NOSEDA, Angelo
NOSEDA, Angelo. – Nacque a Como il 22 settembre 1866 da famiglia benestante. Laureatosi in giurisprudenza a Pavia, divenne amico di Filippo Turati e, come lui e altri giovani intellettuali di quella generazione postrisorgimentale, la considerazione delle ‘leggi umane’ che sottopongono allo sfruttamento e alla miseria le ‘classi diseredate’ lo portò ad avvicinarsi, dopo una breve milizia nel Partito operaio italiano, al socialismo scientifico.
Condivise quindi con altri giovani intellettuali un’ideologia emancipatrice che mescolava ad aspirazioni evangeliche convinzioni darwiniane e spenceriane di deriva positivista. Mentre mieteva successi e riconoscimenti in campo professionale, si prodigò per la giustizia sociale, impegnandosi nell’opera di istruzione e organizzazione dei lavoratori della sua città e del contado circostante, militando dapprima tra i radicali. Fu corrispondente dell’organo di partito, La Lombardia, e alle elezioni del 1890 presentò agli elettori comaschi, tra i quali era fortissima l’influenza clericale e moderata, il candidato radicale Rinaldo Arconati.
A quel tempo lo sviluppo delle attività industriali nel Comasco veniva rafforzando, soprattutto nei settori serico, siderurgico ed edilizio, la presenza di un primo nucleo di classe operaia, che si organizzò nella Lega di resistenza fra gli operai e le operaie d’ogni arte e mestiere della provincia, forte di circa 3000 iscritti, cui dava voce il giornale Il Lavoratore comasco. La fondazione del Partito socialista fece sentire anche a Como le sue conseguenze. Nel luglio 1892 vi nacque una Lega socialista, che prese vita da un Circolo istruttivo popolare, di cui Noseda era stato cofondatore. Con un ‘colpo di mano’ consumato da lui, dal tipografo Romolo Colli e dal tintore Romeo Molteni, i socialisti si impadronirono del Lavoratore comasco, di cui Noseda divenne direttore nell’ottobre di quell’anno, trasformandolo in organo dei socialisti. L’anno seguente fu il delegato comasco al primo congresso lombardo delle associazioni di lavoratori aderenti al PSI. Quindi guidò la lista socialista, che si presentò allora per la prima volta alle elezioni comunali, riuscendo battuto, ma con un buon riconoscimento personale. Fu poi delegato al primo congresso nazionale del PSI (Reggio Emilia, 8-10 settembre 1893), dove presentò un ordine del giorno minoritario, favorevole alla partecipazione alle elezioni.
L’anno seguente venne arrestato e processato per manifestazione sediziosa a sostegno dei Fasci siciliani. Fatto oggetto di forti critiche da parte dei compagni per aver sfidato a duello un calunniatore, si dimise da tutte le cariche. Riprese però poco dopo la sua lotta, dimostrando di saper coniugare la fermezza dei principi con una certa duttilità e capacità di mediazione in occasione di numerose vertenze. Nei frangenti durante i quali il PSI venne soppresso ebbe un ruolo basilare nel fondare la sezione comasca della Lega nazionale per la difesa della libertà, che riuscì a coagulare intorno ai socialisti l’appoggio anche di molti democratici e radicali, importante momento di unificazione a sinistra, che si esaurì in seguito alla sua condanna al confino, il 29 novembre 1894.
Le amministrazioni locali erano in pugno alla piccola imprenditoria e al ceto professionale locale, che si esprimeva in senso moderatamente democratico. Alle elezioni politiche del 1894 i socialisti sostennero un proprio candidato, Edoardo Bonardi, che riuscì sconfitto di stretta misura. Ciò incoraggiò Noseda a presentarsi personalmente alle successive amministrative del 7 luglio 1895, con il sostegno del Circolo elettorale permanente, mediante il quale i socialisti avevano mantenuto in vita la propria organizzazione. Fu battuto per pochissimi voti, ma ormai era divenuto il leader dei socialisti comaschi, che in quello stesso anno lo elessero alla presidenza del Consolato operaio, dal quale sei anni dopo sarebbe sorta la Camera del lavoro di Como. Alla ricostituzione del PSI, il 1° agosto 1897 ne fondò la Federazione provinciale comasca.
Tra i primi arrestati durante lo stato d’assedio del maggio 1898, in seguito al quale venne sciolta la Federazione, dopo una detenzione di 46 giorni fu assolto per insufficienza di prove e rilasciato. Attorno alla sua figura, ormai popolare, si costituì allora, in vista delle elezioni amministrative del 7 luglio 1899, un ampio fronte democratico-popolare che lo elesse, primo socialista, in Consiglio comunale, sia pure all’opposizione della giunta clerico-moderata. Lo stesso blocco elettorale lo portò candidato anche alle politiche del 6 giugno 1900, ma fu sconfitto al ballottaggio.
La Lega di resistenza degli operai e delle operaie non aveva retto alla crisi degli anni Novanta e aveva dovuto sciogliersi, lasciando un vuoto parzialmente colmato in provincia da una trentina di società operaie di mutuo soccorso, che nel 1901 diedero vita, senza l’apporto diretto di Noseda, alla Camera del lavoro di Como. Pressoché contemporaneamente fu rifondata la Federazione socialista. Queste organizzazioni permisero la diffusione del verbo socialista anche nelle campagne e in nuovi strati di lavoratori, nonché la trasformazione del Lavoratore comasco da settimanale in bisettimanale.
Per Noseda l’impegno in Consiglio comunale divenne dal 1902, anno di una fallita candidatura alle elezioni provinciali, pressoché esclusivo. La pattuglia di consiglieri socialisti in municipio era salita a otto, il che permetteva, pur dall’opposizione, una dialettica proficua per l’amministrazione, che Noseda aveva imparato a gestire sapientemente e che condusse a una crisi di giunta. Ma alle elezioni del 14 dicembre la maggioranza clerico-moderata risultò confermata.
Noseda nel frattempo aveva sposato la comasca Giuseppina Coduri, dalla quale ebbe tre figli: Lionello (1902), Gracco (1911) e Magda (1914).
Il distacco dal partito di un consistente gruppo di consiglieri riformisti nel novembre 1903 comportò una bruciante sconfitta sia alle elezioni amministrative sia alle politiche del 1904. I riformisti infatti, nonostante la candidatura di Noseda, sostennero ancora Bonardi e il risultato di questa divisione fu l’elezione del moderato Paolo Carcano. Di fronte a questo smacco, l’impegno di Noseda portò al rientro dei dissidenti e a coagulare tutte le forze anticlericali comasche, che ottennero alle amministrative del 15 luglio 1906 la conquista del Comune. Nel partito tuttavia cresceva l’influenza dei sindacalisti rivoluzionari, che, guidati dallo stesso segretario della Federazione Riccardo Momigliano, vinsero il congresso provinciale di Malnate del febbraio 1907. Ciò non impedì che fosse ancora Noseda il candidato socialista sia alle provinciali del luglio di quell’anno, dove risultò eletto, sia alle politiche del 7 marzo 1909, quando fu ancora una volta battuto da Carcano. Una crisi di giunta provocò lo svolgimento di elezioni comunali straordinarie nell’ottobre 1910, che sancirono una netta vittoria della coalizione ‘popolare’, premiando l’impegno di Noseda, concentrato soprattutto sui temi dell’edilizia popolare.
Sostenuto dalla direzione del partito e favorito dall’adesione dei sindacalisti rivoluzionari locali all’impresa libica, che non incontrava simpatie fra i lavoratori, Noseda si alleò con i riformisti, guidati in quell’area della Lombardia da Andrea Beltramini, riuscendo, al congresso provinciale del PSI del 18 febbraio 1912, a capovolgere i rapporti di forza interni.
Alle politiche del 1913, nonostante il ritiro del non expedit, la curia diocesana, nel timore che la divisione dei moderati portasse alla vittoria socialista, non sostenne la candidatura di Giuseppe Ferrari avanzata dai cattolici dell’Unione elettorale. Ferrari venne quindi escluso dal ballottaggio, ma, contrariamente a quanto avvenuto nel 1909, al secondo turno molti elettori cattolici si rifiutarono di votare per il moderato Carcano, come era nei disegni della curia, preferendogli, per protesta, il popolarissimo Noseda, il quale quindi perse, ma per pochissimi voti, dando l’impressione di un crescendo di simpatie socialiste che era lungi dal verificarsi nel Comasco.
I venti di guerra sfasciarono il blocco che in quegli anni aveva sostenuto la presenza democratico-popolare nell’amministrazione locale, riportandola sotto il controllo dei moderati dopo le amministrative del 5 luglio 1914. Per disciplina di partito Noseda si dichiarò neutralista, ma per antica formazione garibaldina era contrario alla Triplice Alleanza e ridusse quindi l’attività politica durante la guerra. Ciò non gli impedì nel 1917-18 di mettersi a capo delle manifestazioni di protesta contro il caro viveri e il protrarsi del conflitto, pur cercando sempre la mediazione con le autorità.
Era uomo d’altri tempi, un notabile più che un politico moderno. Così si spiega la sua esclusione dalla lista socialista alle politiche del 1919 col sistema proporzionale e, al contrario, il trionfo ottenuto il 31 ottobre, quando alle amministrative guidò i socialisti alla conquista dell’amministrazione comunale con 4624 voti, contro i 4024 dell’Unione democratica (liberali) e i 1831 del Partito popolare, mentre una lista ‘antibolscevica’ (cioè filofascista) ne otteneva solo 723. Eletto sindaco, si prodigò per la copertura del deficit di bilancio e per alleviare le condizioni di vita dei lavoratori, colpendo soprattutto i redditi maggiori e le rendite parassitarie dei proprietari di immobili, ma le violenze fasciste e, soprattutto, il calcolato ostruzionismo prefettizio impedirono l’attuazione di ogni iniziativa in tal senso.
Sull’onda di quel successo personale, il partito, che a livello locale soffriva meno che altrove delle tempestose divisioni che lo dilaniavano, decise di candidarlo alle politiche del 15 maggio 1921, nelle quali fu trionfalmente eletto deputato. Le more della ratifica dell’elezione durarono un anno, mantenendolo, benché dovutamente dimissionario, nella carica amministrativa. Impiegò questo periodo cercando di attuare un progetto di obbligo scolastico fino a 12 anni, bloccato dallo scioglimento forzato dell’amministrazione comunale imposto dalle squadre fasciste nell’autunno del 1922. Contro di lui, benché nel frattempo sostituito da Paolo Nulli alla guida della giunta, i fascisti si accanirono in modo particolare. La sua rielezione a deputato, in quello stesso anno, non bastò a proteggerlo, anche perché il suo seguito era fortemente diminuito. Non ebbe timori ad affrontare i fascisti in pubblico dibattito, ma la violenza lo soverchiò. Dichiarato decaduto dalla carica di deputato in seguito alle leggi eccezionali, nel novembre 1926 ebbe devastata e saccheggiata la casa. Fu ridotto al silenzio e all’impotenza. La polizia fascista, pur così occhiuta, non lo degnò di un fascicolo personale.
Morì a Como il 22 luglio 1940.
Fonti e Bibl.:Il Lavoratore comasco, 1888-1925; V. Bonfigli - C. Pompei, I 535 di Montecitorio, Roma 1921, p. 73; G. Salvemini, Scritti sul fascismo, I, a cura di R. Vivarelli, Milano 19663, p. 124; G. Isola, N. A., in F. Andreucci - T. Detti, Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico 1853-1943, III, Roma 1977, pp. 697-702; A. Canavero, Tendenze elettorali in provincia di Como, 1861-1913, inPolitica, economia e società. La provincia di Como dal 1861 al 1914, a cura di S. Zaninelli, Milano 1985, pp. 24 s.; G. Formigoni, Le elezioni politiche del 1913 nel Comasco,ibid., pp. 33-48; M. Magri, Gli atti di fondazione, in La nascita della Camera del lavoro di Como, a cura di C. Critelli - M. Magri, Como 1990, pp. 12-14; M. Pippione, Como dal fascismo alla democrazia, Milano 1991, pp. 19, 41.