FERRARO, Antonino
Figlio di Tommaso, nato a Giuliana, centro feudale in Val di Mazara, oggi provincia di Palermo, fu il capostipite di una famiglia di decoratori e plasticatori. In base a documenti pubblicati da Marchese (1981) la data di nascita può fissarsi al 1523, poiché in un "rivelo" presentato dal F. nel 1607, egli dichiara di avere ottantatré anni. Per la sua abilità di plasticatore fu soprannominato Imbarracochina come compare nel contratto del 1553 per l'esecuzione dei rilievi (Guarigione del paralitico; Miracolo di Mosè) dell'acquasantiera di destra nella cattedrale di Palermo, realizzata assieme a G. Spatafora (Di Marzo, 1883). Secondo un'ipotesi del Di Marzo, iniziò il suo noviziato artistico presso la bottega dei Gagini, scuola di cui mantenne qualche eco nel morbido panneggio.
La sua produzione è principalmente costituita da una serie di affreschi e decorazioni in stucco per le chiese dell'area palermitana e trapanese. La sua prima opera documentata, secondo una testimonianza del Di Marzo (1880) è il gruppo della Deposizione, in terracotta policroma con figure a grandezza naturale, eseguito nel 1552 per la chiesa di S. Lorenzo a Caltabellotta (originariamente dinanzi all'altar maggiore, poi, probabilmente nel 1594, spostato in una cappella laterale).
È ipotesi del Di Marzo che al F. spettassero pure le composizioni in stucco con l'Eterno circondato da angeli con strumenti della Passione, nella volta del presbiterio. Ancora nella stessa chiesa, in nicchie nella parete sinistra dell'ingresso, erano a lui attribuite le statue di S. Marco, S. Benedetto e S. Onofrio, oggi non più esistenti (Di Marzo, 1880; Mauceri, 1915; Bellafiore, 1963, p. 299; Garstang, 1990).
Altra opera documentata, che costituisce una delle prove più impegnative dell'artista, è la decorazione a stucco e ad affresco nel cappellone dell'altare maggiore e nella cappella del coro della chiesa tardogotica di S. Domenico a Castelvetrano, eseguita tra il 1577 e il 1580 per il principe Carlo d'Aragona e Tagliavia.
La volta emisferica della cappella del coro, ripartita con rilievi a stucco, ha al centro l'Eterno benedicente in un tondo a rilievo mentre intorno quattro ovali, ove sono raffigurati ad affresco rispettivamente la Resurrezione, l'Ascensione, la Pentecoste e la Morte della Vergine, si alternano a riquadri con figure di Profeti. All'imposta della volta e tutt'intorno sono otto tondi con busti in rilievo, e sul tamburo, in quattro nicchie, sono situate le statue degli Evangelisti e dei Padri della Chiesa in terracotta rivestita di stucco; in due grandi nicchie negli spazi laterali e in una in fondo al centro sono le statue di S. Antonino e S. Vincenzo Ferreri, di S. Pietro Martire e S. Caterina d'Alessandria, di S. Domenico e di S. Tommaso. Alcune iscrizioni riportano il nome di Carlo d'Aragona, committente, e la data 1577, mentre un affresco sulla destra reca l'Autoritratto dell'artista con la scritta "Tanti operis huius caelator egregius Antoninus Ferrarus sicanus ac iulianensis hic est".
Tre anni dopo eseguì la decorazione dei cappellone. Di pianta quadrata, ha agli angoli quattro colonne con capitelli corinzi che sorreggono una cornice ornata da putti: le due colonne interne, ai lati dell'arco trionfale, sono ornate con Storie di Mosè in altorilievo e con mezze figure delle Sibille Libica ed Eritrea e dei profeti Abacuc e Sofonia. L'arco trionfale reca sui pilastri le figure di S. Pietro e S. Paolo sormontate da mensole che sorreggono le statue di Isaia e Giacobbe;nel fronte dell'arco si vede l'Albero di Iesse, raffigurato disteso con i dodici re biblici sui rami. La ricchissima ornamentazione, policroma e dorata, prelude alla decorazione della volta a crociera dove sono raffigurati ad affresco, al centro, lo Sposalizio della Vergine, ed intorno, in quattro ovali, i Misteri della nascita e della vita di Cristo.
L'ultima opera del F., documentata da un'epigrafe che reca il suo nome e la data 1598, è la decorazione a stucchi ed affreschi della cappella di S. Maria della Catena nella chiesa madre di Caltabellotta dove sull'arco d'ingresso, con ricchissima ornamentazione, si trova il gruppo dell'Assunta fra le statue di Isaia e Geremia (Di Marzo, 1883; Bellafiore, 1963, p. 299). La decorazione della tribuna del duomo di Mazara (1600), opera di collaborazione con il figlio Orazio, è dovuta principalmente a quest'ultimo. Gli sono inoltre attribuiti gli affreschi con Storie dei progenitori nella chiesa madre di Isnello (Bellafiore, 1963, p - 99), riferiti anche ad Orazio.
Non si conosce la data di morte del F., che però si può presumibilmente fissare alla fine del 1609, in considerazione del fatto che l'ultimo testamento dell'artista è registrato il 7 novembre di quell'anno presso il notaio Catanzaro di Mazara dei Vallo (Quinci, 1934, p. 270; Marchese, 1981). I figli Tommaso e Orazio praticarono la sua stessa arte.
Nonostante la vasta ed interessante produzione della famiglia Ferraro e del F. in particolare, è solo con il Di Marzo che viene avviata una ricostruzione sistematica ed una prima valutazione storico-critica dell'attività figurativa dell'artista, considerato esponente di quel periodo di transizione dai caratteri classicisticorinascimentali alle correnti manieristiche. Le valutazioni critiche più recenti, a partire dal Calandra (1963), hanno messo in risalto inoltre anche il carattere protobarocco della sua esuberante vena decorativa.
Per quanto riguarda invece le matrici culturali, a partire dai riferimenti ai Gagini e ai repertori michelangioleschi e raffaelleschi (Bellafiore, 1963), sono stati individuati rapporti con l'attività di Ieronimo Coral (Blunt, 1968) e forse anche con la Spagna (Scuderi, 1973) e con sculture oltremontane tanto da far ipotizzare una possibile origine straniera della famiglia (Barricelli, 1981). Nel rapporto che queste forme ornamentali assumono nei confronti della struttura senza spezzare sostanzialmente le regole dell'architettura rinascimentale per accedere all'ampio effetto illusionistico del vero barocco, la decorazione del F. ha comunque il merito di gettare le basi di una scuola di stuccatori che, via via raffinandosi, raggiungerà la perfezione nell'arte di Giacomo Serpotta.
Fonti e Bibl.: G. Di Marzo, Delle belle arti in Sicilia dai Normanni alla fine del sec. XVI, IV, Palermo 1864, pp. 143-149;Id., I Gagini e la scultura in Sicilia nei sece. XV e XVI, I, Palermo 1880, pp. 529, 724-737; II, ibid. 1883, pp. 268 s., doc. CCXII; E. Mauceri, G. Serpotta, in L'Arte, IV (1901), pp. 77 s.; Id., F. Laurana in Sicilia, in Rass. d'arte, VI (1906), p. 4; G. B. Ferrigno, Castelvetrano, Palermo 1919, p. 19; E. Mauceri, in U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, Leipzig 1915, pp. 462 s.; F. Meli, G. Serpotta, Palermo 1934, p. 19; G. B. Quinci, Opere diO. Ferraro da Giuliana in Mazara (sec. XVIII), in Arch. stor. sicil., n.s., LIV (1934), pp. 261-271; E. Calandra, Breve storia dell'architettura in Sicilia, Palermo 1963, p. 123; G. Bellafiore. La civiltà artistica della Sicilia, Firenze 1963, pp. 19, 28, 99, 299, 303 s.; A. Blunt, Barocco siciliano, Roma 1968, pp. 10, 43; V. Scuderi, Architettura e architetti barocchi nel Trapanese, Trapani 1973, pp. 12 s.; M. G. Mazzola, Profilo della decorazione barocca nelle volte delle chiese palermitane, in Storia dell'arte, X (1979), 36-37, pp. 205 s., 229; A. Barricelli, La pittura in Sicilia dalla fine del Quattrocento alla Controriforma, in Storia della Sicilia, X, Palermo 1981, pp. 52 s.; A. G. Marchese, IFerraro da Giuliana, I, Orazio pittore, Palermo 1981, pp. 9-14, 95 s.; D. Garstang, G. Serpotta e gli stuccatori di Palermo, Pale- 1990, ad Indicem.