ALTERAZIONE (fr. altération; sp. alteración; ted. Alteration; ingl. alteration)
Dal significato generale, cioè di qualunque cambiamento che avviene nella natura o in qualsiasi corpo, si passa al duplice significato assunto dalla parola nel campo musicale. Nella teoria dei secoli XIII-XVII, il vocabolo significa modificazione di valori di durata (v. notazione mensurale). Quando poi la parola designa modificazione dei rapporti tonali e, pertanto, degli accordi, l'alterazione risale, da un lato, all'imprecisata facoltà di alterare uno dei suoni che avrebbe prodotto un "tritono" nelle tradizioni liturgiche orientali-cristiane, e, da un altro lato, alla seconda posizione della scala dorica (da la a la) ottenuta coll'uso del si bemolle nel "sistema perfetto e immutabile" greco. Queste tradizioni antiche passarono durante il Medioevo nella musica ficta e nella musica falsa, e continuano tuttavia nell'uso della sensibile alterata ascendente del modo minore, che per ciò si dice "minore alterato" (quando, p. es., si usa il sol diesis in tono di la minore). Effetto dell'alterazione è il cromatismo, nel quale, secondo la teoria tradizionale, si sposta una delle note d'un accordo, modificandolo, ma non distruggendone la natura. Per esempio:
Il concetto dell'alterazione era così diffuso e ovvio in principio del '700, che G. F. Rameau credette spiegare il modo minore indipendentemente dalla teoria di Zarlino, considerando gli accordi minori come maggiori alterati, cioè con la 3ª abbassata di 1/2 tono. Alla luce della teoria odierna (v. armonia e tonalità), le note alterate sono "sensibili" di toni estranei a quello che forma la base (sia pur fuggevole o mascherata) dell'armonia, e non escludono la nota non alterata, tanto che vi possono coesistere, ognuna con la propria volontà. Per esempio:
Sicché il concetto di tonalità cromatica, ossia amplificata, supera e comprende il concetto d'alterazione.