BERENGO, Andrea
Figlio di Francesco, nacque ai primi del sec. XVI, probabilmente a Venezia. In gioventù servì quasi due anni nella flotta, sulle fuste grandi, riuscendo ad economizzare più di quattrocento ducati, che furono forse il punto di partenza della sua attività commerciale. Era di condizioni Piuttosto modeste: benché si vantasse di essere "bon patrizio veneto" e fosse imparentato coi Barbaro, coi Foscarini, con gli Zorzi, apparteneva ad uno dei rami minori della famiglia della quale portava il nome e non aveva altro privilegio di nascita che la cittadinanza originaria. Suo padre era spesso costretto a far ricorso a piccoli prestiti e postulò alungo un impiego in un ufficio pubblico.
Il B. andò a cercare fortuna lontano dalla patria. Nel 1549 lo troviamo a Tripoli di Siria, nel 1553 a Limassol, di ritorno da Aleppo, diretto a Venezia. Nel 1555 era di nuovo sulla via della Siria, dopo aver rinunciato ad un'ottima offerta rivoltagli da alcuni amici di Cipro di esser loro "fattore" a Venezia, con la prospettiva di guadagnare dai 150 ai 200 ducati annui: il 26 agosto s'imbarcava a Saline di Cipro per arrivare il 28 a Tripoli e a metà settembre ad Aleppo, dove aveva l'intenzione di fermarsi per almeno quattro anni. All'epoca di questo viaggio aveva ormai raggiunto una buona posizione: a Venezia possedeva una bottega da guantaio sul ponte di Rialto, in società con Zuan Lunardo Broco, e in Siria operava per conto delle più illustri case veneziane, in compagnia con Francesco Bon e con Bortolamio Zucolo. Ma la congiuntura non era delle più felici e i suoi affari non prosperavano come egli avrebbe desiderato; inoltre soffliva di una grave disfunzione renale che gli dava non poche preoccupazioni. Non poté realizzare i suoi progetti, perché la morte lo colse in Siria, probabilmente nel settembre 1556.
Il B. fu un piccolo operatore economico, uno dei tanti che formavano il tessuto del mondo degli affari veneziano del Cinquecento. Figura intellettualmente e socialmente modesta, riveste un notevole interesse soprattutto per l'ampiezza e il valore rappresentativo, della documentazione che ci ha lasciato. Si tratta di circa trecento lettere, densamente concentrate su un breve periodo cronologico, che ci offrono una immagmie molto vivace e particolareggiata della vita dei mercanti veneziani. Le scrisse da Aleppo dall'8 ott. 1555 al 22 gennaio dell'anno seguente e dal 6 maggio al 30 giugno 1556 ai suoi corrispindenti - settanta - di Venezia, di Cipro, di Tripoli di Siria. Un altro nucleo di diciassette - tutte spedite da Tripoli con l'indirizzo di Andrea Donà a Beirut - si riferisce al viaggio del 1549. A parte il con tributo che portano alla conoscenza del commercio mediterraneo dopo le scoperte.portoghesi e gli elementi che offrono per la ricostruzione delle caratteristiche ambientali e lo studio della tecnica commerciale e della mentalità dei mercanti, queste lettere costituiscono una testimonianza linguistica molto importante per la straordinaria ricchezza del lessico e la fisionomia strutturale dell'italoveneto nel quale sono scritte.
Fonti e Bibl.: Venezia, Civico Museo Correr, Arch. Donà delle Rose, b. 419; Archivio di Stato, Petizion, Sentenze a Giustizia,reg. 264, c. 76 v (dei 19 genn. 1560, dove si parla di lui come del quondam A. B.); Lettres d'un marchand vénitien, A. B. (1553-1556), a c. di U. Tucci, Paris 1957.