MERIGHI, Antonia Margherita. – N
acque a Bologna intorno al 1690. Non è noto come sia stata iniziata all’arte del canto, ma l’intenso sodalizio con il castrato A.M. Bernacchi e il tenore A.P. Fabri lascia supporre che la sua formazione avvenisse nell’ambito della celebre scuola bolognese fondata da F.A. Pistocchi.
La sua prima esibizione, documentata da libretti d’opera, risale all’estate 1711, allorché interpretò a Lugo un ruolo minore nell’Enigma disciolto di F.M. Arresti, opera rappresentata l’anno precedente a Bologna, verosimilmente dalla medesima compagnia. La parte, come quelle che la M. sostenne negli anni immediatamente successivi, era di un personaggio maschile.
Nell’estate 1713 cantò al teatro Obizzi di Padova e in autunno a Bologna in Carlo re d’Alemagna di G. Orlandini, per la prima volta in una compagnia primaria, in cui spiccava il nome del virtuoso Bernacchi. Dopo un ingaggio a Verona nel 1714, la M. si spostò a Firenze dove, ancora accanto a Bernacchi, si esibì nel teatro di via del Cocomero nelle stagioni di carnevale del 1715 e 1716 in opere di F. Gasparini e C.F. Pollarolo. In quel periodo dovette inoltre esibirsi presso la corte medicea, cosa che negli anni seguenti le consentì di fregiarsi del titolo di «virtuosa della principessa Violante di Toscana».
Nel carnevale 1717 fu a Livorno, dopodiché raggiunse Venezia debuttando in autunno al teatro di S. Moisè, dove sostenne per la prima volta il ruolo di un personaggio femminile, nella Tieteberga di A. Vivaldi; nella compagnia figurava il virtuoso F. Natali detto il Perugino. Sempre al S. Moisè, nella stagione del carnevale 1718, la M. fu interprete di altre due opere di Vivaldi: Artabano re de Parti, rifacimento de La costanza trionfante, e Armida al campo d’Egitto. Quest’ultima, in cui sostenne il ruolo eponimo, fu replicata in aprile a Mantova. In estate era quindi a Ferrara con Natali e al teatro Ducale di Milano con Bernacchi. Fece poi ritorno a Venezia, ingaggiata con G. Ristorini e Vittoria Tesi al teatro di S. Angelo per le stagioni di autunno e carnevale; nella primavera si esibiva al teatro Malvezzi di Bologna.
Fu nuovamente a Milano per il carnevale del 1720, con Bernacchi e il giovanissimo G. Carestini. In primavera fu a Genova e in autunno al S. Angelo di Venezia, interprete de La verità in cimento di Vivaldi. Nello stesso teatro, in tempo di carnevale, cantò in Filippo re di Macedonia, di Vivaldi e G. Boniventi, e in opere di Orlandini e C.L. Pietragrua.
Conclusa la stagione lasciò Venezia e nella primavera del 1721 debuttò a Napoli al teatro di S. Bartolomeo.
Qui fu impegnata per un triennio, interprete delle opere dei grandi maestri partenopei: G. Bononcini, F. Feo, L. Leo, F. Mancini, N. Porpora, D. Sarro e L. Vinci, accanto ai cantanti più acclamati dell’epoca: Maria Anna Benti (la Romanina), Faustina Bordoni, N. Grimaldi, A. Pacini (il Lucchesino) e i concittadini Bernacchi, Fabri e Santa Marchesini. Si trattava di compagnie di rango, come quella del carnevale 1722-23, che la Gazzetta di Napoli (10 nov. 1722) legittimamente definiva «la migliore ch’oggi sia nelli teatri d’Italia». Assidua inoltre la partecipazione della M. alle esecuzioni private in Palazzo reale: con Gli orti esperidi di Porpora e Rosiclea di Bononcini nell’autunno 1721; con un’accademia in primavera e Bajazet di Leo a fine estate nel 1722; con il Silla di Vinci nell’ottobre 1723; e, ancora, serenate in altre prestigiose sedi.
Nell’autunno 1724 la M. tornò a Venezia, scritturata in quella stagione e nella successiva al teatro di S. Giovanni Grisostomo, il più importante della città, dove si esibì con la Bordoni, A. Barbieri e G. Bernardi in opere di F. Brusa, Orlandini e Vinci. Fu forse allora che A.M. Zanetti schizzò una sua vivace caricatura a inchiostro (riprodotta in The New Grove Dictionary).
In primavera la M. fu al Ducale di Parma, ancora con Barbieri e la Bordoni, e in estate alla Pergola di Firenze, con Grimaldi. Nel carnevale 1725-26 cantò al Regio di Torino con Bernacchi, Ristorini e A. Pasi e nella primavera successiva ancora a Venezia, al S. Samuele, protagonista dell’Imeneo in Atene di Porpora. Quindi ancora a Torino nel carnevale 1726-27, protagonista di una Didone di Sarro e di un’Antigona di Orlandini, opera riproposta in aprile a Bologna sotto il titolo de La fedeltà coronata, con una compagnia d’eccezione con C. Broschi (Farinelli), Bernacchi, Costanzi e Grimaldi. Tra la primavera del 1728 e il carnevale 1729 la M. tornò a Napoli, dove cantò con Carestini e Bernacchi in opere di J.A. Hasse, A. Scarlatti e Vinci. Sembra tuttavia che Bernacchi lasciasse la città assieme con la M. non essendogli riuscito di ottenere l’allontanamento di Carestini, a lui inviso (Frati, pp. 478 s.).
Negli ultimi anni la M. fu consacrata una delle prime cantanti italiane. E tale la conobbe G.Fr. Händel, giunto in Italia per ingaggiare la compagnia di canto che avrebbe inaugurato la cosiddetta seconda Royal Academy of music presso il teatro londinese di Haymarket.
Il 2 luglio 1729 The Daily Journal rendeva noti i nomi degli artisti scritturati: Anna Maria Strada, Bernacchi e Fabri, oltre alla M., descritta come una donna di gran bella presenza, attrice eccellente e ottima cantante, «a counter tenor». L’ingaggio valse a Bernacchi 1200 ghinee, 1000 alla M., 600 alla Strada, 500 a Fabbri (Händel-Handbuch, p. 174). Nel cartellone figuravano due nuove opere di Händel: Lotario e Partenope, andate rispettivamente in scena in dicembre e in febbraio. Mary Pendarves, che ascoltò la M. nelle prove del Lotario, disse che cantava con facilità e piacevolezza, anche se trovava la sua voce né troppo bella né troppo brutta (ibid., p. 175).
La stagione non ebbe esiti soddisfacenti e Bernacchi non piacque, tanto che nella seguente fu sostituito da F. Bernardi (il Senesino). Nella stagione 1730-31 la M. interpretò altre cinque opere di Händel: Poro e le riedizioni di Scipione, Giulio Cesare, Rodelinda e Rinaldo.
Tornata in Italia, nel carnevale 1732 cantò opere di Orlandini a Firenze, con Francesca Cuzzoni, Pacini e Ristorini. Nell’autunno successivo e nel carnevale 1733 fu al S. Giovanni Grisostomo con Farinelli e nell’estate a Pistoia con Bernacchi.
Manca documentazione sulla sua attività negli anni 1734-35, ma nella stagione 1736-37 la M. fu nuovamente al teatro di Haymarket – ora gestito dall’Opera of the nobility, avversa a Händel – interprete di opere italiane con Farinelli, G. Majorano (Caffarelli), Elisabetta Du Parc, Maria Antonia Marchesini, A. Montagnana e F. Tolve. Quando il teatro, e con esso buona parte della compagnia di canto, tornò nel 1738 all’impresa di Händel e J.J. Heidegger la M. debuttò in due nuove creazioni di Händel: Faramondo e Serse.
Non è nota attività artistica della M. nel 1739, ma nel marzo di quell’anno fu trattenuta in quarantena a Verona e il registro del lazzaretto la diceva proveniente da Monaco di Baviera (Rigoli), dove cantò nel carnevale 1740, interprete di opere di G. Porta e B. Aliprandi, ultime esibizioni note della sua carriera artistica.
Non si conoscono luogo e data di morte della M., avvenuta probabilmente prima del 1764: secondo Frati la M. aveva sposato il tenore bolognese Carlo Carlani, più giovane di ben ventisei anni, che proprio quell’anno passò a seconde nozze.
Burney definì la M. «a singer of the second or third class», forse a seguito di un declino vocale negli ultimi anni di carriera. Del resto, all’epoca in cui la M. cantava a Londra con Farinelli, anche la Pendarves sostenne che non avesse voce e alcun altro merito al di là dell’azione superba e della bellezza (Händel-Handbuch, p. 271). Lascia inoltre pensare a diminuite risorse vocali una sensibile riduzione della già modica estensione della M., che se in Lotario era ancora Si2-Fa4, come nelle partiture vivaldiane, in Serse era ridotta a Do3-Re4. Tutte le partiture superstiti evidenziano padronanza del canto di coloratura, sebbene lontano dal virtuosismo acrobatico di tante voci del tempo. Modesta la propensione per il «canto di portamento» e la «messa di voce». Dote indiscussa della M. fu piuttosto l’eccellente presenza scenica e, come scrisse P. Rolli, l’essere «veramente perfetta attrice» (ibid., p. 176). A renderla celebre concorse infine il possesso di una voce di contralto singolarmente scura che le consentì in tante circostanze di sostenere ruoli en travesti. Un registro alquanto raro nonché del tutto consentaneo alle ambiguità di gusto del secolo dei castrati.
Fonti e Bibl.: Ch. Burney, A general history of music, IV, London 1789, p. 460; L. Frati, A. Bernacchi e la sua scuola di canto, in Rivista musicale italiana, XXIX (1922), p. 490; Händel-Handbuch, IV, Kassel-Basel-London 1985, pp. 174-176, 271; P. Rigoli, Il virtuoso in gabbia, in F. Passadore - F. Rossi, Musica, scienza e idee nella Serenissima, Venezia 1998, pp. 149 s.; A. Magaudda - D. Costantini, Musica e spettacolo nel Regno di Napoli (1675-1768), in corso di stampa; C. Sartori, I libretti italiani a stampa dalle origini al 1800, Indici, II, pp. 428 s.; The New Grove Dict. of music and musicians, XVI, p. 457.
P.G. Gillio