GENOCCHI, Angelo
Nacque a Piacenza il 5 marzo 1817 da Carlo, agiato possidente, e da Carolina Locatelli. Fin da giovanissimo il G. si distinse negli studi, in particolar modo in quelli matematici: alle superiori incontrò due validi insegnanti, Giuseppe Veneziani per la fisica e Francesco Buccella per la matematica, i quali all'insegnamento pubblico ne affiancavano, per gli studenti più versati, uno privato di più alto livello. Terminati gli studi secondari, pur continuando a coltivare l'interesse per la matematica, il G. si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza, la sola esistente a Piacenza all'epoca, quivi trasferita da Parma dopo i moti del 1831 e vi si laureò nel 1838. Dal 1840 cominciò a esercitare l'avvocatura meritandosi la stima dei colleghi tanto che il 12 nov. 1845 fu nominato professore sostituto presso la facoltà di giurisprudenza e l'anno successivo divenne titolare della cattedra di istituzioni civili. Il G. si avviava verso una tranquilla carriera di professore e di avvocato di provincia, quando scoppiarono i moti rivoluzionari del 1848 cui egli aderì con entusiasmo. Alla notizia che gli Austriaci, vincitori a Custoza, stavano per entrare in Piacenza, preferì emigrare prima a Stradella, dove si trovava la famiglia della madre, e successivamente a Torino.
In questa città il G. rinunciò alla professione di avvocato e si dedicò completamente agli studi matematici, frequentando le lezioni universitarie di Giovanni Plana e di Felice Chiò. La condizione di autodidatta consentì al G. di indirizzare i propri interessi anche verso settori della matematica estranei alla tradizione torinese, quali la teoria dei numeri. Fu proprio un problema di teoria dei numeri l'argomento della prima memoria da lui data alle stampe nel 1851. Nel volgere di pochi anni il G. pubblicò oltre una quarantina di lavori sulle più prestigiose riviste sia italiane sia straniere.
Dietro consiglio del Chiò egli concorse a una cattedra all'Università di Torino riuscendone vincitore, cosicché nel novembre del 1857 fu nominato reggente la cattedra di algebra e geometria complementare e nel 1859 ne divenne titolare; quando l'anno seguente essa fu abolita passò a quella di analisi superiore, prima, e poi a quella di algebra complementare e geometria analitica. Nel 1865 subentrò a Plana nell'insegnamento dell'analisi infinitesimale, insegnamento che conservò fino alla morte, facendosi supplire negli ultimi anni dal giovane e brillante assistente Giuseppe Peano, che nel 1884 ne avrebbe pubblicato le lezioni, corredandole di importanti note e chiose, nel famoso volume Calcolo differenziale… noto come "Trattato Genocchi-Peano".
Gli impegni dell'insegnamento non distolsero dalla ricerca scientifica il G., che acquisì notorietà anche all'estero, come testimonia la sua ricchissima corrispondenza con i più illustri matematici dell'epoca. La sua produzione scientifica è vasta e poliedrica, e spazia dalla teoria dei numeri a quella delle serie, da problemi di calcolo integrale a questioni relative alle geometrie non euclidee, e comprende anche un gruppo non insignificante di lavori dedicati a studi di ricerca storica o di raccolta bibliografica.
Senatore del Regno dal 1886, il G. fu socio nazionale dal 1862 dell'Accademia delle scienze di Torino, di cui fu anche per due volte presidente, nonché socio nazionale dell'Accademia dei Lincei dal 1875 e di molte altre Accademie italiane e straniere.
Morì a Torino il 7 marzo 1889.
Sin da quando era studente in legge a Piacenza il G. trascorreva lunghe ore in biblioteca immerso in letture di matematica e il suo libro favorito erano le Disquisitiones arithmeticae di K.F. Gauss. A Torino un intenso periodo di studi gli consentì di acquisire in breve tempo una notevole padronanza tecnica in uno dei settori della teoria dei numeri più importanti e più studiati nella prima metà dell'Ottocento al quale avevano dato contributi basilari Gauss e P.G.L. Dirichlet. E proprio a certi aspetti di questa teoria è dedicato uno dei più rilevanti lavori scientifici del G., l'ampia memoria del 1852 dal titolo Note sur la théorie des résidus quadratiques, in Mém. couronnés et mém. des savants étrangers, Académie royale des sciences, des lettres et des beaux arts de Belgique, XXV (1852), pp. 1-54. I punti più pregevoli e interessanti della memoria, che, come preannuncia il titolo, si presenta come una raccolta di risultati, formule e osservazioni senza pretesa di organicità, sono il primo e il dodicesimo paragrafo. Nel primo il G. applica la formula di sommazione di S.-D. Poisson al calcolo di certe somme di esponenziali la cui determinazione, come egli mostra più avanti, è equivalente al calcolo delle classiche somme di Gauss; nel dodicesimo egli fornisce una dimostrazione della legge di reciprocità quadratica. Il metodo contenuto nel primo paragrafo non si discosta sostanzialmente dal calcolo di Dirichlet delle somme di Gauss, risultato pubblicato in tedesco nel 1835 e in francese sul Journal für… mathematik di A.L. Crelle nel 1837, mentre la dimostrazione della legge di reciprocità quadratica è assai simile a quella pubblicata da F.G.M. Einsenstein nel 1845, sempre sul Journal di Crelle.
Oltre che alla teoria dei resti quadratici, gli interessi aritmetici del G. erano rivolti anche a temi quali la teoria delle equazioni diofantee e i metodi di approssimazione collegati alle serie asintotiche (cfr. Intorno all'espressione generale de' numeri bernulliani, in Annali di scienze mat. e fis. compilati da Barnaba Tortolini, III [1852], pp. 395-405, e Intorno alla funzione Γ(x) e alla serie dello Stirling che ne esprime il logaritmo, in Mem. di mat. e fis. della Società ital. delle scienze, s. 3, VI [1887], pp. 1-24).
Il periodo più fecondo nella sua produzione scientifica in teoria dei numeri è quello che va dal 1851 ai primi anni del 1860. Il G. si rivela un espositore attento al dettaglio, ma talvolta incapace "di sottolineare l'essenziale in contrapposizione al meno importante o al superfluo" (Viola, p. 14). Significativa in proposito è la sua recensione della famosa memoria di G.F.B. Riemann del 1859 dedicata alla teoria dei numeri primi, in cui egli non sa evidenziare la novità delle idee e, non facendo alcun cenno alla celebre ipotesi, dimostra una certa incapacità a intuire le future linee di sviluppo della teoria (Formole per determinare quanti siano i numeri primi fino ad un dato limite, in Annali di mat. pura e applicata, III [1860], pp. 52-59).
Tali settori di ricerca nell'ambito della teoria dei numeri, a quell'epoca in pieno sviluppo in Europa, erano invece trascurati in Italia e, in particolare, pressoché estranei alla tradizione piemontese. I caratteri distintivi di questa tradizione, e dunque anche dell'insegnamento scientifico, nella prima metà del secolo erano da un lato un approccio al calcolo infinitesimale fortemente influenzato da J.L. Lagrange e dall'altro una grande attenzione alle scienze applicate, quali l'astronomia, l'idraulica e la meccanica. L'influenza lagrangiana era così sentita che il processo di rigorizzazione nel campo dell'analisi, iniziato da A.L. Cauchy, ebbe all'epoca scarsa risonanza in Piemonte nonostante il soggiorno torinese dell'illustre matematico chiamato, nel 1832, dal re Carlo Alberto a ricoprire la cattedra di fisica sublime. Emblematica è l'ostilità che incontrarono in ambiente torinese alcune ricerche di Chiò improntate alla nuova analisi. In questo clima prendeva avvio il processo di formazione e maturazione matematica del G. quando incominciò a frequentare le lezioni del Chiò, il quale non solo, come già si è rilevato, gli diede un valido appoggio per la carriera accademica ma esercitò su di lui una sensibile influenza nel campo dell'analisi. Fu questo un campo in cui il G. venne ad acquisire una posizione di cerniera nella transizione dalla gloriosa eredità lagrangiana, attraverso i metodi di Cauchy, alla moderna analisi quale andava sviluppandosi in Germania ad opera di Kronecker e di K.Th. Weierstrass.
Il G. non mancò di esserne influenzato. Fin dal 1865, anno in cui incominciò a tenere il corso di analisi infinitesimale, egli aveva redatto un testo delle sue lezioni che ogni anno corredava di note e aggiunte, senza preoccuparsi di un'eventuale pubblicazione, come risulta dai due manoscritti conservati nel Fondo Genocchi della Biblioteca Passerini-Landi di Piacenza: Calcolo differenziale (datato 1865-66 con successive aggiunte fino al 1885) e Introduzione alle lezioni di calcolo differenziale (datato 1867 con aggiunte fino 1881). La traccia seguita nell'Introduzione è senz'altro quella del Cours d'analyse di Cauchy, ma del complesso e rigoroso impianto teorico del Cours ben poco è riconoscibile nelle pagine del G., non tanto per il fatto che questi ne tralasci molti argomenti, ma piuttosto per la evidente tendenza a ridurre il ruolo attribuito alla "parte algebrica" (Bottazzini, pp. 57-59).
Quando, nel giugno 1883, l'assistente G. Peano chiese al G. il permesso di pubblicare il testo delle sue lezioni, pare che, a causa delle sue cattive condizioni di salute, questi se ne sia disinteressato lasciandogli ogni responsabilità (Cassina, 1952, pp. 346 ss.). All'apparire del trattato, con il titolo Calcolo differenziale e principii di calcolo integrale con aggiunte dal dr. G. Peano (Torino 1884) e sotto suo nome, il G. si affrettò a disconoscere la paternità del volume.
Il Genocchi-Peano fu uno dei più autorevoli testi di fine Ottocento, tanto da essere annoverato da A. Pringsheim nell'Enzyclopädie der mathematischen Wissenschaften tra i più importanti trattati di analisi scritti dai tempi di L. Euler e di Cauchy. Se il vero autore si può considerare Peano per l'impronta peculiare caratterizzata dall'assenza di ogni introduzione algebrica, da un più raffinato rigore e dall'introduzione di nuove nozioni, non bisogna disconoscere il ruolo del G. di ponte tra il calcolo sublime e l'analisi moderna quale andava sviluppandosi in Germania ad opera di L. Kronecker e di K. Weierstrass.
Tra le memorie e gli scritti relativi al calcolo integrale si possono ricordare quelli sulla rettificazione delle ovali di R. Descartes e quelli sugli integrali ellittici. Degna di nota è inoltre la memoria Intorno alla formazione ed integrazione di alcune equazioni differenziali nella teoria delle funzioni ellittiche (in Mem. della R. Acc. delle scienze di Torino, s. 2, XXIII [1866], pp. 223-362), in cui il G. prende l'avvio da alcuni lavori di K.G.J. Jacobi, in particolare da un teorema relativo alla trasformazione delle funzioni ellittiche. Jacobi era pervenuto a certe equazioni differenziali, la cui risoluzione avrebbe dovuto facilitare il calcolo effettivo della funzione trasformata. Il G. riesce a integrare queste equazioni differenziali con calcoli complessi e raffinati.
A seguito della pubblicazione, nel 1868, del Saggio di interpretazione della geometria non euclidea di E. Beltrami, cominciavano a diffondersi in Italia le geometrie non euclidee. Il G. fu attratto da questo tipo di ricerche e scrisse cinque lavori, tra il 1869 e il 1877. Fin dalla prima breve nota Intorno ad una dimostrazione di Daviet de Foncenex (in Atti della R. Acc. delle scienze di Torino, IV [1869], pp. 323-327) egli rileva il legame che intercorre tra i fondamenti della meccanica e i fondamenti della geometria, cioè l'equivalenza tra il postulato enunciato da Archimede nell'ambito della teoria della leva e il quinto postulato di Euclide (Galletto). Nell'ultima e più importante tra le memorie dedicate al tema, Sur le mémoire de Daviet de Foncenex et sur les géométries non-euclidiennes (Memorie della R. Accademia delle scienze di Torino, s. 2, XXIX [1877], pp. 365-404), il G. avanza numerose critiche circa l'interpretazione della planimetria non euclidea per mezzo delle superfici a curvatura costante negativa proposta da Beltrami, la più significativa delle quali è quella relativa all'esistenza o meno di una superficie dello spazio euclideo rappresentante l'intera varietà analitica ∞2 a curvatura costante negativa e la cui geometria sia coincidente con quella dell'intero piano di Lobachevskji, questione lasciata aperta da Beltrami e risolta nel 1901 da D. Hilbert.
Il dibattito che seguì, se da un lato mette in luce i punti oscuri della teoria, dall'altro pone a confronto due atteggiamenti scientifici diversi: Beltrami proiettato verso il futuro sulla scia di Riemann e il G. incapace di svincolarsi del tutto dalle concezioni geometriche del passato e quindi di cogliere la fecondità delle nuove idee. "Resta pur sempre che quel lavoro [la memoria del 1877]" - scriveva Beltrami alla morte del matematico piacentino - "ritrae perfettamente l'indole scientifica del Genocchi, cioè il rispetto delle tradizioni, il culto delle memorie storiche, insieme colla più assoluta libertà di spirito, colla critica più spassionata", cui si deve aggiungere il gusto per le "ricerche storiche, che vi si contengono e che sono ricchissime, del pari che coscienziosissime" (Siacci, p. 485).
Il legame fra ricerca scientifica originale e ricerca storico-erudita è una caratteristica costante della produzione matematica del Genocchi. Non mancano tuttavia scritti prettamente dedicati alla ricerca storica, sia essa analisi critica di testi o raccolta bibliografica, dove una eccezionale erudizione si allea con la capacità matematica di confrontare metodi e procedimenti. Particolarmente interessante è lo studio Sopra tre scritti inediti di Leonardo Pisano pubblicati da B. Boncompagni. Noteanalitiche (in Ann. di scienze mat. e fisiche, VI [1855], pp. 161-209, 218-259, 273-320, 345-362), in cui egli fornisce una completa versione algebrica dei problemi presentati da Leonardo Pisano (L. Fibonacci) nel 1225 nel Flos e nel Liber quadratorum, con note e commenti che mirano a evidenziarne l'originalità. A questi studi si debbono affiancare quattro lavori pubblicati tra il 1869 e il 1879 sulla corrispondenza lagrangiana, lavori che, sotto certi punti di vista, possono essere considerati definitivi.
Per molti aspetti il G., come E. Betti e F. Brioschi e altri della sua generazione, può essere considerato un "matematico risorgimentale" soprattutto per il ruolo in quel movimento scientifico che portò, negli anni immediatamente postunitari, alla creazione di una tradizione matematica prettamente italiana di alto livello. In quest'ottica si devono vedere la partecipazione del G., insieme con Brioschi, all'iniziativa di rilanciare la rivista Annali di scienze matematiche e fisiche iniziata nel 1850 da B. Tortolini e il progetto maturato nel 1858, insieme con Betti e Brioschi, di un viaggio nelle più importanti università francesi e tedesche allo scopo di richiamare l'attenzione dei matematici stranieri sulla ricerca italiana.
Fonti e Bibl.: Piacenza, Biblioteca comunale Passerini-Landi, Fondo Genocchi (consta di un epistolario di oltre duemila lettere, per lo più di carattere scientifico; una schedatura in L. Fenoglio, L'epistolario di A. G. Schedatura, cit. più avanti); Torino, Bibl. civica, ms. 570: A. Rossi, Calcolo differenziale e integrale. Lezioni del prof. G. Il calcolo integrale, 1870-1871; G. Peano, A. G., in Annuario della R. Univ. di Torino, 1889, pp. 195-202; F. Siacci, Cenni necrol. di A. G., in Mem. della R. Acc. delle scienze di Torino, s. 2, XXXIX (1889), pp. 463-495 (con un elenco, un po' lacunoso, delle pubblicazioni); E. D'Ovidio, Discorso pronunciato in occasione dell'inaugurazione del busto di G. nella sede…, in Atti della R. Acc. delle scienze di Torino, XXVII (1892), pp. 1090-1106; P. Agnelli, Di A. G. Memoria biografica, Piacenza 1892; F. Ercole, Il matematico piacentino A. G., in Arch. stor. per le province parmensi, s. 3, III (1938), 2, pp. 141-148; G. Ricci, Analisi, in Un secolo di progresso scientifico italiano 1839-1939, Milano 1939, pp. 71 s.; U. Cassina, L'area di una superficie curva nel carteggio inedito di G. con Schwarz ed Hermite, in Rendiconti dell'Ist. lombardo di scienze e lett., LXXXIII (1950), pp. 311-328; Id., Sur les manuscrits et la correspondance de A. G., in Actes du VI Congrès d'histoire des sciences, Paris 1951, pp. 172-177; Id., Alcune lettere e documenti inediti sul trattato di calcolo Genocchi-Peano, in Rend. dell'Ist. Lombardo di scienze e lettere, LXXXV (1952), pp. 337-362; F. Tricomi, Matematici italiani del primo secolo dello Stato unitario, in Mem. dell'Acc. delle scienze di Torino. Classe di scienze fis., mat. e nat., s. 4, I (1962), p. 58; L.E. Dickson, History of the theory of numbers, New York 1966, passim; H.C. Kennedy, Peano. Storia di un matematico, Torino 1983, cap. III; Bibliotheca mathematica. Documenti per la storia della matematica nelle biblioteche torinesi, a cura di L. Giacardi - C.S. Roero, Torino 1987, pp. 143 s.; E. Picutti, A. G. genio matematico, patriota e umanista, in Libertà (Piacenza), 13 marzo 1989, pp. 3 s.; G. Israel, On correspondence between B. Boncompagni and A. G., in Historia mathematica, XVII (1990), pp. 48-54; A. G. e i suoi interlocutori scientifici. Contributi dall'epistolario, a cura di A. Conte - L. Giacardi, Torino 1991 (contiene: A. Conte, A. G. patriota e matematico; C. Viola, Alcuni aspetti dell'opera di A. G. riguardanti la teoria dei numeri; U. Bottazzini, A. G. e i principî del calcolo; M.T. Borgato, Alcune lettere inedite di Peano a G. e a Jordan sui fondamenti dell'analisi; A. Fiocca, Problematiche emergenti dalla corrispondenza A. G. - S. Gherardi (1862-1878); D. Galletto, Il contributo di A. G. all'Accademia delle scienze di Torino con particolare riferimento alle geometrie non euclidee; L. Fenoglio - L. Giacardi, La polemica G. - Beltrami sulle superficie pseudosferiche: una tappa nella storia del concetto della superficie; G. Canepa - P. Freguglia, Alcuni aspetti della corrispondenza Giusto Bellavitis - A. G.; L. Pepe, A. G. e l'edizione della corrispondenza di Lagrange; E. Picutti, I contributi di A. G. alla storia della matematica medioevale; A.C. Garibaldi, Sui rapporti tra A. G. e Placido Tardy; G. Israel, Su una corrispondenza fra B. Boncompagni e A. G.; L. Fenoglio, L'epistolario di A. G. Schedatura); L. Mensi, Dizionario biografico piacentino, Piacenza 1899, p. 203; F. Molinari, G. A., in Nuovo Dizionario biografico piacentino (1860-1960), Piacenza 1987, p. 129.