BARRILI, Anton Giulio
Nacque a Savona il 14 dic. 1836. Il cognome vero era Barile (lo reca il suo primo libro: Drammi, Genova 1857). Trascorse gli anni dell'infanzia a Nizza, ma compì i primi studi di umanità a Savona presso gli scolopi, ove ebbe per compagni Leopoldo, Marenco e Paolo Boselli. Ancora giovanissimo, si trasferì a Genova, ove si laureò in lettere e fìlosofia. La sua lunga carriera giornalistica ebbe inizio con la pubblicazione di un giomaletto ebdomadario, L'occhialetto,scritto interamente da lui, ma il B. acquistò fama di scrittore soprattutto quando entrò a far parte della redazione del quotidiano fondato nel 1859 e diretto da Nino Bixio, il San Giorgio.Risale a questi anni l'amicizia del B. con Giuseppe Revere e specialmente con il Guerrazzi, che esercitò una forte influenza su di lui. Nel 1859 si arruolò nel 70 reggimento di fanteria dell'esercito piemontese, partecipando a numerose azioni di guerra (qualche episodio di questa campagna descriverà nel romanzo La Montanara,Milano 1886). L'anno dopo divenne collaboratore assiduo del quotidiano genovese Movimento,fondato nel 1854 da M. Macchi, e di cui fu ben presto nommato direttore; in tale veste impresse un carattere più battagliero e intransigente al giomale, che divenne l'organo ufficioso di Garibaldi. Per gli articoli polemici apparsi nelle colonne di quel quotidiano, il B. ebbe non poche vertenze cavalleresche, e in un- duello avuto con un ufficiale in seguito ai fatti di Aspromonte, riportò una gravissima ferita alla mano destra. Lasciata la direzione del Movimento nel 1866, accorse al seguito di Garibaldi nel Trentino, dove, nominato ufficiale d'ordinanza di V. Carboneri, combatté da valoroso a Condino e a Montesuello. L'anno dopo fu tra- i volontari garibaldini a Mentana, rimanendovi ferito. Tornato a Genova, fondò nel 1875 il Caffaro,nelle cui appendici pubblicò i suoi romanzi, che poi l'editore Treves raccolse in volume. Diresse con il Bonghi e il Mantegazza la *Piccola Biblioteca del Popolo Italiano" per l'editore Barbèra e vi pubblicò la novella Se fossi rei (Firenze 1886). Eletto deputato della Sinistra per Albenga (1876), si dimise tre anni dopo, sentendosi inadatto alla vita parlamentare. In seguito cedette la direzione del Caffaro a L. A. Vassallo per passare, sul finire del 1884, a Roma, dove diresse la sommarughiana Domenica letteraria,succedendo a Luigi Lodi. In seguito si dedicò interamente all'insegnamento, prima di storia marinara alla Scuola superiore navale, e poi, per un brevissimo periodo, di letteratura italiana, al magistero femminile in Genova. Nel 1894, per i buoni uffici interposti dal Carducci, che lo stimava più per il galantomismo e l'ardmte amor patrio che per i suoi scritti, ottenne dal Baccelli la cattedra di letteratura italiana presso l'ateneo genovese. Nel 1903 fu nominato rettore magnifico di quella università. Durante gli anni d'insegnamento collaborò e divenne poi direttore del giornale genovese Colombo;fu vice-presidente della Società ligure di storia patria, nei cui Atti e Memorie pubblicò. commemorazioni, monografie storiche e gli scritti editi e inediti di Goffredo Mameli. Frutto dell'insegnamento sono due libri di critica, Il rinnovamento letterario italiano (Genova 1890) e Da Virgilio a Dante (ibid. 1892).
Morì a Carcare (Savona) il 15 ag. 1908..
Uomo di vasta cultura e buon latinista, il B. fu oratore forbito ed elegante. Tra i discorsi più noti sono quello pronunciato nella ricorrenza del quarto centenario della scoperta dell'America, quelli per conunemorare i martiri della Giovine. It,alia, Mazzini, Hugo, Mameli e, soprattutto, il più bello e conunosso, il Discorsa in morte di Garibaldi (Genova 1882). In questa orazione, nel libro di memorie autobiografiche Con Garibaldi alle portedi Roma,1867 (Milano 1895), nelle patetiche pagine sulla spedizione di Mentana contenute in uno tra i migliori romanzi di lui, Val d'Olivi (Genova 1871),, così vicine per il tono e la concitata scrittura a quelle di un altro volontario partecipante all'impresa, Nino Costa, il B. è semplice ed efficacissimo, attento a ritrarre nella sua verità immediata, con un〈:> stile limpido e sostanziosoi l'eroismo dei compagni di lotta, senza indulgere a civetterie letterarie e distrarsi dietro particolari di scarso o nessun conto.
Il linguaggio in tal caso si fa insolitamente robusto, essenziale, scamo. Nota il Croce che gli scritti nei quali il B. rievoca con, trepida commozione e sostenuta nobiltà d'accenti le gesta garibaldine sono pieni "di, cose, di sentúnenti, di affetti, di pensieri dominanti". In quelle pagine ovviamente fa spicco sugli altri il leggendario condottiero con la sua generosa umanità, la schiettezza, e la semplicità del carattere, la straordinaria forza d'amino; Garibaldi perciò assume l'aspetto "diseroicizzato" conformemente alla tendenza di questi scrittori di cose garibaldine.
I lavori teatrali del B.,, la conimedia togata La legge Oppia (Genova 1873), quella di costumi moderni Lo zio Cesare (Milano 1888), tratta dal romanzo Arrigo il Savio (Milano 1886), la commedia in un atto e in versi La lima, pubblicata nella Nuova Antologia il 10 febbr. 1892 (pp. 552 ss.) e mai rappresentata, l'incompiuto dramma La suocera,tratto anch'esso da un romanzo, La conquista di Alessandro (Milano 1879), appartengono a un genere di teatro piccolo-borghese languido e patetico, che ebbe un notevole successo in Italia sul finire de.ll'Ottocento perché rispondeva perfettamente ai gusti e alle tendenze del pubblico.
Nei romanzi, una cinquantina circa, e nelle raccolte di novelle (soprattutto Uomini e bestie,Milano 1886) il B.,cui nocque senza dubbio l'estrema mobilità d'inunaginazione, che gli permise di vagare dall'Oriente all'Occidente, dall'mtichità più remota ai tempi suoi - si rivela narratore piacevole e garbato per la linearità delle vicende, il romantico gusto del ritratto dai contorni sfumati e insieme nitidi, la scrittura corretta sebbene priva di nerbo e di vigore.
I racconti del B. furono letti avidamente da un'intera generazione, suscitando unanimi consensi e lodi specialmente presso il pubblico femminile. Le sue sono di solito gentili storie d'amore che copservano tuttora il sapore e il fascino dell'epoca. Il clima dominante dei suoi romanzi è sempre sereno, anche se talvolta appannato da un leggero velo di mestizia, e la monotonia che ne deriva è spesso fonte di sazietà. Lo stile, però, scorre agevole e fluido, senza incrinature e intoppi. Senonché, e lo ha finemente notato il Croce, il B. dà di solito un'intonazione errata alla pagina, che risulta quindi o troppo sforzata o dei tutto gratuita in rapporto alla situazione e ai personaggi. Altro grave difetto sta nel fatto che egli "non prende un serio interesse alla materia che tratta", sicché il suo narrare è spesso superficiale e svagato, infarcito per di più da oziose lungaggini, da peregrina erudizione storica e archeologica, che sono la spia della sua noncuranza per ciò che rappresenta. C'è in qualche passo dei romanzi, e innanzi tutto in numerose brevi novelle piene di garbo e di misura, come Malanotte,minuscolo gioiello di squisita fattura, un modo di narrare limpido e spedito, benché egli non riesca ad attingere mai l'eccellenza. La sua arte roniantico-borghese si svolse parallelamente al verismo, ma ignorò i problemi e le conquiste di quel movimento letterario. Della sua età egli descrisse non la brutale attualità, ma gli ideali, le aspirazioni e i sogni dai più modesti, volti a una esistenza fatta di liete avventure, di spirituali conversari e di quieto benessere, a quelli eroici verso le azioni nobili, cavalleresche, generose.Ai romanzi di ambiente contemporaneo, discorsivi ed eleganti (Capitan Dodoro,Genova 1865; Il libro nero,Milano 1868; Come un sogno,ibid. 1875; Cuor di ferro e cuor d'oro,ibid. 1877; L'olmo e l'edera,Genova 1877; Il ponte del Paradiso,ibid. 1904), si alternano quelli di soggetto storico e genericamente avventuroso (Santa Cecilia,Milano 1866; 1 Rossi e i Neri,ibid. 1870, ambientato nella Genova del 1857 sconvolta dai moti che fiancheggiarono la spedizione Pisacane, culminati nell'assalto del forte Diamante; Semiramide,ibid. 1873; La conquista d'Alessandro,ibid. 1879, nel quale è descritta a vivaci colori la vita signorile romana dei primi anni dopo il '70; L'anello di Salomone,ibid. 1883, vacua e imprecisa rievocazione del regno e degli amori del re biblico;, il ciclo colombiano comprendente i racconti Le due Beatrici,Genova 1890, I figli del cielo,Milano 1893, Fior d'oro,ibid. 1895, Rg&o di Dio,ibid. 1898). Come scrive Edoardo Scarfoglio, il B., che pure possedeva attitudini non comuni, come la conoscenza profonda del cuore umano e la indulgente, acuta simpatia con cui ogni passione va analizzata, è un romantico che, incapace e aborrente dalla immediata intuizione della realtà, si rifugia "tra le penombre della storia e tra la nebbia rosata dei sentimento". Sulle orme di Sue e di CoUodi, autori dei misteri di Parigi e di Firenze, egli scrisse I misteri di Genova, cronache contemporanee (5 voli., Genova 1867-1870), documento prezioso del costume e della cronaca genovese del secondo Ottocento. No,tevole per invenzione e stile appare anche la divertente favola Il merlo bianco (Roma 1879), strambo e singolare impasto di avventure straordinarie, di delicate allegorie, di bizzarre fantasticherie, di chiose pseudo-scientifiche- Ma le cose migliori del B., oltre che nelle memorie garibaldine, bisogna ricercarle nei libri di ricordi autobiografici come Il Dantino (Milano 1888) e Sorrisi di gioventù, ricordi e note (Milano 1898). Delle sue opere sono state recentemente ristampate le seguenti: la raccolta di novelle Una notte d'estate (Milano 1944) e un volume di Opere a cura di A. Varaldo (Milano 1947).
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