AMRY̅
Y̅ Attualmente un piccolo villaggio del Sind (Pakistan occidentale), situato sulla riva destra dell'Indo, tra Mohenjo-daro e Hyderabad, capoluogo della regione, da cui dista circa 100 km.
L'importanza della località nell'ambito della protostoria indiana fu sottolineata già dal Burnes, ma i primi saggi esplorativi sono dovuti a N. G. Majumdar, che per primo ne mise in risalto la bella ceramica "policroma". La missione archeologica francese, guidata da J. M. Casal, recentemente (campagne 1959-62) ha allargato l'area dello scavo ad ambedue le collinette (A e B) che emergono a poca distanza dal villaggio di A., rendendo possibile una più completa analisi della cultura del sito. Dai resoconti del Casal si apprende che A., visse a lungo passando attraverso tre periodi culturalmente differenziati, definiti come: cultura di A., periodo harappiano, periodo postharappiano.
Il primo periodo di vita della località si articola in quattro fasi (A-D). Mentre le prime due sono chiaramente di insediamento, alle due successive appartengono le cosiddette "abitazioni", cioè dei piccoli ambienti a pianta rettangolare, costruiti in mattoni crudi, tanto bassi che non sarebbe possibile ad un eventuale abitante neppure mantenervi la posizione eretta; e inoltre completamente privi sia di aperture verso l'esterno che di porte per la comunicazione tra un vano e l'altro. È evidente quindi che la loro funzione non poteva essere quella di "dimore" fisse; piuttosto è probabile che si tratti di un particolare tipo di fondazioni, destinate ad elevare notevolmente il livello delle abitazioni vere e proprie. Una tale misura precauzionale può essere adottata in caso di frequenti inondazioni o per la presenza di bestie feroci; quest'ultima ipotesi sembra essere nel nostro caso la più probabile.
Per quanto riguarda la ceramica, nei livelli più bassi è fatta a mano, solitamente senza decorazione o con disegni geometrici dagli spessi contorni, di colore rosso. Successivamente subentra vasellame eseguito al tornio, con pareti sottili e decorazione geometrica in nero o marrone su fondo crema o rosa. L'aggiunta di altri colori come il rosso, il bianco e il rosso violaceo, hanno fatto sì che questa ceramica sia stata definita "policroma".
La fase tarda presenta una novità nell'ambito dell'ornamentazione, poiché introduce la figura animale (in particolare quella del bue gibboso stilizzato, dipinto in marrone scuro su fondo giallastro).
Accompagnano questa ceramica molti manufatti in pietra (lame e nuclei), ciò che peraltro non esclude la conoscenza, da parte della popolazione di A., del metallo perché alcune scorie di rame o bronzo sono state rinvenute fin dai livelli più bassi.
Dopo un periodo intermedio, in cui più forte si fa sentire l'influsso culturale del vicino Belucistan e dell'Iran, la località diventa un centro della civiltà dell'Indo. E harappiana, anche se con qualche variante, è tutta la produzione dei primi livelli di questo periodo. Segue una fase in cui prevalgono gli elementi tipici degli strati superiori di Mohenjo-daro e infine la facies conosciuta con il nome di Jhùkar. Quest'ultima e quella successiva di Jhāngar, sono però attestate sporadicamente e non possono essere considerate come degli insediamenti veri e propri. In proposito è interessante notare che l'archeologo francese, in base ai dati stratigrafici e ceramici desumibili da A., è propenso a considerare la fase di Jhūkar come l'ultima della ormai decadente civiltà dell'Indo e non, come si è soliti fare, la prima successiva ad essa.
Superfluo dunque sottolineare l'importanza della località ove si tenga presente che, insieme a Kot Diji, rappresenta una fase di cultura anteriore all'inizio della civiltà dell'Indo, vale a dire al 2500 a. C. (datazione questa proposta per Harappā dal Wheeler e tuttora valida e che anzi, secondo Casal, troverebbe conferma proprio in seguito alla scoperta di Amrȳ). Va anche ricordato che A. è finora anche l'unica località che permette di seguire stratigraficamente tutta la successione cronologica delle diverse fasi che abbiamo precedentemente ricordato.
La cultura di A. non può essere considerata come un prototipo della successiva civiltà di Harappa e Mohenjo-daro, perché vi sono preponderanti i riferimenti iranici, ma fornisce una preziosa testimonianza (se pensiamo che, a causa dell'acqua, non è stato mai possibile esplorare i livelli più bassi di Mohenjo-daro) del sostrato culturale che tale civiltà sottende.
Bibl.: J. M. Casal, Fouilles d'Amri, Parigi 1964.