte e alla Curia della città di Napoli.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Genova, Mss. 10, c. 74v; 473, cc 543, 544, 545, 563, 565; 494, c. 262; Buste Nobilitatis, 26 A/2859; Notai, n. 1574, sc. 462, doc. 248; n. 1606/3, sc. 584; Genova, Civica Biblioteca Franzoniana, ms. 126: F. Federici, Alberi genealogici della famiglie nobili di Genova, c. 264v; G. Durazzo, Nella solenne coronazione del serenissimo Giovan Francesco Brignole Sale doge della ser. Repubblica di Genova, Genova 1746, passim;F. M. Accinelli, Compendio delle storie di Genova, Lipsia 1750, p.174; N. Battilana, Genealogie delle famiglie nobili di Genova, I, Genova 1825, cc. 1 s.; R. A. Vigna, Illustrazioni di S. Maria di Castello, Genova 18645 p. 304; E. Celesia, La congiura del conte Gian Luigi Fieschi, Genova 1864, pp. 184-188; A. Boscassi Ilmagistrato dei Padri del Comune, Genova 1912, p. 50; L. Grillo, Elogidi Liguri illustri Genova 1846, II, p. 398; F. Donaver, Storia della Repubblica di Genova, II, Genova 1913, p. 111; V. Vitale, Breviario della storia di Genova, I, Genova 1955, p. 302; D. Gioffré, Gênes et les foires de change, Paria 1960, pp. 201 doc. 374, 209 doc. 430.