ALOADI ('Αλωάδαι o 'Αλωείδαι, Aloīdae)
Furono Oto ed Efialte, figli di Aloeo o di Posidone. La madre loro Ifimedia appare ora come figlia di Triope, ora come figlia di Posidone. Essa partorisce gli A. ad Aloeo, o, pur essendo moglie di Aloeo, a Posidone. Una variante della leggenda fa degli A. dei figli della Terra, che la moglie di Aloeo si limita ad allevare. Ogni anno essi crescevano un braccio in larghezza e una tesa (orgyia) in altezza, sicché a nove anni avevano formidabili, gigantesche proporzioni. Misero allora in ceppi Ares e lo tennero per tredici mesi prigioniero in una botte di bronzo, dove il dio sarebbe miseramente perito, se Eeribea, la matrigna degli A., non avesse denunziato il tutto ad Ermete, che giunse appena in tempo a salvare il già assai malconcio fratello. Pensarono pure di dare la scalata al cielo, sovrapponendo l'Ossa all'Olimpo e il Pelio all'Ossa; ma, poiché non avevano ancora raggiunto la pienezza delle loro forze, non riuscirono nell'impresa, e furono uccisi da Apollo. Tra le colossali imprese che gli A. meditarono sarebbe pure stata quella di mettere il mare al posto della terra e viceversa. Efialte avrebbe anche aspirato al possesso di Era, ed Oto a quello di Artemide. L'imprigionamento di Ares è da una versione della leggenda attribuito a vendetta per l'uccisione di Adone. Sulla morte degli A. corsero anche parecchie altre versioni. Oltre la citata, un'altra ve n'era, secondo cui essi sarebbero stati abbattuti dal fulmine di Zeus; secondo un'altra, Artemide sarebbe balzata fra di loro in forma di cerva e i due fratelli, scagliando le proprie armi contro la supposta cerva, si sarebbero uccisi a vicenda. Oppure sarebbe stato Apollo a mandare tra di loro una cerva, quando essi volevano far violenza ad Artemide. Nel Tartaro essi sono puniti, stando avvinti con serpi ad una colonna, sulla quale un gufo emette di continuo il suo fastidioso grido. Agli A. si attribuiva la fondazione di Aloio in Tessaglia e anche quella di Ascra in Beozia ai piedi dell'Elicona. Gli A. ebbero culto d'eroi in Nasso, e la madre loro Ifimedia in Milasa di Caria. Della natura loro si dànno varie interpretazioni: taluno li ritiene divinità solari, altri divinità ctonie; in genere però si considerano come demoni dell'agricoltura, in quanto si mette in relazione il nome dell'uno, Oto (come quello del padre Aloeo), con la trebbiatura del grano, e quello dell'altro, Efialte, con la pigiatura dell'uva.
Bibl.: Cfr. Schultz, art. Aloadai (Aloeidai), in Roscher, Lexikon d. griechischen u. römischen Mythol., I, i, coll. 253 segg., e Toepffer, art. Aloadai (Aloeidai), in Pauly-Wissowa, Real-Encyclopädie der class. Altertumswiss., I, col. 1590 segg.