CONTARINI, Alvise
Nacque a Venezia intorno al 1443 da Andrea di Alvise e da Maria. di Andrea Zane.
Il nonno paterno, che aveva sposato Franceschina di Pietro Badoer, era stato uno dei gentiluomini più in vista ai tempi del dogado di Tommaso Mocenigo ed era stato soprannominato "Caschi", appellativo che restò a distinguere anche molti dei suoi discendenti; il padre Andrea, che aveva sposato nel 1437 Maria Zane, era soprannominato "Scacchi", ed al suo nome si accompagna spesso l'indicazione "da S. Stino", che indicava il ramo familiare; il C. era a sua volta noto come Caschi, e talvolta è detto anche "il bello". Ebbe un fratello, Vincenzo e due sorelle, Franceschina e Celia. Nel 1472 Sposò una figlia di Giovanni Emo, che gli dette nove figli: Zaccaria, Simone detto "Caschi", Andrea, Giovan Battista, detto anchIegli "Caschi", e cinque femmine.
Il ramo della famiglia era indubbiamente solido e illustre ed il C. confermò pienamente questa tradizione percorrendo una carriera politica prestigiosa. Nel 1497 venne eletto governatore a Trani, con Andrea da Mosto come castellano; in precedenza dovette certamente aver ricoperto svariate magistrature (fu tra l'altro dei Dieci savi di Rialto e governatore all'Entrate), ed essersi affermato nell'ambito del patriziato, dato che era stato più volte senatore; inoltre già nel 1495 era stato eletto provveditore a Brindisi maavevarifiutato perché ammalato.
La presenza continuata del C. a Trani dal 1498 al 1500, attestata dalla sua corrispondenza dalla città pugliese, ci permette di escludere che possa trattarsi di lui allorché incontriamo almeno altri due Alvise Contarini attivi in quegli anni a Venezia. Il 14 luglio 1500 riferì in Senato del suo rettorato; sempre nel luglio troviamo un Alvise Contarini governatore di Otranto: non lo si può identificare con assoluta certezza, ma sembra improbabile che in un volgere così stretto di tempo il C. sia tornato a Venezia e poi ripartito nuovamente per la Puglia.
Nel maggio 1502 fu eletto tra i Sei savi a tansar; nel 1503 era in Pregadi; nel 1505 fu savio sopra i Dazi. Nell'aprile 1505 fu eletto podestà e capitano a Rimini.
Era un rettorato difficile, che cadeva nel periodo dell'effimero dominio veneziano sulla città adriatica, in anni piuttosto agitati per l'Italia centrale; le lettere del C. al Senato vertevano principalmente sulla politica estera e anch'egli affermava, nota frequente nelle lettere dei rettori veneti, che la Comunità riminese voleva assolutamente vivere sotto S. Marco, aborrendo il dominio del papa. Il 30 gennaio riferì in Senato.
Nel 1511 lo troviamo a Venezia a ricoprire una delle magistrature più importanti della Repubblica, specialmente in quegli anni: provveditore alla esazione dei debiti delle Cazude, che aveva il compito di curare l'esazione dei debiti verso lo Stato scaduti.
In un momento di gravissima crisi, durante il quale lo Stato ricercava denaro in qualsiasi maniera, questo ufficio assunse una enorme importanza, testimoniata, tra l'altro, da una proposta di "parte" dell'agosto 1511, nella quale, in una lista di magistrature conseguibili in pratica con versamento di denaro nell'erario pubblico, l'ufficio alle Cazude appare come il più caro. I Consigli della Repubblica premevano perché si pagassero tutti i debiti verso lo Stato; nel febbraio 1511 i provveditori alle Cazude prepararono un elenco di debitori e fu presa parte che chi non avesse pagato entro otto giorni sarebbe stato cassato dai Pregadi.
Qualche mese dopo il C. venne eletto consigliere per il sestiere di San Polo: era senz'altro, in questi ultimi anni della sua vita, una delle personalità di maggior spicco del patriziato veneziano.
Nel luglio 1512 partì come capitano per Famagosta; partì con lui un gran numero di mercanti diretti a Damasco; nel febbraio 1515 tornò a Venezia, riferì in Senato e fu lodato dal doge. In quell'anno il suo nome appare frequentemente tra coloro che prestano ducati alla Signoria e lo fa per cifre notevoli, il che sta probabilmente ad attestare la solidità finanziaria sua e della sua famiglia. Nel 1516 venne eletto nella zonta e veniamo a sapere che era uno di coloro che ne facevano parte abitualmente, tanto che il Sanuto si meraviglia fortemente di una sua precedente non rielezione. Nel marzo 1517 fu scelto, dopo una turbinosa elezione, per la podesteria di Verona che era, con Padova, uno dei due grandi rettorati di Terraferma.
Il compito, in quegli anni, era estremamente difficile ed il salario giudicato scarso: molti degli eletti, nonostante fosse in vigore la disposizione che comminava una forte multa a chi rifiutava quello ed altri incarichi, rifiutarono ed il Sanuto commenta "et cossì si serve la patria". Alla fine fu proposto il C. ed il vecchio consigliere non si sottrasse all'incombenza. Quando entrò a Verona, racconta l'avogadore straordinario in Terraferma Marco Foscari, il popolo gli andò incontro gridando "Marco! Marco!" e uomini e donne andavano a baciargli le mani e le vesti. Intensa è la corrispondenza del C. da Verona: a Trento, avverte, ci sono molti nobili veronesi, vicentini, padovani e friulani ed è l'imperatore che fornisce loro di che vivere; i contadini del Veronese non pagano i fitti adducendo le miserie della guerra ed allora il C. ed il capitano Daniele Renier chiedono alla Signoria come debbono comportarsi; gli Imperiali preparano uomini in Trentino e sarebbe meglio aver più fanti a Verona, ma il problema della scarsezza di denaro attanaglia l'amministrazione della città.
Nel settembre 1518 il C. tornò a Venezia e il 4 ottobre riferì in Senato. Nel novembre venne subito rieletto consigliere per San Polo e fu nella zonta del Senato. In quel periodo era il consigliere più anziano ed allora aveva l'ufficio di vicedoge, sicché molte volte, in assenza del doge, nei Consigli, nelle cerimonie e nel ricevere oratori stranieri svolse le funzioni del doge.
Nel maggio 1519 fu eletto capitano a Padova; le sue attività di cui abbiamo testiinonianza riguardano i lavori per le strade e le fortificazioni e i problenii dello Studio di Padova.
È il C. stesso che scrive che lo Studio va in rovina per mancanza di insegnanti e che gli studenti forestieri se ne vanno; da Venezia gli scrivono che procuri "valenti homeni" per le cattedre vacanti; segue infatti il reclutamento di alcuni professori.
Il 23 genn. 1521 il C. riferì in Senato del suo rettorato. Nel 1521 era in Senato e faceva parte del Consiglio dei dieci; nel marzo 1522 venne eletto ancora consigliere ed optò per questa carica, lasciando i Dieci. Il 13 giugno venne multato di 100 ducati dagli avogadori perché aveva svolto le funzioni dogali vestito scorrettamente, non secondo i precisi dettami delle disposizioni sul vestiario nei Consigli. Il 12 nov. 1523 morì a Venezia "di vecchiezza".
Il 30 maggio 1522 aveva fatto testamento; due giorni dopo la morte venne sepolto ai Frari. Lasciò conti in sospeso con il fisco, giacché nel 1529 la Signoria reclamava dagli eredi il pagamento di una "graveza" del Contarini.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, CapiConsiglio dei Dieci, Lettere rettori, b. 80, ff. 338, 341 s.; Ibid., Libro d'oro e balla d'oro, Schedario nascite e matrimoni, famiglia Contarini; Venezia, Biblioteca nazionale Marciana: M. Barbaro, Arbori de' patritii veneti, II, c. 270; Ibid., MssItal., cl. VII, 15 (= 8304): G. A. Cappellari Vivaro, IlCampidoglio veneto, II, c. 299v; Ibid., Mss. Ital., cl. VII, 813-818 (= 8892-98): Raccolta dei consegi; M. Sanuto, Diarii, Venezia 1879-1892, I-VII, X-XII, XIV, XVIII-XXXV, ad Ind.; Relaz. dei rettori veneti in Terraferma, a cura dell'Istituto di storia economica dell'università di Trieste, IV, Milano 1975, p. LIV.