FALCONE, Andrea
Nacque a Napoli intorno al 1630. Fu scultore e decoratore in marmo, creatore di modelli per la fusione di opere in argento. La sua formazione artistica ebbe luogo a Napoli, ma non si conosce la bottega ove espletò l'apprendistato. Invece è possibile ipotizzare un esordio di scultore in legno policromo in base a una consolidata tradizione che vedeva in tale pratica una inderogabile attività che precedeva quella di scultore in marmo (Borrelli, 1970, p. 208). Nel 1650 il F. era in società con lo scultore in marmo Guglielmo Giovane (Strazzullo, 1987, p. 197, segno che aveva superato il ventesimo anno di età ed era emancipato e libero di riscuotere i crediti. Nel 1653 i due scultori erano ancora in società per le "i due memorie" (ritratti) del padre di Scipione Filomarino (Rizzo, 1984, p. 366) e per la "nuova fontana in mezzo alla piazza del mercato" (Nappi, 1983).
Non è stato possibile stabilire se fosse stato, o meno, il più anziano "mastro Giovane" ad introdurre il F. nell'ambiente della ricca committenza legata al filone di ascendenza classicista - come i Filomarino - in opposizione al gusto barocco ed alle predilezioni degli Spagnoli, ma è certo che nonostante il peso delle successive collaborazioni con lo scultore Cosimo Fanzago (amico dei gesuiti e dei filospagnoli) il F. ebbe sempre la protezione dei teatini (antagonisti dei gesuiti), dei nobili legati alla politica italianizzante, dei ricchi borghesi nobilitati e della borghesia "civile" (Borrelli, 1970, p. 141). Scelta politica sostenuta da quella culturale di gusto naturalistico temperato dall'amore per le opere classiche ammirate a Napoli ed a Roma e rafforzata dal fatto di essere nipote e, nel 1656, erede della terza parte dei disegni del pittore battaglista Aniello Falcone (Faraglia, 1905), nonché figlioccio del pittore accademico Andrea Vaccaro (De Dominici, 1743). Cosicché s'individua (anche per la conoscenza delle opere del pittore Bernardo Cavallino) un notevole addentellato con il mondo della pittura naturalista.
Nel 1659 il F. fu a Roma come scultore nella chiesa di S. Agnese in Agone, ove realizzò due putti in marmo per il terminale dell'altare nella sagrestia (Eirner, 1971). Nel medesimo anno scolpì il terzo "angelo-acquasantiera" per la chiesa di S. Agostino, a Roma, attribuitogli (Lattuada, 1985, p. 162) in forza di una resa plastica diversa dagli altri due scolpiti dal Fanzago. È nel 1659 che a Roma venne fusa la statua di bronzo raffigurante S. Gaetano (quella attuale è settecentesca) da porre a Napoli nella piazza dedicata al santo, il cui modello è da considerare opera del F. eseguito durante il soggiorno romano (Ruotolo, 1991).
Tornato in patria, nel 1660 il F. realizzò i modelli per le carteglorie in argento per la cappella del Tesoro di S. Gennaro, nel duomo di Napoli (Rizzo, 1984, p. 373). Tra il 1660 ed il 1661 sono da collocare i due Angeli reggicandela della tribuna della chiesa di S. Giacomo degli Spagnoli (Borrelli, 1970, p. 206) e la singolare "memoria", datata 1661, di Didaco Ramirez, costituita da un putto che regge un panneggio sul quale sono attestate le glorie del defunto (Lattuada, 1985, p. 164). Nel 1662 il F. ricevette dal Fanzago 100 ducati (ibid., p. 160) per una collaborazione, non bene identificata, che è stata messa in relazione ai due grossi putti scolpiti per la cappella Merlino nella chiesa del Gesù Nuovo (Borrelli, 1970, p. 206).
Le opere decorative in marmo erano state appaltate dal Fanzago ed in ciò è da vedere un'altra collaborazione del F. e non un discepolato, così come aveva visto la storiografia tradizionale (De Dominici, 1743).
Nel 1663 furono collocati i quattro putti in marmo, con i simboli di s. Gaetano, intorno alla base della citata statua in bronzo. Intorno al 1663 sono da inserire le due sculture in marmo, dalle contenute dimensioni (cm 110), che nella semplificazione dei panneggi e nelle decantate forme antibarocche ricordano le precedenti esperienze della scultura lignea del F.: si tratta del S. Gaetano orante - ora collocato all'esterno del succorpo del santo (chiesa di S. Paolo Maggiore; Scotti, 1922) - e del S. Domenico nell'antisagrestia della chiesa di S. Domenico Maggiore. Il 5 giugno del 1666 il "Cav. Cosmo" (Fanzago) e il F. s'impegnarono a fare le due statue per le nicchie del portico che precede il monumentale edificio del Pio Monte della misericordia (Ruggiero, 1902), iniziato nel 1658 su progetto dell'arch. F.A. Picchiatti.
Per contrasti di natura artistica il Fanzago abbandonò l'impresa al suo inizio, per cui il F. si occupò da solo di questo cantiere. A lui vanno assegnati i bozzetti delle due sculture (Catalogo, 1877), eseguiti secondo le indicazioni del Picchiatti e approvati dal governo del Pio Monte, simboleggianti le Sette opere di misericordia, ove l'artista si esprime autonomamente rispetto agli esempi della scultura locale, riprendendo la lezione del raffinato modulare dei piani nel Rilievo con putti della chiesa dei Ss. Apostoli di Napoli e l'impostazione classicista della S. Susanna di S. Maria di Loreto, di Roma, ambedue opere di F. Duquesnoy.
Sempre per il portico e la chiesa del Pio Monte nel 1666 il F. si unì in società con il marmoraro Pietro Pelliccia per una serie di opere di carattere decorativo in marmo (Borrelli, 1970, p. 207). Contemporaneamente realizzò il gruppo della Madonna con il Bambino, incastrato in un contesto ornamentale marmoreo lievemente modulato e rigorosamente articolato secondo canoni che si opponevano al gusto barocco: il tutto sotto la vigile supervisione del Picchiatti, un architetto che nell'ornato della facciata, composto da una lineare filettatura verticale in stucco, aveva dimostrato che al dilagare dei volumetrici cartocci era possibile opporre una decorazione a puri ritmi architettonici. Così questo complesso di sculture ed elementi decorativi (Strazzullo, 1969) procurò al F., nel 1668, la commessa della decorazione in stucco delle pareti e della volta della sagrestia nuova della cappella del Tesoro di S. Gennaro (Strazzullo, 1966), secondo un progetto di Dionisio Lazzari.
I quattro angeli-cariatide (agli angoli dell'ambiente) sostengono un fantasioso capitello dal quale parte la decorazione floreale (plastica) della volta.
Nel 1669 nella nuova chiesa di S. Maria Donnaregina furono collocate sulla facciata le due statue in stucco del F., S. Andrea e S. Simone, mentre nel 1671 per la facciata di S. Paolo Maggiore sempre il F. realizzò i Ss. Pietro e Paolo, anch'essi in stucco, sotto la direzione di D. Lazzari (Savarese, 1977). Ciò avalla la tesi della cooperazione di particolari équipes di artisti ed artigiani appartenenti alla medesima cultura artistica, sempre legati dal gusto classicista. Nel 1671 il F. riceveva la commessa del modello del busto-portareliquie di S. Gaetano per la cappella del Tesoro di S. Gennaro (ibid.). Tra il 1671 ed il 1672 fornì i modelli per la trasformazione in argento delle parti in rame di quattro statue del Tesoro di S. Gennaro (Catello, 1977, p. 80), purtroppo ostacolato dalle interferenze del Fanzago, a causa delle lotte tra opposte correnti sia artistiche sia politiche.
Nel 1672 il F. terminò il monumento funebre di Giulio Mastrilli (Rizzo, 1984, pp. 373 s. n. 8) nella chiesa di S. Maria del Purgatorio ad Arco, in cui il ritratto del defunto in ginocchio è reso con plastica personalissima nei piani geometrizzati e nelle singolari spezzature delle cristallizzate pieghe. Nel 1672 al F. fu commissionata la figura orante di Tommaso Blanch per la tomba di famiglia in S. Domenico Maggiore (ibid., p. 374 n. 10), portata poi a termine dai collaboratori per la prematura morte del F. (Catello, 1977, p. 145 n. 86). Del 1673 è il monumento di Isabella Guevara (Rizzo, 1984, p. 372) nella chiesa di Gesù e Maria con la grande figura orante della defunta. Tra il 1673 ed il 1675 il F. realizzò tre delle quattro sculture allegoriche per la cappella della Madonna della Purità in S. Paolo Maggiore (Celano, 1692), complete di cartigli e simboli della Prudenza, Temperanza e Misericordia (la Fortezza sarà terminata nel 1704 dal collaboratore Nicola Mazzone; cfr. Rizzo, 1984, pp. 374 s. nn. 11, 12).
Il 12 giugno del 1674 i governatori del Pio Monte vennero a convenzione con il F. per la realizzazione di quattro statue di marmo da allogarsi nella cappella del giudice F. Merlino del Gesù Nuovo (Borrelli, 1970, pp. 207 s.), ma il F. morì prima della conclusione del progetto e l'unica opera portata a termine, raffigurante Re David, verrà sistemata nel sec. XVIII nello scalone del Pio Monte.
In epoca non precisabile il F. disegnò e diresse l'opera in ornati plastici e policromi per l'altare maggiore della chiesa dello Spirito Santo, opera smontata nel 1775 (Strazzullo, 1953). Parimenti sono andati distrutti la scalea e la facciata della chiesa della Maddalena, in Napoli, da lui progettate. La sua poliedrica attività apre la via a quella prassi che informerà tutti gli artisti del '700napoletano, ovvero l'imposizione del loro gusto attraverso la contemporanea partecipazione alle imprese di arti decorative e di pittura, scultura ed architettura.
Il F. morì a Napoli nel 1675.
Fonti e Bibl.: C. Celano, Notizia del bello e dell'antico e del curioso ... di Napoli... [1692], III, Napoli 1792, p. 222; B. De Dominici, Vite de' pittori, III, Napoli 1743, pp. 186 s.; Catalogo della Esposizione nazionale di belle arti, Napoli 1877, p. 180; M. Ruggiero, IlMonte della misericordia, in Napoli nobilissima, XI (1902), pp. 7-10; N. Faraglia, Iltestamento di Aniello Falcone, ibid., XIV (1905), p. 18; G. Ceci, La statua di S. Gaetano, ibid., n.s., II (1921), pp. 114-117; S. Scotti, S. Paolo Maggiore, Napoli 1922, p.20; U. Prota Giurleo, Una famiglia di pittori napoletani, in Napoli, 1952, pp. 18-32; F. Strazzullo, Il rifacimento settecentesco della chiesa dello Spirito Santo, Napoli 1953, p. 14; Id., Guida del Tesoro di S. Gennaro, Napoli 1966, p. 10; Id., Architetti e ingegneri napoletani dal '500 al '700, Napoli 1969, p. 271; G. Borrelli, Il presepe napoletano, Roma-Napoli 1970, pp. 141 ss., 206 ss.; R. Causa, Opere d'arte nel Pio Monte della misericordia a Napoli, Cava dei Tirreni 1970, pp. 16- 19; O. Ferrari, Le arti figurative, in Storia di Napoli, VII, 2, Napoli 1970, pp. 1302 ss.; G. Eimer, La fabbrica di S. Agnese in Navona, II, Stockholm 1971, p. 474, fig. 247; S. Savarese, S. Paolo Maggiore: un tempio e una chiesa, in Napoli nobilissima, s. 3, XVI (1977), p. 189; E. Catello - C. Catello, La cappella del Tesoro di S. Gennaro, Napoli 1977, pp. 64, 80 s., 122 s., 404; F. Strazzullo, La real cappella del Tesoro di S. Gennaro, Napoli 1978, pp. 23, 37, 53, 66, 81 s.; E. Nappi, I viceré e l'arte a Napoli, in Napoli nobilissima, XXII (1983), p. 50; O. Ferrari, I grandi momentidella scultura e della decorazione plastica, in Civiltà del Seicento a Napoli (catal.), Napoli 1984, 11, pp. 139 ss., 143 s., 149; R. Lattuada, ibid., pp. 172-178; V. Rizzo, Scultori della seconda metà del Seicento, in Seicento napoletano, a cura di R. Pane, Milano 1984, ad Indicem; R. Lattuada, A. F., scultore a Napoli tra classicismo e barocco, in Storia dell'arte, 1985, n. 54, pp. 157-181; F. Strazzullo, Alcuni documenti inediti attinenti alla storia dell'arte del '600 napoletano, in Ricerche del '600 napoletano, Milano 1987, pp. 197, 201; R. Ruotolo, Un nuovo progetto per la guglia di S. Gaetano a Napoli, in Ricordo di R. Pane, Napoli 1991, pp. 405-410; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, p. 216.