ALGISIO da Rosciate
Nacque a Bergamo sulla fine del sec. XII dalla nobile famiglia Rosciati o da Rosciate ed era figlio di Recuperato, che fu console di giustizia in Bergamo nel 1191.
Il Ripoll (I, p. 263) lo chiama "Algivisius seu Algisius seu Aloysius de Rosate" e il Gams, seguito dall'Eubel, lo chiama "Algisius Rosatta"; persino il Savio (p. 103) intitola la sua trattazione su tale vescovo "Fra Algisio di Rosate", evidentemente rifacendosi al Ripoll, benché subito dopo lo dichiari discendente dalla "nobile famiglia di Rosciate". La denominazione esatta è, invece, da ritenersi proprio quella data dai documenti e seguita da tutti i cronisti e gli storici bergamaschi, e cioè "Algisio da Rosciate", tanto più che a conferma possiamo rifarci al nome di un altro celebre personaggio di questa famiglia: il giureconsulto Alberico da Rosciate, fiorito nel sec. XIV.
A., fattosi ecclesiastico, ottenne un canonicato in Bergamo, come risulta dalla donazione che il 12 sett. 1230 il Capitolo della stessa città fece ai frati minori della chiesa di S. Maria della Carità. In seguito A. entrò nell'Ordine dei frati predicatori, vestendo l'abito nel convento di S. Stefano di Bergamo, e ben presto per il suo merito fu promosso superiore di molti conventi ed ebbe vari incarichi.
Tenendo presente tale notizia, che il Vaerini riporta dalla Cronaca Astinense di Lattanzio Medolago, non è difficile supporre che quel frate Algisio, priore dei domenicani di Genova cui, fra gli altri, è diretta una bolla di Gregorio IX, datata 21 genn. 1237 (Auvray, II, n. 3444), possa veramente essere A. da Rosciate. In essa il papa affida a A. il compito di correggere e riformare, secondo la necessità, il monastero benedettino di S. Andrea di Genova; si tratta, cioè, di una dimostrazione di stima e di fiducia da parte del papa. Lo stesso si ricava dalla lettera del dicembre 1240 (Auvray, III, n. 5936),con la quale frate A. conferma a Gregorio IX il buon esito delle trattative con la Repubblica di Genova intese ad ottenere che la Repubblica assicurasse l'imbarco dei prelati di Spagna, Francia e Inghilterra diretti al concilio che si doveva tenere in Roma, nella basilica Lateranense, contro Federico II. Questa lettera documenta che frate A. fu scelto da Gregorio IX quale suo rappresentante per tale negozio. Risulta pertanto facile l'identificazione di A. priore dei predicatori di Genova con A. vescovo di Rimini e di Bergamo, poiché sia il Vaerini (p. 77) sia il Dentella (p. 203) attribuiscono a tale vescovo il suddetto incarico.
A. fu, nel 1250, eletto vescovo di Rimini dal Capitolo di quella città, ma, dopo solo un anno, rinunziò a tale carica e "vocatus fuit - così la Cronaca del Medolago (Vaerini, p. 77) - ad curiam domini papae Innocentii IV, qui eurn nimio affectu diligebat". Pertanto è da ritenere erronea la notizia (Guerrini, nota all'Ughelli, IV, coll. 475 s., e Synopsis, p. 70) che A., mentre si trovava presso Innocenzo IV, avesse sottoscritto al concilio di Lione, poiché esso fu tenuto nel 1245, e parimente erra l'Ughelli, il quale scrive che, mentre si teneva il concilio di Lione, A. fu trasferito al vescovato di Bergamo, dato che lo stesso Innocenzo IV lo elesse vescovo di Bergamo l'11 febbr. 1251, come testimoniano le bolle, da Lione, così datate (Berger, II, n. 5104), indirizzate al Capitolo di Bergamo, al clero della città e diocesi di Bergamo e allo stesso Algisio. A questo proposito è interessante notare le lusinghiere espressioni usate dal papa nei riguardi di A.: "Cum civitas Pergamensis eum de honesta stirpe protulerit ac nos per conversationem diutinam, qua familiariter nobis ipsius merita claruerunt, cum simus experti fide sincerum, Vita praeclarum, scientia praeditum, et tam in spiritualibus quam in temporalibus circumspectum"; il che può spiegare e giustificare l'intervento diretto del papa nell'elezione di Algisio. È, infatti, la prima volta che un vescovo di Bergamo viene eletto con immediata autorità pontificia ed è per tale ragione che, in un atto del 1258, con il quale A. concede alcune decime, si trova la formula: "D. frater Algisius de Rosciate Dei et apostolica gratia episcopus Pergamensis", usata, effettivamente, per la prima volta da un vescovo di Bergamo.
Testimonianza dell'amicizia che legava Innocenzo IV ad A. è la bolla del marzo 1251 da Lione (Berger, II, n. 5328), con la quale il papa gli annunzia la sua prossima venuta in Italia e invita lui e i procuratori di Bergamo a recarsi ad incontrarlo a Genova per la festa dell'Ascensione. Nei documenti bergamaschi il nome di A. vescovo appare per la prima volta in un atto del 9 apr. 1251, con il quale egli approva una permuta di terreni fatta dai canonici della cattedrale.
Altre due bolle di Innocenzo IV ad A. sono registrate dal Berger (III, nn. 6720, 7159): una del 12 febbr. 1253, con la quale il papa gli impone di dare ad Alberico de Carpionibus, chierico della chiesa di Murnico, il canonicato di Bergamo e la prepositura della pieve di Terno, rinunziati da Manfredo de Carpionibus; l'altra del 15 dic. 1253, con cui Innocenzo IV concede ad A. facoltà di conferire ad uno dei suoi chierici un canonicato in Bergamo. Si sa inoltre che A., sempre per compiacere Innocenzo IV, che aveva espresso tale desiderio alla città di Bergamo con lettera in forma di breve del 23 ag. 1254 da Assisi, si oppose in qualità di vescovo alla ricostruzione del castello di Cortenova, posto nel territorio di Bergamo, dove i catari avevano trovato asilo presso il conte Egidio. A. fu benvoluto anche da Alessandro IV, il quale, con bolla da Napoli del 4 genn. 1255, concedeva ad A. e al priore provinciale dei domenicani in Lombardia la potestà di assolvere la città e diocesi di Bergamo dall'interdetto che Innocenzo IV aveva promulgato contro di esse per avere favorito Federico II. Parimenti il Ronchetti (p. 104) informa che Alessandro IV, il 30 ott. 1255, scrisse da Anagni ad A. - ma nei Registri del papa editi dal Bourel la bolla non è reperibile - perché assolvesse alcuni ecclesiastici, che erano stati scomunicati da Innocenzo IV per non aver pagato certe somme di denaro imposte a chiese e monasteri dai legati pontifici. Ancora Alessandro IV da Anagni, il 5luglio 1256, scriveva ad A. raccomandandogli di tutelare i diritti di Gerardo di Trieto, canonico di Cremona. Il Guerrini (note all'Ughelli) dà notizia di un atto del 29 ott. 1256 con cui A. univa la parrocchiale di S. Martino d'Acqualonga della pieve di Paderno, posta nel territorio di Cremona, ma sotto la diocesi di Bergamo, al monastero di S. Pietro del Po di Cremona, a condizione che questo ospitasse un giorno e una notte ogni anno il vescovo di Bergamo con quattordici cavalieri.
Durante il suo vescovato in Bergamo A. si adoperò anche nel beneficiare vari conventi. Il Colleoni (p. 391) registra gli atti del 3, 9 e 13 febbr. 1257, con i quali A. cedette al monastero cisterciense di Vallalta le decime che spettavano al vescovo di Bergamo nei paesi bergamaschi di Cene, Vallalta e Comenduno, condonò i 18 denari che questo monastero doveva pagare annualmente al vescovo per l'affitto di terre in Comenduno e rinunciò in suo favore ai fitti perpetui che alcuni casali pagavano al vescovo per un totale di 8 soldi imperiali e 64 denari. Del 1258 sono inoltre gli atti (Savio, p. 106) che registrano varie investiture, specie di beni enfiteutici vescovili nella valle Seriana e delle cave d'argento d'Ardesio (Bergamo).
A. fu in particolare benefico verso i monasteri di S. Paolo d'Argon dei cluniacensi e di S. Sepolcro d'Astino dei vallombrosani; in questi monasteri, infatti, egli passò il resto della sua vita, dopo che ebbe rinunciato al vescovato di Bergamo. Il Colleoni (p. 391), citando un manoscritto di Girolamo Terzi, afferma che ciò avvenne nel 1259, e questa data è accettata anche da tutti gli storici bergamaschi, perché, come osserva il Ronchetti (IV, p. 112), da tale anno mancano negli archivi documenti segnati col nome di Algisio. Nel monastero di Astino A. abitò l'appartamento già destinato al vescovo di Brescia, il beato Guala, durante il suo esilio, e ivi morì nel gennaio del 1267.
Il giorno della sua morte è, però, discusso: da una parte, il Ronchetti, come già il Colleoni e poi il Savio e il Dentella, segna il giorno 27, citando a conferma il necrologio d'Astino: "VI kalendas Februarii D. Algisius quondam episcopus Bergomensis benefactor et devotus huius monasterii MCCLXVII"; dall'altra, il Pellegrini, l'Ughelli e il Guerrini segnano la sua morte il giorno 26; il Vaerini, infine, citando a sua volta il necrologio e la "Regola pecorina" d'Astino, data la morte di A. al 17 gennaio. Proprio nella chiesa del monastero di Astino A. fu sepolto davanti all'altare di S. Martino, dove ancora si trova una lapide con queste parole: Greg. Ber. / et Algisi / Arimin. et / Ber. Epi.
Va ricordato infine che il Vaerini, rifacendosi alla già citata Cronaca del Medolago, attribuisce ad A. opere ormai perdute sulla Scrittura, sui canoni e contro i Manichei.
Fonti e Bibl.: Bullarium Ordinis Praedicatorum, a cura di T. Ripoll, I, Romae 1729, pp. 116, 263; VIII, ibid. 1740, pp. 521, 522, 793; Les Registres de Grégoire IX, a cura di L. Auvray, II, Paris 1899-1907, n. 3444; III, ibid. 1908-10, n. 5936; Les Registres d'Innocent IV, a cura di E. Berger, II, Paris 1884-87, nn. 5104, 5328; III, ibid. 1896-97, nn. 6720, 7159; Les Registres d'Alexandre IV, a cura di C. Bourel de la Roncière, J. de Loye et A. Coulon, I, Paris 1895-1902, nn. 24, 1402; B. Pellegrini, Opus divinum de sacra ac fertili Bergomensi vinea, Brixiae 1553,I, cap. 37; C. Colleoni, Historia quadripartita di Bergamo, III, Bergamo 1617, pp. 389-392; V. M. Fontana, Monumenta dominicana, Romae 1675, I, cap. 3, p. 45; F. Ughelli-N. Coleti (con note di M. Guerrini), Italia Sacra, IV, Venetiis 1719 coll. 475; G. Ronchetti, Memorie istoriche della città e chiesa di Bergamo, IV, Bergamo 1817, pp.89-92, 95, 99, 101-102, 110-112, 130; Bergamo o sia Notizie patrie, Bergamo 1823, p. 33; B. Vaerini, Scrittori di Bergamo, vescovi e cardinali, Bergamo 1874, pp. 76-79;C. Eubel, Hierarchia catholica, I, Monasterii 1898, pp. 108, 415; F. Savio, Gli antichi vescovi d'Italia, La Lombardia, II, 1, Bergamo 1929, pp.103-106; L. Dentella, I vescovi di Bergamo, Bergamo 1939, pp. 203-207.